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Autore: RaidenCold    14/08/2019    1 recensioni
Fin dai tempi del mito, i cavalieri di Atena proteggono l'umanità dalle minacce più oscure.
Gettato nel loro mondo, sotto l'egida di una severa insegnante in pochi anni Ramiel si trasforma da fragile bambino a cavaliere d'oro; all'arrivo di una nuova minaccia sconosciuta, sembrerebbe che stia per iniziare una nuova guerra, ma lui scoprirà che la posta in gioco è molto più alta di quanto il Grande Sacerdote Saga ed i suoi cavalieri possano immaginare.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold Saints, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le campagne delle terre fuori dal Grande Tempio non erano mai state fertili né lussureggianti, ma lo spettacolo che si diradava a perdita d’occhio fece gelare il sangue al cavaliere inviato per scoprire cosa stesse accadendo.

Lesto, il custode della decima casa rientrò più in fretta che poté per poter riferire l’esito del suo inquietante resoconto.

 

Come vide entrare quella donna dalla pelle scura, che reggeva tra le braccia un elmo munito di lunghe corna appuntite, Saga riconobbe all’istante il cavaliere del capricorno, una sua conoscenza di vecchia data: aveva i capelli neri raccolti in una coda all’altezza delle nuca, ed un paio di intensi occhi color nocciola che mettevano in risalto alcune lentiggini sul suo viso leggermente allungato.

“Dunque Areusa, che ne è del villaggio a ovest?”

“Nessuna traccia.” - rispose la donna senza mascherare la propria inquietudine.

“Come sarebbe a dire?” - domandò confuso Saga.

“Nulla, niente di niente: né persone, né animali, né cose.”

“Qualcosa deve pur essere rimasto.”

“Polvere, nient’altro che polvere; è come se una forza sconosciuta avesse inghiottito il villaggio e le zone adiacenti durante la notte: si tratta della medesima sorte capitata ai monti a sudest da qui un paio di mesi fa.”

“Va bene, invierò dei messi nei paesi vicini per sapere se qualcuno ha visto da lontano cosa sia successo.”

“Saga…” - aggiunse con voce profonda il cavaliere.

“Dimmi, Areusa.”

“Che sia il caso di convocare i cavalieri d’oro e di mettere il Santuario in allerta?”

“A tal punto ti ha terrorizzato ciò che hai visto?”

“C’era qualcosa in tutta quella desolazione che mi dà ancora i brividi lungo la schiena; la prima volta che ho osservato tanta desolazione, nei monti ad oriente, ancora non mi ero resa conto di quanto fosse angosciante, ma ora vi ci vedo qualcosa di… terribile.”

In quell’istante entrambi si rivolsero con lo sguardo ad Atena, che fino a quel momento era rimasta in disparte sul suo trono, ad ascoltare in silenzio.

“Mi fido del tuo istinto, Capricorno; Saga, convoca i cavalieri d’oro.”

 

Nonostante ritornare al Grande Tempio non fosse tra i suoi desideri, Ramiel aveva risposto quasi subito alla chiamata di Atena: erano passati sette anni dalla sua ultima visita, ma ancora si sentiva tremare all’idea di venire nuovamente strappato dalla sua casa, e sperava con tutto sé stesso che qualunque fosse la questione non avesse richiesto troppo tempo per essere svolta.

 

Prima di recarsi alle stanze sacerdotali, decise di passare brevemente in un luogo che nonostante tutto era rimasto dentro di lui: la collina silvestre presso cui si era allenato per cinque lunghi anni.

Nulla era cambiato e sul terreno, sulle rocce, e sopra alcuni tronchi erano rimaste le cicatrici dei colpi di energia che non era riuscito a controllare.

 

“O santo cielo…”

Udendo quella voce melodiosa Ramiel si voltò incredulo:
“Ramy, sei proprio tu?”

Vide davanti a sé una donna indossante una felpa nera col cappuccio alzato, e dei jeans scuri che ne accentuavano il fisico procace ed armonioso:

“Certo che sono io cucciolotto.” - ridacchiò la ragazza abbassandosi il cappuccio.

“Ria…” - constatò arrossendo imbarazzato.

L’ultima volta che l’aveva vista era poco più di una ragazzina, ed ora invece l’aveva ritrovata come una donna nel pieno del suo splendore; tuttavia, il sorriso smagliante non era cambiato, e rimaneva ancora una delle più belle visioni che ci fossero al mondo per lui.

L’imbarazzo aumentò ancor di più quando lei abbracciandolo premette il suo corpo su quello di Ramiel, che attraverso le vesti sentì la morbidezza delle sue forme generose celate dalla felpa.

“Mi sei mancato così tanto; ma guardati, sei un ometto ormai!”

“A-anche tu… sì insomma, non sei un ometto chiaramente… quello che voglio dire è…”

Ria scoppiò a ridere di gusto:
“Ehi piano, piano! Capisco che tu sia felice di vedermi, però adesso prendi un bel respiro e metti in ordine le idee.”

La persona che aveva davanti, era una delle poche ragioni per cui aveva accettato di tornare senza opporsi troppo: durante i duri anni dell’addestramento Ria lo aveva cullato dolcemente tra le sue braccia, ed aveva asciugato le sue lacrime nei momenti più bui.

“Certo che sei proprio una peste” - lo rimproverò la ragazza - “non sei mai venuto a trovarmi neppure una volta in tutti questi anni!”

“Io… ecco… però ti ho scritto.”

“Se avevi tutto quel tempo per chattare mi spieghi come mai non sei mai tornato?”

Ramiel chinò il capo contrito:

“Mi dispiace.”

“Sta tranquillo.” - lo tranquillizzò Ria accarezzandogli la guancia col dorso della mano - “L’importante è che ora tu sia qui.”

 

In quel momento un’altra giovane donna, senza saperne il perché, aveva avuto l’impulso di recarsi nel campo di Marte improvvisato dove aveva addestrato il suo allievo: quando vide Ramiel abbracciarsi dolcemente a Ria, non ebbe il coraggio di farsi avanti e di rovinare al suo pupillo quel momento così piacevole con la sua presenza, certa che gli avrebbe evocato solo brutti ricordi.

In parte Zenovia aveva ragione, ma la verità era che non era stata l’unica a ripensare alla discussione avvenuta su quel sentiero sette anni prima: anche Ramiel aveva maturato in sé il desiderio di sistemare la notte che aveva lasciato entrambi così amareggiati l’uno verso l’altra.

 

Poco dopo mezzogiorno, tutti i cavalieri d’oro si erano presentati nella stanza sacerdotale al cospetto di Atena e del Grande Sacerdote.

Era un elegante ed ampio salone marmoreo, arredato con tappeti e arazzi cremisi; sul fondo spiccava un altare al cui centro svettava

un trono dorato su cui il Sacerdote era solito sedersi prima che la Dea si incarnasse.

Disposti su due file ai lati dello scranno, i cavalieri d’oro si ergevano in attesa di Atena e di Saga.

Ramiel notò, come di consueto, l’assenza del cavaliere d’oro del Sagittario: il ruolo era rimasto ancora vacante, apparentemente.

Ad un certo punto, emergendo da una sorta di sipario dalle tende purpuree stante alle spalle dell’altare, che dava sulle stanze private di Atena, comparve proprio quest’ultima, accompagnata dal Grande Sacerdote.

“Cavalieri d’oro” - li salutò Saga con un gesto solenne - “io ed Atena vi abbiamo convocati per una questione della massima urgenza.

A quel punto fece un cenno ad Areusa, ed il cavaliere del Capricorno si fece avanti:

“Per farvi capire meglio ciò che sta succedendo, occorre tornare indietro di alcuni mesi, precisamente sessantasette giorni fa: una zona montuosa a sudest è scomparsa completamente senza lasciare alcuna traccia.”

“Che intendi?” - domandò perplesso Milo dello Scorpione.

“Intendo che non c’era niente, eccetto la polvere: ogni cosa è stata come risucchiata.”

“E da cosa?” - chiese il cavaliere di Scorpio ancora più confuso.

“Inizialmente non avevamo neppure notato il fenomeno, si trattava di una zona inospitale dove di rado le persone si recavano, e i pochi che ci hanno messo piede nell’ultimo periodo hanno pensato si fosse trattato di chissà quale cataclisma. Poi però, dodici giorni fa è accaduto qualcosa di simile, solo che questa volta il fenomeno ha colpito un intero centro abitato a sudovest da qui.”

“I testimoni” - aggiunse Saga - “parlano di una sorta di nube che inghiotte ogni cosa: su internet ci sono già alcuni video amatoriali di questo fenomeno.

“Cioè c’è una nuvola che si mangia case e persone?” - ridacchiò Deathmask del Cancro, in un momento decisamente poco opportuno.

“Non sappiamo se e quando il fenomeno si ripresenterà” - continuò Areusa ignorando la smargiassata del suo parigrado - “ma in ogni caso dobbiamo rimanere all’erta.”

“Cioè c’è una nuvola che si mangia case e persone e noi dovremmo… farci a botte per impedirglielo?” - parlò nuovamente a sproposito il cavaliere di Cancer.

“Fa silenzio!” - lo redarguì aspramente Saga, ed il custode della quarta casa si rimise al proprio posto - “Ad ogni modo, vorrei rimaneste vigili e nei paraggi in caso di necessità in caso di bisogno; non pretendo vi chiudiate nei vostri palazzi, ma vi chiedo di essere reperibili il prima possibile se dovesse accadere qualcosa.”

“Grande Sacerdote” - intervenne nuovamente Deathmask, questa volta con tono più riverente - “per quanto dovremmo rimanere in questo stato? Voglio dire, non siamo tutti come il maestro del Goro-Ho, non possediamo l’abilità di vivere attraverso i secoli…”

“Se indossi quell’armatura” - sentenziò un cavaliere d’oro di aspetto robusto e dai connotati orientaleggianti - “è perché hai giurato di donare la tua vita ad Atena, se necessario; se il nostro destino è di rimanere a guardia di questo Santuario, per quanto mi riguarda continuerò ad adempierlo fin quando indosserò queste vestigia dorate.”

Quell’uomo dai capelli fulvi era il leggendario Dohko del Goro-Ho, il cavaliere d’oro della Bilancia, e nonostante si mostrasse come un uomo verso la fine della trentina, aveva più di duecento anni, avendo ricevuto in dono in giovane età il sangue della dea Atena.

Nonostante in linea gerarchica fosse la massima autorità tra i Cavalieri, aveva sempre preferito restare in disparte dalla maggior parte delle faccende del Santuario, intervenendo solo per questioni particolarmente importanti: la sua sola presenza era un segnale sufficiente a tutti per comprendere quanto fossero preoccupati Atena ed il Gran Sacerdote.

“Come al solito le vostre parole sono colme di virtù, maestro.” - soggiunse Saga con riverenza - “Ad ogni modo per ora non ho altro da riferirvi, potete congedarvi.”

A quel punto tutti i cavalieri d’oro fecero per tornare alle proprie case, ad eccezione del maestro della Bilancia, che volle rimanere per discutere in maniera più approfondita sulla faccenda.

Accertatosi che tutti fossero usciti, Deathmask si accostò ad Areusa, che si trovava ancora presso la soglia delle grandi porte del salone.

“Allora” - esordì lui con fare baldanzoso - “sembra una faccenda piuttosto pericolosa, giusto?”

“Se l’avessi presa seriamente ti saresti reso conto che abbiamo a ché fare con qualcosa di oscuro.” - lo redarguì Areusa.

“Scherzavo, scherzavo” - si discolpò ridacchiando con aria ebete - “volevo solo sdrammatizzare; ho visto che eri la più preoccupata di tutti.”

A quel punto Areusa sorrise scuotendo il capo: per chi lo guardava da fuori Deathmask poteva sembrare nient’altro che un bulletto sbruffone, e magari in tempi più giovani lo era stato, ma imparando a conoscerlo si capiva che - in fondo - non era una persona cattiva.

“Visto? Stai sorridendo.” - la incalzò il cavaliere di Cancer.

“Suvvia granchione, non hai qualche povera anima da tormentare al posto mio?”

“Magari! Da quando abbiamo estinto gli Specter non mi diverto più…”

Areusa scosse nuovamente il capo:
“Tra tutti i Cavalieri d’oro tu sei quello con l’animo più controverso; mi domando cosa sarebbe successo se non fossi stato circondato da persone esemplari…”

“Probabilmente sarei una sorta di serial killer!” - ridacchiò lui.

“Già, probabilmente” - gli sorrise con benevolenza - “Su, torna alla tua casetta, gli adulti devono discutere di cose noiose.”

Senza che Deathmask potesse avere il tempo di controbattere, Areusa rientrò a palazzo chiudendosi dietro il portone.

“Fa niente, tanto non sarei rientrato manco morto…” - commentò Deathmask facendo spallucce.

Girandosi verso le scale vide Aphrodite dei Pesci che lo osservava con un sorriso sghembo.

“E te che c’hai da guardare?”

“Niente, niente!” - ridacchiò il custode della dodicesima casa alzando le mani al cielo.

“Pensa alle tue rose tu.” - brontolò Deathmask iniziando a scendere la scalinata assieme al compagno.

 

 

Tornando a valle, Ramiel si imbatté nel cavaliere dei Gemelli, in procinto di entrare nel proprio palazzo:
“Zenovia…” - disse il ragazzo quasi bisbigliando.

“Ciao Ramiel.” - rispose lei senza celare una certa sorpresa.

“Sei cambiata così tanto.”
“Anche tu.”

Entrambi si osservarono con finto stupore: durante la riunione avevano continuato a scrutarsi reciprocamente ma senza rendersene conto, poiché ciascuno dei due fuggiva lo sguardo non appena l’altro sembrava notarlo.

Ramiel non era più un ragazzino fragile, ma un giovane piuttosto imponente, seppur slanciato, mentre Zenovia come Ria, era sbocciata in tutta la sua bellezza e, seppur meno voluttuoso, anche il suo corpo si era fatto vistosamente più femmineo.

Ambedue rimasero in silenzio, cercando di distogliere lo sguardo: se c’era un momento per sistemare le cose era decisamente quello.

 

“Allora, ci vediamo.” - disse Ramiel iniziando a scendere verso la casa del Toro.

“Già.” - soggiunse Zenovia, rimanendo immobile.

Entrambi dovevano andare nella stessa direzione, ma la strada per quanto ampia, appariva troppo stretta per poter camminare assieme.

   
 
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