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Autore: Old Fashioned    11/08/2019    13 recensioni
Un’arma segreta del Reich, il dispositivo ombra, viene recuperata quasi casualmente dallo scanzonato pilota di un idrovolante ricognitore.
L’ufficiale inglese che si è visto sottrarre l’oggetto, però, giura vendetta al tedesco, anche perché nello scontro che c’è stato fra i due, egli ha perso una mano e ora è costretto a portare un uncino al posto dell’arto perduto.
I due si incontreranno nuovamente in una misteriosa e sconosciuta isola al centro del Mar dei Caraibi: Ypa'u Oiyva, l’isola che non c’è. Tra indigeni ostili, foreste impenetrabili e luoghi misteriosi, si contenderanno di nuovo il dispositivo ombra e il capitano inglese approfitterà dell’occasione per cercare di saldare vecchi conti rimasti in sospeso.
Seconda classificata al contest Villains against Heroes indetto da missredlights sul forum di EFP. Vincitrice del premio speciale "Miglior Hero"
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve gente!
Eccomi qui, non sono scomparso. Grazie come sempre a tutti quelli che sono passati da queste parti!!






III – Si cerca nuovo personale



Il tenente Pankow aprì gli occhi con la sensazione che da qualche parte ci fosse qualcosa di molto strano e probabilmente anche molto sbagliato.
Fece scorrere lo sguardo sulla cabina: la sua uniforme appesa a un chiodo, un paio di fotografie di aerei appiccicate alle pareti, il tavolino con sopra una lettera che gli era arrivata da casa e una copia di Signal, il lavandino.
Tutto nella norma, apparentemente.
Anche i rumori erano a posto: il macinare cupo dei diesel qualche ponte più in basso, la prua che tagliava le onde, il rubinetto che sgocciolava.
Si passò una mano sul viso, strinse gli occhi infastidito dalla luce che entrava dall’oblò e a quel punto gli fu chiaro quale fosse il problema: il sole era già alto.
A quell’ora avrebbe dovuto essere fuori per il primo giro di ricognizione.
Si mise a sedere, di nuovo tese l’orecchio alla ricerca di qualche rumore sconosciuto al di là della porta.
Possibile che durante la notte fossero arrivati gli inglesi e avessero preso la nave? Scosse la testa: come avrebbero potuto, senza sparare nemmeno un colpo di fucile?
Si alzò in piedi, si avvicinò alla porta e la schiuse cauto: il corridoio era vuoto.
Il che non voleva dire nulla, naturalmente, in nessuna unità di superficie della Kriegsmarine la gente bighellonava nei corridoi, tuttavia la sensazione che da qualche parte ci fosse qualcosa di sbagliato continuava a tormentarlo.
Si vestì e uscì in coperta. Alzò gli occhi sulla catapulta e a quel punto proferì con sentimento un’imprecazione che fece emettere un fischio di meraviglia a un paio di marinai.
La parte anteriore dell’aereo era coperta da un telone cerato. Sulla piattaforma di servizio, due pezzi della capottatura del motore rollavano solidali col movimento della nave.
Corse su per la scaletta che conduceva alla catapulta, raggiunse l’idrovolante, sollevò un lembo della copertura: metà del motore giaceva sparsa in cassette sistemate tra gli scarponi del velivolo.
Oh, merda!” esalò disperato.
Si guardò intorno: i meccanici non si vedevano da nessuna parte.
Eppure avrebbero dovuto essere lì a lavorare come matti sull’aereo per la revisione giornaliera, revisione che, peraltro, avrebbe dovuto essere eseguita la sera prima. Perché era tutto smontato e sparso in giro?
A quel punto giunse dal basso la voce del suo radiotelegrafista: “Signor tenente! Meno male che l'ho trovata!”
Pankow corse ad affacciarsi alla ringhiera. “Till! Che cosa sta succedendo?”
Venga, signor tenente.” Poi, a voce più bassa: “Mi promette che non si arrabbia?”

Quella dove Schelle lo condusse era l'infermeria. Pankow si guardò intorno, infastidito dall'odore di medicinali che vi regnava, e per prima cosa ebbe la tentazione di girarsi e scappare via come faceva da ragazzino quando sua madre lo portava dal dottore. A un più attento esame prevalse però un barlume di senso del dovere ed egli perplesso chiese: “Che cosa ci facciamo qui?” Nella sua mente si agitarono fugacemente alcuni spettri: Punture. Vaccinazioni. Cose brutte e dolorose.
Inconsapevolmente rinculò verso la porta.
Si tratta di Pirchstaller e Lipczinski, signore,” spiegò Schelle premuroso.
Pankow interruppe la ritirata strategica. “Prego?”
Hanno avuto un incidente.”
L'ufficiale aggrottò le sopracciglia. “I meccanici? Come sarebbe a dire che hanno avuto un incidente?”
Venga,” lo invitò l'altro per tutta risposta.
Oltrepassarono una porta ed entrarono nella camera di degenza, dove un dottore e due infermieri stavano passando di letto in letto.
All'apparire del tenente, il capitano medico abbandonò il giro visite e lo raggiunse. Lo fissò con disapprovazione e lapidario proclamò: “Queste sono le nefaste conseguenze dell'ebbrezza etilica.” Indicò due letti, occupati da altrettanti corpi.
Il tenente li raggiunse e si chinò sui degenti: Lipczinski giaceva in apparenza stecchito, con una voluminosa fasciatura intorno alla testa. Prichstaller era vigile e accettabilmente lucido, ma con una gamba e un braccio ingessati. “Ci scusi tanto, signor tenente,” disse questi in tono contrito.
Che cos'è successo?”
L’Aviere assunse un'espressione di profondo imbarazzo. “Non volevamo fare niente di male,” avvisò per prima cosa.
Sarebbe a dire?”
Intervenne a quel punto il medico: “Tre bottiglie di Schnaps. Scolate fino all'ultima goccia.”
Il tenente fissò Pirchstaller, che si strinse nelle spalle e con aria contrita spiegò: “Volevamo festeggiare l'articolo di Signal.”
Oh, merda,” sospirò Pankow. Meccanici fuori combattimento significava aereo fuori combattimento. Si rivolse all'ufficiale medico e in tono speranzoso chiese: “Ne avranno per due o tre giorni, vero?”
Per due o tre mesi, come minimo,” fu l'asciutta replica.
Cosa?” boccheggiò il tenente.
Frattura parietale con sospetta emorragia subaracnoidea e trauma cervicale per il letto numero tre, frattura scomposta di tibia e perone, frattura di radio e ulna in tre punti diversi al letto quattro. Dovranno essere sbarcati quanto prima e inviati in un ospedale in Patria.”
Il tenente, che di tutta la spiegazione aveva capito solo le ultime cinque o sei parole, riabbassò gli occhi sul sempre più contrito Pirchstaller, che con la sua larga parlata da tirolese, volenterosamente spiegò: “Io e Franz avevamo messo da parte un po' di bottiglie per le occasioni speciali, signore, e quando abbiamo visto quell'articolo su Signal abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di stapparne una.”
E le altre due?”
Per quanto glielo consentivano le medicazioni, il meccanico si strinse nelle spalle. “Eravamo là fuori a lavorare... eravamo molto fieri di lei...” Il resto della spiegazione si perse in un mormorio inintelligibile.
E sono caduti dalla scala della piattaforma,” concluse severo il medico.
E mentre Pankow contemplava annichilito la tragedia, sopraggiunse un marinaio che si mise sull'attenti, salutò e annunciò: “Signor tenente, il signor comandante von Stauff la vuole vedere.”

Il tenente Pankow considerò fra sé e sé che già l'anticamera dell'ufficio di von Stauff era inquietante. L'unica nota di colore, in effetti, era il ritratto del Führer. Per il resto, c'erano un paio di fotografie di navi risalenti alla Grande Guerra, un ritratto dell'Imperatore e una bacheca con disposizioni e fogli d'ordini. Da un lato si trovava una piccola scrivania alla quale sedeva l'aiutante di von Stauff, un segaligno giovanotto con gli occhiali cerchiati d'oro e una scriminatura che sembrava un colpo di mannaia.
A parte il sottofondo ovattato dei motori, l'unico suono che si udiva nella stanza era il ticchettio della macchina da scrivere.
Entri pure senza bussare,” gli comunicò l'aiutante.
Sulle prime Pankow ebbe la tentazione di girarsi e uscire, poi il solito barlume di senso del dovere prevalse ed egli abbassò la maniglia.
Il capitano di vascello Wilhelm von Stauff sedeva alla propria scrivania ieratico come una statua del Duomo di Colonia. Rispose al suo saluto con un sobrio cenno del capo, quindi disse: “Si avvicini, tenente.”
Pankow coprì la distanza che lo separava dall'alto ufficiale elaborando mentalmente scuse in grado di giustificare il mancato volo di ricognizione.
Alla fine tentò con: “Faccio rispettosamente presente al signor capitano di vascello che i miei meccanici hanno avuto un grave incidente, per cui...”
Von Stauff sollevò su di lui uno sguardo che tagliava come una fiamma ossidrica. Pankow ritirò appena la testa fra le spalle. “Per cui...” ripeté, con voce già più incerta. Una seconda occhiata dell'ufficiale lo convinse a tacere.
A quel punto, von Stauff chiese: “Tenente Pankow, le è nota la fondamentale importanza del dispositivo che ha recuperato nel corso del suo atterraggio di fortuna dietro le linee inglesi?”
Il più giovane fu pervaso dal pernicioso senso di inadeguatezza che normalmente lo coglieva a scuola, quando lo sguardo implacabile del professore sembrava leggere come su una pagina stampata quanto poco avesse studiato. Deglutì e rispose: “Sissignore.”
Von Stauff rimase impassibile. “L'oggetto di cui lei si è fortunosamente impossessato è il dispositivo ombra,” dichiarò.
Alla frase seguì un silenzio in cui si sarebbe sentito cadere uno spillo. Pankow frattanto rifletteva furiosamente: avrebbe dovuto saperlo? Forse era una cosa che insegnavano in ogni corso ufficiali? Sarebbe stato tenuto a informarsi una volta riportato a bordo l'aggeggio?
L'altro strinse appena le labbra, quindi si alzò e raggiunse una carta del Mar dei Caraibi appesa alla parete dietro la scrivania. Raccolse una canna d'India e la puntò verso quello che al tenente parve il bel mezzo dell'oceano.
Questi fece un passo avanti e aguzzando la vista al massimo si accorse che nella posizione che von Stauff stava indicando c'era un puntino nero.
Gli indigeni la chiamano Ypa'u Oiyva, ovvero isola che non c'è, perché prima della moderna cartografia veniva raggiunta perlopiù casualmente. Essendo perfettamente equidistante dalle coste di Nicaragua, Giamaica, Panama e Colombia, è stata valutata il luogo ideale in cui installare il dispositivo ombra.”
Pankow annuì con l'aria di trovare tutto ciò perfettamente logico. Più il capitano di vascello parlava, più lui si convinceva che in realtà conoscere a menadito il dispositivo ombra sarebbe stato un suo preciso obbligo, al quale naturalmente non stava ottemperando; ma più procedeva la conversazione, più diventava difficile ammettere che in realtà non aveva idea di cosa fosse. Optò per mantenere un circospetto silenzio, rimanendo in attesa di ulteriori sviluppi.
Due giorni fa è stata inviata sul posto una squadra,” riprese il comandante, tornando a sedersi alla scrivania, “teoricamente avrebbe dovuto piazzare il dispositivo ombra, accertarsi del suo corretto funzionamento e comunicare sulla frequenza riservata l'avvenuta installazione, ma sta mantenendo un completo silenzio radio e non capiamo perché. I tentativi di contatto da parte della Schütze sono falliti, per cui non siamo in grado di capire se siano venuti in contatto con unità nemiche o se abbiano avuto un'avaria di qualche genere.” Fece una pausa, quindi concluse: “Allo stato attuale, non siamo nemmeno in grado di sapere se sono vivi o morti.”
È increscioso, signore,” interloquì premuroso Pankow.
Sempre impassibile, von Stauff proseguì: “Quindi lei andrà in ricognizione con il suo velivolo, perlustrerà le coste alla ricerca del natante o di un suo eventuale relitto e sorvolerà l'entroterra. Qualora le condizioni lo richiedessero, è autorizzato ad ammarare ove le condizioni ambientali e tattiche lo consentono per recuperare i superstiti.”
Ecco, signore...” cominciò Pankow a disagio, ma l'altro soggiunse: “Il tenente di vascello Rogge le darà tutte le informazioni del caso, le fornirà le carte necessarie per la navigazione e tutto ciò che lei riterrà utile per la missione.”
Signore, c'è un problema,” si decise a dire il più giovane.
Negli occhi chiari di von Stauff si accese una luce gelida. “Che genere di problema?”
Il tenente Pankow deglutì. “Ecco, signore, l'aereo non è operativo.”
Di nuovo calò nell'ambiente un silenzio siderale. “Come sarebbe a dire che non è operativo?” chiese von Stauff con voce tagliente.
Il tenente si strinse nelle spalle.
Seguì un fuoco di fila di domande: “Da quando non è operativo? Per quale ragione? Come mai ne vengo informato solo adesso?”
Pankow rifletté velocemente. I miei meccanici si sono ubriacati come scimmie, hanno smontato mezzo motore, ne hanno distribuito i pezzi in cinque o sei cassette diverse e poi sono rotolati giù dalla piattaforma fratturandosi anche ossa che non pensavano di avere in corpo gli parve una risposta decisamente fuori luogo. Optò per un più neutro: “I miei meccanici non sono operativi, signore.”
Per quale motivo?”
Il tenente aggirò con grazia la domanda: “Se i meccanici non sono operativi, nemmeno l'aereo lo è. Allo stato attuale non posso volare, signore.”
Von Stauff aggrottò appena le sopracciglia. Rimase per qualche secondo immobile in atteggiamento meditabondo, infine in tono neutro proferì: “Si ritenga congedato, tenente.”

Pankow non se lo fece dire due volte. Uscì dall'ufficio del comandante con la velocità di un animale che abbandona una foresta in fiamme, e una volta che fu a distanza di sicurezza si concesse anche un sospiro di sollievo.
Tornò in coperta. L'aereo era ancora sulla sua catapulta, con il telo che pudicamente copriva lo sfacelo del motore e i pezzi della capottatura che ondeggiavano lenti.
Seduto sulla scala di ferro che conduceva alla piattaforma operativa, Till Schelle aveva l'aria di chi ha appena subito un tremendo lutto. “Gli volevo bene, signore,” confidò al tenente quando lo vide comparire. Con fare significativo alzò gli occhi verso la catapulta e il suo triste carico.
Il tenente sollevò a sua volta lo sguardo, quindi gli chiese: “Sai mica dove quei due abbiano nascosto lo Schnaps rimasto? Adesso avrei proprio bisogno di un goccetto.”
Pirchstaller conta di tornare a bordo dopo la convalescenza, quindi figurarsi se lo dice, e Lipczinski è steso. Mi sa che dovremo rassegnarci all’acqua, signore.”
Se fossimo inglesi, almeno avremmo il tot di rum tutti i giorni.”
Sì, ma poi saremmo inglesi, signore.”
Ineccepibile, direi.”
Porteremmo la bombetta e l’ombrello, signore.”
Berremmo il tè,” rincarò l’ufficiale.
Parleremmo del tempo.”
Pankow ci pensò un po’ su. “Meglio l’acqua,” concluse.

§

Il capitano di vascello Franz Albach, comandante del cacciatorpediniere Walküre, abbassò il foglio sui cui era stato riportato in chiaro il messaggio cifrato giunto dalla corazzata tascabile Schütze.
Chissà cosa sta combinando il vecchio von Stauff,” disse rivolto al suo secondo.
Perché, signore?” chiese l’ufficiale, un tenente di vascello alto, con le spalle larghe e la croce di ferro di prima classe appuntata sul petto.
Per tutta risposta, il comandante fece scivolare verso di lui il messaggio.
Questi lo lesse, sollevò le sopracciglia e chiese: “Cosa diavolo sarebbe successo ai meccanici del suo idrovolante?”
Albach alzò le spalle. “Sembra che abbiano avuto un incidente. Qualunque cosa significhi.”
Il tenente scosse la testa. “I piccioni creano sempre problemi.”
I piccioni?”
Quelli della Luftwaffe. Piccioni. Se ne dovrebbero stare nei loro nidi sulla terraferma, invece di venire a dar fastidio ai marinai.”
Il comandante recuperò il foglio, lo scorse nuovamente, quindi chiese: “Abbiamo qualcuno da mandargli?”
I fratelli Liefke,” fu la pronta risposta. “Tre mocciosi inutili di Berlino, decisamente più adatti a un asilo infantile che alla coperta di una nave da guerra. Noi ci teniamo gli altri due, Brandt e Möller, che mi sembrano un po' meglio, più il pilota. Sono più che sufficienti.”

   
 
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