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Autore: Angel TR    07/08/2019    2 recensioni
Storia di una sottomessa ribelle.
Loro ti vogliono forte ma sottomessa, al loro servizio. Io ti voglio libera e potente, Kazumi.
Meglio Eva o Lilith?
Chi vuole essere Kazumi Hachijo? Il problema è che non sarà lei a scegliere.
{Storia partecipante alla Challenge "Pagine di una storia infinita" indetta da Molang su efp}
{Partecipa anche alla Sfida delle Parole Quasi Intraducibili indetta da Soly Dea su EFP}
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Heihachi Mishima
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ultraviolence'
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Partecipa anche alla Challenge indetta da Soly_Dea con la parola Otsukaresama: si usa per ringraziare le persone che hanno dimostrato un grande impegno nello svolgere i propri compiti. Con questa espressione si riconosce il loro duro lavoro. Spesso la si utilizza per accogliere chi torna a casa dall’ufficio dopo una lunga giornata di lavoro.


7. Madre

Kazumi aprì le palpebre. La luce del sole filtrava dalle imposte, accarezzando il suo viso. Soffocando uno sbadiglio, si prese qualche secondo per stiracchiarsi prima di rigirarsi nel futon e concedersi qualche altro minuto di sonno.

Poi riaprì di scatto gli occhi.

Ebbe bisogno di un breve lasso di tempo per ricordare che nessuno sarebbe venuto a tirarla fuori dalle lenzuola per farle sbrigare le faccende domestiche e il consueto allenamento. Era libera.
Si sollevò a sedere, guardandosi intorno.

Cos'era quella sensazione sconosciuta che le scaldava il cuore? Kazumi respirò profondamente. Serenità.
Finalmente, aveva assaggiato il sapore della serenità.

Era passata una settimana dal suo matrimonio con Heihachi Mishima e quella era stata senza dubbio la miglior settimana della sua vita. Si era sentita al sicuro, calma, senza pressioni.
Senza Gene Devil nella sua testa.

Trasse un altro respiro, tentando di intercettare il Gene nella sua testa; invano.

Concedendosi finalmente un sorriso, scivolò giù dal letto e aprì le finestre, accogliendo la dolce aria primaverile che ormai era in procinto di lasciare il posto al calore estivo. Tese il viso verso la luce, lasciando che la riscaldasse.

Ogni cosa per Kazumi era una scoperta, non perché non l'avesse già vista o toccata ma perché ora poteva assaporarla con un animo diverso.
Si sentiva finalmente in pace.

Anche se…

Il clan Hachijo le aveva affidato una missione e, qualora non l'avesse portata a termine, ci avrebbe pensato un altro membro che, sicuramente, si sarebbe occupato anche di lei. Improvvisamente, la luce del sole non la riscaldò più; anzi parve bruciarla e Kazumi si distolse velocemente, tastandosi una guancia.

Non poteva scappare dalla sua missione.

Heihachi è un guerriero estremamente abile, cercò di consolarsi Kazumi, dirigendosi in cucina dove trovò la colazione già pronta accompagnata da un biglietto. "Tornerò presto. Ho una sorpresa per te."
Strinse il bigliettino con mani tremanti.
La mia famiglia sottovaluta Heihachi, si autoconvinse.

Si diresse in palestra per liberarsi dai pensieri oscuri che le appesantivano il cuore e così passò la mattinata. Pranzò velocemente dato che Heihachi sarebbe rincasato soltanto in tarda serata. Scese per fare la spesa, beandosi della tranquillità ritrovata.
Era un piacere scivolare tra i mercati, la lista in una mano e le buste in un'altra, ingannarsi di star vivendo spensierata una vita semplice e, proprio per quello, incantevole.
Davanti a una scatola di frutta dall'aspetto succoso, non poté far a meno di allungare la mano per afferrare una pesca. La frutta in Giappone era un lusso e potersela permettere le provocava un vago senso di colpa.

La sua mano fu bloccata da una presa di ferro e Kazumi si voltò di scatto. Sentì il sangue defluire dalle guance.
Suo zio.
La inchiodò con uno sguardo di fuoco che valeva più di mille parole prima di pagare un sacchetto di frutta e andarsene, il portamento di un imperatore.

Mille pensieri frullavano nella sua testa: come guadagnare tempo? Come liberarsi di quella missione che non aveva mai voluto?
Come difendere la propria serenità?

A Kazumi era passata la fame e non comprò più nulla.

*

Sull'uscio, Heihachi infilò le morbide pantofole che Kazumi sistemava appositamente per non sporcare le assi lucide.
Kazumi non lo sentì arrivare, immersa nei suoi pensieri. Aveva già preparato la tavola e, seduta su un cuscino a gambe incrociate, fissava il vuoto, lo sguardo perso.

Heihachi la trovò così e decise che la migliore cura per quel viso contratto era proprio la sorpresa che le aveva preparato. «Kazumi» salutò.

Lei sussultò e sollevò lo sguardo, guardandolo senza vederlo veramente finché non lo mise a fuoco. Si sollevò di scatto dal cuscino. «Otsukaresama! Scusami, ero distratta. Siediti, per favore, è tutto pronto» lo salutò, sorridendogli e voltandosi per dirigersi in cucina.

«Grazie ma aspetta. Ricordi che avevo una sorpresa per te?» insistette Heihachi, inducendola a soccombere alla curiosità.

«Sì, certo. Una sorpresa… Non sono abituata alle belle sorprese» rispose cauta Kazumi, abbracciandosi.

Heihachi le rivolse il sorriso tipico di chi la sa lunga. «Lei ti terrà compagnia quando io non sono a casa, come il mio orso Kuma mi tiene compagnia in azienda» rivelò.
Era stato uno shock appurare che i Mishima allevavano orsi domestici ma Kazumi credeva che assolvessero il compito di guardie del corpo. Insomma, perché non un orso invece di un energumeno che costa un occhio della testa?

Heihachi la riscosse dai suoi pensieri sollevando un fagotto davanti ai suoi occhi. Scostò la copertina, rivelando un cucciolo femmina di tigre.

Kazumi spalancò la bocca. Quando Heihachi gliela porse, lei non poté evitare alle proprie braccia di stendersi per accoglierla e stringerla al petto, come una bimba.
«La chiamerò Katei, "famiglia"» decise e vide la gioia balenare negli occhi di suo marito.

Nove mesi dopo, l'erede dei Mishima venne al mondo.

*

Katei si era accoccolata accanto alla culla del piccolo Kazuya, una guardia micidiale. Kazumi lanciò un'occhiata fuori la finestra: nonostante fosse primo pomeriggio, il cielo aveva già assunto una cupa tonalità blu e gli spogli rami degli alberi si agitavano, mossi dalle raffiche del vento invernale.
Felice di essere al riparo, in casa, Kazumi si strinse nello scialle. Si alzò, decisa a concedersi una veloce passeggiata nel giardino siccome finalmente il piccolo si era addormentato.

«Badagli, Katei» raccomandò alla tigre prima di uscire.

La fredda aria invernale le graffiò il viso quando fece scivolare l'elegante pannello. Rabbrividendo, Kazumi mosse un passo, diretta al giardino.
Si strinse nello scialle, respirando l'aria frizzantina, accarezzando il tronco di un albero di tanto in tanto.
«Aiutami» bofonchiò una voce profonda e maschile.
Kazumi sussultò, indietreggiando automaticamente. Si diede della sciocca. Sono la prescelta del Gene, nessuno può farmi arretrare!, pensò, maledicendo la propria codardia.
«Chi siete?» chiese, dando un tono imperioso alla sua voce.
Un'enorme figura nera che Kazumi non aveva notato si mosse, strisciando, acquattata tra le piante e i fiori curati con amore dalla coppia Mishima. «Mi chiamo Akuma. Chiedo cure e una zuppa. In cambio, vi dovrò un favore» rispose.
Un demone!, esclamò il Gene Devil; Kazumi non seppe dire se fosse di gioia o di sorpresa. Lo spirito non si faceva sentire più come prima e, nonostante tutto, Kazumi ne sentiva la mancanza. Sospirò. In un blando tentativo di riallacciare i rapporti con se stessa, chiese: Cosa facciamo?
Difficilmente ti puoi fidare di un demone ma, se conquisti la sua fiducia, avrai un ottimo alleato ai tuoi piedi, sussurrò la demonessa in un soffio di voce.
Erano dirette a lei quelle parole? Credette di scorgere un accenno di fragilità all'interno di quella voce solitamente altera e vagamente sensuale.
«Vi supplico» insistette il demone di nome Akuma la cui voce suonava un filo più debole.
Mossa da un senso materno a cui non poteva dare un nome, Kazumi non seppe dire di no.

  
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