Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: ghostmaker    10/08/2019    3 recensioni
La leggenda narra di un uomo che portò la pace tra gli esseri viventi. Egli riuscì a instaurare un governo democratico nel quale ogni Re manteneva la propria predominanza nel suo regno, ma che con gli altri quattro formava un consiglio ristretto dal quale veniva nominato l'Imperatore dei Cinque Regni, un uomo o una donna la cui saggezza fosse riconosciuta da tutti. I secoli si susseguirono nella pace, ma l'Era dei Diamanti stava per concludersi.
[Storia partecipante alla challenge “Pagine di una storia infinita” indetta da molang sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'Imperatore dei Cinque Regni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il maestro ha raggiunto i suoi alunni che si sono avvicinati al grande Albero del Mondo tra risate e balletti propiziatori. L’anziano dalla lunga barba bianca si siede senza fatica, nonostante l’età avanzata, appoggia la schiena al fusto del Bobaya, uno dei tre alberi antichi, e agita la mano per calmare i bambini che, immediatamente, si siedono davanti a lui nel silenzio assoluto.
«Voi sapete sicuramente quale sia la festa più importante del mondo?»
«Sì» esclama il bambino curioso che aveva alzato la mano in classe. «Il compleanno dell’imperatore!»
«Bravissimo. E sapete che non è il giorno in cui è nato l’attuale Atua, ma è la data in cui il Leggendario divenne ufficialmente Imperatore dei Cinque Regni. Ecco, la storia dell’uomo che ho conosciuto da ragazzino a Oazo inizia proprio durante questa festa di tanti anni fa.»





2° capitolo –  Agitazione nel Concilio dei Cinque





Il maestoso palazzo imperiale costruito sull’isola di Otoke era così grande che si poteva vedere dalle rive del Regno di Metel. Il marmo bianco, colpito dai raggi del sole, emanava una luce tanto intensa da sembrare un faro per i naviganti del Mare del Nord anche nelle notti senza luna.
Fin dalle prime luci dell’alba, i servitori avevano imbandito i tavoli, posizionati il giorno prima in perfetto ordine nella grande sala delle feste, con tutti i cibi e le bevande conosciute provenienti da ogni luogo del mondo. Il protocollo prevedeva che la festa si svolgesse con delle turnazioni: all’alba erano invitati i popolani che avessero voluto e potuto raggiungere Otoke; verso il mezzodì partecipavano alla festa i “meritevoli” ovvero tutte le persone che erano state menzionate, per svariati motivi, come i più meritevoli di ogni regno; nel primo pomeriggio toccava alle personalità di spicco delle varie comunità i quali, se invitati, potevano restare anche alla sera, ovvero il momento in cui entravano nel palazzo i vari regnanti e le loro delegazioni diplomatiche. Le famiglie reali avrebbero soggiornato al palazzo di Otoke fino al giorno seguente perché partecipavano, oltre alla festa, anche alla consueta doppia riunione del Concilio dei Cinque, presieduto dall’imperatore.

Atua, CCXV del suo nome, era uno degli imperatori più longevi della storia e durante quella festa festeggiava il quarantesimo compleanno, però la sua vera età era di quasi cento anni, e purtroppo da qualche tempo aveva iniziato a stare male per colpa del morbo di Tulle.
La malattia di Tulle, chiamata così per il nome del medico che la scoprì, era un morbo incurabile che non manifestava segnali premonitori. Tulle scrisse nel proprio diario che probabilmente il Leggendario aveva contratto il morbo soggiornando nella foresta proibita e che esso era l’effetto collaterale derivato dai poteri magici che aveva acquisito in quel luogo. Atua, Primo del suo nome, non rivelò mai come ottenne la magia e pertanto quello che scriveva Tulle era una supposizione che però sembrò veritiera quando anni più tardi si scoprì che ogni Saggio, e quindi un qualsiasi imperatore futuro, unici depositari di poteri magici, contraevano lo stesso morbo anche senza entrare nella foresta.
L’imperatore, nonostante questo disagio, non avrebbe mai disertato la festa, così, quella mattina, si era svegliato prestissimo; i suoi servitori si erano dati molto da fare per aiutarlo a indossare la veste azzurra e il mantello nero, simboli che rappresentavano la sua discendenza, mentre lui, impaziente e perennemente in movimento, cercava di velocizzare queste manovre per raggiungere la lunga scalinata che lo avrebbe portato in mezzo al suo popolo. Egli sapeva che la malattia lo avrebbe costretto a percorrere gli scalini a una velocità ridotta, ma non voleva che il popolo lo vedesse sofferente proprio durante la sua festa di compleanno.

L’imperatore, così come si era prefissato, si fece trovare già nella sala quando le grandi porte del palazzo di Otoke si aprirono per far entrare il popolo. Ogni persona che varcava la soglia s’inginocchiava davanti all’imperatore proferendo parole di ringraziamento. Egli aveva atteso che la sala fosse gremita prima di dare il benvenuto ai sudditi del mondo e allargando le braccia, come per stringere a sé ogni popolano, disse con gioia: «Caro popolo, sono felice di vedere che siete giunti in molti quest’oggi, immagino che tanti di voi avranno fatto un lungo viaggio per raggiungere Otoke e che la fatica del vostro cammino si faccia sentire sui vostri muscoli, così come odo indistintamente il brontolio dei vostri intestini affamati.» Tutti risero alle parole scherzose proferite dal sorridente imperatore. «Ebbene cari amici, tutto ciò che vedete sui tavoli, è vostro; siate benedetti dai nostri antenati.»
Atua aveva lasciato che gli applausi scemassero per poi dire ad alta voce ai suoi servitori: «Date al nostro popolo ciò che desidera per rifocillarsi e preparate cibo e bevande in modo che ogni individuo qui presente possa riempirsi le sacche per gustare le prelibatezze di tutto il mondo anche durante il viaggio di ritorno verso le proprie case.»

§ § §

Questa giornata era una festa per tutti, tranne che per il festeggiato. L’imperatore avrebbe lavorato più in quest’occasione che nel resto dell’anno, perché doveva dare ascolto a ogni popolano che avesse ottenuto il permesso per un colloquio privato tramite i buoni auspici dei Saggi, consegnare l’onorificenza imperiale ai meritevoli, prendere parte a discorsi di economia e politica con i vari ricchi possidenti, ma soprattutto presenziare al Concilio dei Cinque che, negli ultimi anni, era sempre stato molto movimentato. L’imperatore, a volte, rimpiangeva il passato nel quale era soltanto uno dei tanti saggi del mondo con il solo compito di dispensare le proprie opinioni al suo re, però tornava in sé dopo pochi attimi perché era conscio che la sua nuova posizione determinava la prosperità di tutte le persone del mondo.
Atua si sedette sul trono di diamanti, un oggetto di grande valore, levigato e assemblato dagli orafi dei tempi antichi, e tra un boccone e grandi sorsi del liquore preferito, si era dato da fare senza sosta. Consigli agli adulti, carezze ai bambini, rigida interpretazione delle Leggi per appianare le dispute tra i vari proprietari di aziende createsi nel corso dei mesi, rincuorava i popolani offrendo conforto e consigli utili per qualsiasi bisogno. Il tutto senza far notare i terribili dolori alla cervice causati dal morbo di Tulle che Alua stava contrastando con tutta la sua forza interiore.

La luce del sole iniziava a calare, nella sala erano rimaste ancora tantissime persone perché ogni regnante desiderava avere un buon gruppo di sostenitori ancora presenti alla festa nel momento del loro ingresso nella sala. L’imperatore, dopo aver confabulato con una delle guardie pretoriane, si era alzato dal sedile di pietre preziose e si preparava a ricevere i regnanti del mondo nei modi previsti dalla Legge, perché egli era sì l’imperatore, ma aveva degli obblighi di etichetta da sostenere. Facendosi aiutare dai servitori si era messo in ginocchio sistemando con cura le sue delicate rotule sul cuscino bianco che recava, ricamato da filigrane di corallo bianco, lo stemma del Regno di Metel. La festa si svolgeva ogni anno in un palazzo imperiale diverso ed era gestita, a turno, da uno dei Cinque Regni che provvedeva alle spese che sarebbero state sostenute per le due giornate, e quell’anno toccava proprio a Metel questa incombenza.

Il cerimoniere, posizionato all’ingresso, iniziava ad annunciare i nuovi arrivati.
«La Regina di Dwr, sua Maestà Cristalya e la principessa Oceanya.»

Il Regno di Dwr possedeva tutte le terre dell’isola omonima. Circondata dai quattro mari, era distaccata dal resto della terra ferma, ma nel corso dei secoli i vari regnanti avevano fatto costruire quattro ponti. Ognuna di queste gigantesche strutture collegava Dwr ai quattro regni continentali. La regina era la più giovane regnante del mondo, aveva acquisito il trono per una terribile disgrazia che accadde otto anni prima di questo evento mondano, quando i suoi genitori persero la vita durante un viaggio di piacere sul Mare dell’Est. La loro imbarcazione fu travolta da una terrificante tempesta che si era scatenata all’improvviso; la nave colò a picco senza che vi fossero superstiti. Molti anni dopo alcuni suppellettili provenienti dal relitto riaffiorarono in superficie adagiandosi sulle spiagge dorate di Tera. Cristalya si era seduta sul trono del padre all’età di diciassette anni, mentre Oceanya, ancora molto piccola, dovette abbandonare gli studi scientifici, nei quali era la più dotata, per dedicarsi all’apprendimento dell’arte militare dato che nell’incidente aveva perso la vita anche il comandante dell’esercito di Dwr.
Al loro ingresso il parlottio tra i presenti era tanto rumoroso da sovrastare gli applausi: circolavano voci insistenti che Cristalya avesse subito un grosso sgarbo da un'altra famiglia reale e che la sua collera avrebbe causato parecchi fastidi al vecchio imperatore.

«Il Re di Tan, sua Maestà Explodon, la Regina Bruligida e i principi Torcon e Fajro.»

Il Regno di Tan era il più piccolo tra i quattro regni continentali perché buona parte del territorio era costituito dal deserto di Koraha e dall’oasi Oazo. Explodon e Brugilida erano la coppia di regnanti più bella che il mondo avesse visto nell’ultimo secolo. Lui un uomo alto e dal portamento fiero, sempre distinto ed elegante anche quando lavorava a stretto contatto con i suoi sudditi; lei, una donna splendida dai capelli rossi lunghissimi e occhi azzurri come il cielo limpido. Molte persone erano convinte che fosse la diretta discendente del Leggendario perché la sua saggezza rivaleggiava con quella di tutti i Saggi, compreso l’imperatore. Torcon era un giovane aitante, sempre disponibile con il popolo come lo era il padre, aveva una spiccata dote di comando ed era ovvio che si ponesse al comando dell’esercito. Fajro era il contrario del fratello più grande: irruento, aggressivo, poco propenso al discutere e più a suo agio nell’accettare qualsiasi tipo di sfida tanto che l’imperatore, più di una volta, lo rimproverava per la sua irrequietezza giovanile che lo spingeva a commettere errori in continuazione.

«Il Re di Apen, sua Maestà Wit, la consorte regale Pine, il principe Oak e la principessa Willa.»

Il Regno di Apen era sempre stato il più pacifico tra tutti i Cinque Regni fin dai tempi antichi. Il Leggendario, dopo aver attraversato il deserto di Koraha, si diresse in questo luogo e costruì la sua prima città aiutato dai regnanti di Apen che in quel tempo cercavano di portare la pace tra i Cinque Regni che si stavano combattevano da secoli, intervallati da pochi anni di pace forzata. L’arrivo del Leggendario fu accolto come un segno divino e Apen si schierò immediatamente dalla parte di Atua, Primo del suo nome. Il Regno di Apen era tradizionalmente a successione maschile, infatti, le mogli non erano considerate come regine, ma nominate come consorti regali, quindi il trono sarebbe passato a Oak, anche se era più giovane della sorella Willa. Wit e Pine erano una coppia bene assortita, si comprendevano con un solo sguardo e agivano di comune accordo; a prima vista potevano sembrare distaccati e poco affiatati, ma in realtà era solo una questione di protocollo. I loro figli erano bene inquadrati nelle regole nobiliari tanto che erano considerati come i veri depositari dell’etichetta regale.

«La Regina di Tera, sua Maestà Wasa e la principessa Aarde.»

All’ingresso dei regnanti di Tera, i presenti nella sala sembravano quasi impazziti, tanto le avevano acclamate con applausi e inchini lusinghieri, ma in realtà la strana ovazione era quasi tutta dispensata verso la bellissima Aarde, considerata la ragazza più affascinante del creato. E, spudoratamente, anche la più appetibile per qualsiasi uomo di buona estrazione nobiliare.
Una porzione del Regno di Tera era costituita dalla foresta proibita che si estendeva anche nei territori del Regno di Apen; a differenza dei primi, Tera era tradizionalmente a successione femminile e il Fato sembrava appoggiare la loro scelta dato che nascevano soltanto femmine dalle coppie reali. Wasa era rimasta vedova del marito, morto per un’intossicazione alimentare, tre anni prima di questo evento e aveva deciso di non risposarsi, nonostante le molte proposte di matrimonio, perché era ancora follemente innamorata del suo sposo scomparso troppo giovane. Aarde era bellissima e corteggiata da tutti i suoi coetanei che rimanevano affascinati dai suoi occhi leggermente a mandorla di un colore verde intenso. Aveva grande sensibilità e altruismo, ma altrettanta forza di carattere, non cedeva mai in nessun frangente e mostrava i denti quando qualcuno cercava di calpestarla, s’impegnava per dimostrare che le donne sono di pari valore degli uomini e non temeva di lavorare accanto al suo popolo. I presenti alla festa temevano soltanto una cosa: che fosse annunciato uno sposo per Aarde.

La tortura dell’imperatore, ancora inginocchiato, stava per concludersi dato che gli ultimi a entrare nella sala sarebbero stati i regnanti di Metel e una delle guardie gli aveva riferito che erano alle porte.
«Signore e signori, ecco a voi i signori che hanno organizzato l’evento annuale; dobbiamo i nostri ringraziamenti più sentiti per la loro magnanimità quindi vi chiedo di accoglierli con gli applausi che meritano. Il Re di Metel, sua Maestà Titan e il principe Metalo.»
Tutti i presenti s’inchinarono alla loro entrata, Titan, non curante di questo cerimoniale, raggiunse l’imperatore per aiutarlo ad alzarsi, mentre Metal sorrideva e dispensava saluti al pubblico che lo acclamava.

Il Regno di Metel era il più grande reame di tutti i Cinque Regni, aveva grandi risorse minerarie e la maggior parte delle Corporazioni risiedevano nella capitale, e non era certo un caso che nella sala fossero presenti tantissimi ricchi imprenditori del Regno di Metel. Titan era un monarca molto amato dal suo popolo e ben voluto anche dalle genti di altri regni perché in qualsiasi occasione si prestava ad ascoltare e a sovvenzionare le iniziative di tutti; mecenate prolifico e senza timore di rischiare, ma anche intransigente quando si parlava di regole. La moglie del re era deceduta dando alla luce Metalo e si vociferava che lui fosse uno dei pretendenti alla mano della Regina di Tera e che avesse ottenuto una secca risposta negativa. Metalo era un principe che sapeva godersi la vita agiata nella propria corte; mai troppo appariscente, ma neppure troppo distaccato, Metalo preferiva la vita tranquilla, amava ogni tipo di arte e collezionava cimeli dei tempi antichi custodendoli con reverenda devozione.

§ § §

I cerimoniali erano quasi completati, a turno le delegazioni dei Cinque Regni si erano recate dall’imperatore per congratularsi del nuovo compleanno e per consegnare doni d’inestimabile valore che sarebbero rimasti al palazzo Otoke per sempre, poi ogni gruppo, accompagnato dagli inservienti, si era diretto al proprio tavolo per rifocillarsi; tutto senza scambiare una sola parola tra di loro. Alcune persone comuni si avvicinavano a questa o a quella delegazione consegnando documenti, richieste o donazioni, taluni si fermavano a parlare con i regnanti, tal altri con i vari principi, tutti con l’obiettivo di ringraziarli per avere permesso che partecipassero alla festa, ma soprattutto per mostrare che erano presenti perché mancare a un invito così importante poteva costare molto caro, sotto molteplici punti di vista. La festa si sarebbe protratta fino tarda ora con giochi e danze, ma non per tutti la notte sarebbe passata nel sollazzo perché i re erano già in attesa della chiamata per dare inizio al Concilio dei Cinque, ma l’uomo che doveva dare il via alla riunione, l’imperatore, era più interessato allo svago e al divertimento che gli stava regalando un abile giocoliere. In verità Atua voleva prorogare la riunione al mattino seguente così da potersi riposare qualche ora, ma si accorse che molti dei regnanti non vedevano l’ora di portare al suo giudizio le varie situazioni bloccate da cavilli burocratici e ripicche fanciullesche che ostacolavano il normale corso della vita, così, seppur a malincuore, l’imperatore fece un cenno alla guardia pretoriana che, ricevuto il segnale convenuto, si mosse speditamente verso i tavoli per annunciare che la riunione si sarebbe svolta un’ora più tardi. E così accadde.

§ § §

I Re, raggiunti dai loro Saggi, si diressero verso la sala delle riunioni, mentre i loro famigliari, rimasti ai tavoli, finalmente potevano scambiare chiacchiere fra loro e godersi la festa senza formalità superflue. Il cerimoniere aveva annunciato l’inizio delle danze, i maestri musicanti suonarono gli inni nazionali dei Cinque Regni e poi, diedero vita alle melodie più belle che orecchio avesse mai sentito. La musica era così soave e di tale armonia che aveva accompagnato ogni invitato alla festa verso il centro della sala: cavalieri impettiti nelle loro vesti pregiate guidavano le dame che, roteando leggiadre, facevano svolazzare le lunghe gonne riccamente ricamate da fili d’oro intrecciati. Le coppie erano molte, ma chi destava stupore per abilità, movenze ed eleganza nel portamento erano Oak e sua sorella Willa; perfetti nella coreografia, splendidi nell’armonia, tanto bravi e trascinanti che tutte le altre coppie fermarono i loro passi di danza per applaudire i due giovani a scena aperta.

Nel lato più a sinistra della sala si erano riuniti i figli più giovani dei regnanti. Essi erano nati nello stesso anno e tale strana casualità aveva fatto in modo che fossero inseriti tutti nella stessa classe alla scuola imperiale quando erano piccoli. Quella strana congiunzione, in realtà, era diventata una ricorrenza per le famiglie regnanti di quel tempo, perché anche i figli più grandi erano nati nello stesso anno, ma di sette stagioni precedenti ai fratelli minori.
«È già passato un anno dall’ultima volta che ci siamo visti» disse Fajro sorridendo a Oceanya, l’unica ad aver lasciato la scuola imperiale in anticipo.
«Purtroppo da Dwr mi muovo pochissimo per ordini di mia sorella.»
«Probabilmente si preoccupa della tua incolumità» disse Metalo osservando la ragazza che arrossiva, per timidezza, mentre rispondeva a Fajro.
«Ma adesso pensiamo a divertirci, avremo tutto domani per raccontare storie tristi» aggiunse Metalo prendendo la mano di Aarda, alla quale disse: «Vieni cara amica, facciamo vedere a Oak che anche noi siamo bravi nel ballo e diamo anche un colpo al cuore agli uomini che ti stanno fissando con insistenza, timorosi di farsi avanti per invitarti.»
La ragazza, trascinata nel centro della sala, non aveva risposto perché i suoi occhi erano rimasti fissi su Fajro che stava ricambiando quello sguardo.
«Non possiamo essere da meno, andiamo!» disse Fajro inchinandosi davanti a Oceanya. «Dobbiamo vincere questa sfida», aggiunse, sempre pronto a cercar baruffe.
«E così sia, mio cavaliere; la mia mano è tua, guidami in questa danza sfrenata e non farmi rabbuiare con tristi novelle» disse Oceanya ridendo divertita e riuscendo a mettere da parte la timidezza del primo istante.

In un batter d’occhio, il centro della sala ospitava tre coppie di principi e questi ragazzi ballavano, ridevano e si divertivano così allegramente che il pubblico si era fermato per guardare le loro evoluzioni e applaudire la loro destrezza. I maestri dell’orchestra, seppur completata la prima parte del programma, decisero di rimandare la pausa e iniziarono a suonare musiche adatte ai balli di gruppo e gli stessi principi invitavano la gente a raggiungerli al centro della sala. Le musiche erano divertenti e rilassavano anche le persone che rimanevano sedute; tra queste c’erano le regine Pine e Bruligida che sfruttarono l’occasione per parlottare tra loro.
«Dimmi Bruligida, dove è andato?» chiese Pine guardandosi attorno.
«Il mio coriaceo marito ha deciso che dovesse aspettare nell’anticamera. So che tu apprezzi per l’etichetta, ma a me sembra un’inutile perdita di tempo. Lui non ha neanche mangiato per i crampi allo stomaco.»
«Mia cara, lei invece non dorme da quando le abbiamo detto che sarebbe stato ufficializzato oggi davanti all’imperatore.»
«Gioventù» dissero insieme le due donne mettendosi a ridere di vero gusto.
 
Al primo piano, nella sala delle riunioni, il clima era completamente diverso, la tensione era palpabile, anche se fino a quel momento gli argomenti trattati non avevano dato motivi tali che i contrasti sfociassero in liti furibonde. Il libero commercio, e i prezzi prestabiliti e concordati tra i Cinque Regni, garantivano prosperità per ogni nazione e gli eventuali accordi privati tra re non intaccavano le corporazioni autorizzate a operare nel mercato globale grazie alle leggi promulgate dagli imperatori e accettate da tutte le varie aziende statali o indipendenti da soggetti legati ai governi. Il vero nodo da sciogliere rimaneva sempre lo stesso, ovvero la questione legata a due ponti dei quattro costruiti dai regnanti di Dwr, rimasti da sempre “a transito doganale” a differenza degli altri due che erano stati convertiti “a transito libero”. L’imperatore, nonostante i suoi interventi sempre indirizzati alla libera circolazione, non poteva obbligare Dwr ad aprire quelli che ritenevano, forse a ragione, anche delle difese per il proprio regno. Atua era conscio che su tale questione la politica c’entrava poco e che la soluzione poteva trovarsi soltanto attraverso un contratto di matrimonio, infatti, nei giorni precedenti, si era preparato a sedare l’inevitabile lite che sarebbe nata in questa riunione dopo aver letto un messaggio inequivocabile che gli era stato recapitato da un Saggio. L’imperatore sarebbe dovuto intervenire su questo punto, ma era fermamente convinto che nessuno potesse impedire un matrimonio tra persone che si amavano e che non desideravano spartire il loro amore con le logiche della politica estera.
 
Chiusi i libri maestri e consegnati ai Saggi, Re Explodon si era alzato in piedi prendendo la parola. «Imperatore Atua, CCXV del suo nome, oggi colgo l’occasione di questa festa, e della presenza di tutti i sovrani, per annunciare le prossime nozze tra mio figlio Torcon, erede del trono di Tan, e Willa, figlia di Re Wit di Apen.»
Anche Wit si era alzato per stringere la mano al suo futuro parente, ma il momento di gioia era stato spento in pochi istanti da Cristalya, alzatasi di scatto dalla sedia per puntare il dito verso il Re di Tan. «Explodon, quello che state annunciando è un tradimento degli accordi privati che abbiamo stipulato due anni orsono. Come Regina, ma soprattutto come donna, mi sento indignata e disonorata.»
Il Saggio di Dwr aveva tirato fuori da una cartelletta un contratto che Cristalya, presolo strappandolo dalle mani del suo delegato, aveva mostrato a tutti i presenti. In quel documento Explodon s’impegnava a farle sposare il proprio erede garantendole che non avrebbe mai accampato pretese sul regno di Dwr e in cambio richiedeva che la regina autorizzasse l’apertura del ponte doganale che congiungeva l’isola al Regno di Tan.
L’imperatore prese tra le mani il documento iniziando a leggere i paragrafi con massima attenzione, mentre nella sala il silenzio dei presenti faceva in modo che si sentisse chiaramente la musica che proveniva dal piano inferiore. Atua, sollevando gli occhi verso Cristalya, con voce calma, ma molto decisa, disse: «Mia Signora, devo riconoscere che il contratto che avete prodotto come prova è originale, non sussistono contraffazioni e ogni timbro è ben visibile senza sbavature, però anche voi lo avete firmato.»
«Cosa intendente dire imperatore?» rispose Cristalya picchiando i pugni sul tavolo pregiato della sala.
«Voglio dire che nel contratto è prevista la possibilità, per entrambi i contraenti, di rinunciare all’accordo, previa comunicazione al Concilio dei Cinque, che riunito, delibererà il pagamento di una quota risarcitoria al firmatario che intende rispettare tale accordo.»
«Io, Re di Tan, sono pronto a risarcire Cristalya, Regina di Dwr, in base alle disposizioni che questo Concilio riterrà consone e per tale motivo ho deciso di fare l’annuncio in questa giornata in cui, da sempre, siamo presenti tutti» disse Explodon senza esitazione.
Cristalya rimase stranita alle affermazioni dell’imperatore perché non era a conoscenza di tale postilla su quel contratto che né lei né Explodon avevano richiesto di inserire. L’imperatore, prima che la regina aggiungesse altre parole e intuendo che non fosse a conoscenza di ogni paragrafo contenuto nell’accordo, con tono fermo, ma senza farle pesare la sua ignoranza in materia, disse: «Dopotutto è prassi accettata da ogni regno, e prevista dalla legge promulgata da Atua, Primo del suo nome, quella dell’inserimento di una sorta di recesso da parte di entrambi i contraenti del contratto, così come è previsto che in mancanza di tale dicitura il contratto stesso perda di validità». Atua guardava Cristalya e immaginava che avrebbe cercato di ribaltare la situazione così, per farle capire che non c’erano alternative, chiese al Saggio di Dwr: «Fammi un piacere Dheat, prendi dal leggio il Libro delle Leggi, quello su cui i re hanno rinnovato le firme. Su quello ci dovrebbe essere anche la ratifica di Fond, Re di Dwr e padre della nostra amata Regina.»
Explodon e Wit celarono abilmente il loro sorriso beffardo; entrambi erano sicuri che Cristalya non conosceva per niente le Leggi, mentre la regina, trattenendo la furia che le stava sconquassando il corpo, disse a denti stretti: «Ebbene, accetto la Vostra decisione in merito a questa questione, ma sia chiaro; pretendo che nel risarcimento che mi sarà corrisposto, Explodon, e tutta la sua discendenza, siano obbligati a rinunciare a fare richiesta per l’apertura del ponte doganale, sia oggi, con me come Regina, sia domani, verso tutti i miei discendenti.»
«Mi permetto di intervenire sulla questione. Ritengo giusto che la regina richieda, tra gli altri, anche questo risarcimento giacché era la base di partenza del contratto matrimoniale appena sciolto» disse Titan appoggiando la mozione di Cristalya.
«Sono d’accordo» rispose l’imperatore. «Domani mattina ci riuniremo in un concilio ristretto e stileremo il risarcimento che il Regno di Tan dovrà corrispondere al Regno di Dwr, comprensivo di questa legittima richiesta della regina. Ora miei Signori, l’ora sé fatta tarda e direi che il Concilio dei Cinque possa dirsi concluso.»

I Re si alzarono tutti insieme, s’inchinarono all’imperatore e uscirono dalla sala; tutti tranne Explodon. Atua sapeva cosa volesse il Re di Tan e, tirandogli l’orecchio come quando gli faceva da maestro, disse: «Forza, fallo entrare; lo avrai messo in attesa nella stanza adiacente senza neanche lasciargli fare un ballo con la futura sposa, vero?»
Explodon si mise a ridere mentre apriva la porta della piccola anticamera dove Torcon era seduto su una poltrona.
«Forza figliolo, levati in piedi» disse Explodon al giovane erede.
«Padre, ho sentito la richiesta della regina e sono gravi per il nostro popolo che contava molto sull’apertura del ponte. Rinuncio al mio matrimonio se ciò può portare beneficio al Regno di Tan» rispose con determinazione Torcon.
I due uomini lo ascoltarono e non rimasero colpiti dalle parole del giovane perché lo conoscevano così bene che si sarebbero sorpresi se avesse detto altro.
«Giovanotto, le tue parole sono quelle di un uomo e in futuro il regno di Tan, guidato da te e dalla tua sposa, proseguirà a prosperare così come ora che beneficia delle attenzioni dei tuoi genitori. Ora, inginocchiati.»
Il ragazzo, eseguita la richiesta dell’imperatore, aveva chinato la testa.
«Io, Atua CCXV del mio nome, benedico la tua unione con la bella Willa di Apen e aspetterò impaziente la nascita dei vostri figli per poter benedire anche la loro vita» disse l’imperatore appoggiando una mano sul capo del giovane.
«Grazie mio Signore, cercherò di adempiere ai miei compiti futuri nella grazia del Leggendario che lei, oggi, rinnova all’intera famiglia reale di Tan.»
Il ragazzo, sollevato lo sguardo, guardava il padre costatando che fosse la prima volta che vedeva gli occhi del genitore tanto lucidi e pronti al pianto.

§ § §

La prima giornata era finalmente conclusa, l’imperatore, dopo essere stato attivo per venti ore, si era sdraiato nel suo letto alla ricerca di riposo, ma proprio non gli riusciva di prendere sonno. Sapeva che aver risolto il problema del contratto matrimoniale era soltanto una spina di un grosso roseto e che il giorno seguente sarebbe stato peggiore dovendo fare anche una seduta del concilio ristretto che sperava di non dover organizzare. La situazione generale era positiva, le lamentele erano state poche, e i re sembravano tutti tranquilli, escludendo per ovvie ragioni Cristalya, però sentiva nelle ossa che era solo l’inizio di qualcosa ben peggiore perché la Regina di Dwr poteva ignorare le leggi, ma di certo non era una stupida e ci aveva messo pochi secondi per richiedere che Tan fosse obbligato a rinunciare definitivamente al ponte. Alua sorrideva sperando che fosse la sua malattia a creargli tutti questi dubbi, ma temeva di non sbagliare neanche questa volta.
Nel palazzo imperiale, come per tradizione del compleanno, le varie famiglie di regnanti avevano occupato alcune delle numerose stanze da letto, ma anche tra di loro c’era qualcuno che non riusciva a dormire.
Sulla balconata “vista mare”, c’erano Titan e Wasa che parlavano a bassa voce, nella stanza di Fajro c’era la luce accesa e lui teneva tra le mani una lettera aperta, nella camera posta all’ultimo piano Cristalya urlava verso Oceanya che invece cercava di dormire, sul balcone “vista terra” Metalo e Oak conversavano amabilmente, ma tra tutti, c’erano due persone che non sarebbero mai riuscite a dormire, tanto era la loro eccitazione.
La sala della festa, finalmente sgombera da palchi, tavoli, e sedie, sembrava addirittura più enorme del solito, ma in realtà erano quei quattro occhi così pieni di amore e di speranze per il futuro che vedevano tutto più grande. Nel silenzio assoluto, i due giovani si diedero un bacio, poi lui, inchinandosi mantenendo lo sguardo fisso su Willa, aveva offerto la sua mano; lei sorrideva mentre appoggiava delicatamente le sue dita sul palmo di Torcon. Lui, alzandosi, la strinse a sé con la forza dell’uomo e la delicatezza dell’amante e, attimi dopo, iniziarono a ballare promettendosi amore eterno.





N.d.A.
Spero che continuerete a seguire (e gradire) questa storia; sarò lieto di rispondere ai vostri commenti, sia inerenti al racconto sia ai sicuri errori che commetterò nel corso dei vari capitoli.

Grazie
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: ghostmaker