Ooh you’re the best friend that I ever had
I’ve been with you such a long time
You’re my sunshine and I want you to know
That my feelings are true
I really love you
Oh you’re my best friend
You're
My Best Friend, Queen, 1975
La
Bentley, rinata a nuova vita dopo la traversata del tunnel di fiamme
che l'aveva distrutta solo ventiquattro ore prima, sfrecciava sulle
strade trafficate di Londra rombando ferocemente come a voler
intimidire le altre auto e indurle a scansarsi al suo passaggio.
Era
il giorno dopo la mancata Apocalisse. Tutto era finito bene, o
meglio... non era finito affatto, il che, in effetti, significava che
le cose si erano risolte nel migliore dei modi.
Il
pranzo al Ritz si era rivelato il migliore (e il più lungo) di
sempre, la compagnia di Crowley ancora più gradevole del solito.
Perfino il sapore dell'ottimo cibo pareva aver beneficiato di quel
clima da “lieto fine” che aleggiava nell'aria e ad Aziraphale non
era mai sembrato tanto squisito. A coronare il tutto e a donare un
ulteriore tocco di pace e serenità all'atmosfera, ci aveva pensato
la donna seduta al pianoforte, le cui dita accarezzavano abili e
leggiadre i tasti dello strumento, la voce dolce e melodiosa che
intonava quel romantico brano d'altri tempi, A nightingale sang in
Berkeley Square.
Ma
ora che l'adrenalina e la concitazione erano calate, la mente
dell'angelo, non più impegnata a trovare un modo per fermare
l'Armageddon o sfuggire alla punizione dei suoi dirigenti, si
soffermava in modo quasi ossessivo su un pensiero fisso, un ricordo
che risaliva al giorno precedente e al quale non aveva dato molta
importanza fino ad allora. Nello specifico, il ricordo di Crowley
seduto al tavolo di un bar con l'aria stravolta e disperata.
Aveva
detto di aver perso il suo migliore amico ma, sul momento, Aziraphale
non aveva dato troppo peso a quelle parole, anche perché in quel
frangente si trovava imprigionato in una spiacevole forma non
corporea della quale voleva liberarsi il prima possibile, senza
contare che il mondo sarebbe finito entro pochi minuti. Chi aveva il
tempo di lambiccarsi su certi dettagli?!
Ma
adesso che le acque si erano calmate e il pericolo era alle spalle,
l'angelo non riusciva a fare a meno di ripensare all'espressione
affranta che aveva scorto sul viso dell'amico e che risultava così
inusuale per lui, sempre pronto a sfoderare quel suo ghigno sardonico
che sembrava voler prendere in giro l'universo intero.
C'era
solo un modo per superare quella fissazione: chiederne ragione al
diretto interessato che, guarda caso, si trovava seduto proprio
accanto a lui nell'abitacolo dell'auto.
-
Crowley? - cominciò, un po' esitante.
-
Mmm? -
-
Posso... posso farti una domanda? -
-
Spara. -
Aziraphale
abbassò lo sguardo e si tormentò le mani. - Ecco, ieri, in quel
bar, quando… Be', hai detto di aver perso il tuo migliore amico...
-
-
E allora? -
-
Devo supporre che ti stessi riferendo a me? Eri convinto che
l'incendio alla libreria mi avesse, diciamo, ucciso? -
Crowley
esalò un sospiro di esasperazione e alzò gli occhi al cielo, anzi
al soffitto della Bentley. - Dove vuoi arrivare, angelo? -
-
Mi sei sembrato molto sconvolto. - continuò Aziraphale, senza
mollare il colpo. - Avevi un aspetto davvero orribile. -
-
E tu eri un ectoplasma semitrasparente senza corpo quindi chi pensi
vincerebbe la gara per l'aspetto peggiore? - sbottò il demone, punto
sul vivo.
-
Touché. - riconobbe
Aziraphale. - Ma non cambiare argomento. La verità è che non ti
avevo mai visto in quello stato prima d'ora, il che è tutto dire
dato che ti conosco da seimila anni! -
-
Oh, falla finita e arriva al punto. -
-
È solo che... non pensavo che tenessi tanto a me. - concluse
l'angelo, arrossendo un poco.
Crowley
non rispose e si limitò a sbuffare tenendo ostinatamente lo sguardo
fisso sulla strada ma Aziraphale notò che le sue nocche intorno al
volante erano diventate bianche da quanto lo stavano stringendo e che
la sua mascella si era irrigidita.
Tuttavia
il demone non sembrava intenzionato a proseguire la conversazione e
così Aziraphale, sicuro che non sarebbe riuscito a cavargli un'altra
parola, decise di lasciar perdere e tornò a guardare Londra scorrere
veloce fuori dal finestrino.
Passarono
circa due minuti durante i quali nell'abitacolo della Bentley regnò
un silenzio grave, carico di emozioni e pensieri inespressi che si
rincorrevano senza sosta e si accumulavano nell'aria
ingarbugliandosi, senza trovare sbocco nelle parole e rendendo
l'atmosfera satura di una certa tensione.
-
Idiota di un angelo! - esclamò a un tratto Crowley, facendo
sussultare Aziraphale seduto al suo fianco.
-
Ehi! Che ti prende? -
-
Non pensavi che tenessi tanto a te?! Ma certo che tengo a te, stupido
che non sei altro! Sei il mio migliore amico! E farai bene a
ricordatelo anche in futuro perché non ho intenzione di ripeterlo
un'altra volta anzi, sappi che negherò di aver mai detto una cosa
del genere. -
L'angelo
avvertì come una sorta di improvvisa ondata di energia provenire da
Crowley. Era un'energia calda, radiante, del genere che percepiva
ogni volta che era circondato da forti sentimenti positivi,
sentimenti di sincero amore e affetto.
Aziraphale
si sentì stringere il cuore dalla commozione e gli occhi gli si
inumidirono.
-
Oh, Crowley! Io... io non so davvero che cosa dire. -
-
Non devi dire proprio niente, angelo. Sul serio, non devi. -
replicò il demone a denti stretti, ansioso di chiudere al più
presto quel discorso scomodo e troppo sentimentale per i suoi gusti.
Aveva pur sempre una dignità da mantenere, per tutti i diavoli
dell'Inferno!
-
No, no! Io voglio che tu sappia quanto questo significhi per me e
quanto io sia... -
-
Sta' zitto! - esplose Crowley. - Ancora una parola e ti mollo qui in
mezzo alla strada. -
Aziraphale
non disse più nulla ma sulle sue labbra si dipinse un sorriso che
non le abbandonò fino a quando la Bentley giunse a Soho in
prossimità della sua libreria, il capolinea di quel tragitto denso
di emozioni e significato per entrambi.
Il
demone fece fermare l'auto davanti all'edificio ma Aziraphale non
aprì subito la portiera, invece si voltò verso di lui. - Crowley? -
-
Che c'è ancora? - berciò il demone in tono brusco.
Ci
fu un istante di silenzio durante il quale l'angelo sembrò soppesare
le parole, nel tentativo di trovare le più adatte ad esprimere ciò
che provava.
-
Grazie. - disse infine, decidendo per l'opzione più semplice ma
efficace. - E, per quello che vale, anche tu sei il mio migliore
amico. Non so cosa farei se dovessi perderti. -
Per
tutta risposta, il demone schioccò le dita e lo sportello del
passeggero si spalancò violentemente in un inequivocabile (e
piuttosto rude) invito a scendere.
Aziraphale
rivolse un ultimo sorriso a Crowley dopodiché uscì dall'auto e si
diresse verso l'entrata della libreria fischiettando un motivetto
allegro.
Finalmente,
il demone distolse lo sguardo dal parabrezza di fronte a sé e lo
puntò invece sulla figura dell'angelo che si apprestava a varcare
l'ingresso del negozio.
Di
colpo, le difese che aveva messo in atto fino ad allora cedettero e
il ricordo di quell'orribile momento in cui aveva creduto di aver
perso per sempre il suo angelo, gli piombò addosso come un
macigno.
Per
la prima volta in tutta la sua interminabile vita aveva sperimentato
la disperazione, la perdita di ogni speranza, di ogni motivazione, di
ogni certezza, di ogni flebile scintilla di senso.
Tutto
questo era stato risucchiato nel buco nero della perdita di
Aziraphale; tutto andato in malora, ridotto in cenere dalle stesse
fiamme che si erano portate via l'angelo a tradimento proprio nel
posto che lui amava di più al mondo e dove si sentiva più al sicuro
che mai.
Era
stato come perdere l'unico appiglio che potesse tenerlo a galla in un
mare nero e burrascoso che tentava continuamente di inghiottirlo tra
i flutti e trascinarlo a fondo. A quel punto, cosa poteva importargli
del fatto che la fine del mondo sarebbe giunta di lì a poche ore?
Che motivo aveva di lottare ancora per la salvezza della Terra?
Avrebbe forse potuto colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa di
Aziraphale? No. Certo che no. Nulla avrebbe mai più potuto guarire
quella ferita o alleviare il dolore che ne derivava.
Le
sensazioni del giorno prima riemersero in Crowley più vivide che
mai, provocandogli un brivido e una stretta di ghiaccio al cuore.
Come
se, in qualche modo, avesse avvertito il suo disagio, l'angelo si
bloccò all'improvviso nell'atto di girare la chiave nella toppa, poi
si girò indietro verso la Bentley e lo salutò con un gesto della
mano e il più dolce dei sorrisi che gli avesse mai dedicato, come a
dirgli: “Va tutto bene, caro. Sono qui, e ci sarò sempre.”
Crowley
si affrettò a voltarsi e a fingere un'indifferenza che non provava
affatto, ma la morsa del penoso ricordo si era istantaneamente
allentata, come per miracolo.
Quando
l'angelo tornò ad armeggiare con la serratura, Crowley si permise un
ultimo fugace sguardo alla sua figura prima che questa scomparisse
dietro la porta.
Aziraphale. Il suo
migliore amico.
Avrebbe
fatto qualsiasi cosa per lui. Qualsiasi... tranne che ammetterlo.