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Autore: Xenos    11/08/2019    0 recensioni
Sua madre non avrebbe potuto darle un nome più sbagliato, lo pensava ogni giorno. Seduta da sola nella veranda, ricordava le storie che le raccontava quando era bambina e non riusciva a prendere sonno.
Da qui comincia la storia di Willow e Tara, quella completa, ripresa da ogni puntata della serie con l'aggiunta di alcune cose che non abbiamo visto, che non sono state dette o raccontate.
Un viaggio all'interno del loro amore, per capire meglio i personaggi, unicamente dal loro punto di vista.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Tara Maclay, Willow Rosenberg
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Parte II

Il college era molto più caotico di quanto Tara si immaginasse e il campus era immensamente più grande rispetto a ogni sua aspettativa. Quella confusione, in un certo modo, le piaceva perché le consentiva il più delle volte di passare completamente inosservata.

La stanza era spaziosa e cosa più importante, singola. Non doveva condividerla con nessuno, poteva esercitarsi nei suoi incantesimi senza doversi nascondere. Appena arrivata, quando tutto era ancora spoglio e le sue quattro scatole poggiate in terra, aveva deciso di sistemare tutto per bene. Non aveva intenzione di tornare a casa neanche per le vacanze o per l’estate, quindi quella grossa stanza sarebbe stata la sua nuova abitazione per i tre o cinque anni futuri.

Con i risparmi messi da parte che aveva saggiamente deciso di portarsi dietro decise di fare qualche modifica. Avrebbe aggiunto un’ulteriore libreria oltre a quella presente, le serviva una poltrona, qualche altro mobile, un tappeto, delle tende e l’attrezzatura magica che suo padre aveva deciso tempo addietro di buttarle via.

Il modo migliore per ottenere tutte queste cose, o almeno quasi tutte, era cercare un mercatino dell’usato; un posto dove potesse trovare oggetti adeguati al suo gusto senza spendere una fortuna. Inoltre, mancavano ancora quattro giorni prima dell’inizio delle lezioni e oltre a sistemare la camera non aveva nulla da fare e non conosceva nessuno.

Sunnydail era un territorio inesplorato e le sembrava una stana cittadina. Riusciva a percepire qualcosa ma non in maniera chiara, semplicemente sentiva che qualcosa lì non era al posto giusto. Ma non tutto era negativo, riusciva a sentire anche una forte energia positiva alla quale non sapeva attribuire una fonte.

Girovagando senza meta trovò un mercatino collocato in una stradina secondaria poco illuminata.

“B-buonasera” disse la strega con un filo di voce, tanto che il proprietario dietro al bancone si accorse della sua presenza solo per via della campanella sulla porta che tintinnava.

“Incantevole serata, non sei d’accordo con me?” disse l’uomo con un sorriso affabile.

“C-c-certo” gli rispose Tara, sperando che la conversazione a quel punto fosse finita. Fare conversazione non era sicuramente il suo forte. Ma cosa lo era? Pensò tristemente.

Poi la sua attenzione venne completamente assorbita da un quadro, una raffigurazione probabilmente antica e indiana di una festa rituale per la dea che portava il suo nome. Era grosso, una tela imponente che giocava sui colori del rosso e dell’arancione.

“Ti piace?” le disse l’uomo sorridendo al quadro “è davvero antichissimo ma posso dartelo per un prezzo stracciato. L’arte indiana non va molto di questi tempi”.

“Sì, è bellissimo. Quanto costa?” gli rispose la ragazza entusiasta con un grosso sorriso.

“Possiamo fare 40 dollari. Non è molto considerando che è un originale indiamo di 5 secoli fa!” disse il venditore e poi continuò “Rappresenta Tara, la madre di tutti i Buddha. La sua forza sta nella compassione, è l’anima più gentile che il mondo abbia mai visto.”

Improvvisamente le parole del negoziante modificarono la visione del nome che aveva portato per tutta la vita. Comprò il quadro, una libreria e il resto dei mobili che le servivano. Insieme al negoziante decisero che le sarebbe stato consegnato tutto il giorno seguente al campus.

Quella notte Tara fece un sogno strano. Vide una figura indistinta, dai contorni sfocati. “La tua forza è nel tuo sguardo che rispecchia esattamente la tua anima, non aver paura di alzarlo. Sei magnifica Tara, la gentilezza è il tuo dono”.
 
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Le settimane erano trascorse, le lezioni erano cominciate e Tara non era riuscita a stringere amicizia con nessuno. Seguiva le lezioni con impegno, le era sempre piaciuto studiare. Inoltre sperava, ottenendo buoni voti, di vincere una borsa di studio anche per l’anno successivo. Se così non fosse stato avrebbe cercato un lavoro e continuato a studiare, non era davvero intenzionata a darla vinta a suo padre e a suo fratello, o peggio, di tornare in quella casa in Nevada.

Nello spostarsi di aula tra una lezione e un’altra, in un caldo mattino come tanti altri, un foglio in una bacheca appesa al muro in corridoio attirò la sua attenzione.
 
“SEI UNA STREGA O TI PIACEREBBE DIVENTARLO? IL GRUPPO WICCA È QUELLO CHE FA PER TE”
“Incontro conoscitivo Venerdì 16 alle ore 15.00, Sala Relax del Secondo Piano Palazzina Kresge”

Una coven di streghe! Nonostante la titubanza, più per le persone nuove che per la stregoneria, decise che si sarebbe presentata all’incontro conoscitivo. Tara non sentiva il suo demone muoversi quindi significata che tutto andava per il meglio, anche se lei studiava gli incantesimi ogni sera, nella penombra della sua stanza singola. Non poteva mancare a quell’incontro, avrebbe potuto conoscere persone dotate in maniera naturale come lei e probabilmente stringere amicizia con qualcuno che potesse capirla veramente.
 
--- Venerdì 16, Incontro Wicca

Quando arrivò nel punto d’incontro, la sala relax era molto più vuota di quanto si aspettasse. C’erano solo 5 o 6 ragazze sedute svogliatamente sulle poltroncine poste in semicerchio. Dovevano essere più grandi di lei, sicuramente non erano matricole, si vedeva dall’atteggiamento.

Tara arrivò con passo incerto e con un cenno di una mano le salutò tutte in una volta.

“Ciao” disse una ragazza dai capelli ramati “Sei qui per l’incontro Wicca? Potresti dirmi il tuo nome? Così lo segno nelle presenze”.

“Io sono Tara Maclay, p-piacere” rispose un po’ intimorita dalla situazione nuova ma curiosa di continuare quell’incontro.

“Benissimo Tara, allora puoi sederti in una poltrona libera. Aspetteremo ancora 5 o 10 minuti e poi cominceremo ufficialmente l’incontro”.

Tara fece come le era stato detto e si mise buona e silenziosa sulla prima poltrona libera che aveva individuato, vicino a una ragazza nera. Passarono 10 minuti e non si presentò nessun’altro.

L’incontro ebbe ufficialmente inizio e Tara era l’unica a non conoscere nessuno, ma le “streghe” non si presentarono e portarono avanti la riunione come se lei fosse sempre stata lì oppure come se non ci fosse affatto. Parlarono di tutto tranne che di magia. Decisero come portare avanti la raccolta fondi per il gruppo, parlarono di libri sulla femminilità che avevano letto durante l’estate e si confrontarono sulle meditazioni che avevano eseguito. Nessun incantesimo, niente di niente.

La riunione dopo un’ora finì e si salutarono. Tara ne rimase delusa ma decise comunque di continuare a frequentare il gruppo, era sempre meglio che studiare tutto il giorno o stare in camera sua.


--- Hush- L’urlo che uccide

Willow stava superando il periodo più duro della sua vita. Non c’era stata apocalisse peggiore, eppure ne aveva passate tante. Oz di punto in bianco se n’era andato, senza lasciare spazio a nessuna replica. L’aveva mollata. Tradita e mollata per poi scomparire.

Non sapeva dove fosse e se stesse bene, non poteva contattarlo in nessun modo e probabilmente non lo avrebbe visto mai più. Gli scriveva lettere quasi ogni giorno ma rimanevano nel cassetto della sua scrivania nella stanza condivisa con Buffy. Si sentiva delusa, abbandonata, ma una parte di lei sapeva che forse non era un caso che se ne fosse andato proprio in quel momento.

 Percepiva, in maniera sbiadita e incompleta, che qualcosa in lei stava finalmente trovando la luce, una luce nuova e luminosa, calda e inaspettata. Non avrebbe saputo dire di cosa si trattava ma credeva fermamente che ogni evento avesse una ragione, anche quello che apparentemente era inspiegabile.

“Ehi Will, come stai?” chiese Buffy entrando nella loro stanza.

Willow era nel letto, nonostante fossero le quattro del pomeriggio e dovesse essere a lezione.

“Mmmh, insomma. Meglio, però oggi ho saltato lezione. Non me la sentivo proprio di sentir parlare di posti esotici e di culture lontane. Credo che cambierò corso” rispose la rossa.

“Buona idea, potresti venire con me a seguire poesia moderna. È piuttosto divertente. Ogni tanto qualche studente se ne esce con delle rime rap e le presenta davanti a tutta la classe. Incredibile lo spreco di ragazzi carini ma senza cervello che c’è in quel corso” disse sorridendo la cacciatrice.

“Non so se ho tanta voglia di vedere ragazzi carini e stupidi. E poi sai, era un corso in più, pensandoci bene non sono costretta a sostituirlo. Pensavo di impiegare quell’ora a ricopiare gli appunti oppure di partecipare a delle riunioni Wicca” disse Willow.

“Riunioni Wicca?” chiese la cacciatrice sorpresa.

“Ma si Buffy, la Wicca, hai presente? Le streghe! C’è un gruppo al campus, c’era un volantino appiccicato ad ogni angolo di muro qualche settimana fa.”

“Aaah, quella Wicca!” disse Buffy che non era tanto sicura di aver capito.

“Si mi sento pronta per iniziare qualcosa di nuovo. Voglio pensare solo a me adesso, studiare sodo e migliorare negli incantesimi” disse Willow sorridendo come non capitava da un po’, mossa da una nuova energia, vogliosa di conoscenza come quando aveva messo piede nel campus per la prima volta.

“Bene, ne sono felice” rispose Buffy sorridendo a sua volta “ti farà bene vedrai”.


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Le riunioni Wicca occupavano esattamente le ore in cui Willow doveva frequentare il corso di antropologia, motivo per cui, originariamente, aveva rinunciato a partecipare. La sua poca voglia di sentir parlare di culture remote, però, aveva cambiato le carte. Ora era libera e poteva usare quel ritaglio di tempo per dedicarsi alla magia con la coven di streghe del campus.

Il suo primo incontro con le “streghe” non andò esattamente come aveva immaginato. Una massa di ciarlatane, ecco qual era stato il suo primo pensiero, ma aveva stretto i denti sperando che, in futuro, avrebbero fatto qualcosa di concreto.

Alla terza riunione Willow non ne poté più e sbottò, non aveva più voglia di essere la silenziosa “levati-da-qui-fammi-sedere-Willow” come al liceo.

“Questi argomenti sono tutti molto interessanti ma non potremmo occuparci di qualcosa di più… pratico?” disse interrompendo Amanda mentre parlava del giornaletto di diffusione del messaggio Wicca.

“Ad esempio?” disse la ragazza.

“Beh, incantesimi, trasmutazioni. Cose di questo tipo”.

Tutte le ragazze la guardarono allibite, tutte tranne una. Tara aveva tirato su lo sguardo dalla macchia sul pavimento che stava fissando da mezz’ora, soggetto che trovava enormemente più interessante rispetto alla conversazione. Non aveva mai visto quella ragazza, forse perché aveva saltato le ultime due riunioni per preparare un importante esame di fine trimestre.

Non l’aveva mai vista e inizialmente non l’aveva neanche notata, pur essendo seduta quasi di fronte a lei, fino a quando Willow non decise di parlare. Tara era certa di aver già sentito la sua voce, anche se non ricordava dove. Era una voce particolare, con un timbro strano, non poteva dimenticarla. Il cuore, senza una ragione apparente, le saltò in gola. Poteva sentire il suo battito accelerato, talmente forte che temeva che si potesse udire anche al di fuori del suo corpo.

La strega bionda avrebbe voluto dire che si trovava completamente d’accordo con la rossa ma le parole le morirono in gola, soffocate dal tamburo che aveva al posto del cuore.

Le uscì fuori qualche parola scomposta, sconnessa e balbettante. Abbastanza da farla sprofondare dalla vergogna e da convincerla a chiudere lì quel misero intervento che voleva fare. La rossa la guardò. Tara si sentì mancare e fece un sorriso.
 
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Willow era delusa, delusissima. Unica nota positiva della giornata, per quanto insolita, era quella ragazza bionda che aveva cercato di prendere parola in sua difesa ma che non era riuscita nell’intento.

“Non sono delle streghe, Buffy, al massimo una banda di isteriche fissate col potere del sangue mestruale” disse Willow alla cacciatrice con lo sguardo triste.

“Oh, wow! E cosa fate, dei lavoretti artistici con i Tampax usati?” disse sorridendo la bionda.

“Spiritosa!” rispose Willow ridendo ma poi tornando seria aggiunse “Speravo ci fosse qualcosa di vero, cioè delle vere streghe, forse una però c’è…” disse più fra sé e sé che a Buffy.
 
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Dopo la riunione la strega bionda corse velocemente in camera, ancora profondamente a disagio, sentendosi stupida e intontita. Aveva fatto una pessima figura e lo sapeva. Ripensò alla voce di quell’interessante ragazza rossa, l’unica in quella congrega dalla quale sentiva scorrere del vero potere, simile al suo ma forse più grande.

All’improvviso, come per un’illuminazione, le venne in mente quello stano sogno che aveva fatto. “La tua forza è nel tuo sguardo che rispecchia esattamente la tua anima, non aver paura di alzarlo. Sei magnifica Tara, la gentilezza è il tuo dono”.

Era la voce della ragazza rossa, non aveva dubbi. Ecco dove l’aveva sentita. Ma la faccenda continuava a non avere alcun senso. Come aveva fatto a sognare una voce mai sentita, identica a quella che aveva udito in giornata? Cosa volevano dire quelle parole?
 
Forse, però, si sbagliava. Poteva essere simile, tutto qui. Magari non valeva la pena stare a pensarci più di tanto. Quella ragazza però, che a quanto aveva capito doveva chiamarsi Willow, non se ne andava dai suoi pensieri. Decise che il giorno dopo le avrebbe parlato, anche a costo di passare per un’inopportuna e stramba ragazza balbuziente dalle scarsissime doti sociali.
 
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Nessuno poteva immaginare che, il giorno dopo, si sarebbero svegliati tutti senza voce. Senza poter emettere nessun suono. Sulle prime Tara pensò che fosse colpa sua, della sua parte demoniaca. Aveva deciso di parlare a Willow e il risultato era stato il mutismo di tutto il campus.

Poi, però, aveva scoperto che il fenomeno non si estendeva alla sola zona universitaria. Non poteva essere così potente, insomma ammutolire quante? 40mila persone tutte in una volta? Non le sembrava credibile, doveva esserci sotto qualcos’altro. Qualcosa legato al male che sentiva sempre presente a Sunnydail, nonostante l’apparente tranquillità della cittadina californiana.

Le lezioni, per via del piccolo problema, erano state cancellate. Tara aveva tutto il pomeriggio libero e quel silenzio le metteva addosso una strana agitazione. Sapeva che, se avesse trovato la rossa, forse avrebbero potuto risolvere insieme il problema con la magia.

Decise, con tutto il coraggio che aveva, di andarla a cercare nei posti in cui pensava fosse più probabile trovarla. Voleva provare a spiegarle che aveva dei libri di incantesimi che probabilmente potevano contenere qualcosa di utile. Da sola non ci sarebbe riuscita ma Willow probabilmente sì. Provò a cercarla in caffetteria, a mensa, in biblioteca e nelle varie sale relax. Di lei non c’era traccia e ne fu stranamente delusa.

Tornò in camera e si mise a fare delle ricerche. Studiò tutto il materiale che aveva fino a sera tarda. Poi, senza rendersene conto, si addormentò nel letto ingombro di libri e appunti.

Mentre Tara e la maggior parte dei ragazzi del campus dormivano, dei gentiluomini dal viso pallido alleggiavano per i corridoi, seguiti da creature demoniache in camicia di forza. I loro sorrisi argentei illuminavano debolmente i corridoi dei dormitori. Scelsero con cura una stanza ed entrarono. Presero un ragazzo e lo tennero fermo mentre con un piccolo bisturi gli strappavano il cuore ancora pulsante dal petto. Il ragazzo provò a urlare ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. Nessuno sarebbe arrivato ad aiutarlo, nessuno poteva sentirlo. Morì. Nel silenzio assoluto.


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Il mattino seguente Tara si svegliò e provò a parlare. Non riuscì ad emettere nessuna sillaba, la città era ancora muta. La strega bionda decise che avrebbe ritentato, doveva assolutamente trovare Willow ma di lei sembrava non esserci traccia. Girovagando per il campus apprese della morte del ragazzo che aveva gettato tutti nella paranoia più totale.

Uno studente era morto e il suo cuore era stato estratto dal petto. C’era qualcosa di davvero strano, nessun serial killer agiva in questo modo; strappare cuori faceva sicuramente parte di un rituale, o almeno di qualcosa di simile. La strega decise di agire seguendo la logica: se Willow non si trovava da nessuna parte avrebbe atteso la sera e si sarebbe presentata in camera sua, dov’era immensamente più probabile che fosse. Trovarla non sarebbe stato difficile, quante persone in quel campus potevano chiamarsi come un albero?


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Willow, dal canto suo, stava cercando di venirne a capo con gli scoobies. Buffy aveva fatto un sogno, probabilmente profetico, in cui una bambina cantava una canzoncina dal ritornello infantile che aveva a che fare con gentiluomini, 7 oggetti e, naturalmente, l’impossibilità di parlare.

Grazie a questi indizi e ad un’esperienza tutt’altro che piacevole della vecchia fiamma del signor Giles sapevano cosa dovevano affrontare: gli inquietanti protagonisti di una macabra favola, arrivati in città per strappare sette cuori dal petto delle persone. L’unico modo per sconfiggerli era urlare ma nessuno di loro aveva idea di come riavere indietro la propria voce.

La situazione ara a un punto di stallo.


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La sera era finalmente arrivata e Tara stava consultando il registro dei dormitori per trovare la ragazza rossa.

“Willow Rosenberg” ecco come ti chiami, pensò “stanza numero 214, Stevenson”.

Prese un paio di libri e di quaderni, quelli sui quali si erano concentrati i suoi studi del giorno precedente. Aveva paura, ma decise di uscire ugualmente per raggiungere la ragazza. La palazzina, in fondo, non era poi tanto distante dalla sua e probabilmente non sarebbe successo niente nel tragitto, bastava solo camminare veloce e non farsi inghiottire dalla paura.

Quando ormai era giunta a metà strada li vide. Un piccolo corteo di figure inquietanti, due esseri alti in giacca e cravatta che fluttuavano a 10 centimetri da terra, preceduti da altri due esseri scimmieschi, in camicia di forza, che si muovevano chini in maniera scomposta.

Tara mollò a terra i libri e cominciò a correre, spaventata a morte. In vita sua non aveva mai visto niente del genere. Le venne in mente che un giorno, forse, poteva trasformarsi anche lei in qualcosa di simile. Scacciò via quel pensiero. Non aveva tempo per preoccupazioni di questo tipo. Doveva solo correre il più velocemente possibile, nascondersi da qualche parte e sperare che quegli esseri smettessero di darle la caccia.

Entrò nella palazzina Stevenson e cominciò a bussare a tutte le porte, nella speranza che qualcuno la facesse entrare per nascondersi. Visto lo spiacevole episodio della notte precedente, però, nessuno aveva il coraggio di aprire.

Tara continuò la sua folle corsa per i corridoi inseguita da quegli esseri. Salì al piano di sopra e riprese a bussare a tutte le porte. Qualcuno, finalmente, aprì, ma si trovò di fronte all’unica cosa che non avrebbe mai voluto vedere. Una di quelle figure dal sorriso maligno si trovava dietro la porta, con un cuore appena estratto in mano. La strega bionda pensò seriamente di essere spacciata.

Il suo battito che martellava nelle tempie era l’unico suono che riusciva a sentire, aveva il fiatone e il terrore era il solo motore che muoveva il suo corpo. Aveva alle costole tre esseri fluttuanti e due in camicia di forza, non sapeva più cosa fare. Probabilmente sarebbe morta, pensò, e il suo cuore che stava pulsando all’impazzata sarebbe diventato un ingrediente per un rituale.

Continuò a correre per il corridoio e, all’improvviso, cadde colpendo una persona spuntata all’improvviso da una stanza, la 214. Tara aveva preso in pieno Willow.

“Ottimo, l’ho trovata” pensò la bionda “Non era proprio così che volevo presentarmi…”

Nella caduta la rossa si era storta una caviglia, travolta inaspettatamente dalla strega bionda in fuga. Per la prima volta anche Willow vide quegli esseri fiabeschi e ne rimase colpita. Erano molto più spaventosi di quanto avesse potuto immaginare, anche se era abituata a mostri repellenti e demoni disgustosi. Poi si girò per guardare chi l’aveva fatta ruzzolare in terra, era la ragazza della coven, quella che aveva cercato di sostenerla.

Insieme si alzarono e ripresero la folle corsa. La caviglia di Willow le faceva veramente male, ma la paura vinceva sul dolore. Sorretta dalla bionda, che si sentiva in colpa per averla cacciata in quella situazione, scesero le scale.

Le due ragazze raggiunsero la lavanderia della palazzina ormai stremate dalla corsa, dalla stanchezza e dalla paura. Chiusero la porta a chiave ma erano ben consce che non avrebbe retto a lungo. Presto sarebbe stata sfondata da quei mastini demoniaci che gli uomini in abito si portavano dietro.

Cercarono di barricarsi dentro spostando verso la porta un distributore automatico di bevande che non aveva nessuna intenzione di collaborare e di muoversi. Era troppo pesante per le due. Willow decise di provare ad usare la magia ma nonostante tutta la sua concentrazione il distributore non accennava a spostarsi di un solo millimetro.
Dalla sua posizione, seduta per terra, Willow aspettava la fine. Sarebbero morte e non avrebbe avuto modo di difendere né se stessa né la bionda che le sedeva a fianco.

Tara, intanto, sentiva il potere che si sprigionava dalla rossa. Era solo potenziale ma forte. Percepiva l’aura di quella ragazza e ne era sinceramente colpita. C’era qualcosa in lei di veramente speciale. Guidata dall’istinto prese la mano di Willow nella sua. Le loro dita si intrecciarono come se lo avessero fatto altri milioni di volte. Si guardarono negli occhi e per la prima volta la strega rossa vide che erano blu, intensi come mai ne aveva visti altri. Quel contatto era elettrico, potentissimo. Il respiro di Willow si sballò, un’intensa sensazione di calore e benessere circondò il suo intero corpo. Per un secondo si dimenticò di essere in una lavanderia, con una perfetta sconosciuta, senza la possibilità di parlare e inseguita da esseri che per lavoro strappavano cuori da persone vive. Tutto questo sparì mentre guardava quelle due mani intrecciate.

Un colpo sonoro alla porta la riportò alla realtà. Le due di scatto e in contemporanea si girarono verso il distributore che andrò a schiantarsi contro la porta della lavanderia, mettendole al sicuro. Quello che era appena successo aveva dell’incredibile, anche se Willow da anni che viveva esperienze al limite dell’impossibile. Nulla, però, era mai stato intenso come quell’attimo.

Le due streghe si guardarono, guardarono le loro mani e non capirono cosa stesse succedendo.

Da fuori, pochi attimi dopo, arrivò il suono di cinque piccole esplosioni e videro dal vetro della porta l’ombra dei gentiluomini cadere a terra mentre una sostanza verdognola si schiantava contro il vetro macchiandola.

Era tutto finito, Buffy aveva trovato il modo, ancora una volta, di aggiustare la situazione.

È finita” disse Willow sorridendo “sono esplosi. E posso parlare!”.

Tara, timidamente, ritrasse la sua mano dalla stretta della rossa.

“Come usciamo di qua?” disse la bionda “I-io non credo che riusciremo a spostarlo di nuovo” aggiunse guardando il distributore.

“Possiamo sempre aprire una finestra, però mi devi aiutare, non penso di farcela da sola con questa caviglia. Fortuna che siamo al primo piano!” disse Willow.

Tara si sentì immediatamente in colpa.

“Si certo, t-ti aiuto io. Mi dispiace per la caviglia, non ti ho proprio vista.” disse la bionda a voce basa.

“Non preoccuparti, un po’ di ghiaccio e passa tutto. Non è niente di grave.” le rispose Willow notando il dispiacere nella sua voce.

Le due streghe uscirono dalla finestra e la manovra si rivelò più facile di quanto pensassero. La notte era diventata serena e per strada non si vedeva nessuno. Fecero il giro della palazzina e si ritrovarono all’entrata.

“Sicura che sia finita?” disse Tara guardandosi intorno ancora spaventata.

“Sì, riabbiamo le nostre voci e quegli esseri sono esplosi. Ora è tutto a posto.”

“Ok, a-allora io ti accompagno in stanza e poi vado”

“Va bene. È distante la tua camera?”

“No. Sto nella palazzina qui a fianco”.

Le due salirono in silenzio fino al secondo piano e si fermarono davanti alla 214. Willow avrebbe voluto chiederle delle cose ma non era il momento più adeguato. Erano stanche, ancora scosse. Era meglio rimandare la conversazione.

“Cosa ne pensi se domani ci vedessimo per un caffè?” disse improvvisamente la rossa, interrompendo il silenzio imbarazzato che si era creato.

“C-certo, perfetto, offro io per farmi perdonare per averti quasi rotto una caviglia…” disse Tara guardando in basso, senza il coraggio di fissare i suoi occhi in quelli della rossa.

Willow rise, Tara alzò un attimo lo sguardo e fissò per un attimo la rossa. Sorrise.

---

Il giorno dopo le due ragazze si incontrarono.

“Eri venuta a cercarmi?” chiese Willow.

“Si, pensavo che potessi fare un incantesimo per ridare la voce alla città. Ti ho vista alla riunione Wicca, tu eri diversa da loro.”

“Da quanto te ne interessi?” chiese ancora la rossa.

“Da sempre. M-mia madre se ne occupava, era potente, come te”.

“No, io non sono potente, davvero. Faccio un sacco di casini, le mie pozioni sono brodaglia e gli incantesimi non mi vengono quasi mai” rispose Willow.

“Tu sei forte” le disse Tara, sinceramente convinta di quello che stava dicendo e guardando la rossa negli occhi.

Si sorrisero e, inspiegabilmente, si sentirono entrambe felici.
 
 
   
 
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