Fuga dal dolore
Kara passò la mano sul fianco della
giovane con delicatezza, osservando con meraviglia il corpo di Lena.
“Sei bellissima.” Mormorò e arrossì
quando Lena inclinò un poco la testa, un sorriso sulle labbra, gli occhi che
brillavano.
“Ho sempre pensato che i Super non
potessero arrossire.” La provocò con leggerezza e Kara arrossì ancora un poco.
“Vieni qua…” Mormorò poi, attirandola tra le braccia. “Tu, sei bellissima.”
Bisbigliò sulle sue labbra per poi baciarla con deliberata lentezza. Assaporando
la sua bocca, il contatto delle loro lingue, i loro corpi nudi stretti uno
all’altro.
Kara si separò con un sospiro
soddisfatto e Lena sorrise di nuovo, giocando con uno dei boccoli biondi della
giovane.
“Mio fratello vuole che vada a
supervisionare le fabbriche di Metropolis.” Le disse.
“Di nuovo?!” Protestò lei.
“Credo abbia capito che qua a
National City c’è qualcuno che mi piace… molto…” La smorfia di disappunto sul
viso di Kara si trasformò in un sorriso che mostrava tutti i denti. Lena ridacchiò
e posò un rapido bacio sulla sua bocca.
“Tornerai presto?” Chiese allora
Kara.
“Non ci vorrà molto, prenderò un
dirigibile della Luthor Corporation, abbiamo
installato quei nuovi motori di cui ti parlavo, uno, massimo due giorni di
volo, quattro per le incombenze a Metropolis e poi il
volo di ritorno. Sarò a National City prima che tu abbia il tempo di sentire la
mia mancanza.”
“Ma tu mi manchi appena te ne vai!”
Insorse Kara.
Lena sorrise passando la mano sulle
spalle della donna e accarezzandone la pelle morbida eppure così forte.
“Potresti venire a Metropolis…” Propose e il viso di Kara si incupì.
“Non posso… non ho più le libertà che
avevo quando ero un cadetto o una recluta… mi dispiace.” Kara cercò disappunto
nel suo sguardo, preoccupata.
“Ehi, non ti preoccupare, lo capisco.
Il mantello rosso comporta onore, ma anche responsabilità.” Lena le prese il
viso tra le mani e la baciò trattenendola qualche secondo più di prima, solo
per rassicurarla.
“Ho paura che ti stuferai di
nasconderti con me in questi…” Agitò la mano indicando la stanza scialba e
vuota. “Tuguri, ho paura che l’eccitazione per il proibito ti venga a noia e…”
Lena le posò un dito sulle labbra fermandola.
“Kara… ti amo. Non mi verrai mai a
noia e, sì, vorrei che fosse diverso, vorrei poterti portare a cena, a teatro,
presentarti ai miei amici, ma non importa, anche solo questi momenti rubati
bastano.”
“Vorrei che ai Super fosse concesso
amare chi desiderano.” Mormorò piano Kara, poi guardò Lena e scosse la testa.
“Sono una sciocca, ho rovinato anche quel poco di tempo che abbiamo assieme.”
“Non rovini mai niente.” Di nuovo
Lena sorrise e Kara si strinse a lei, affondando il viso nella sua spalla,
inspirando il profumo dell’umana, ascoltando il calmo battito del suo cuore.
“Ti amo.” Mormorò e, anche se non
poté vederlo, sentì il sorriso di Lena brillare sulle sue labbra.
***
“Kara!” Si voltò sorpresa di sentirsi
chiamare e incontrò lo sguardo preoccupato e teso di Alex.
“La tua servitrice umana ti chiama
per nome?” Chiese il comandante Non, suo zio, alzando un sopracciglio.
“Perdona l’errore, mia signora.” Si
corresse subito Alex, ma Kara sapeva che se si era sbagliata era perché era
molto più agitata di quanto lasciasse a vedere.
Chinò il capo in segno di perdono e
poi chiese congedo dalla riunione. Uscì dalla stanza tallonata da Alex che
sembrava aver dimenticato anche il protocollo di base e il passo di distanza
che doveva osservare quando camminava accanto al suo Super.
Non appena furono sole in un angolo
del giardino si fermò a guardarla.
“Alex, cosa succede? Vuoi farti
riprendere dalla…”
“Il dirigibile che portava Lena a Metropolis sta avendo una grave avaria, temono che si
schianterà.” Disse tutto d’un fiato la giovane e, prima che potesse dire altro,
Kara si era già scagliata nel cielo.
Il suo cuore batteva veloce nel petto
mentre tutti i suoi sensi si espandevano alla ricerca del dirigibile in
pericolo, lo individuò, un secondo prima che prendesse fuoco. Come un fulmine
attraversò lo spazio che la separava dal velivolo e si fiondò all’interno,
lanciando lontano, nel cielo, ogni persona che trovava. Ovviamente Lena era
accanto ai motori, l’elegante abito macchiato di grasso, il cappellino
dimenticato a terra, il volto concentrato mentre, quasi bloccata nel tempo,
dalla velocità di Kara, cercava di evitare il disastro. Kara la prese tra le
braccia e la portò lontano dal dirigibile. Veloce scese a terra e la posò. Per
un istante i loro occhi rimasero allacciati, Lena la guardò sorpresa, mentre
Kara sorrideva.
“Va tutto bene…” Le mormorò, poi
altri Super atterrarono accanto a lei, posando a terra gli umani che lei aveva
allontanato dall’esplosione.
“Zor-El.”
La interpellò uno, identificando il simbolo sul suo petto. Kara fece un brusco
passo indietro, lasciando andare Lena. “Questa non è la tua giurisdizione.”
Kara sbatté le palpebre cercando una
giustificazione qualsiasi per la sua presenza in quel posto.
“Grazie per il vostro aiuto.”
Intervenne Lena. Il Super chinò il capo verso di lei.
“Siamo qua per servire.” Rispose come
voleva il rito. Lanciò a lei un altro sguardo, poi si voltò verso la sua
squadra di reclute e ordinò di alzarsi in volo.
Kara spostò il peso da un piede
all’altro.
“Vai.” Mormorò Lena, lanciandole
appena uno sguardo.
“Non posso lasciarti qua…”
“Kara, non dovresti essere qui, si
faranno ancora più domande se resti.” La voce di Lena era tesa. Si voltò verso
gli spaventati passeggeri del dirigibile e iniziò a radunarli. Kara rimase
ancora un istante indecisa, poi frustrata nel non poter, semplicemente, portare
via Lena da lì, si alzò in volo e tornò a National City.
***
Kara camminava avanti e indietro
nella stanza, agitata, frustrata, preoccupata. La porta si aprì e lei si precipitò
sulla donna.
“Ero così preoccupata!” Esclamò
catturando tra le braccia Lena e stringendola.
“Mi dispiace non averti potuto
avvertire.” Affermò la donna lasciandosi avvolgere.
Kara si tirò indietro guardandola,
passò le mani sul suo viso, come se temesse di vederla scomparire.
“Non dovevo lasciarti lì, da sola a…”
“Non ero sola e la conosci la politica
dei Super: si aiuta in caso di pericolo di morte, ma poi…”
“Gli umani devo farcela da soli.”
Concluse Kara.
Lena le accarezzò il volto.
“Non è stato così male, Lex ha mandato un altro dirigibile a prenderci, abbiamo
solo dovuto aspettare.”
“Avrei voluto fare di più per te!”
“Sei venuta… ed è già più di quanto
avresti dovuto fare.” Le disse Lena e sul volto ora vi era un’ombra di
inquietudine.
“Alex mi ha detto che il tuo
dirigibile stava avendo dei gravi problemi, non potevo rimanere lì ad aspettare
che qualcun altro ti salvasse.” Protestò Kara.
“Dobbiamo fare attenzione… se ci
scoprissero…” Lena rabbrividì e Kara la strinse a sé. Sapeva cosa sarebbe
successo, sapeva che le avrebbero separate e non avrebbero potuto vedersi mai
più. La politica era chiara, da entrambe le parti: nessun umano doveva
intrattenere relazioni con un Super e nessun Super doveva intrattenere
relazioni con un umano. Stavano infrangendo sia la legge degli umani che quella
dei Super anche solo stringendosi tra le braccia in quel modo.
Rimasero in silenzio, perse entrambe
in pensieri cupi. Sapevano cosa rischiavano, eppure non erano mai riuscite a
fare a meno una dell’altra.
“Se ci separassero…” Lena doveva aver
seguito il suo stesso filo di pensieri, ma Kara sollevò il suo mento e la
guardò negli occhi.
“Non lo permetterò. Mai.” E le sue
parole sembrarono pesanti, tanto che Lena rabbrividì di nuovo poi le accarezzò
il viso, come a voler sciogliere la durezza così estranea nei suoi occhi.
“Fai l’amore con me.” Le mormorò e Kara
la baciò, togliendole il respiro.
***
“Aprite la porta, polizia!”
L’impetuoso bussare svegliò bruscamente Kara, Lena addormentata tra le sue
braccia alzò la testa sorpresa, gli occhi sgranati.
“Vai!” Disse a Kara.
“Non posso lasciarti…”
“Non possono vederci assieme!” Sibilò
Lena.
“Aprite o abbatteremo la porta!”
Lena si stava rivestendo in tutta
fretta, ma lei stringeva i pugni, furiosa per quell’interruzione nel suo mondo,
furiosa nel dover abbandonare Lena a chissà quale minaccia.
“Vai via!” Quasi supplicò la giovane
e Kara stringendo i denti, sparì un secondo prima che la porta venisse
abbattuta.
“Lena Luthor,
la dichiaro in arresto.” Dichiarò il poliziotto, guardandosi attorno con
bramosia, alla chiara ricerca della persona con cui lei doveva essere, visto
l’insolito luogo in cui l’avevano scovata. “Siete sola?” Chiese allora l’uomo,
mentre i suoi colleghi sciamavano nella stanza.
“Sì.” Dichiarò Lena, sistemandosi al
meglio la camiciola. “Posso sapere di quale reato mi si accusa?”
“Furto di tecnologia.” Rispose
l’uomo. “Forza, si volti.”
“Non credo ci sia bisogno delle
manette.”
I poliziotti si agitarono nel vedere
un Super comparire alla porta, il mantello rosso indicante il suo status che si
agitava piano alle sue spalle.
“Questa è un’indagine umana…” Provò a
dire il poliziotto incaricato dell’arresto, aveva perso gran parte della
spavalderia.
“La tecnologia di cui miss Luthor è accusata di aver rubato, se leggo bene il verbale,
è Super.” Precisò la donna, poi senza ulteriore indugio si fece avanti e prese
Lena tra le braccia.
“Kara…” Bisbigliò Lena.
“Non permetterò loro di posare anche
un solo dito su di te.” Rispose secca Kara, poi fece un cenno all’uomo. “Siamo
qua per servire.” Disse ad alta voce poi spiccò il volo portandosi via Lena.
“Non avresti dovuto.”
“Ti porterò al commissariato, ma non
prima che tu abbia contattato Lex e i tuoi avvocati.
L’accusa è ridicola e falsa, tu puoi creare tutta la tecnologia che ti serve,
non devi rubarla da noi.” Lena non poté fare a meno di sorridere a quelle parole,
si appoggiò meglio contro la spalla della donna e chiuse gli occhi.
“Avrei voluto svegliarmi in un modo
più tranquillo.” Ammise.
“Ieri sera è stato bellissimo.”
Affermò allora Kara e Lena le diede un bacio sulla guancia.
“Grazie per non essere andata via.”
“Non permetterò a nessuno di
separarci.” Assicurò, come spesso faceva, Kara.
***
“Due interi mesi!” Kara non vedeva
Lena da sessanta giorni ed era al limite della sopportazione.
“La vedrai questa sera, è stata
scarcerata per mancanza di prove da due giorni, ma, la mie fonti, mi assicurano
che sarà presente anche lei alla Festa dell’Arrivo.”
“Lo so, ma questa sera è ancora
troppo lontana!”
Alex scosse la testa, mentre la
aiutava a togliersi il mantello.
“Se ti consola, la mia fonte, mi
assicura che lei è frustrata quanto te dalla forzata lontananza.”
“Puoi dire Sam, sai? Anche se ‘la mia
fonte’ fa più agente segreto.” Il sorriso divertito di Kara si ampliò quando
vide Alex arrossire.
“Come…?”
“Una delle ultime volte che ci siamo
viste Lena mi ha detto che Sam le ha raccontato tutto di come tu e lei… Ora che
ci penso sono un po’ offesa che Sam abbia parlato con Lena, ma tu non abbia
parlato con me.” Malgrado le sue parole il ghigno divertito non mostrava
nessuna offesa. Alex era sempre più rossa.
“Non… te lo avrei detto quando ne
fossi sicura…” Bofonchiò, ma vi era un sorriso sulle sue labbra.
“Ammettilo, ti piace fare l’agente
segreto.” La incalzò Kara e Alex ridacchiò.
Lena era bellissima. Kara la guardò
entrare al braccio del fratello e non poté più distogliere gli occhi da lei.
L’abito bianco era decorato da fili di rame che disegnavano eleganti e delicati
ingranaggi lungo parte del busto e sull’ampia gonna. Aveva i capelli raccolti
in uno chignon e, al collo, portava un piccolo ciondolo: una pietra ingabbiata
da oro rosso, bianco e giallo. Un simbolo del loro amore, un dono che Kara le
aveva fatto molti anni prima e che Lena indossava spesso a discapito di oggetti
più costosi ed elaborati.
Gli occhi della donna la trovarono
subito nella folla e un sorriso felice adornò il suo viso. Il cuore di Kara
fece una capriola di gioia e, come una calamita, si ritrovò a camminare verso
di lei.
“Mia signora.” Alex le si parò
davanti, uno sguardo allarmato negli occhi.
“Alex…” Kara si spostò un poco per
vedere Lena che ora stava parlando con Sam.
“Lo so, lo so che volete vedervi,
parlarvi, toccarvi, ma non davanti a tutta l’élite umana e Super!”
Kara lasciò cadere le spalle
infastidita dalla verità contenuta nelle parole di Alex e lasciò che solo il
suo sguardo raggiungesse Lena. Anche gli occhi della donna sembravano sconfitti
nell’incontrare i suoi, ma contenevano anche una dolce promessa.
Lena danzò con molti uomini, Kara la
osservava volteggiare con un misto di ammirazione, gelosia e frustrazione. Era
terribilmente ingiusto.
Mentre affondava i denti in un
delizioso dolcetto terrestre, unica fonte di consolazione dal non poter danzare
con Lena, sentì una mano sfiorarle il braccio si voltò e incontrò gli occhi
della donna che occupava i suoi pensieri.
“Perdonatemi.” Mormorò Lena, come se
l’avesse urtata. Una volta ottenuta la sua attenzione puntò lo sguardo verso il
giardino e poi sorrise, andandosene. Il cuore di Kara batteva veloce, mentre
ricordava la prima volta in cui aveva baciato Lena. In quel giardino, a quella
festa, molti anni prima di quel momento.
Attese qualche minuto poi si diresse
con passo rapido verso i curati giardini che circondavano l’imponente edificio
che ospitava la festa.
Sapeva dove andare, sapeva esattamente
dove avrebbe trovato Lena. Camminò decisa, allontanandosi dagli ospiti e dalla
musica, dalle luci e dalla confusione, fino ad arrivare alla statua con due
Super, un uomo e una donna, che sorreggevano il mondo. Ricordava l’ilarità di
Lena al riguardo, quella prima notte, le sue battute taglienti, i suoi occhi
vivaci, erano solo ragazze e lei era di guardia, come recluta, neanche ancora cadetto,
non poteva di certo far parte della festa…
Lena era lì, come molti anni prima,
splendida nella luce soffusa della luna riflessa dagli intarsi di rosso
metallo.
Non parlarono, ma le loro labbra si
trovarono e con un bacio acceso dalla passione e dal desiderio lasciarono
andare la tensione accumulata in quella lunga e forzata lontananza.
“Siamo folli!” Lena rise di gioia,
baciandola ancora e Kara la imitò, perché era pazza sì e terribilmente
innamorata.
***
“Kara, Kara!” Lena la stava chiamando,
Kara cercò di scuotersi, ma vi era nebbia nella sua mente. “Svegliati!”
Insistette Lena e il fatto che fosse terrorizzata sembrò riportare un po’ di
lucidità al suo cervello.
“Cosa succede?” Chiese, cercando di
alzarti.
“Ci hanno scoperte.” Scese, drastica,
la sentenza della donna.
“No… io posso…” Solo allora sentì che
bussavano alla porta.
“Hanno inondato la stanza di kryptonite verde, non riuscivo a svegliarti.”
“No, no, no!” Sentiva la disperazione
prenderla.
“Kara, guardami!” Lena attirò il suo
volto. “Entreranno e noi non possiamo farci nulla.” Dichiarò ed era mortalmente
seria. “Sapevamo che poteva succedere, lo abbiamo sempre saputo.”
“Non lascerò che…” Kara cercò di
scuotere la testa, non riusciva a sentire, non riusciva a pensare!
“Ascoltami molto bene.” Chiese Lena.
“Voglio che tu ti arrenda.”
“No.”
“Sì, ti faranno del male se ti
opponi, stanno usando la kryptonite, significa che ci
saranno solo umani oltre quella porta e non avranno remore a farti del male, lo
sai che non aspettano altro.”
“Non voglio…”
“Kara.”
Ci fu un tremendo colpo e la porta
cedette. Lena non separò le mani dal suo volto.
“Ti amo, Kara, niente di quello che
potranno farmi mi farà rimpiangere il tempo passato con te, non un bacio, non
un sorriso, non un solo istante…” La strapparono dalle sue braccia con
violenza.
“No!” Kara cercò di alzarsi in piedi,
ma le sue gambe non vollero collaborare. Strinse i pugni.
“Prendetela.” Richiese una donna,
chiaramente a capo del gruppo, un ghigno divertito sulle labbra.
“Kara, no!” Urlò Lena, anticipando
quello che i soldati non avevano ancora capito, ma Kara non la ascoltò,
racimolando tutte le sue forze sbatté lontano i due soldati che le si stavano
avvicinando, poi si scagliò contro quelli che tenevano Lena.
“Sparatele.” Chiese allora
l’ufficiale in comando.
“No!” Fu ancora Lena ad urlare. Prima
non aveva opposto resistenza, ma ora colpì il soldato che aveva una mano sul
suo braccio e si strappò dalla presa del secondo, raggiungendo Kara un istante
prima che il colpo fosse esploso.
La giovane cadde a terra appena
trattenuta dalle braccia di Lena.
Il suo respiro era un rantolo.
“Va tutto bene.” Mormorò Lena,
stringendola. “Tutto bene.” Le sorrise mentre una lacrima le scivolava lungo il
viso.
“Lena…” Chiamò Kara e lei appoggiò le
labbra sulle sue.
“Shhh.
Andrà tutto bene.”
La giovane Luthor
alzò la testa e guardò l’ufficiale in comando.
“Colonello Haley.”
Disse come se il semplice leggere il cartellino sul suo petto fosse una
minaccia. “Sapete chi sono, se questa donna non verrà curata immediatamente non
importa in quale profondo buco lei deciderà di nascondersi, non ci sarà nulla
che mi impedirà di trovarla.”
La donna alzò la testa in segno di
sfida i loro occhi si incontrarono e si scontrarono, ma fu il colonello a
cedere. Con un brusco cenno della testa acconsentì e diede rapidi ordini ai
suoi soldati.
Kara fu portata via ormai svenuta e
Lena la guardò sparire, consapevole che quella poteva essere l’ultima volta che
posava lo sguardo su di lei.
***
Kara si ergeva nella piazza
silenziosa, i Super erano immobili, gli occhi fissi su di lei. Il generale Zod fece un passo avanti e Astra posò la mano sulla sua
spalla, staccandole il mantello.
Lo sguardo della donna era triste, ma
sapeva che andava fatto, era stata una concessione permettere che fosse una sua
parente ad eseguire quel disonorante rito.
Il mantello che portava con fierezza
da un anno le fu tolto dalle spalle e fu consegnato al generale che, con un
singolo violento gesto, lo strappò in due. Il suono del tessuto fu l’unico
rumore nella piazza.
Kara non lasciò che neppure una
lacrima solcasse il suo volto, invece rimase ferma, la mente lontana da quella
piazza in cui si stava compiendo il peggior disonore per un Super.
“Kara Zor-El.”
Pronunciò il generale Zod e come un sol uomo i Super
si voltarono, dandole la schiena. L’uomo la guardò per un’ultima volta poi si
voltò a sua volta.
Astra le consegnò un cristallo
contenente il suo destino, il suo nuovo incarico, e poi, con uno sguardo triste,
anche lei si voltò.
Era finita.
La piazza si vuotò, ma Kara rimase
immobile al centro fino a quando Alex non venne a prenderla.
“Kara… dobbiamo andare.” Le disse con
dolcezza e lei le annuì.
Sapeva dove sarebbe stata mandata,
anche senza leggere il cristallo, vi era solo un luogo nel sistema solare che
era occupato da soli kryptoniani: la Luna; lì sarebbe
finita.
La piccola base lunare era usata come
osservatorio e come luogo di sperimentazione, Lena aveva sempre sognato di
andarci, ma per Kara era solo una prigione.
Osservò la Terra, un pallone verde-azzurro
nel cielo, e sentì la solita intensa mancanza. Non aveva idea di dove fosse
stata mandata Lena, Alex, prima di salutarla, impossibilitata a seguirla sulla
Luna, le aveva detto che avrebbe indagato, ma in quanto disonorata non aveva
diritto a niente che provenisse dalla Terra, neppure un messaggio. Ma, anche se
avesse saputo, cosa cambiava?
Aveva giurato di non permettere a
niente e nessuno di mettersi tra di loro ed ora vi erano l’intero spazio tra la
Terra e la Luna a separale, oltre che due intere specie senzienti.
“Ehi, ti chiami Kara, non è vero?”
Ruotò la testa verso il kryptoniano appena entrato e
annuì. “Cuore spezzato?” Chiese lui, ma nel vederla alzarsi per andarsene alzò
le mani. “Ehi, no, non volevo offenderti, mi chiamo Dax-Ur
e volevo solo dirti che potrei avere qualcosa per te…”
“Ti ringrazio, ma non ho bisogno di
nulla.”
“No?” Chiese lui. “Ti ho vista, sai,
sei qui da una settimana e tutto quello che fai, oltre ai tuoi compiti, è
guardare la Terra.”
“Mi dispiace, ma non ho proprio
voglia di parlarne, credo che sia meglio se…”
L’uomo le tese un piccolo sacchetto e
sorrise.
“È solo una polvere rossa che abbiamo
trovato sulla Luna, un meteorite caduto molti anni fa. Un respiro di quella
polvere e ti sentirai subito meglio.”
“Non…” Kara guardò la mano tesa, poi
scosse la testa. “Grazie, ma no.”
“Sai dove trovarmi se cambi idea.”
L’uomo le fece l’occhiolino e se ne andò lasciandola di nuovo sola.
Gli occhi di Lena erano così pieni di tristezza. Kara tese la mano per
raggiungerla, ma lo spazio tra loro cresceva e cresceva ancora, per quanto lei
corresse non riusciva a raggiungere Lena, poi la donna urlò e Kara sentì il
cuore esploderle nel petto.
Si svegliò tremando, le lacrime agli
occhi, il terrore che non se ne andava.
Non era la prima volta che faceva
quel sogno e, una parte di lei, sapeva che non voleva smettere di farlo,
perché, per quanto fosse orribile, Lena era di nuovo lì, davanti a lei.
Passarono le settimane e poi i mesi,
ma il dolore non accennava a diminuire, perché lei non voleva lasciarlo andare.
L’uomo che le aveva offerto la
polvere rossa, Dax-Ur, sembrava conoscere tutti alla
base, segno che era lì da molto tempo, Kara non gli aveva più parlato però, un
giorno, dopo essersi svegliata da un incubo ed essere uscita dalla stanza in
pieno orario notturno lo trovò che osservava la Terra.
“Brutti sogni?” Chiese Dax nel vederla arrivare. Kara annuì poi guardò meglio
l’uomo e si chiese se non avessero più cose in comune di quello che credeva. “Sì,
anche io sono stato esiliato qui per aver amato.”
Le sorrise, poi infilò la mano in
tasca e ne estrasse un pacchetto, lo aprì, mettendo in mostra la sottile
polvere rossa di cui le aveva parlato, per poi ispirarne un piccolo
quantitativo. Chiuse gli occhi per alcuni secondi e quando li aprì vi era un
sorriso divertito sulle sue labbra.
“Aiuta.” Le disse per poi mettere via
il pacchetto.
Kara guardò il suo viso rilassato ora
e si chiese se non fosse il caso di provare.
L’uomo osservò il dubbio nei suoi
occhi e sorrise.
“Cosa vorrebbe lui? Vederti distrutta
dal dolore?”
“Lei.” Lo corresse Kara. “Vorrebbe…”
Ricordava le ultime parole di Lena, ‘andrà tutto bene’ aveva detto, ma non
stava andando tutto bene.
Dax le tese il pacchetto e Kara ne prese
un pizzico.
“Un bel respiro.” Suggerì l’uomo e
Kara obbedì.
La sua mente si rilassò e per la
prima volta da mesi si sentì forte, sicura, capace di ogni cosa. Era una bella
sensazione. Sorrise.
“Oh, ma allora sai farlo.” Ironizzò Dax. “Se ne vorrai ancora sai dove trovarmi e, che sia
chiaro, non voglio nulla in cambio.”
“La polvere non basta più!” Gli disse
Kara, sentiva il dolore prendere di nuovo il sopravvento, non voleva sentirsi
di nuovo come l’incapace che si era fatta portare via Lena. Voleva sentirsi
bene, ma la polvere rossa sembrava non avere più effetto.
“Non devi esagerare, non so quale
siano gli effetti di un quantitativo maggiore.” L’avvisò il kryptoniano.
“Per favore!” Nel vederla disperata Dax sospirò.
“Vedrò cosa posso fare…” Promise e
due giorni dopo le consegnò un cristallo grande quanto un chicco di riso. “È un cristallo puro, non tagliato…”
“Come devo usarlo?” Chiese Kara,
avida, la notte prima era stata svegliata di nuovo dall’incubo e non voleva più
che accadesse, voleva pensare a Lena in un modo diverso, voleva ricordare i
loro momenti migliori, non il terribile giorno in cui le era stata strappata
via.
“Non sono sicuro che sia una buona
idea.” Le disse, ma nel vedere il suo sguardo l’uomo cedette. “La persona che
produce la polvere rossa dice che inserendo il cristallo nell’occhio… dovrebbe
influenzare la chimica del tuo cervello in maniera permanente, ma non ha idea
di quanto l’effetto possa essere forte.”
Kara non esitò neppure, con un
singolo movimento spinse il granello rosso nel suo occhio.
Quando rialzò la testa vi era una
smorfia sul suo volto.
“Perché abbiamo sempre pensato in
piccolo?” Chiese a Dax che la guardava preoccupato.
“Perché rimanere qua su questo stupido e grigio satellite?”
***
Kara tamburellò con noncuranza sul
tavolo in mogano, incidendo nel legno piccoli solchi.
“Questo…” La donna alzò gli occhi dal
dossier, fissandola. “Questo cambierebbe tutto.” Disse.
Lei non le rispose, invece sogghignò.
“Super.” E sputò il termine con
disgusto. “Nei loro eleganti mantelli rossi nascondono solo debolezze e
menzogne. Non sono dei, sono solo topi in fuga dalla nave che affondava.”
“Profughi di un pianeta lontano.”
Ripeté la donna, tornando a guardare i fogli che aveva davanti. “Krypton.”
“Pubblicate la notizia.” Ordinò Kara
alzandosi.
“Aspettate. Perché lo fate? Questo
articolo causerà un incendio.”
“Miss Grant.” Pronunciò lei con un
ghigno. “Lo faccio perché mi va.” Rispose, poi.
“Deve esserci un motivo.” Insistette
la donna.
Kara la guardò con un brillio negli
occhi, per la prima volta l’influente Cat Grant parve
leggermente intimorita il che fece sorridere ancora di più la kryptoniana.
“Perché li voglio veder cadere dai
loro piedistalli, voglio smascherare il loro inganno: non sono nulla, non
valgono nulla.”
Cat la guardò per un lungo istante, poi
annuì.
“Pubblicherò la notizia.” Promise.
“Non mi aspettavo nulla di diverso.”
Affermò.
“Mi varrà un Pulitzer… mi ritengo in
debito, se siete qui conoscete la mia influenza, quindi se mai avrete bisogno
di qualcosa venite da me.”
Kara ghignò divertita all’idea di
aver bisogno di un’umana, poi scomparve facendo svolazzare qualche foglio.
La notizia era sulla bocca di tutti,
i presidenti, i primi ministri, i re, i sultani, i dittatori, ogni
rappresentante del suo popolo chiedeva a gran voce la verità ai Super. Non
erano dunque venuti per servire? Era vero che non erano altro che fuggiaschi
tanto fortunati da trovare un pianeta da abitare? Non dovevano forse, loro,
ringraziare gli umani per averli accolti, invece che essere gli umani a
ringraziare ogni giorno per il loro arrivo? Non dovevano forse cambiare i
rapporti di forza? Le concessioni economiche e politiche?
Kara scese delicatamente al centro
della piazza che aveva visto la sua umiliazione ormai mesi prima, un sorriso
sulle labbra.
“Zor-El!”
Urlò Non uscendo dall’edificio.
“Sì, zio?” Chiese lei, giocando con
un boccolo biondo.
“Cosa hai fatto?”
“Ho detto la verità… non è forse
quello che deve sempre fare un Super?”
“Perché, Kara?” Domandò Astra,
sopraggiunta a sua volta. “Ci hai esposti ad un pericolo senza precedenti, non
capisci? E solo per… vendetta?”
“Vendetta?” Chiese lei, divertita.
“Non ho fatto altro che omaggiare i principi nei quali vi siete ammantati.
Avete deciso che ero io quella imperfetta, ma, ora, ho mostrato al mondo che
tutto ciò che siete voi è una menzogna.” Fece una pausa, notando con
divertimento un gruppo di Super radunarsi attorno alla piazza. “Il che rende
me, l’unica onesta.”
“Stai soffrendo, posso capirlo, ma
questo non era il modo di…?”
“Tu, parli a me, di sofferenza?”
Sbottò Kara. “Non sai nulla della sofferenza!”
“Catturatela!” Ordinò Non e le
guardie la circondarono. Kara scoppiò a ridere mentre la portavano via, senza
neanche che lei si opponesse.
“Non potete farmi nulla di peggio di
quello che già mi avete fatto.” Disse, ridendo ancora.
***
“Kara…” Alex entrò nella cella con lo
sguardo teso.
“Credevo che quello non fosse il modo
giusto di chiamare la tua padrona.” Si mosse appena nell’ombra della sua
prigione gli occhi che brillavano nel buio.
“Cosa ti è successo?”
“Cosa mi è successo?” Rispose Kara,
facendo un passo in avanti guardandola dalle sbarre d’acciaio alieno, troppo forti
per essere spezzate o piegate, persino da lei. “Mi è stato tolto la persona che
più amavo al mondo!”
“E questa è la tua risposta?” Domandò
Alex e il suo tono si era fatto duro. “Dax-Ur mi ha
detto quello che hai fatto. Hai alterato la tua mente con della kryptonite rossa!”
“Non giudicare, non sai quello che
provavo!”
“Certo che lo so! Chi credi che sia
stata al fianco di Lena in tutti questi mesi?”
Kara strinse i denti guardando la
donna con odio.
“Non ha importanza.” Disse,
incrociando le braccia.
Alex non la ascoltò neppure.
“Sai come ha occupato lei il suo
tempo? Tirando i fili che aveva tessuto in tutti questi anni. Amicizie,
alleanze, favori, informazioni, ha raccolto un piccolo tesoro tra i Super e lo
stava mettendo a frutto.”
Kara scosse la testa.
“Tenta di ritrovare la sua posizione
tra gli umani, malgrado l’ignominia di aver amato una Super?” Chiese con
sprezzante astio.
“Tentava di cambiare la legge. Tentava
di cambiare il mondo anche solo di un poco, quel poco che bastava per
concederle di amarti.”
“Non è possibile.”
“No, non lo è, ma Lena è una donna che
non accetta la sconfitta e sono anni che preparava il momento il cui avrebbe
dovuto tirare le file del suo lento e accurato lavorio.” Alex si avvicinò
ancora alle sbarre e nei suoi occhi vi era tutto il rimprovero di una sorella maggiore
e della delusione. “Mentre lei lottava per voi, tu rinunciavi.”
Kara sbatté i pugni contro il
metallo, furiosa.
“Non ho mai rinunciato a lei! Non ho
mai dimenticato, neppure per un istante.”
“Dillo a Lena.” Mormorò Alex. “Dillo
a lei che a causa della tua brillante rivelazione si ritrova con un pugno di
mosche, con nulla tra le mani. Tutto in fumo, il lavoro diplomatico, politico
ed economico di anni evaporato con un solo titolo di giornale.”
“No!” Kara diede un altro pugno alle
sbarre furibonda, ma Alex non cedette.
“L’ho trovata che piangeva disperata,
tra le mani il CatJournal. Mi ha guardata e ha detto
solo due parole. Le vuoi sapere?” Kara scuoteva la testa, ma Alex continuò, decisa,
imperterrita. “Mi ha detto: l’ho persa.”
I pugni di Kara stringevano le sbarre
con ferocia, ma il suo viso era attraversato dal dolore. Una lacrima rossa come
il fuoco che bruciava dentro di lei scese lungo la sua guancia, una singola
goccia cremisi cadde a terra e Kara si accasciò.
“Cosa ho fatto?” Chiese, orripilata
dalle sue stesse azioni.
Alex le posò una mano sulla spalla.
“Piangeva.” Disse ancora, come a
voler infierire, ma il suo tono era dolce adesso. “Piangeva, ma poi
un’espressione nuova è brillata nei suoi occhi. Un nuovo piano, una nuova idea.
Non smetterà mai di provare. Tu, cosa vuoi fare?”
Kara sollevò il viso, solcato di
lacrime.
“Lotterò con lei.” Mormorò. “Lotterò
per lei.”
Note: Terza storia della raccolta questa volta con in un mondo diverso da quello che conosciamo, dai toni steampunk che spero vi siano piaciuti. Mi rammarico per questo ritardo, non volevo darvi un finale senza speranza, ma non potevo neppure risolvere tutto con poche frasi, quindi eccovi ancora una volta un finale amaro con una punta di speranza, spero che non vi dispiaccia troppo.
Sempre i miei ringraziamenti e le vostre maledizioni a Jess a cui dovete la raccolta. ;-)
La prossima storia non tarderà, promesso!
Ciao ciao