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Autore: Xenos    09/08/2019    0 recensioni
Sua madre non avrebbe potuto darle un nome più sbagliato, lo pensava ogni giorno. Seduta da sola nella veranda, ricordava le storie che le raccontava quando era bambina e non riusciva a prendere sonno.
Da qui comincia la storia di Willow e Tara, quella completa, ripresa da ogni puntata della serie con l'aggiunta di alcune cose che non abbiamo visto, che non sono state dette o raccontate.
Un viaggio all'interno del loro amore, per capire meglio i personaggi, unicamente dal loro punto di vista.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Tara Maclay, Willow Rosenberg
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Parte I
 
--- Fine agosto, Ely, Nevada
 
Sua madre non avrebbe potuto darle un nome più sbagliato, lo pensava ogni giorno. Seduta da sola nella veranda, ricordava le storie che le raccontava quando era bambina e non riusciva a prendere sonno.

“Sai, in sanscrito il tuo nome significa ‘stella’, ma non l’ho scelto per questo. Ho deciso di dartelo perché è lo stesso della dea più potente di tutto l’oriente. È venerata in molti luoghi e non c’è una potenza femminile che sia al suo livello, domina tutti i mondi, il cielo, la terra, la natura, le stelle… proprio tutto!”.

I suoi occhi di bambina vedevano quelli della madre illuminarsi e si sentiva fiera e orgogliosa di avere un nome così importante.

“Per i buddhisti è stata la prima femmina a diventare un Buddha, anzi, la madre di tutti i Buddha!” continuava, sempre col sorriso. “Ha deciso di reincarnarsi fino al raggiungimento del Nirvana, sempre sotto le sembianze di una donna fino a quando non sarebbe riuscita nel suo scopo. E indovina, ce l’ha fatta, anche se tutti le dicevano che il Nirvana era solo per gli uomini!” concludeva tutta soddisfatta.

Le storie che un tempo le colmavano il cuore di orgoglio orano le sembravano un peso e una colpa. Sua madre aveva scelto quel nome con cura, forse nella speranza che lei potesse essere forte come la Dea. Ma non lo era, proprio per niente. Si sentiva insulsa, era un peso per la famiglia e non aveva amici. La Dea dominava il cielo e la terra, lei a stento riusciva a dominare la sua vita.

Mentre sorseggiava la sua tazza di thè fumante, sentì un rabbioso urlo provenire dall’interno della casa.

“Ma ti vuoi muovere? Guarda che ci sono i piatti della cena da lavare! Sei una piccola ingrata, io e tuo fratello lavoriamo tutto il giorno e a te non viene neanche in mente di lavare due piatti ma te ne stai lì a bere the manco fossi la regina!”

Nell’udire quelle parole si alzò velocemente, fece roteare la maniglia della porta d’ingresso con un sonoro scatto ed entrò di corsa in cucina.

“S-scusami, hai ragione! Li lavo in un attimo e poi ramazzo per terra.” disse buttando il the ancora caldo nel lavandino.

“Oh, che brava! Dopo tutta la giornata a non fare niente passare una cazzo di scopa mi sembra il minimo” disse l’uomo, rosso in viso. Le sue urla erano niente in confronto a quello che avrebbe voluto fare ma decise comunque di sforzarsi e trattenersi. Tale sforzo gli richiese un gran quantitativo di energia e l’unico modo che conosceva per ricaricarsi era una birra gelata. Andando verso il frigo aggiunse, con tono solenne: “Sai, delusioni nella vita ne ho avute davvero tante… ma nessuna è paragonabile a te, Tara.”
 
 
                                                                                       
 --- Fine agosto, Sunnydail, California
 
Nella stessa calda notte d’estate, a 550 miglia di distanza dall’inferno quotidiano di Tara, le cose non stavano andando molto meglio.

“Attenta, dietro di te!” gridò Buffy.

Willow si girò di scatto, giusto il tempo di vedere un vampiro correrle incontro a tutta velocità, cacciare un urlo e cominciare a correre a sua volta. La cacciatrice, nel mentre, cercava come meglio poteva di farne fuori altri due ma sembravano belli allenati, sicuramente non dei novellini appena generati. Con un calcio ben assestato riuscì a spingerli l’uno contro l’altro facendoli sbattere nel muro di una cripta, avendo il tempo di corrergli incontro e, con tutta la potenza della spinta, impalettarli in un colpo solo.

“Buffy potresti aiutarmi, ho qualche problemino!” stava gridando Willow, mentre giocava ad un macabro nascondino tra le lapidi col vampiro.

“Dove credi di nasconderti, rossa!” disse il vampiro in collera con se stesso per non essere ancora riuscito a catturare una preda evidentemente così debole.

“Hey, sveglia! Sono dietro di te” disse Buffy con tono ironico.

“E tu chi diavolo dovresti essere?” rispose irritato il vampiro.

“Ma come, ho smesso di essere famosa pure tra di voi?” disse con aria realmente delusa, impalettandolo seduta stante.

“Non ci sono più i vampiri di un tempo” disse Buffy all’amica dopo essersi ripulita i pantaloni dalla cenere “cioè, insomma, non sapeva neanche riconoscere la Cacciatrice. Così non c’è proprio gusto! E come se non bastasse fra tre settimane cominciano le lezioni al college. Delusioni sia lavorative sia scolastiche.” disse.

“Sarà stato un novellino, Buffy! E questo la dice davvero lunga sulla mia arte del combattimento. E per quanto riguarda il college sarà una nuova avventura, vedrai sarà divertente. Ci sono un sacco di corsi interessanti, professori davvero qualificati, un’enorme biblioteca piena di libri.” Disse la rossa con gli occhi infuocati dalla gioia.

“E poi demoni, vampiri, morte, brutti voti. Il solito insomma!” aggiunse Buffy con aria affranta.


 
  --- Qualche giorno dopo
 
“Chi credi che penserà alla casa mentre sei via?” le urlo contro il padre, adirato a livelli che superavano di gran lunga la norma. “Tu sei uno stramaledetto demone e lo sai che solo noi possiamo tenere sotto controllo tutto il male che c’è in te. Tu da sola non puoi andare da nessuna parte, quanto devi essere stupida per non rendertene conto!”.

“M-ma i-i-io ho vinto una borsa di studio” disse Tara in un sussurro, senza il coraggio di guardare suo padre in faccia e puntando lo sguardo sulle sue scarpe.

A quelle parole non ci vide più. Si alzò di scatto dalla sedia, spintonando il tavolo con il peso di tutto il corpo. Il piatto cadde con un rumore sordo e si infranse contro le mattonelle del pavimento, schizzando polpettone da tutte le parti. Improvvisamente si fece calmo, freddo.

“Ascoltami bene” le disse con un profondo sguardo di disprezzo “da sola non riusciresti a combinare niente, non ne sei mai stata capace. La tua vita è qui, punto e basta. Il tuo compito è di dedicarti alla casa, a me e a tuo fratello. Cosa pensi di poter fare? Senza amici, senza la tua famiglia. Sei sola Tara, non sei in grado. Ora raccogli ‘sto casino da terra”.

In quel momento entrò Donnie con un grosso sorriso stampato sulla faccia. “Allora sorellina, cosa credevi di fare, andare al college? Solo perché qualche deficiente ha deciso di darti una borsa di studio? Roba da matti! E poi sentiamo, dove sarebbe questo college?”

“A Sunnydail. In C-California” rispose la strega bionda in un soffio.

“C-A-L-I-F-O-R-N-I-A! Ma ti rendi conto? Dovresti cambiare stato!” replicò Donnie scandendo il nome dello stato come se stesse parlando con una bambina di quattro anni.

“Ok, ci vuoi così tanto andare? Sei una maledetta testarda, come tua madre! Se non ci sbatti la faccia non ci arrivi. Benissimo, allora. Vai pure in California, trova un modo per arrivarci da sola, poi quando sarai lì ti renderai conto che senza la tua famiglia non sei niente. Nella migliore delle ipotesi farai una carneficina, nella peggiore chi lo sa. Vuoi scoprirlo? Allora vai pure ad ammazzare la gente!” disse il signor Maclay con un finto tono divertito.

“Allora, p-posso andare davvero?” azzardò Tara tirando su lo sguardo per la prima volta da quando era cominciata la conversazione.

“Sì, vai, levati. Durerai 5 minuti e tornerai implorando di riprenderti con noi. Sai che andrà così, vero?” continuò il padre con occhi di scherno.

Tara non rispose. Non riusciva mai a rispondere alle provocazioni del padre e del fratello.

Le poche volte in cui ci aveva provato si era ritrovata con l’impronta di cinque dita stampate sulla faccia, quando era fortunata. Quando lo era meno, soprattutto se rispondeva a suo fratello, finiva molto peggio.

Le venne in mente della volta in cui, a causa di un incantesimo di protezione che aveva fatto per proteggersi dal pugno di suo fratello, Donnie era rimbalzato contro il suo scudo ed era finito per terra, storcendosi malamente un polso.

“Sei una puttana!” le aveva gridato “tu e la tua maledetta magia non dovreste esistere su questa terra! Sei un mostro.”

 Sorrise di quel ricordo. Era una piccola vittoria. Non che volesse fargli male, il suo scopo era solo quello di difendersi ma per una delle poche volte in vita si era sentita “potente”.

“Cos’hai da sorridere?” la voce del fratello la riportò alla realtà.

“N-niente” rispose. Ma nel suo cuore sapeva e sentiva che quello era un nuovo inizio e che in quella casa non ci sarebbe tornata mai più. Si girò e prese le scale per salire in camera sua. Aveva molte cose da organizzare e pochissimo tempo per farlo.

Tara prese il telefono e compose un numero che conosceva a memoria.

“C-ciao Emma. Come stai?” disse con tono titubante.

“Ehi Tara, è da un sacco che non ci sentiamo! Io sto alla grande, sono in fermento per l’inizio del college, non vedo davvero l’ora di cominciare. Tu come te la passi?” rispose con tono allegro l’altra.

“B-bene, d-diciamo” ma la sua voce non era troppo convincente.

“Sicura?” replicò l’amica con tono preoccupato “Donnie ti ha fatto qualcosa?”.

“No, tranquilla. V-volevo chiederti un grosso favore, s-se puoi. Cioè se non ti disturbo troppo.” Disse la bionda temendo un rifiuto.

“Dimmi tutto!” rispose allegra Emma.

Tara le spiegò della borsa di studio per la UC Sunnydale, dello scontro avuto con la sua famiglia per poterci andare e del fatto che, come ogni volta, non erano disposti ad aiutarla in alcun modo.

“N-non so come arrivarci, capisci. Non ho una macchina e non saprei proprio come portare fin lì le mie cose. S-s-se non mi puoi aiutare io t-ti capisco, davvero.”

“Non dire scemenze, streghetta. Certo che ti porto! La macchina non è un gran che, quindi posso caricare al massimo 3 o 4 scatoloni nel portabagagli e altri 3 nei sedili posteriori. Ma tolto questo direi che non ci sono problemi! Sarà un bel viaggetto, vedrai!” rispose Emma contenta di poterla aiutare “Quando si parte?”.

“L-le lezioni cominciano fra circa tre settimane. I-io però pensavo di andare lì qualche giorno prima. Giusto il t-tempo per sistemare le mie cose e a-ambientarmi. Con la borsa di studio dovrei avere una stanza singola tutta per me. O-ora faccio qualche telefonata p-per assicurarmi di non essere in ritardo” alla sola idea di non essere più accettata le vennero le lacrime agli occhi.

“Ok, allora sistema tutto e appena sai qualcosa dimmi quando si parte!” le rispose con tono rassicurante Emma.

“V-va bene. Non so davvero come ringraziarti!”

“Non ce n’è alcun bisogno!” disse sorridendo la ragazza dall’altro capo del telefono.

Tara aveva conosciuto Emma alle superiori, durante il terzo anno, poco dopo la morte di sua madre. Avevano frequentato insieme alcuni corsi ed era l’unica persona che avesse mai considerato davvero sua amica. L’unica. Ma c’era qualcosa di più, un’ombra che aveva oscurato il cuore di Tara convincendola che il male dentro di lei stava crescendo ed era pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Aveva paura.

La ragazza era gentile e forte, sempre pronta a difenderla. Tara la prendeva come esempio e c’erano volte in cui sentiva che, se fossero rimaste insieme, tutto sarebbe andato per il meglio. La guardava nei suoi grandi occhi scuri e provava qualcosa di strano, un’emozione insolita capace di terrorizzarla.

“Lo vedo come la guardi” le disse il padre un giorno. Emma se n’era appena andata dopo aver trascorso un pomeriggio a studiare a casa Maclay. “è il male dentro di te che la guarda. Dovrebbe starti lontana o probabilmente finirà male, poveretta”.

Quelle parole l’avevano segnata nel profondo e da quel giorno qualcosa si era rotto. E se il male avesse preso la sua unica amica? Non poteva permetterlo, lo avrebbe evitato a qualsiasi costo anche se questo significava dover rinunciare a lei.

Allora aveva deciso di allontanarsi, piano piano, senza fare rumore, e c’era riuscita. C’era qualcosa di sbagliato in lei e non voleva che a pagarne le conseguenze fosse Emma. I rapporti si erano affievoliti ma sapevano ancora di poter contare l’una sull’altra. Ecco perché, per andare fino in California, Tara sperava nell’aiuto dell’amica che aveva amato e protetto da lei stessa, rinunciando a quella sicurezza che era capace di infonderle, l’unica sensazione positiva che avesse mai provato prima.

 
--- Due settimane dopo

I preparativi erano ultimati, le telefonate erano state fatte e la segreteria del dormitorio del college le aveva confermato che non c’erano problemi e poteva trasferirsi quando voleva. Tara aveva scelto con cura cosa inscatolare, aveva creato il suo piano di studi ed era pronta. Poi aveva telefonato nuovamente a Emma.

“Ciao Em. Ho sistemato tutto, sono davvero emozionatissima!” disse all’amica parlando insolitamente veloce.

“Eeehi, non hai neanche balbettato! Si sente che sei felice” disse Emma ridendo.

“S-s-sì, i-io, sono contenta!” disse, imbarazzata dal commento di Emma. Balbettare era sempre stato un problema, fin da quando il balbettamento si era presentato con la morte della madre. Odiava non riuscire a parlare come tutti gli altri, odiava farsi sopraffare dall’emozione e soprattutto odiava che le sue emozioni si palesassero così tanto agli altri quando avrebbe semplicemente voluto nasconderle.  

“Scusa, non volevo metterti a disagio! Era una cosa positiva, spero che tu possa sempre esser contenta come oggi” le disse Emma, abbozzando un mezzo sorriso che Tara riuscì a percepire anche attraverso la cornetta.

“N-no tranquilla, davvero, è tutto a posto!” le disse, per nulla arrabbiata con l’amica. “Allora domani partiamo? S-sono davvero tante miglia, sicura di sentirtela?”

“Certo, per te questo e altro” rispose Emma con entusiasmo.

“B-bene, g-grazie. Non so come avrei fatto senza di te!” rispose la strega, sinceramente grata per il regalo che l’amica le stava facendo.
 
--- Il giorno dopo

“Allora ci siamo” disse il signor Maclay senza alcuna emozione nella voce.

“S-sì. Emma arriverà a minuti” rispose Tara, guardando il vialetto di casa sua nella speranza di sentire il rumore della macchina dell’amica e di vederla comparire in lontananza.

“Emma…Emma…” disse il padre con tono pensieroso.

Nel sentir pronunciare il nome di Emma da suo padre una stana fitta le colpì lo stomaco, ricordandosi del suo demone e del pericolo che stava correndo. Ma c’era qualcosa di più, provava fastidio nel sentire quelle poche lettere uscire dalla bocca dell’uomo con tono accusatorio, riportandole alla mente l’antica vergogna che provava un tempo e che lentamente era riuscita a far scivolare via.

“E-eccola” disse Tara dopo aver sobbalzato al suono del clacson, riportata bruscamente alla realtà dall’intricata trama dei suoi pensieri.

“Bene allora ci vedremo di nuovo dopo che avrai fatto una strage” disse il padre con tono quasi disgustato “pensa che tuo fratello ha preferito lavorare piuttosto che salutarti, tanto è sicuro che fra poco tornerai”.

Tara non disse niente, guardò suo padre sperando che diventasse presto solo un brutto ricordo. Uscì sulla veranda dove erano impilati i suoi quattro scatoloni e si diresse a salutare Emma che, nel frattempo, stava uscendo dalla macchina per aiutarla a caricare i bagagli. Anche il signor Maclay seguì la figlia e uscì in veranda.

“Salve signore” gridò Emma con un sorriso, senza ricevere nessuna risposta. “Ciao Tara. Sei pronta?” disse all’amica aprendo il portabagagli della vecchia Ford malandata.

“Sì, prontissima” rispose Tara con tono sicuro, prendendo il primo scatolone.

Quando tutti e quattro gli scatoloni furono sistemati nel portabagagli, Tara diede un’ultima occhiata alla casa e a suo padre che non si era mosso da quando era uscito. Salirono in macchina e quando Tara si voltò per l’ultima volta, incerta se salutare o meno suo padre con la mano, vide che in veranda non c’era più nessuno.

“Sempre affabile eh? Tuo padre intendo” disse Emma abbozzando un sorriso “Allora, pronta per questa nuova avventura?”

Tara non rispose ma, lentamente, nacque sul suo viso un sorriso dapprima laterale, che poi si aprì a scoprire i denti bianchi e drittissimi. I suoi profondi occhi blu si illuminarono insieme al resto del suo volto.
   
 
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