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Autore: Darlene_    12/08/2019    3 recensioni
||STORIA INTERATTIVA|| posti disponibili
Un'arena piena di insidie, 24 giocatori, un unico vincitore.
I sessantaquattresimi Hunger Games sono cominciati.
Tra i 24 tributi vi è Finnick Odair, un quattordicenne pieno di aspettative, e Darlene Jones, dello stesso distretto e un segreto mai rivelato.
In un gioco in cui i sentimenti non sono ammessi, Finnick dovrà mettere in discussione le sue certezze e lottare per la sopravvivenza.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Finnick Odair, Nuovo personaggio, Tributi di Fanfiction Interattive, Vincitori Edizioni Passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PERFETTI (S)CONOSCIUTI



LE MIETITURE


 
DISTRETTO 3
 
Il sole sembrava voler sciogliere anche l’asfalto, quel giorno. Seduto sul podio rialzato, Beetee osservava il cielo cristallino, domandandosi come fosse possibile che in un giorno così triste gli uccelli continuasse a cantare allegramente. Sospirò, in fondo quelle erano le meraviglie della natura, non come gli ingranaggi che lui stesso costruiva: precisi, unici e soprattutto adatti per ogni occasione. Giusto quella mattina aveva inventato un nuovo strumento per stabilire la qualità dell’acqua potabile e, secondo i dati, era parecchio scarsa. Si asciugò la fronte con la manica della camicia, presto sarebbe stato a Capitol City, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno.
La piazza ormai era stipata di ragazzini innocenti di cui due sarebbero scesi in un’arena che li avrebbe cambiati per tutta la vita.
L’accompagnatrice, una nuova, Beetee non la conosceva, si presentò al pubblico, mostrando la sua felicità nel trovarsi lì in quel momento. Tutti finsero di apprezzare la sua falsa esibizione, era quello il loro compito.
“Bene, ora scopriamo chi sarà la fortunata di oggi!” Annunciò la capitolina.
Le ragazze si strinsero tra loro, mormorando preghiere, nessuna aveva intenzione di diventare carne da macello per il divertimento della capitale.
“Satis Helwett.”
La giovane si lasciò scappare un gemito di sorpresa, preoccupatissima all’idea di diventare tributo, ma non permise ai sentimenti di prevalere e si avvicinò al palco. La sua folta chioma rossa brillava sotto i raggi del sole; aveva ereditato quel colore da sua madre e proprio in quel momento si chiese come avrebbero fatto i suoi genitori senza di lei.
Prese il posto che le spettava e non si sorprese nello scoprire che non vi erano volontari.
“Ed ora Hal Packard, tributo maschio del distretto 3!” Ci furono degli applausi di rito ed un ragazzino zoppicò verso l’accompagnatrice. Mantenne lo sguardo basso, cercando di nascondere lo sguardo di triste rassegnazione.
E così la mietitura si concluse con due nuovi innocenti capri espiatori, due famiglie disperate. Ancora una volta Capitol City era riuscita a sottomettere il distretto, a mostrare la sua supremazia e, nonostante Beetee ne fosse disgustato, avrebbe dovuto partecipare anche lui a quel tremendo gioco.
 
 
 
DISTRETTO 5
 
Lane sedeva nella piccola cucina dei Flower, spiluccando qualche pezzo di pane. Non aveva fame, sentiva lo stomaco chiuso e avvertiva un leggero senso di nausea, l’ansia e lo stress stavano prendendo il sopravvento. I Flower erano una famiglia numerosa, ma erano sempre ben felici di ospitarla e a lei piaceva quel clima caldo ed accogliente, ma quel giorno proprio non riusciva a goderselo.
Finì la colazione, ringraziò tutti e promise che si sarebbero rivisti in piazza, ma in quel momento aveva davvero bisogno di tornare a casa, farsi coccolare dai suoi genitori e sperare di non essere estratta.
 
Pioveva, pioveva a dirotto come se anche il cielo piangesse quel brutale sacrificio umano. Le troupe della capitale erano palesemente irritate per quel tempo sibillino, le riprese sarebbero venute male e forse avrebbero dovuto addirittura sospendere momentaneamente le mietiture se si fosse scagliato un vero e proprio temporale.
Harvey assisteva alla scena dal piccolo appartamento che aveva preso in affitto per pochi soldi: aveva la piena visuale della piazza, comodo per qualsiasi evenienza e almeno aveva potuto finalmente abbandonare la sua casa nel villaggio dei vincitori. Ormai le sue gambe gli permettevano a malapena di camminare e il suo fegato era quasi distrutto; gli avevano proposto un trapianto a Capitol City, ma era troppo stanco e solo l’idea di mettere nuovamente piede in quella carnevalesca città gli dava i brividi. Per fortuna con gli anni nuovi vincitori aveva preso il suo posto come mentori e lui non aveva più l’obbligo di presenziare a eventi pubblici.
Sbuffò sulla sua sedia a dondolo posta sul balcone e rimase ad osservare con noia e disprezzo ciò che accadeva di sotto.
 
“Lane Crescent.”
Lane sentì un nodo serrarle lo stomaco, all’improvviso la folla scomparve, sostituita da tanti punti neri; cominciò a mancarle l’aria e dovette spingere per trovare una via di fuga, come un coniglio braccato da un cane da caccia. Qualcuno la sorresse nel momento in cui quasi cadde a terra. Ogni cellula del suo corpo le imponeva di scappare, non poteva, non voleva, partecipare ai giochi.
Prima di riuscire a capire come affrontare la soluzione una mano si levò tra tutte e la voce della sua migliore amica pronunciò le fatali parole: “Mi offro come tributo volontario.”
La ragazza non riuscì nemmeno ad urlare quando vide Katleen Flower avvicinarsi al palco, con passo insicuro, ma comunque più deciso del suo. Si guardarono per un attimo e quello sguardo valse più di mille parole. Si stavano dicendo quanto si volevano bene, ma era anche una promessa a rivedersi di nuovo. Lane chiese scusa per la sua folle paura, comunicò tutto il suo dolore, ma Kat la consolò, perché nei suoi occhi verdi si leggeva la sua infinità bontà.
Quindi fu il turno del tributo maschile, un certo Ross, ma all’improvviso un ragazzo si propose come volontario.
Lane lo guardò per qualche istante, non riuscì a metterlo subito a fuoco, era troppo devastata per Kat, poi lo riconobbe, Jeremy Rosewood, è rammentò la sua gentilezza in svariate occasioni. La giovane chiuse gli occhi, non voleva più restare lì, spettatrice di quella tragedia.
 
 
DISTRETTO 10
 
Il libro della storia di Panem giaceva aperto sul letto, le pagine sottolineate numerose volte, con gli appunti scritti a margine. Margot adorava studiare quella materia, e ci teneva ad avere sempre il massimo dei voti, ma per quel giorno avrebbe fatto meglio ad abbandonare tutto per prepararsi alla mietitura. Mentre smaltava le unghie con un colore perfettamente abbinato al suo vestito blu, canticchiava allegramente un motivetto imparato a scuola.
“Tesoro, sei pronta?” Chiese sua madre, cercando in tutti i modi di infilare l’orecchino nel buco senza guardarsi allo specchio.
“Non ancora, lo sai che voglio presentarmi al meglio se dovessi…” Le parole le morirono in gola. Nessuno aveva il coraggio di pronunciarle.
La donna la prese tra le braccia. “Oh cara, non succederà, vedrai. Noi siamo abbastanza facoltosi, non abbiamo mai preso le tessere…”
Margot si staccò dalla madre e con voce seria le rispose: “Mamma non so cosa accadrà oggi, ma tu devi stare tranquilla, tornerò a casa, te lo prometto. E poi se proprio dovessi partecipare, almeno potrò vedere la capitale!”
Quello era stato il suo sogno fin da bambina: vedere le meraviglie di Capitol City, le luci sfavillanti, le strade asfaltate e non quei sentieri sterrati che percorrevano il distretto 10.
 
Alle due esatte del pomeriggio, la campana suonò più volte per annunciare l’inizio della mietitura.
Vi erano più di mille possibili candidati e Margot non era che un granello di sabbia nel deserto, ma la fortuna, quel giorno, non fu dalla sua parte e una strisciolina contenente il suo nome la condannò per sempre.
In piedi, davanti al palco, non si lasciò intimidire dalle telecamere, voleva mostrarsi forte anche se le sue ginocchia tremavano e si sentiva sul punto di crollare, ma doveva tenere insieme i pezzi, si disse tra sé.
Al contrario, quando Robert Wells fu estratto, non riuscì a mantenere una maschera di indifferenza. Il suo sguardo incredulo percorse la folla, fino a raggiungere i suoi genitori. Si tenevano stretti, anche loro con le mani alle labbra, stupiti. Restò immobile e furono gli altri quattordicenni a doverlo sospingere verso il palco. Robbie si strofinò gli occhi, convinto di trovarsi solo in un brutto sogno, ma la mano di Margot, stretta tra le sue, nel momento del saluto, era reale: non c’era modo di scappare.
 
 
DISTRETTO 11
 
Alexander correva tra i frutteti in fiore. Il profumo si spandeva per tutto il distretto e lui, come molti suoi coetanei, aveva trascorso numerose primavere ad aiutare gli adulti a raccogliere i prodotti della terra, ma quel giorno non si trovava lì per quella ragione. Sapeva che le sue nomine erano tantissime e non voleva diventare una pedina di Capitol City, così aveva preso i suoi pochi averi ed era scappato di casa. Era consapevole del fatto che i suoi genitori sarebbero stati delusi dal suo comportamento, ma non gli importava, dopo anni di sacrifici per lo Stato voleva finalmente pensare a se stesso.
Aveva quasi raggiunto il confine con il distretto dodici quando, con la coda dell’occhio, li vide: due pacificatori dalla candida divisa, con le fruste già in mano. Non ebbe il tempo di trovare un nascondiglio, gli furono subito addosso.
 
Destiny Drake aveva 31 anni e da quindici anni sedeva sulla sedia destinata ai vincitori. Guardava tutti quei ragazzini spauriti, e provò compassione per loro e per i loro genitori; sapeva cosa comportava la perdita di un familiare e non lo augurava a nessuno.
Chiuse gli occhi per scacciare l’immagine della sua sorellina trafitta da una lancia nell’arena e quando li riaprì si accorse di un ragazzo scortato da due pacificatori. Si chiese il motivo per cui fosse stato arrestato, e poi perché sembrava che ogni passo gli infliggesse dolore?
Non ebbe il tempo di formulare quelle domande nella sua mente che la capitolina estrasse un nome dalla boccia.
Hope Brooker.
Hope Brooker.
Hope.
Trattenne a stento le lacrime guardando la quindicenne avvicinarsi al palco e rivolgerle un cenno con il capo, ma Destiny distolse l’attenzione, non era ancora il momento di scoprire le carte in gioco, avrebbero discusso della strategia in seguito, sul treno.
Il tributo maschile fu Alexander Dunbar. I pacificatori non mollarono la presa e lo condussero loro stessi sul palco.
Alexander sapeva perfettamente che l’estrazione dopo la fuga non poteva essere una coincidenza.













Ciao a tutti!
Eccomi con immenso ritardo. Vi chiedo scusa per l'assenza, ma in questo periodo sono piena di lavoro (gli svantaggi di lavorare nel campo turistico!) perciò ho avuto davvero poco tempo per scrivere, ma finalmente eccoli, i nostri giovani tributi! Mancano all'appello quelli del 12, che ho creato io data la carenza di partecipanti e che verranno presentati prossimamente. 
Non ci sono le immagini perchè non riesco ad inserirle, ma rimedierò nel prossimo capitolo. 
Con questo è tutto, spero che questo capitolo vi interessi e come sempre, fatemi sapere le vostre opinioni!

P.S. il prossimo capitolo potrebbe arrivare anche tra due settimane, mi spiace, ma la vita reale chiama :(
  
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