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Autore: Darlene_    13/08/2019    0 recensioni
Una raccolta di storie che analizzano i rapporti familiari dei personaggi più amati della serie, scritte per la #summerbingochallenge del gruppo Hurt/comfort fanfiction e fanart
Dal testo:
"Aveva anche aggiunto una parola che Cheryl, con i suoi dieci anni, proprio non aveva capito: lesbica"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Cheryl Blossom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per il gruppo
Hurt Comfort - fanfiction e fanart
 
#Summerbingochallenge2019



 
SISTER YOU’RE NOT ALONE
 
 




 
Le sue scarpette rosse pestavano le foglie secche, producendo uno scricchiolio che mise in allarme tutti gli animali del sottobosco, facendo fuggire lucertole e piccoli insetti.
Cheryl correva nonostante le dolessero i polpacci, obbligando le sue gambe a non fermarsi mai, come se ne andasse della sua stessa vita e, in un certo senso, era proprio così. Sentiva l’impellente necessità di allontanarsi il più possibile da Thornhill, quel lugubre palazzo in cui le persone erano più gelide delle stanze dagli alti soffitti che i caminetti non riuscivano mai a scaldare del tutto. Scappava da quella donna che aveva imparato a chiamare madre, ma che, per lei, non aveva mai avuto premure o carezze e dalle sue parole che ferivano più di una lama affilata.
Mentre fuggiva attraverso i sentieri circondati da aceri, Cheryl sentiva ancora quei terribili vocaboli che le aveva detto Penelope con tono rabbioso: sbagliata, disonore, malata; ma anche impura, sporca, deludente. Aveva anche aggiunto una parola che Cheryl, con i suoi dieci anni appena compiuti, proprio non aveva capito: lesbica. Sua madre l’aveva pronunciata con disprezzo e orrore, come se si trattasse di una malattia contagiosa. L’unica cosa che la bambina dai capelli rossi aveva compreso era che non avrebbe mai più potuto incontrare Hetel, la sua migliore amica, con cui aveva condiviso momenti speciali.
Le lacrime ormai le inondavano il viso, offuscandole la vista e, proprio per questo motivo, Cheryl non notò l’intrico di rami caduti a terra e ci inciampò. Provò a rialzarsi, ma aveva il piede incastrato, così cominciò a scalciare e strattonare, ma ogni tentativo fu vano.
Urlò, chiedendo aiuto, nella vana speranza che qualcuno la salvasse, ma il bosco era deserto. Stremata si abbandonò sul terreno, piangendo le sue ultime lacrime mentre il freddo le si insinuava nelle ossa.
 
Passarono le ore e il cielo all’orizzonte cominciò ad imbrunire. La bambina sentì dei passi e una voce infantile, a lei ben nota, urlava il suo nome. Non aveva più forze per gridare, l’adrenalina le era ormai scivolata di dosso e riuscì a malapena a gemere un nome: Jason.
Il suo gemello si accovacciò accanto a lei, preoccupato. Si tolse immediatamente la giacchetta per posarla delicatamente sul corpo infreddolito di Cheryl. Le scostò i capelli dal viso, passandole i polpastrelli sulle guance.
“Va tutto bene, ci sono io adesso. Guardami, Cheryl.”
Lei teneva gli occhi bassi, non aveva il coraggio di vedere il viso di Jason. Temeva che vi avrebbe letto disgusto e orrore, ma quando lui le alzò il mento e si ritrovarono a guardarsi vi era solo dolcezza e dolore. Le districò la caviglia dall’intrico di rami e la strinse a sé per donarle calore.
Restarono abbracciati per molto tempo: solo loro potevano capire quanto fosse difficile vivere a Tornhill. Quando il cielo si dipinse di nero, Jason esortò la gemella ad alzarsi, sarebbero tornati a casa, ma le promise che avrebbe dormito con lei.
Cheryl provò a zoppicare verso il palazzo, sorreggendosi all’altro, ma era troppo scossa per camminare. Jason la prese in braccio, nonostante non fosse così facile per lui. Sgattaiolarono in casa.
Quella notta, coricato accanto alla sorella, Jason giurò a se stesso che avrebbe  sempre protetto la sua dolce e fragile Cheryl.
 
 
 
 
  
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