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Autore: evil 65    13/08/2019    21 recensioni
Due anni sono passati dalla guerra contro Thanos.
Peter Parker e Carol Danvers sono ormai diventati buoni amici, alternando la loro vita da supereroi a rari momenti di vita quotidiana in cui si limitano ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, come farebbero con qualsiasi altro membro degli Avengers.
Tuttavia, Peter vuole di più…anche se sa che non dovrebbe.
A peggiorare le cose, un misterioso serial killer dotato di poteri fugge da un carcere di massima sicurezza, cominciando a seminare morte e distruzione in tutta New York…
( Sequel della one-shot " You Got Something For Me, Peter Parker ? " )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco qui un nuovissimo capitolo!
Ho realizzato un Fan-Trailer per questa storia, che potete trovare nelle note a piè di pagina.
In questo aggiornamento, oltre ad incontrare colui che sarà il villain principale della fic, avrete modo di notare alcune facce familiari provenienti dal film Spiderman Homecoming. Se non le riconoscete, vi consiglio di leggere le note a fine capitolo. I fan dei comics noteranno sicuramente una citazione a Gotham che mi sembrava molto adatta alla situazione.
Detto questo, vi auguro una buona lettura!
 


The Monster
 

C'era una volta, ma non molto tempo fa, un mostro in pelle umana che viveva a New York.
Uccise una domestica di nome Alma Stroode quando aveva appena undici anni, la madre appena due giorni dopo, facendola cadere dalle scale, e un compagno di scuola di nome Dandy Mott nell’autunno del 2005; la direttrice di un orfanotrofio di nome Laurie Curtis nell'estate del 2010, e infine una studentessa liceale di nome Manuela Calderon, nel 2012. Forse pure il padre, ma la cosa non venne mai confermata dai media.
Non era un mostro convenzionale. Di certo non era un vampiro o un Ghoul, o una qualche innominabile creatura evocata direttamente dai meandri più reconditi dell’inferno, magari da una sorta di culto satanico.
Era semplicemente un ragazzo dai folti capelli rossi che si chiamava Cletus Kasady, e aveva dei disturbi mentali e sessuali che lo perseguitavano fin dalla tenera età.
Dopo essere stato catturato, gli vennero attribuiti un totale di cinque ergastoli e la pena di morte, prima che fosse internato nella prigione di Ryker’s Island.
Ci fu scalpore, naturalmente, ma soprattutto si fece festa in tutta la città, perché il mostro che aveva tormentato tanti sogni era stato finalmente preso, e non avrebbe più potuto fare del male ad anima viva.
Gli incubi della popolazione newyorchese erano stati accantonati, apparentemente per sempre.
Tuttavia, nonostante il tempo trascorso da quegli orribili eventi, c'era sempre qualche padre o madre, o forse qualche nonno, che cercava di mettere in riga i bambini dicendo loro che, se non avessero fatto i bravi, sarebbe venuto Cletus Kasady a prenderli nel sonno.
Una tattica piuttosto efficace, dato che i suddetti  pargoli si zittivano all’istante, guardando fuori dalle finestre scure e pensando al serial killer dai capelli rossi, a Cletus Kasady, il mostro di New York.
 << È la fuori. E se non fate i bravi, vedrete la sua faccia alla finestra della vostra camera quando tutti gli altri in casa staranno già dormendo. Vedrete la sua faccia sorridente che vi guarda da dentro l'armadio nel cuore della notte, il coltello che usava per uccidere le proprie vittime... perciò fate silenzio, bambini.... fate silenzio >>.
Ma in generale, la leggenda di Cletus Kasady era stata per lo più accantonata, il semplice ricordo di un passato lontano e terribile.
Dopo l’invasione di New York… dopo Ultron e Thanos…un pazzo maniaco che uccideva persone per divertimento non era più considerato una notizia degna di nota.
 C'erano ancora degli incubi, questo sì, bambini che di notte non riuscivano a dormire e la casa di Kasaday fu subito giudicata stregata e prudentemente evitata.
Ma quelli erano fenomeni passeggeri, forse inevitabili corollari di una catena di delitti insensati.
E il tempo passò. Quindici anni. Il mostro non c'era più, il mostro era stato internato, incapace di nuocere. Cletus Kasady diventò polvere negli annali della città che non dorme mai.
Solo che i mostri non possono essere rinchiusi per sempre. E Cletus Casady tornò a terrorizzare New York nella primavera del 2025.
Il penitenziario statale in cui si trovava attualmente non era migliore o peggiore, ne architettonicamente più attraente o deprimente di qualsiasi altra prigione di massima sicurezza dello stato di New York. Questo significava che, per il metro di giudizio di chi viveva in istituti squallidi come quello, stava tra lugubre e brutto come il peccato.
Chi vi risiedeva, che fosse condannato a rimanerci per poco o tanto tempo, tendeva ad esser duro e spietato come la terra su cui era stato edificato.
Pochi pesci piccoli osavano alzare le mani o la voce in mezzo a quella popolazione ringhiante, i cui membri autorevoli preferivano spaccar teste, più che farle ragionare. In altre parole, si poteva dire che a Ryker’s Island ci fossero più teste rotte che teste matte.
Tra i più attivi nel menar le mani si poteva contare proprio Cleus Kasady, che ora sedeva su una branda in un angolo di quell'inferno sulla terra, a guardare la parete di fronte.
La vista dell'intonaco macchiato e del cemento non era niente di eccezionale, ma sempre meglio che fissare uno dei tre uomini in piedi lì attorno. Due indossavano le uniformi, il terzo no.
“No”si corresse. “Non è del tutto vero”. In realtà, tutti e tre ne indossavano una. Ma era deprimente guardarli, perchè due di loro si erano fermi ai lati delle solide sbarre di ferro che lo confinavano nella sua gabbia, mentre il terzo poteva uscirne quando voleva.
La società preferiva chiamare cella quella sua dimora sempre più temporanea. Lui la pensava diversamente, ma si trattava sempre di un sostantivo femminile.
Due dei tre individui liberi erano secondini. Armati con delle manette di metallo in mano, osservavano cautamente ciò che stava accadendo dall'altra parte delle sbarre.
La loro postura e loro espressioni riflettevano la preoccupazione di uomini duri, perfettamente consci del fatto che qualsiasi momentaneo rilassamento nel compiere il loro dovere quotidiano avrebbe potuto comportare dolore, ferite o morte.
Non avevano ottenuto il loro posto attuale a Ryker’s Island perché non ce n'erano come neurochirurghi o scienziati aereospaziali. Non che fossero ignoranti: solo che, nel loro lavoro, i muscoli e l'agilità fisica erano utili alla sopravvivenza più delle abilità mentali, che, di solito, non erano particolarmente importanti.
Ad ogni modo, la loro capacità cranica era mediamente superiore a quella di coloro che dovevano tenere a bada. Al di là di poche eccezioni.
Il triumvirato era completato da un uomo che si trovava appena dentro la cella.
Le sue parole lo descrivevano, anche se l'essersi occupato di molti ospiti di quel carcere, attuali e precedenti, l'aveva reso più duro.
Nel corso degli anni, la recitazione tradizionale dei versetti biblici era diventata per lui una monotona nenia, sfiorata più da una speranza bastarda e dura a morire che non da una vera aspettativa.
Anche se l'ottimismo di quel sacerdote non era stato del tutto stroncato dalla brutalità che gli esseri umani riuscivano a scaricarsi addosso, il suo spirito era stato più volte schiacciato e preso a pugni da una quantità demoralizzante di duro realismo, e ora non aveva più alcun legame con ciò che ci si aspettava da chi dedica la sua vita alla chiesa. In poche parole, la sua fede era massacrata.
<< Sì >> intonò meccanicamente. << Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male… >>
“Stupido”pensò Cletus. “Stupido e inutile. Dovrei aver paura di me stesso?”
Perché, non era forse lui il male incarnato? Non glie l'aveva detto quello stronzo di un giudice, acclamato da un pubblico viscido e fremente? Se quello era il loro verdetto su di lui, doveva essere vero, no?
Aveva perso da molto tempo il desiderio di opporsi al giudizio della società. Aveva questo in comune con la parete di cemento che stava fissando. Erano entrambi solidali e impenetrabili. Ma le loro somiglianze si fermavano lì.
<< ...perchè tu sei con me >> proseguì il prete, senza slancio.
Perché non può starsene semplicemente zitto? Perché lui, o chiunque altro, doveva passare sempre un minuto di troppo nelle profondità di quel grigio stagno di umanità?
<< Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza >>
Ecco un passo che comprendeva bene.
“Dammi un bastone” pensò con ironia, “e poi sarà meglio che ti levi di mezzo. Dammi una possibilità…”
Step!
Se i pavimenti lucidi e i solidi corridoi avevano un pregio, questo era la loro eccellente acustica.
La cosa poteva rivelarsi spiacevole, quando qualcuno prendeva a urlare incessantemente, un'attività non così fuori dal comune a Ryker’s Island. Ma l'edificio poteva anche amplificare il suono dei passi, e fu proprio un rumore di questo tipo a far lanciare a Cletus un occhiata rapida verso l'esterno. Appena in tempo, osò pensare.
Una sfocatura argentea si avvicinò rapida alle due guardie. Queste non ebbero nemmeno il tempo di comprendere la situazione, mentre una lama veniva conficcata nelle loro gole.
Il sangue cominciò a scorrere copiosamente, mentre il prete balzò dal posto a sedere per la sorpresa.
Un attimo più tardi, quattro figure vestite con equipaggiamenti militari, armate fino ai denti, presero posto di fronte alla cella di Cletus.
Uno di loro, più esile degli altri e dalla corporatura visibilmente femminile, diede un rapido sguardo all'interno della gabbia.
Estrasse una pistola Calibro 25 dalla cintura dei pantaloni e sparò al prete dritto al cuore.
L’uomo venne sbalzato contro il muro e cadde a terra, come una marionetta a cui erano stati appena tagliati i fili. Il tutto sotto lo sguardo impassibile di Cletus.
Poi, la misteriosa figura poggiò qualcosa di grigio e rettangolare sulla serratura della porta.
Pochi secondi dopo, le sbarre di metallo vennero scardinate dalla parete...
 
                                                                                                                                                             * * * 
 
Carol sentiva tutto con estrema nitidezza, come per compensare dei mesi trascorsi nell’insensibilità più totale : il calore del corpo di Peter, la sua testa appoggiata sulla spalla, lui che le accarezzava lentamente la schiena e la pressione tra le gambe che l’aveva costretta a dormire un po’ storta.
Il profumo dei suoi capelli, dolce, e quello più aspro del sudore e del sesso. Il respiro appena sibilante, accompagnato dai suoni della città.
Quando si svegliò, la donna allungò una mano, ma di Peter neanche l’ombra. Restava solo una lieve impronta nei cuscini del divano.
La luce che penetrava dall’esterno era più calda, intensa. E la sveglia segnava le 7:00 del mattino.
Si mise a sedere sul divano e si massaggiò le palpebre. Sembrava che qualcosa le tirasse gli occhi da dentro. Le tempie e la nuca le pulsavano.
Dio, era passato davvero un sacco di tempo dall’ultima volta che aveva fatto sesso, e ancora di più da quando lo aveva fatto con qualcuno che potesse sostenere la sua biologia avanzata senza stancarsi.
Lasciò scivolare lo sguardo per la stanza, finchè i suoi occhi non atterrarono sull’accappatoio che teneva appeso vicino alla porta del bagno.
Sì alzò dal divano, lo indossò, e poi si trascinò in cucina.
Peter era lì, completamente vestito, il viso pulito e i capelli leggermente spettinati, con una tazza di caffè in mano. Doveva essersi alzato da poco anche lui.
<< Ciao >> le disse, voltandosi con un sorriso raggiante. << Hai fame?>>
Prima che Carol potesse rispondere, il ragazzo andò all’unico fornello presente nella stanza, dove c’era un torre di frittelle in attesa.
<< Mi sono preso la libertà di saccheggiare il tuo frigo. Ho fatto i pancake, spero che ti piacciano >>.
Carol aveva fame, in effetti. E quello che avrebbe voluto fare sarebbe stato dirgli : “ andiamo a mangiare fuori” . Poi sarebbero tornati a fare sesso, fino ad addormentarsi. E lo stesso il girono dopo. E il giorno dopo ancora.
Ma in fondo sapeva che non sarebbe stato molto pratico, quindi si limitò a restituire il sorriso.
<< Li adoro >> rispose dopo un attimo di silenzio, riferendosi ai pancake.
Se possibile, il sorriso sul volto di Peter sembrò farsi più grande.
Con superba maestria, probabilmente dovuta alle sue capacità di ragno, fece atterrare un paio di piatti sulla superficie del tavolo presente nella cucina, senza mai distogliere lo sguardo dalla torre di pancake che aveva di fronte. Al contempo, versò una bottiglia di sciroppo sulle frittelle e, dopo averle divise a metà, le poso su ambe i piatti con un balzo.
Poi, si accovacciò con i piedi su una delle sedie…e attese.
Con un roteare degli occhi, Carol prese una forchetta, tagliò un pezzo di pankake e se lo portò alla bocca.
<< Allora, come sono? >> chiese Peter, mentre la donna masticava la colazione con gusto.
Inghiottì la frittella in pochi secondi e lanciò al ragazzo un sorriso vagamente impressionato.
<< Davvero niente male. Supereroe e pure cuoco provetto! Farai strage di cuori >> disse con un occhiolino malizioso.
Il vigilante arrossì d’istinto e cominciò a grattarsi la testa con fare imbarazzato.
Poi, estrasse una seconda tazza dalla credenza della cucina.
<< Vuoi lo zucchero nel tuo caffè? >>
<< Lo prendo nero >> rispose la donna, internamente soddisfatta dalla premura che l’adolescente stava mostrando nei suoi confronti. Era sintomo di grande maturità e giudizio, due qualità che aveva sempre apprezzato.
Peter le porse la tazza, si sedette di fronte a lei e cominciò a mangiare.
Dopo un po’, si rese conto che Carol lo stava osservando, le labbra ancora arricciate in un caldo sorriso.
<< C-che c’è? >> balbettò incerto. Si tirò mentalmente una pacca sulla fronte.
Dio, come poteva essere così nervoso di fronte a lei, anche dopo quello che avevano fatto la notte prima?
Carol ridacchiò, apparentemente divertita dalla domanda del ragazzo.
 << Non è niente >> rispose, stringendosi nelle spalle. << È solo che...bhe, anche se sei molto giovane…devo ammettere che non mi sentivo così bene da tantissimo tempo >> sussurrò quasi a se stessa.
Il rossore sul volto di Peter si fece ancora più accentuato.
Quasi a voler nascondere il proprio imbarazzo, l’arrampica-muri cominciò a bere il suo caffè in tutta fretta, mentre la donna si limitò a sorseggiare il proprio con calma professionale.
Rimasero in un confortevole silenzio per i successivi cinque minuti.
Finito quel lasso di tempo, Peter alzò la testa in direzione di Carol. Sentendo gli occhi dell’adolescente su di lei, la supereroina incontrò pazientemente il suo sguardo.
<< Perdonami, se ti sembro indiscreto… >> cominciò Peter, con tono apparentemente casuale. <<  Ma muoio dalla voglia di saperlo. Esattamente…quanti anni hai? >>
La domanda sembrò prendere la bionda in contropiede. Dilatò le pupille, visibilmente sorpresa, e ciò spinse il vigilante ad arrossire ancora di più.
<< Scusami, so che non si dovrebbe mai chiedere a una donna la sua età, ma ero curioso e…>>
<< Sessanta >> rispose lei, interrompendo le divagazioni dell’adolescente.
Questi si strozzò con la propria saliva, fissando la mezza-kree come se le fosse spuntata all’improvviso una seconda testa.
<< E-eh? >>
<< Sono nata il 25 Luglio del 1965 >> continuò Carol, prendendo un altro sorso di caffè dalla propria tazza.
Peter aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Sembrava del tutto incapace di trovare le parole giuste per commentare una simile affermazione.
<< Te li porti…ehm…molto bene >> disse dopo quasi un minuto di completo silenzio.
Carol rimase ferma e immobile, fissandolo con una tale intensità che, per un attimo, il vigilante credette di aver firmato la sua condanna a morte.
Poi, con sua grande sorpresa…la donna scoppiò a ridere. Quella stessa risata musicale che aveva udito così poche volte, e solo quando erano l’uno in compagnia dell’altra. Una risata che sembrava riservata solo a lui.
<< Mi stai prendendo in giro, non è vero? >> borbottò Peter, incrociando ambe le braccia davanti al petto e fissandola con un broncio.
Carol continuò a ridere un altro po’, prima di asciugarsi le lacrime che rischiavano di fuoriuscirle dagli occhi.
Fatto questo, porse al vigilante un altro dei suoi sorrisi.
<< No, non proprio. Ho davvero sessant’anni! Bhe, dal punto di vista terrestre, almeno. Tuttavia, la mia biologia kree mi permette di invecchiare molto più lentamente di qualsiasi altro essere umano. Biologicamente parlando, dovrei avere sì e no ventisei anni >> spiegò con tono di fatto, mentre Peter ascoltava il tutto con un’espressione meravigliata.
La cosa non passò di certo inosservata alla bionda.
<< Cosa c’è? >> chiese con lo stesso tono incerto che Peter aveva usato solo pochi minuti prima.
In tutta risposta, l’adolescente le inviò un sorriso caldo e gentile.
<< No, è solo che…sei incredibile. Dico davvero >> sussurrò con convinzione, come se stesse affermando una verità universale.
Questa volta, fu Carol ad arrossire intensamente.
<< Grazie. Anche tu non te la cavi male >> rispose dopo qualche attimo di silenzio, portandosi la tazza alle labbra per nascondere l’imbarazzo. Certo, non era la prima volta che riceveva complimenti di questo tipo, ma il modo con cui Peter l’aveva indirizzata era sembrato così…genuino…vero...sincero, come mai prima d’ora.
<< E adesso? >> chiese il vigilante all’improvviso, attirando ancora una volta l’attenzione della donna.
<< Adesso cosa? >> domandò lei, il volto adornato da un’espressione confusa.
Peter si mosse incerto sulla sedia.
 << Tutto questo…dove ci porterà? >>
“ Ah…quello” pensò Carol, capendo dove voleva andare a parare. Era ben consapevole del fatto che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare “ l’elefante della stanza” , ma in cuor suo sperava che ciò sarebbe avvenuto con un minimo di preavviso, e non durante la colazione.
La donna rimase in silenzio per quello che sembrò un tempo interminabile, prima di prendere un respiro profondo.
<< Non sono così cieca da pensare che una cosa del genere potrebbe funzionare apertamente >> disse con tono di fatto, suscitando un cenno del capo ad opera di Peter.
<< No, nemmeno io >> acconsentì il vigilante, sorprendendola non poco.
Si era aspettato un minimo di protesta, magari qualche idealistico discorso basato sulla tolleranza e il diritto di ogni persona all’amore…invece aveva accettato le parole di Carol senza nemmeno scomporsi. Sì, era decisamente molto più maturo di quanto gli aveva dato inizialmente credito, ma in fondo se lo sarebbe dovuta aspettare. Dopotutto, era probabilmente il membro più intelligente dei Vendicatori, e rispetto alla maggior parte dei suoi coetanei…bhe, aveva affrontato esperienze che solitamente erano riservate a veterani di guerra.
<< Quindi… >> cominciò incerta.
<< Quindi… >> fece eco lui, sorridendo furbescamente.
Suo malgrado, Carol si ritrovò a fare altrettanto.
<< Dio, è una situazione così strana >> borbottò quasi a se stessa. << Mi sono presa una cotta per un ragazzo di diciotto anni. Non hai nemmeno l’età per bere legalmente >>
 << La scorsa notte non sembrava preoccuparti più di tanto >> ribattè Peter, ricevendo in cambio un’occhiataccia da parte della donna. << Va bene, è stata un’uscita abbastanza stupida >>
<< Solo un pochino >> disse lei, arricciando ambe le labbra in un ghigno divertito.
Peter rilasciò un sonoro sbuffo, scrutandola con circospezione.
Incontrò ed evitò il suo sguardo un paio di volte, quasi come se volesse domandarle qualcosa ma non trovasse le parole giuste per esprimersi.
<< Per curiosità…sono stato bravo? >> chiese all’improvviso, suscitando un sopracciglio inarcato ad opera di Carol.
Il vigilante arrossì intensmanete.
<< Sai…ieri notte… >>
<< Mi stai chiedendo se ho avuto un buon sesso? >> ribattè l’altra, incrociando le braccia davanti al petto e fissandolo con un sorriso canzonatorio.
Il volto dell’adolescente divenne color cremisi.
<< N-non devi rispondere per forza, c-come ho detto e-ero solo curioso >> balbettò, cercando in tutti i modi di evitare gli occhi della bionda.
Di fronte ad una simile visione, Carol decise di avere pietà di lui.
 << Sì, sei stato…molto bravo, in realtà >> disse con una scrollata di spalle, ricevendo uno sguardo sorpreso dall’arrampica-muri.
In quel preciso istante, un’idea maliziosa cominciò a farsi strada nella mente della donna.
Sì alzò di scatto dalla sedia, facendo sussultare il vigilante. Poi, cominciò a far scorrere il dito indice sulla superficie del tavolo, mentre camminava con passo lento e marcato verso la figura del ragazzo.
<< Anzi, se devo essere sincera…mi hai davvero sorpreso >> sussurrò sensuale, per poi sedersi sul grembo di Peter.
Questi deglutì una seconda volta, mentre Carol sorrise vittoriosa e prese ad accarezzargli la guancia.
<< C’è qualcosa che non mi stai dicendo, ragazzo ragno? Qualche ex ragazza di cui nemmeno lo Shield è a conoscenza? >>
Peter sentì il proprio corpo andare a fuoco, rabbrividendo sotto i tocchi delicati della bionda.
“ Questo gioco si può fare in due” pensò con irritazione, consapevole del fatto che la donna stesse cercando di stuzzicarlo.
<< Bhe, ci sarebbe Karen… >> rispose con tono evasivo, sorprendendo Carol.
<< Karen? >> chiese lei, arricciando il volto in un cipiglio scontento.
Peter le inviò un ghigno impertinente.
<< L’intelligenza artificiale della mia tuta >> spiegò, con una scrollata di spalle. << È stata una cosa molto breve, però, alla fine abbiamo convenuto entrambi che non sarebbe potuta durare >>.
Carol rimase in silenzio, mentre la sua espressione corrucciata lasciava lentamente posto ad uno sguardo impassibile.
Peter cominciò a sudare, notando che la presa della donna si era fatta molto più forte.
Chiuse gli occhi, preparandosi a ricevere una qualche forma di ripercussione fisica, magari un pugno in testa.
Invece, Carol cominciò a ridere ancora una volta. Non una risata a sue spese, come la precedente, ma una di genuino divertimento, una serie di rintocchi musicali che risuonarono per tutta la stanza come gocce d’acqua a contatto con una lastra di vetro.
Il terrore lasciò presto il posto alla gioia più pura.
<< Mi piace la tua risata >> disse con un placido sorriso, mentre la donna lo fissava con la testa leggermente inclinata di lato.
<< Ah, sì? >> chiese con tono malizioso, porgendosi in avanti.
<< Sì >> rispose il vigilante, mentre la supereroina continuava ad accorciare la distanza che li separava.
<< Sì? >> sussurrò di nuovo. E questa volta, quando Peter fece per rispondere, la donna posò le proprie labbra sulle sue, intrappolandolo in un bacio dolce e gentile.
Non era un gesto derivato dalla lussuria, né da un tentativo di conforto, ma una manifestazione d’affetto pura e semplice. Una condivisione di pensieri e sensazioni che solo loro due avrebbero potuto comprendere fino in fondo.
Dopo quasi un minuto, Carol si staccò per permettergli di riprendere fiato e tornò ad accarezzare il volto dell’adolescente.
<< Pensi che tutto questo potrebbe durare? >> chiese con un sorriso triste.
Peter dilatò le pupille, preso in contropiede dalla domanda della donna.
Rimase in silenzio per un po’, alla ricerca delle parole giuste per rispondere ad un simile dilemma. Dopotutto, era una domanda che aveva attraversato anche la sua mente, durante gli ultimi giorni.
<< Penso di sì >> rispose quasi subito, sorprendendo Carol ancora una volta.
Notando la sua espressione sbigottita, il vigilante prese un respiro profondo.
<< Carol, forse ci sono cose che ci giocano contro, e ogni tanto combineremo qualche casino, ma…bhe, questo lo fanno tutti >> disse con una scrollata di spalle. << La differenza è che io cercherò, con tutte le mie forze…di far sì che questa cosa funzioni >>.
Posò ambe le mani sulle spalle della mezza-kree, fissandola intensamente.
<< Io voglio poter essere l’uomo che ogni tanto tu hai visto in me. E ti prego di non negarlo, so che l’hai fatto >> continuò rapidamente, notando che la bionda stava per aprire bocca.
<< Va bene, sono negli anni bisestili…ma io voglio essere quell’uomo! Anche solo per te >> sussurrò, cercando di riversare in quelle parole tutto l’affetto che provava per la donna di cui si era innamorato.
Lei ascoltò ogni parola con fare rapito, inconsapevole che il suo cuore aveva cominciato a battere molto più in fretta del solito.
Nel mentre, Peter prese un altro respiro profondo.
<< Perché la verità è che…che tu mi piaci. Mi piaci molto >> riprese, posando delicatamente una mano sulla guancia di Carol.
<< E per questo troverò un modo. Credimi, ci riuscirò. Tu…devi solo darmi una possibilità >> terminò, lanciando alla donna uno sguardo colmo di determinazione.
Questa rimase ferma e immobile, scrutando l’adolescente da capo a piedi, nel tentativo di identificare o meno la minima traccia d’inganno o bugia.
Voleva…farlo davvero? Un ragazzo in età puberale le stava seriamente chiedendo di intraprendere una relazione con lei? Se si fosse trattato di una qualsiasi altra persona, Carol avrebbe probabilmente liquidato la faccenda come una semplice fantasia adolescenziale.
Ma la persona con cui stava parlando…non era un semplice adolescente. Era qualcuno che per tre volte aveva perso una figura paterna, che era stato costretto a combattere una guerra per la salvezza di coloro a cui teneva, che era morto per quell’obbiettivo, e che era tornato in vita solo per tornare a combattere, senza mai tirarsi indietro.
Era una delle persone più coraggiose, gentili e leali che avesse mai incontrato. E si sarebbe fidata di lui con la propria vita.
<< Nessuno dovrà saperlo >> disse dopo un momento di silenzio.
<< Assolutamente >> rispose Peter, annuendo rapidamente.
<< Soprattutto il resto della squadra >> continuò la donna, indicandolo minacciosamente.
Il vigilante deglutì una terza volta.
<< Capito, al centodieci per cento >> disse nervosamente.
Carol sorrise soddisfatta, prima di afferrargli il mento con delicatezza.
<< Vieni qui >> sussurrò, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Peter, inizialmente sorpreso, chiuse gli occhi e rispose al bacio, avvolgendo le braccia attorno alla sua schiena e stringendola a sé.
Rimasero così per i successivi dieci minuti, come se ormai non potessero più fare altro, fino a quando un sonoro Bip! , proveniente dalla tasca dai pantaloni di Peter, attirò l’attenzione di entrambi.
Carol gemette per il fastidio, mentre il ragazzo procedeva ad estrarre il cellulare e a leggere il messaggio che aveva appena ricevuto.
Quando ebbe finito, il suo volto impallidì.
<< Oddio… >>
<< Che cosa? >> chiese l’altra, visibilmente preoccupata.
Peter rilasciò un sospiro rassegnato.
<< Non ho detto a mia zia che avrei passato la notte fuori >> borbottò a bassa voce.
Carol sembrò inizialmente costernata dalla notizia, prima di arricciare le labbra in un ghigno divertito.
<< Bhe…Sembra che questa relazione ti abbia già procurato dei guai, spider-boy >>
<< Ugh >>.
 
                                                                                                                                                     * * *  

Il salone era illuminato da faretti e neon bianchi, di quelli che di solito si piazzano a caso, accanto a una sedia o in un angolo.
L’unica decorazione appesa ai muri era un disegno incorniciato: un ritratto di New York.
Il proprietario del complesso l’aveva comprato direttamente dall’artista in un caldo pomeriggio , e lo riteneva superiore alla versione definitiva.
I cinque criminali osservarono il tutto con fare incuriosito, ognuno di loro legato ad una carriola.
Erano stati tutti prelevati da Ryker’s Island, drogati e trasportati in quel luogo nella frazione di appena un’ora.
Chiunque fosse stato a farli evadere…di sicuro sapeva cosa stava facendo.
C'erano Cletus Kasady, la coppia di rapinatori Phineas Mason e Herman Schultz ( meglio conosciuti al grande pubblico come Tinkerer e Shocker ), il trafficante di armi Mac Gargan,  e Adrian Toomes, supercriminale noto ai media con il soprannome di Volture ( o Avvoltoio ), catturato da Spiderman in persona nell’ormai lontano 2017.
<< Dove diavolo siamo finiti? >> domandò Phineas, alla destra di Cletus.
Il Serial Killer si strinse nelle spalle
<< Bhe, sicuramente non siamo più a Ryker’s Island  >> commentò, prima di chiudere il volto in un sorriso maniacale. << Per quanto mi riguarda, la situazione è già migliorata! >>
In quel preciso istante, la figura di un uomo entrò nella stanza. A prima vista sembrava sui quaranta, ma a guardarlo bene doveva avere molti più anni. Gli occhi avevano la lucentezza sbiadita del vetro di mare : erano occhi misteriosamente vecchi.
Il viso era lungo e tormentato, incorniciato da folti capelli rossi, con denti bianchi e immacolati. Era il genere di faccia che qualcuno avrebbe potuto definire “ da donnola”, immaginò Cletus, ma di profilo non sarebbe stato male su una moneta.
A seguirlo fu una bella donna dai folti capelli d’argento e la carnagione pallida, vestita con un’uniforme da guardia del corpo.
<< Buongiorno a tutti voi >> salutò l'uomo, il tono di voce calmo e gentile
<< Il mio nome è Norman Osborn, e questa è la mia assistente, Sable >> disse indicando la compagna.
Come a un segnale, il gruppo di detenuti scoppiò in una lunga serie di mormorii, prima di essere interrotti da un rapido gesto del loro misterioso rapitore.
<< Capisco molto bene che al momento possiate sentirvi un po' confusi...un po' spaventati...magari anche un po' intontiti. Chiunque, al vostro posto, proverebbe certe cose. Ma vi prego di tranquillizzarvi! Perchè? Beh, perchè oggi...vi assicuro che è l'inizio di un futuro radioso per tutti voi >> terminò, con un’espressione accomodante.
Toomes inarcò un sopracciglio
<< E lei chi dovrebbe essere? >> domandò, visibilmente incuriosito.
Il rinomato Norman Osborn prese un respiro profondo.
<< Oh, no, signor Toomes, questa non è la domanda che dovrebbe rivolgermi. La vera domanda è: chi siete voi? >> ribattè, passando la testa da parte a parte della sala.
<< Il mondo esterno vede in voi solo dei pazzi criminali. Persone dalla mente fragile, folle...sbagliata. Io no. Io vedo qualcosa di molto diverso. Vedo genialità...vedo inventiva...e potenziale. Vedo molto potenziale in ciascuno di voi >> disse con voce melliflua, soppesando brevemente lo sguardo su ogni membro della cricca.
Al sentire tali parole, Cletus non potè fare a meno di annuire in accordo
<< Sì...proprio così, amico! Cavolo, un discorso così inquietante sembra fatto apposta per me. Per quanto riguarda questi altri, non saprei...ma noi parliamo la stessa lingua>>
<< Calmati, Kasady >> sibilò Toomes, per poi fare cenno all’uomo di andare avanti.
<< La prego di continuare>> disse piacevolmente.
Norman sorrise, allargando ambe le braccia a mo’ di presentatore.
<< Per dirla senza mezzi termini…voglio offrirvi un lavoro >> disse dopo un attimo di silenzio, sorprendendo non poco la banda di malviventi.
<< Vorrei invitarvi ad immaginare uno scenario. Immaginate che un gruppo di geniali fuorilegge come voi ...venga scelto per partecipare ad un esperimento che vi renderà migliori. Più forti di quanto avreste mai potuto immaginare nei vostri sogni più sfrenati. Immaginate…che venga scelto per le abilità uniche che possiede…e che lavori in squadra per compiere qualcosa che cambierà per sempre il mondo che conosciamo >> continuò, prima di arricciare ambe le labbra in un sorriso carismatico.
<< Il mondo si inginocchierebbe ai nostri piedi >> terminò, facendo calare un silenzio di tomba nelle profondità della stanza.
Quando quel breve lasso di quiete giunse al suo termine, Toomes tossì un paio di volte, attirando l'attenzione dei presenti.
<< Bhe, tutto questo sembra fantastico...Norman. È questo il tuo nome, giusto?  Norman. Sembri una persona con un grande piano e tutto il resto, ma...riguardo a questa squadra delle meraviglie? Mi dispiace, ma, ecco...Credo che passerò. Vedi, non sono mai stato molto conforme a seguire gli ordini. In bocca al lupo, comunque, è un concetto intrigante...ma non fa di sicuro per me >> ridacchiò, suscitando un'espressione visibilmente tesa da parte di Sable.
Norman, d'altra parte, aveva un'aria completamente rilassata.
<< Questo è molto ...deludente >> commentò, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Inconsapevole del pericolo che stava correndo, il supercriminale inarcò un sopracciglio.
<< Oh, mi sembra giusto. Vuoi una ricompensa per averci fatto tutti evadere. Lo ammetto, te ne sono grato. Che te ne pare di un milione di dollari? Suona bene, eh? Mi ci vorrà un po' per racimolarli, ma ...>>
<< I soldi non sono un problema. Io..beh, avevo grandi aspettative su di te. Non avevo previsto il tuo orgoglio, e purtroppo quello è la causa di ogni male >> borbottò Osborn, avvicinandosi alla figura dell'uomo. << Sfortunatamente, qui non c'è posto per te. Mi dispiace. >>
E, detto questo, slacciò le cinghie della carriola, permettendo a Toomes di muoversi liberamente.
L’anziano cominciò a distendere la membra, prima di girarsi in direzione di Phineas e Schultz.
<< Nessun'altro vuol venire con me? >>
<< O, non credo che qualcuno di loro voglia andare dove stai per andare tu >> ribattè Norman, il tono di voce pericolosamente basso.
L'uomo non ebbe neanche tempo di chiedere il perché.
Accadde tutto nella frazione di appena un secondo.
Sable estrasse una pistola da sotto la giacca e sparò un colpo, trapassando la testa del malcapitato da parte a parte.
Toomes cadde pesantemente lungo le assi del pavimento, sotto lo sguardo scioccato dei presenti. Cletus, al contempo, scoppiò in una sonora risata, mentre Norman volgeva al gruppo un sorriso sornione
<< Allora! Qualcun' altro vuole andarsene? >>
 
 
Dum, dum, duuuuuuuum!
Innanzitutto, nel caso ve lo steste chiedendo, no, non è Norman il big villain della fic. Quel ruolo verrà ricoperto da Cletus…alias Carnage, probabilmente il cattivo più crudele e violento della Marvel, nonché acerrimo nemico di Spiderman e Venom. Nel caso non lo conosciate, immaginatevi Joker con i poteri di Venom : eccovi Carnage!
Ero davvero indeciso su quale cattivo utilizzare, perché sono davvero pochi gli avversari di Spiderman che possono costituire una minaccia per Carol e i Vendicatori tutti assieme. Norman era stato preso in considerazione nelle sue vesti di Green Goblin, ma alla fine ho convenuto che il personaggio fosse stato abusato in troppe fan fiction, e io volevo creare qualcosa di originale. Ecco perché ho deciso di lasciarlo nelle sue vesti di miliardario senza scrupoli ( prendendo soprattutto spunto da Ultimate Spiderman ), ma posso assicurarvi che sarà un personaggio molto importante per l’universo letterario che sto costruendo attorno ad Avengers : The King Of Terror. Questo è un po’ il suo debutto da villain.
Anche Mysterio era stato preso in considerazione, ma poi ho deciso che volevo distaccarmi il più possibile da Spiderman Far From Home, per non narrare una storia già raccontata.
Così mi sono chiesto : qual è un cattivo Marvel che ho sempre voluto trattare nelle mie storie? E allora ho pensato subito a Carnage!
Plus, recentemente è cominciata la saga Absolute Carnage, in cui l’intero universo Marvel è minacciato proprio da Cletus. Mi ha dato molte idee per rendere il personaggio una minaccia abbastanza letale da mettere in seria difficoltà anche Carol e il resto degli Avengers.
La parte finale è una rivisitazione di una scena prelevata dalla serie tv Gotham, più precisamente dall'episodio 2x01. E sì…ho ucciso Toomes. Ho amato il personaggio, in Spiderman Homecoming, ma lui non avrebbe mai lavorato per uno come Norman ( troppo simile a Tony Stark ) e volevo mostrare quanto lo stesso Norman fosse su un livello completamente diverso di cattiveria.
Sable, l’assistente di Norman, è una sicaria e avversaria di Spiderman, comunemente nota come Silver Sable. Phineas e Schultz ( Tinkerer e Shocker ), invece, sono gli aiutanti di Toomes in Spiderman Homecoming, mentre Mac Gargan è il trafficante di armi che Toomes aveva incontrato sul traghetto.
Per il resto, spero davvero che il rapporto tra Peter e Carol vi stia piacendo, ci sto lavorando davvero molto.
E qui, ecco il trailer della fan fiction : https://www.youtube.com/watch?v=N0xou51TK00&t=2s
Al prossimo capitolo !
  
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