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Autore: V4l3    09/08/2019    1 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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16.

Una volta aperta la porta si ritrovò nel salotto con il fuoco acceso e scoppiettante, al contrario delle sere precedenti, dove era rientrata in una casa fredda e buia; un'ombra sulla soglia del corridoio della cucina, attirò la sua attenzione; lui si mosse accendendo il piccolo lume, mettendo in mostra la sua figura: incrociò le braccia al petto fissandola con un'espressione arrabbiata, tesa.

–Cosa hai fatto, Alex?- le chiese assottigliando lo sguardo con la sua voce bassa, lasciandola interdetta per quella domanda

– Quello cos'era, Alex?- le chiese dopo qualche istante con una smorfia, mentre la sua espressione continuava ad essere adirata, ma lei non sapeva cosa rispondere anche se una sensazione di timore le attraversò le membra

–Vi ho visto!- sbottò improvvisamente, facendola fremere sul posto

 –Vi stavate baciando! – ruggì, accorciando la breve distanza che li separava

Alex si sentì morire per quelle parole, capendo che si stesse riferendo a lei e Thomas, avvertì tutta la delusione nelle parole di Jason e la cosa la ferì peggio di uno schiaffo, sentendo gli occhi inumidirsi sotto quello sguardo furioso

–Perché ti ha baciato?- quella domanda la lasciò interdetta –Perché hai permesso che ti baciasse?- le chiese piano a un soffio da lei

Alex sgranò gli occhi ormai lucidi, ma nessuna parola riusciva a salirle alle labbra, come se tutto quello che avesse voluto dirgli, le si fosse fermato in gola; il viso di Jason da rabbioso si tramutò in una maschera di tristezza, delusione, dolore

–Perché gli hai permesso di baciarti?- le domandò fissandola negli occhi, dove lei, riuscì a vedere una battaglia di emozioni che li attraversava, come ogni volta che i loro occhi rimanevano uniti a fissarsi e lei si chiedeva cosa lo tormentasse tanto;  sentì il respiro caldo di Jason infrangersi sul suo viso, il profumo di tabacco e alcol fermarle il cuore. Avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto dire qualcosa, scusarsi forse, ma lui le prese il viso tra le mani in un gesto rapido, imprigionando le sue labbra con le proprie.

Nel momento in cui le sue labbra furono catturate da quelle fameliche di lui, Alex ebbe la sensazione che il  cuore le esplodesse nel petto, rilasciando un calore mai sentito, come mille fiammelle che la invasero, sentì quella bocca non lasciarle scampo, senza chiedere permesso, senza delicatezza, portando con sé una cascata di sensazioni che lei non aveva mai provato; un desiderio che non credeva fosse possibile, le annodò il cuore, lo stomaco, ogni angolo del suo corpo. Quando lui si staccò, le stringeva il viso con una mano, mentre con l'altra le circondava la vita quasi a sostenerla

–Questo si chiama bacio, Alex- le soffiò sul viso –e non permetto a nessuno di toccare ciò che è mio- aggiunse, lasciandola incredula; non riusciva a muovere un muscolo, né tanto meno a parlare, si sentiva come frastornata e annebbiata –E' chiaro, Alex?- le chiese ancora con il suo solito modo burbero, stringendola ancora di più a sé, lei riuscì a muovere appena il capo in un cenno d'assenso

–Bene - le disse sciogliendo lentamente quella stretta

In quel momento aprì gli occhi di scatto, riuscendo a mettere a fuoco la sua stanza, solo dopo qualche attimo; aveva caldo e sentiva il viso arrossato, il respiro affannato e stringeva convulsamente il lenzuolo, tanto che quando allentò la presa, la mano le formicolò.

Si tirò a sedere sul letto guardandosi intorno incredula: era stato un sogno? 

Si portò una mano sul cuore che le martellava nel petto, sentendo ancora vive quella marea di emozioni che l'avevano percorsa, costringendole a fare profondi respiri per calmarsi, non capacitandosi di come avesse immaginato tutto quanto; un profondo senso di vergogna le si propagò in ogni cellula: perché quel sogno? Che diavolo le diceva la testa?

Assaporò l'imbarazzo che dirompente le riportò davanti agli occhi Thomas, partito da appena 4 giorni, che la baciava dolcemente, le diceva che era bella, la trattava con delicatezza e la faceva sentire desiderata. Sarebbe dovuto essere con lui e non certo con Jason, un bacio così! Pensò inquieta

Si passò una mano tra i capelli scompigliati, sentendosi agitata e infastidita allo stesso tempo, guardando verso la finestra il cielo plumbeo che incombeva, il quale prometteva da lì a breve un vero e proprio acquazzone; si strinse nelle spalle non trattenendo un brivido, non certo per il freddo, ma per ciò che il sogno le aveva fatto provare e la cosa non le piacque per niente.

Si girò verso il comodino dove il cellulare lampeggiava, ritrovandosi, come succedeva ormai da quando era ritornato a Londra, un messaggio del ragazzo

Thomas 02.35 a.m Ciao piccola! Sono appena ritornato a casa e sono esausto! Spero di non svegliarti, ma volevo darti la buona notte ..verrai a trovarmi ? ;)

Rilesse il messaggio un paio di volte e si sentì maledettamente in colpa.

Si alzò dal letto, non riuscendo a rispondere perché ancora turbata per quel bacio, per quell'abbraccio; era stato un sogno talmente forte che ancora sentiva scombussolata ogni fibra del suo corpo, come se fosse accaduto davvero, o forse era ciò che avrebbe voluto? 

Quella domanda le mozzò il fiato in gola, si guardò allo specchio e si schiaffeggiò leggermente le guance con entrambe le mani, aveva gli occhi lucidi e il viso arrossato. Era forse impazzita? 

Alla fine, si convinse che quel sogno non era altro che l'unione del rapporto che stava nascendo con Thomas, a quello che si era ricreato con Jason: ritornato ad essere il Jason con il quale ci si poteva scambiare qualche parola, con il quale aveva ripreso a sorridere, che l'accompagnava ogni sera per aspettare che finisse il turno, che lei aveva ripreso ad osservare di nascosto, ma soprattutto che dormiva a casa.

Sbuffò sonoramente cercando di scacciare ogni pensiero, decidendo di concentrarsi su altro, come andare a mangiare qualcosa perché affamata, ma quando arrivò in cucina si impalò sulla soglia vedendolo seduto al tavolo a scrivere su alcuni fogli.

Di nuovo sentì il calore invaderle il corpo, dalla testa ai piedi, un brivido le percorse la schiena facendole rizzare i capelli sulla nuca. Sperava che con le ore, quel sogno allentasse la presa, quelle sensazioni scemassero e lei dimenticasse il tutto in un angolo buio della sua mente, ma vederlo lì, l'aveva completamente spiazzata e venne investita da un imbarazzo che non le permetteva di muovere un muscolo. Quando lui si accorse della sua presenza, la guardò perplesso

–Ehi- esordì sorpreso, mentre lei arrossì vergognosamente

–Buongiorno- rispose, catapultandosi a testa bassa alla macchinetta del caffè

–Tutto bene?- le chiese e quella voce bassa e roca le fecero accapponare la pelle, non era certo il momento di comportarsi in un modo così assurdo, ma ogni parte di lei sembrava andare per conto proprio, soprattutto il cuore che le martellava nel petto furioso, riuscì solo a mugugnare un –Mmm- senza voltarsi, concentrandosi sulla tazza da riempire di caffè e sul latte da scaldare, senza mai girarsi verso Jason

–Sei sicura di stare bene?- le domandò ancora una volta lui, con fare sospettoso e a quel punto Alex, forzò il suo viso a girarsi leggermente verso di lui, quel tanto da permetterle di incrociare il blu dei suoi occhi, le labbra leggermente dischiuse, quell'espressione incuriosita che subito le fecero voltare la testa di scatto verso i fornelli

–Si, si- rispose tossendo, per rischiarare la gola secca che le era venuta. 

Lo spostamento della sedia, dove lui era seduto, la pietrificarono e si costrinse a rimanere immobile ad aspettare che lui uscisse dalla cucina, ma quando le andò vicino e le fece voltare il viso con una mano, Alex ebbe la sensazione che di lì a poco sarebbe arrivato un collasso. La guardò intensamente avvicinandosi al suo viso, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa di quel gesto, senza riuscire ad emettere alcun suono

–Sei rossa, non è che hai la febbre?- le chiese con una nota dolce nella voce che fece vacillare lo stato cognitivo di Alex; lo guardò per qualche attimo senza saper cosa fare o dire, sperando che lui non sentisse il suono forsennato del suo cuore, diventato un vero e proprio tamburo, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quel mare in tempesta che sembrava risucchiarla, ogni volta che lui la guardava

–Sto ..sto bene- si sforzò di dire stiracchiando un sorriso, ma lui le teneva ancora il mento con due dita

–Mi sembri strana..-insistette Jason, a quel punto Alex sorrise e con un movimento veloce si liberò da quella mano che sembrava la stesse marchiando a fuoco vivo

–Sto bene, tranquillo- rispose tornando a concentrarsi sul latte; Jason sospirò, ma non sembrò voler continuare ad indagare, così si versò altro caffè riprendendo ad analizzare quei fogli, mentre Alex si sedette esattamente alla parte opposta del tavolo, guadagnandosi un'occhiata indagatrice di Jason che però, poi la mollò per tornare a scrivere. 

Cercò di concentrasi sui biscotti e sulla sua colazione, ma non riuscì a non allungare più volte lo sguardo davanti a lei, verso un Jason perso nel suo lavoro. Non riusciva a non sentirsi calamitata con gli occhi verso quell'uomo, blandendo ogni dettaglio di quel volto: dai capelli lisci e scuri, immaginando che sensazione avesse provato nel toccarli, poi i suoi occhi scesero ad osservare la fronte leggermente corrucciata, con quella ruga leggera che gli si era formata tra le sopracciglia scure e ben delineate, si spostò ad osservare le ciglia lunghe, lo sguardo basso e attento, il naso dritto, gli zigomi ben definiti e poi, accarezzò con lo sguardo quella bocca che l'aveva turbata così tanto, nel sogno

–Mi dici cos'hai?-le domandò lui senza guardarla, spaventandola, non credeva che l'avesse notata

–Niente- si sbrigò a rispondere finendo di mangiare e portando il tutto nel lavandino dove iniziò a lavare la sua tazza –Oggi lavori?- s'informò lui cambiando fortunatamente discorso e Alex dovette sospirare prima di rispondere, non certo perché le dava fastidio che glielo chiedesse, ma era come se improvvisamente non sentisse più aria nei polmoni, l'aveva appena beccata a fissarlo

–No, Mike ha detto che posso stare a casa- si sforzò di rispondere e una volta finito, si girò verso Jason, il cui volto, era appoggiato mollemente su una mano mentre continuava a fissarla e Alex percepì l'imbarazzo assalirla

–Anche io starò a casa, mi sono saltati un paio di appuntamenti, lavorerò di sotto- le disse per poi arricciare le sue labbra il un sorriso beffardo

–Carino il tuo pigiama con i quattro orsacchiotti rosa- le disse ironico e in quel momento Alex divenne fucsia, ricordando di essere scesa senza cambiarsi, istintivamente si girò di spalle coprendosi con le braccia

–Smettila di fissarmi!-sbottò, avvertendo davvero il fumo uscirle dalle orecchie per la vergogna, così si avviò velocemente verso le scale, sentendo la risata di Jason invadere la casa.

Quella mattina ci mise molto più del previsto a sistemarsi, come se uscire dal bagno, le costasse davvero un'enorme fatica, ma la realtà era che non voleva vederlo.

Non capiva il perché, ma quel sogno era ancora così vivo che quelle immagini le passavano davanti agli occhi ogni attimo, disturbandola. Non sapeva come dover affrontare la cosa, oltre tutto Jason aveva deciso di rimanere a casa e questo la metteva un'ansia terribile, già a colazione l'aveva sicuramente insospettito. Sospirando, si guardò ancora allo specchio prima di decidere di uscire, ma quando lo fece, per poco non collassò nel vederselo venire incontro

–Pensavo ti fossi sentita male, sono due ore che sei chiusa lì- le disse avvicinandosi, lei si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio fissando la sua attenzione a terra

–No, sto bene- si limitò a dire, ma lui non sembrò convincersi e le si parò davanti impedendole di andare verso la sua stanza 

–Alex, se non mi dici cos'hai giuro che ti inizio a prendere a sberle- le disse in tono perentorio e lei si ritrovò a stringersi nelle spalle guardandolo basita

–Non ho niente!- sbottò, mentendo spudoratamente soprattutto perché sentiva un caldo inverosimile e sospettava di aver assunto il bel color rosso rubino

–Si, certamente...- la rimbeccò lui con un sopracciglio alzato, ma vedendola impalata e senza riuscire a parlare, Jason sospirò 

–Mi arrendo!- sbuffò -Per pranzo c'è della carne, va bene?- le chiese e lei si limitò a rispondere un –Si- veloce per poi sparire dietro la porta della sua camera.

Una volta sola, si maledì per come si stava comportando e soprattutto si odiava perché non riusciva a dare un freno a quel turbinio di emozioni che la stavano invadendo come una cascata, annebbiandola. Vero era, che non aveva mai avuto esperienze rilevanti, ma così si sentiva davvero come una bimbetta di cinque anni e la cosa la infastidiva parecchio, perchè con Thomas non era stato così? 

Sapeva che Jason era un attento osservatore, e lei sembrava un libro aperto sotto quello sguardo indagatore; inoltre non le sembrò normale, il fatto che avesse sognato Jason in quel modo e non Thomas! Solo allora si ricordò di non avergli ancora risposto, così prese il cellulare mandandogli un breve messaggio, pensando che forse doveva davvero andare da lui un paio di giorni, così almeno avrebbe avuto una scusa per poter stare lontana da Jason; pensandoci le venne quasi da ridere, visto che era stata lei a soffrire la distanza che Jason nei giorni passati aveva assunto.

Cercò di distrarsi sistemando la camera e leggendo un po', ma quando fu l'ora del pranzo di nuovo si sentì attanagliare da una certa ansia che l'accompagnò tutto il tempo. Per fortuna, lui non sembrò più interessato a quel suo atteggiamento strano, per cui il pasto passò per lo più in silenzio, solo lo squillo del telefono ridestò entrambi, chiusi ognuno nel proprio mondo

–Vado io- Jason uscì per andare a rispondere, mentre Alex iniziò a riordinare, ma quando lo rivide comparire sulla soglia della cucina, apparve più cupo

–Maledizione!- sbottò attirando l'attenzione di Alex

–Che succede?- chiese incrociando quello sguardo blu notte come il cielo di quella giornata, ormai arresa alla pioggia –Era un mio cliente- spiegò - vuole che anticipi la consegna di una settimana, altrimenti non mi paga- disse spazientito

Alex sgranò gli occhi al pensiero che c'era certa gente che si comportava in questo modo, senza pensare minimamente alle conseguenze, anzi ricattando senza ritegno; lui cambiò improvvisamente espressione guardandola e le sorrise lasciandola inebetita a fissarlo

–E quell'espressione?- le chiese divertito

–Quale espressione?- domandò a sua volta imbarazzata finendo di lavare i bicchieri, sperando che lui non avesse notato, come in quella giornata, lo guardasse in maniera diversa

–Sembravi arrabbiata- spiegò sorridendole, Alex sospirò di sollievo 

–Era per questo tuo cliente, odio la gente prepotente che si permette di comportarsi da padrone- ammise e lui rise di gusto, facendo fare una capriola al cuore di Alex, era uno spettacolo che non si aspettava

–Eri buffa, sai, sembravi una bambina imbronciata- la prese in giro e lei lo colpì sul braccio con lo strofinaccio che stava usando, facendolo indietreggiare mentre continuava a ridere

–Sei davvero un'idiota, Jason! Te l'hanno mai detto?- gli inveì contro, rossa in viso

–E tu, non metteresti paura neanche a una lombrico- le disse ridendo, mentre lei lo colpì ancora e ancora, fino a quando ridendo entrambi, lui non la fermò prendendole i polsi che chiuse in due morse incastrandola all'angolo della cucina. 

Ridevano e avevano il fiato corto, continuando a fissarsi negli occhi senza riuscire a staccarsi, Alex era come ipnotizzata da quella risata, da quel volto che sembrava essersi illuminato, questa volta a causa sua e non di Jane o di qualche suo amico al pub; rimase colpita per quella vicinanza che le fece battere il cuore e appannare i pensieri, ma poi lui la lasciò ritrovando la sua solita compostezza, pur rimanendo a un passo da lei

–E' meglio che vada a lavorare- disse osservandola attentamente, ma stavolta con un sorriso sulle labbra –Non vorrei rischiare che la tua rabbia mi faccia perdere il lavoro- la schernì ridendo in un modo che mai, Alex, gli aveva visto da quando lo conosceva, lei si limitò a riprendere fiato mentre lui spariva dalla cucina e scendeva al suo rifugio. 

Il temporale era aumentato, spesso l'aria era scossa da fulmini violenti che facevano tremare i vetri della casa; Alex aveva passato il resto della giornata a sistemare e a pulire, riuscendo in qualche modo a calmarsi da quel mare di emozioni che l'avevano assalita fin dalla mattina, grazie anche a Jason, il quale era rimasto rinchiuso nel seminterrato per il resto della giornata; era pomeriggio inoltrato quando decise di andare a portargli un po' di caffè.

Come la prima volta, quando era entrata in camera sua, si ritrovò a pensare che non era mai scesa nel mondo di Jason; era sempre stata curiosa di quel posto, ma non ci aveva mai messo piede, forse più per rispetto nei suoi confronti che per altro, ma ora la sua curiosità poteva essere colmata.

Socchiuse la porta, guardando le scale in legno che scendevano in quella parte di casa a lei ignota, si vedeva della luce proiettarsi dal basso e si sentiva odore di vernici e acetone, strinse nella mano la tazza di caffè caldo e iniziò a scendere, avvertendo quel rumore che ricordava un raschiare sempre più forte.

Arrivata a metà scala, rimase ad occhi sgranati ad osservare quel posto: l'ambiente era un ampio open space che prendeva tutto il piano superiore di casa, con colonne a sostegno e delle finestrelle a bocca di lupo che occupavano la parte superiore delle pareti, ma la vera illuminazione era data,soprattutto, dagli enormi faretti posizionati in diversi punti di quell'ambiente che le fecero venire in mente un possibile set fotografico. Sulla destra vide un lungo tavolo con sopra diversi oggetti e pezzi di legno, così come altri elementi in legno delle più diverse forme e dimensioni, erano addossati nel lato sinistro di quel posto; la parte più ampia e centrale, era occupata da un rivestimento in plastica che copriva gran parte del pavimento e, lì, c'era Jason con indosso una maschera tipo quelle dei film d'azione, usata per non inalare gas nocivi, si muoveva intorno a un piedistallo con sopra la riproduzione di un capitello tutto intarsiato.

Alex, guardò abbagliata quel legno naturale che Jason stava manipolando e plasmando con una perizia e meticolosità che la scioccarono. Lui si accorse di lei solo dopo diversi minuti, Alex gli sorrise mostrandogli la tazza fumante e solo allora lo vide liberare il volto dalla maschera

–Grazie- le disse avvicinandosi, mentre Alex era rimasta ai piedi delle scale

–Quindi questo è il tuo regno- disse affascinata guardandosi ancora intorno, lui prese la tazza bevendo un sorso di caffè, prima di girarsi verso la stanza

–Si, lavoro per lo più qui dentro- ammise

–E' bellissimo- affermò Alex con voce sognante, facendo un passo in avanti osservando meglio prima a destra e poi a sinistra, fino a rimanere a fissare il capitello davanti a lei. Il legno era chiarissimo, privo di qualsiasi tinta, ma liscio e perfetto, ricolmo di particolari come le tipiche foglie d'acero, in questo caso intrecciate, fiori minuscoli da ricordare piccole margherite, a rami che ne percorrevano sinuosi i confini

–E' questo il progetto che devi consegnare prima del previsto?- chiese continuando a fissarlo incredula, Jason le si affiancò

–Si, se andrà bene, ne dovrò fare altri cinque- le rispose lasciandola basita

–Cinque?- chiese e lui rise senza guardarla, ma ammirando anche lui il capitello

–Già, questo è di prova, se andrà bene mi commissionerà gli altri- le spiegò –serve per un portico di una casa nella zona del Davon – sospirò e bevve ancora –questo tizio ha preso un rudere e lo sta ristrutturando, mi ha chiesto di fargli questi capitelli per abbellire le colonne del suo portico, spero gli piaccia- aggiunse e Alex si girò a guardarlo sorridendo

–E' meraviglioso, non può non piacergli- gli disse lasciandolo abbagliato da quel sorriso e quello sguardo, sembrava quasi orgogliosa

–Tu sei un'artista, Jason, fare questo tipo di lavori non è da tutti, soprattutto al giorno d'oggi- aggiunse Alex spostandosi a guardare il capitello più da vicino 

–Da un semplice pezzo di legno riesci a creare questo- e rise incredula –è qualcosa che vale più di ogni altra cosa-

Jason rimase colpito da quelle parole, era la prima volta che qualcuno parlasse del suo lavoro con quell'enfasi, non si era mai sentito un'artista, anzi "Se non vuoi studiare, smettila di perdere tempo e mettiti a fare qualcosa di buono! Se non vuoi usare la testa, almeno usa le mani!" le dure parole del padre spesso gli tornavano alla mente, quando finiva un lavoro ed era soddisfatto di ciò che aveva fatto. Nessuno aveva mai apprezzato il suo saper lavorare il legno, forse solo quel pazzoide di Mike ed Emma, la quale, lo aveva visto trasformare un pezzetto di legno in un fermaglio per capelli e ne era rimasta totalmente affascinata, tanto da spingerlo a non abbandonare mai questa sua dote, così l'aveva chiamata, ed ora Alex stava dicendo lo stesso.

Sorrise guardandola mentre si aggirava piano in quel suo rifugio, nessuno era mai sceso lì, neanche Mike, ed era strano che ci fosse qualcuno lì sotto, dove lui aveva iniziato a dar vita alla sua attività, a ciò che le sue mani sapevano fare da sempre

–Come hai iniziato?- gli chiese Alex, vicina al lungo tavolo dove teneva alcuni attrezzi da lavoro e oggetti finiti, era ferma ad osservare uno specchio da tavolo, con una cornice che riprendeva lo stile Luigi XVI

–Mio nonno materno era uno scultore- ammise vedendo l'espressione sorpresa della ragazza

 –Lavorava il marmo, molte cose le ho imparate da lui quando ero ragazzino- le spiegò mentre lei si era rimessa a girovagare con un sorriso sulle labbra

–Ma hai anche studiato per arrivare a questo?- ed indicò il capitello, lui rise

–Si mi è toccato anche studiare, non ho preso l'università, ma ho fatto l'Accademia per diventare scultore del legno, è durata cinque anni- ammise e lei rimase piacevolmente colpita

–Quanto ci vuole per arrivare al pezzo finito?- Jason guardò la sua creazione sorridendo alla domande di Alex

–Beh, diciamo che se trovo un bel legno che non necessita di lavori particolari, più o meno un mese lavorando tutti i giorni- poi sbuffò ripensando al suo cliente –ma, in questo caso, non più di venti giorni-

Alex guardò con ancora più trasporto quell'enorme capitello, rendendosi conto di quanta bravura avesse Jason.

Improvvisamente, però, un fortissimo tuono fece saltare la corrente e, tutto intorno a loro, si fece buio come la pece

–Jason!- chiamò Alex preoccupata

–Resta ferma!- le rispose, Alex lo sentì muoversi piano, la plastica scricchiolava sotto i suoi piedi, fino a quando non sentì la mano di lui sfiorarla e lei saltò sul posto sorpresa

–Scusa, non volevo spaventarti- si giustificò

–Non vedo nulla- ammise lei –ho paura di fare qualche danno- lo sentì sorridere piano

–Credo che per oggi possa bastare, torniamo di sopra- quando lui le strinse la mano, Alex ringraziò il buio perché avvampò come una torcia a quel contatto e si sorprese nel pensare che avesse potuto benissimo illuminare lei la stanza! La mano di Jason era ampia da incastrare le sue dita sottili, era leggermente ruvida e calda, tremendamente calda, al contrario della sua piccola e fredda.

Lui si mosse piano e lei gli si avvicinò seguendolo

–Ci sono delle candele qui vicino, voglio portarle di sopra per sicurezza, ma devi rimanere qui un attimo- così dicendo le lasciò la mano, privandola del suo calore

–Non muoverti, non conosci qui sotto, potresti farti male, torno subito- le disse e Alex ebbe l'impressione che lui le fosse tremendamente vicino con il viso, perché sentì chiaramente l'alito caldo di Jason al sapore di caffè infrangersi sul suo viso

 –Va.. bene- biascicò mentre lo sentì muoversi per allontanarsi

–E'spaventosamente buio, nonostante le finestrelle - si ritrovò a dire cercando di spezzare quel silenzio e quel continuo tuonare

–Qui sotto dopo le 15.00 è praticamente notte, per questo di solito tengo i faretti accesi- la voce di Jason era più lontana rispetto a dove stava lei, lo sentì rovistare da qualche parte, fece anche cadere alcuni oggetti metallici che riempirono l'aria con il loro rumore stridulo

–Tutto bene?- chiese sentendolo borbottare infastidito

–Si, si tutto bene- rispose continuando a muoversi 

–Eccole finalmente! Ma non trovo l'accendino aspetta ancora un attimo- Alex cercava di far abituare gli occhi a quel buio, ma riuscì solo a distinguere appena la sagoma della colonna davanti a lei, per il resto era impossibile capire cos'altro ci fosse intorno

–Eccomi- Alex saltò ancora una volta per la vicinanza improvvisa di Jason che subito le prese la mano stringendola –dobbiamo risalire al buio, l'accendino è di sopra nel pacchetto di sigarette- ammise dispiaciuto

–Va bene allora ti seguo- rispose e lui intensificò leggermente la presa muovendosi piano fino a farla arrivare alle scale

–D'accordo, qui hai subito il primo gradino alza un po' la gamba, non vorrei ti facessi di nuovo male- le disse e lei si sentì tremendamente felice nel sentirlo così premuroso e attento nei suoi confronti; sorrise e iniziò a fare quanto gli era stato detto aiutandosi con il mancorrente della scala e salì così il primo gradino, stando bene attenta con i successivi, stupendosi di come Jason fosse paziente e la tenesse ben salda per non rischiare di farla cadere. Una volta in cima, sospirarono di sollievo entrambi, tutta la casa era al buio, ma il fuoco proiettava una luce calda su tutto il salotto e in parte sulle scale

–Vai a sederti , prendo le candele e ne sistemo qualcuna in cucina- le disse lasciandole la mano che continuava a tenere ben stretta nella sua; quando il contatto terminò Alex sentì come freddo, il calore di Jason sembrava riuscisse a proteggerla e scaldarla sempre.

Si sedette sul divano dopo aver ravvivato il fuoco, puntando gli occhi proprio sulle fiamme scoppiettanti, dall'esterno proveniva la furia della tempesta che impetuosa sembrava aver investito quel tratto di costa

–Anche le altre abitazioni sono al buio e fuori non c'è un lampione acceso- così dicendo Jason entrò nel salotto e si sedette sulla poltrona accendendosi una sigaretta, mentre Alex si rannicchiava su un angolo portandosi addosso il plaid

–Hai freddo?- le chiese lui buttando fuori un po' di fumo, lei scosse la testa

–No, ora sto bene- gli rispose continuando a guardare verso il camino

–Oggi sei più strana del solito- esordì lui dopo minuti di silenzio, ad Alex non sfuggì il tono ironico, anche se non riuscì a non arrossire a quell'affermazione

–Ti sbagli, non ho niente e non sono strana- affermò sistemandosi il plaid fin sopra il naso per nascondere un sorriso che le era spuntato

-Sarà..-gli occhi di Jason intercettarono quelli di Alex che subito distolse lo sguardo, concentrandosi sul fuoco

–Come ti trovi a lavorare al pub?- le chiese dopo attimi di silenzio e lei si stupì di quella domanda, lo fissò qualche attimo prima di rispondere

–Bene, faticoso però mi piace- e ripensò a come in quelle settimane avesse iniziato a lavorare a pieno regime senza neanche accorgersene

–Non immaginavo che tutte le sere ci fosse così tanta gente- ammise sospirando, lui spense la sigaretta ormai finita

–Se ci pensi, è l'unico diversivo di questo posto- le rispose calmo, abbandonando la testa all'indietro sullo schienale della poltrona e allungando le gambe; Alex pensò che avesse ragione, il pub di Mike era l'unico modo, per molti, di riempire le serate in quel posto

–Come mai sei tornato a vivere qui?- gli chiese dopo un pò, voleva provare a sapere qualcosa di più su di lui, anche se non le rispose se non dopo diversi minuti, tanto che Alex era arrivata alla conclusione che lui l'avesse volutamente ignorata

-Perché questo posto mi somiglia- le rispose alla fine, lei inclinò un po' la testa per osservarlo sotto la luce del fuoco e anche quell'immagine, si volle imprimere nella mente, per lei assolutamente perfetta

–Nel senso che cambia tempo così velocemente che ricorda il tuo carattere?- chiese serafica facendolo ridere di gusto

-Esattamente- confermò lui guardandola di sbieco

–Ma la tua famiglia non ti manca?- gli chiese lei titubante, vedendolo sospirare prima di rispondere

–Ho vissuto in questa casa da quando avevo 8 anni fino ai 17, con i miei nonni materni che avevano deciso di passare la pensione da queste parti, mio padre è sempre stato molto impegnato per il suo lavoro governativo, spesso viaggiava e mia madre con lui; rispetto ai miei fratelli, io ero sempre stato quello che mal sopportava i trasferimenti, sin da piccolo, così mia madre mi lasciò vivere qui, fino a quando il trasferimento di mio padre, in Italia, non significò lasciare questo posto per parecchi anni- raccontò piano, ogni parola era dettata da un fiume di ricordi che adombrarono gli occhi di Jason

–Poi ho fatto ritorno a Londra, ma andarmene è stata una benedizione- aggiunse stupendola

–Non andavi d'accordo con i tuoi?-ipotizzò facendogli fare un a smorfia

–Con mio padre non molto, effettivamente, abbiamo una visione della vita e del lavoro un po' diversi- ammise

-A volte le famiglie non sono ciò che desideriamo, non le scegliamo- disse Alex ripensando alla sua

-E' vero, ma io sono sempre stato diverso dai miei fratelli e questo lui non l'ha mai accettato- confessò per poi guardarla –Tu, hai mai avuto modo di conoscere il resto della tua famiglia?- le chiese in tono pacato, ma curioso, Alex scosse la testa

-No, mamma mi ha sempre tenuto lontana da loro- rispose flebilmente –diceva che non erano persone di cui ci si poteva fidare, soprattutto di mio nonno-

Jason sospirò alzandosi e lei notò la sua espressione indurirsi, lo vide andare ad aizzare il fuoco buttando all'interno altri due ciocchi di legno, per poi scostare la tenda e vedere la tempesta che imperversava all'esterno, con il fischio del vento che ricordava dei lupi; Jason riprese posto sulla poltrona solo dopo qualche attimo 

–Hai fame?- le chiese e Alex si trovò a negare con il capo, così lui si rimise seduto stendendo i piedi sul tavolino, fissando il soffitto

–Tu?- chiese Alex –li hai mai conosciuti i miei parenti?- lo vide assottigliare lo sguardo 

–Si, un paio di volte ho avuto questa fortuna- disse amaramente e Alex dovette far forza sulla sua volontà per non inondarlo di domande, avrebbe così tanto voluto parlare di sua madre, di quello che loro avevano condiviso prima che la loro amicizia venisse in qualche modo interrotta, ma si astenne dall'aprir bocca. Aveva capito che a Jason, le domande personali non piacevano, faceva fatica a parlarne e ad esternare i propri sentimenti, a dire il vero era piuttosto stupita di come le avesse parlato fino a quel momento, così per non irritarlo si obbligò a tacere, stupendosi non poco nel sentirlo riprendere il discorso dopo diversi minuti di silenzio

–Frequentavo tua madre da poco, avevamo stretto amicizia grazie alla sua pazienza- lo vide sorridere- gli bastò un attimo per capire che tipo fossi, ma non si tirò indietro e mi aiutò ad inserirmi, a risolvere diversi problemi dovuti alla lingua e ai vari rapporti che man mano instauravo con i professori, lei faceva parte dei rappresentati degli studenti, era compito suo occuparsi in qualche modo del mio inserimento- si portò una mano sugli occhi che coprì con il pollice e indice massaggiandoli

–Un giorno, doveva essere maggio, faceva piuttosto caldo e avevamo deciso di andare al mare, ma quando uscimmo da scuola ad attenderla c'era suo padre- si fermò e lo sentì sospirare, continuando a tenere gli occhi chiusi; Alex ebbe l'impressione che soffrisse profondamente ricordando quei momenti, pensò infatti che lui si fermasse, invece ancora una volta continuò a parlare

–La cosa che mi stupì fu il cambio d'espressione di Emma, rideva e un attimo dopo era diventata una statua di sale, tesa come una corda di violino- Alex si strinse nel plaid sapeva l'effetto di suo nonno nei confronti di sua madre che spesso sprofondava in un abisso fatto di agitazione e forse anche paura, solo nel sentirlo nominare

–Ci si avvicinò, indossava un completo scuro, sembrava un uomo molto curato, inoltre si era presentato con un'auto munita di autista, cosa che mi colpì, perché tua madre non ha mai mostrato essere figlia di un uomo così facoltoso, viveva in un minuscolo monolocale vicino la scuola che si pagava con diversi lavoretti part -time - si girò verso Alex fissandola intensamente

–Non dimenticherò mai come guardò tua madre: sembrava un predatore con la sua preda, Alex, mi spaventò- la ragazza deglutì a fatica per quelle parole, sentendo la sua pelle accapponarsi, poi Jason ritornò a fissare il soffitto perdendosi nei ricordi

-Le disse che era venuto a prenderla perché dovevano parlare, il volto di tua madre era bianco come un lenzuolo e la cosa mi agitò, perché lei difficilmente si faceva intimorire dalle persone, invece quella volta, per la prima volta, la vidi sotto un'altra luce-

Alex non riusciva a non fissarlo,mentre si accese una sigaretta per aspirare una lunga boccata di fumo, fuori continuava a piovere copiosamente, ma in quel salotto, tutto sembrò stranamente sospeso, come se quelle parole, quei ricordi, li avessero racchiusi in una sorta di bolla

–Lei gli disse che non voleva, che era stato già detto tutto e non voleva avere niente a che fare con lui e la cosa mi gelò sul posto- disse Jason riprendendo il racconto

–Non la conoscevo così bene da avermi raccontato della sua famiglia, ma sinceramente mai mi sarei aspettato una reazione così diretta da parte di una figlia nei confronti del padre- Alex si asciugò una lacrima che le aveva solcato il viso stupendola

-Lui che fece?- chiese esitante e Jason si voltò a guardarla e aspettò qualche attimo prima di risponderle

-Sorrise- rispose-sorrise in una maniera agghiacciante, le posò una mano su una spalla e notai subito come la stretta fece letteralmente sussultare tua madre- Alex sentì chiaramente un brivido scorrerle lungo la schiena

–Le disse che non era certo una richiesta a cui lei aveva la possibilità di sottrarsi, a quel punto, vedendo anche come Emma tremasse, mi intromisi presentandomi e chiedendo se poteva concederle di passare un pomeriggio al mare con me e Francesca visto che avevamo organizzato tutto- si fermò per finire la sigaretta e spegnerla nel vicino portacenere 

–Lui mi inchiodò sotto quello sguardo tagliente che mi rivolse, mi ricordo che provai un disagio mai provato prima, non mi rispose, non fece nulla se non strattonare tua madre in auto, lasciandomi come un coglione lì sul marciapiede- affermò rabbioso

Jason si piegò in avanti sulla poltrona posando le braccia sulle gambe fissando il pavimento

–La rividi dopo più di una settimana, dove era praticamente sparita, non rispondeva alle mie telefonate, neanche Francesca l'aveva sentita e la cosa ci aveva fatto andare in defibrillazione- incrociò le mani stringendole forte

–Poi, una mattina che feci più tardi, vidi accostare davanti alla scuola la macchina scura dalla quale scese una ragazza che feci fatica a riconoscere come Emma- Alex sgranò gli occhi a quella frase –nonostante il caldo, era vestita con una maglia scura a maniche lunghe, anche i pantaloni erano scuri, colori che mai tua madre indossava e la cosa mi spaventò. Le andai incontro quasi con timore e quando mi avvicinai notai che indossava degli occhiali da sole- Jason si fermò qualche istante prima di continuare, come a riprendere fiato 

-Quando la salutai lei si spaventò, come se avesse paura di essere vista- si fermò un attimo parve davvero rivivere quel momento, poi riprese piano

- Le chiesi come stesse, cosa fosse accaduto, perché fosse sparita in quel modo e poi vidi...-

Jason si fermò aveva il fiato corto, Alex sentiva il cuore correrle come un pazzo nel petto

–Tua madre iniziò a piangere tanto da lasciarmi stupito, sembrava una bambina, si strinse nelle spalle abbassando la testa e in quel momento non dimenticherò mai il terrore che provai, come se dentro di me avessi già la risposta- si alzò dalla poltrona inquieto andando verso il fuoco, dando le spalle alla ragazza e posando le mani sulla mensola sopra il camino

–Mi avvicinai e l'abbracciai, mi ricordo che tremava come una foglia tra le mie braccia e così trovai il coraggio di chiedergli cosa fosse accaduto, ma lei continuava a piangere, così andammo al bagno della scuola e lì, quando le tolsi gli occhiali ebbi la certezza di tutto-

Alex tremava e non riusciva a trattenere le lacrime, la madre le aveva sempre detto poco o niente, facendole sospettare che nascondesse qualcosa e ci fosse molto, dietro quell'odio profondo verso suo nonno.

–Aveva uno zigomo piuttosto gonfio e così il suo occhio destro era violaceo- sibilò Jason stringendo la modanatura della mensola come a volerla spaccare sotto quella stretta –la guardai inorridito, mentre la vidi coprirsi il viso con le mani e accasciandosi a terra-

 

  
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