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Autore: Emmastory    15/08/2019    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Capitolo XX

Il pozzo dei desideri

Seguendo le ormai conosciute e ripetitive regole di un gioco astrale vecchio come il mondo, il mattino si era ormai trasformato in pomeriggio, e abbandonando i toni dell’azzurro, il cielo aveva prontamente adottato quelli del rosso, del rosa e del viola, e in quel quieto pomeriggio, il sole si stava preparando a tramontare. Stanco dopo un altro giorno nel suo vasto regno, trovava come sempre rifugio dietro ai monti, abbassandosi di minuto in minuto fino a scomparire. Del tutto presa dall’euforia della festa, non badavo affatto allo scorrere del tempo, e lo stesso valeva per il mio sposo e per il resto dei cittadini, tutti liberi di divertirsi. Era strano a dirsi, eppure avevo sentito delle strane voci riguardo questo coloratissimo festival, stando alle quali, l’ultima sera sarebbe stata la più importante, e dati alcuni dettagli, simile a una sfilata di moda o qualcosa del genere. Curiosa, attendevo in silenzio, e ancora ferma fra le braccia del mio amato, ora respiravo a malapena, a occhi chiusi e con il cuore traboccante d’amore per lui. Colta alla sprovvista da alcune lacrime che non riuscì a fermare, sua madre non riuscì a trattenersi dal piangere, e fiero della complicità che esisteva fra di noi, anche suo padre rimase a guardarci, approfittando del momento per stringere a sé l’amata moglie. “Era ora, vero, figliolo?” azzardò, orgoglioso del figlio ormai adulto e pronto a iniziare una vita propria, lontano dal caldo  e accogliente nido familiare. “Hai ragione, papà. Non c’è creatura qui ad Eltaria che non sappia cos’abbia fatto per lei. Pensaci, ci siamo conosciuti quando era solo una fata, e oggi è mia moglie.” Quella la risposta che diede, e che ascoltai con il cuore in tumulto e le lacrime agli occhi. Sforzandomi, lottai contro me stessa per non piangere, e stringendomi a lui con forza ancora maggiore, lo sorpresi con un bacio. Lasciandomi fare, lui non osò sottrarsi, e quando finalmente ci staccammo, non esitai a ricompormi per salutarli a dovere, e sicuri di poter restare da soli, ci allontanammo. Lentamente e senza troppo rumore, quasi fossimo stati ragazzini alla prima cotta. Emozionata, ascoltai il mio cuore battere così forte da poter essere udito nella leggera confusione attorno a noi, e senza una parola, intrecciai le mie dita alle sue. “Chris…” lo chiamai, con voce dolce e quasi angelica. “Sì, Kaleia?” rispose lui, con un sorriso sul volto e un ormai caratteristico luccichio negli occhi verdi. Parenti e amici non l’avevano mai notato, ma quella piccola luce splendeva ogni volta che era felice o emozionato, ed era bello sapere di esserne la causa. Fra un passo e l’altro, abbassai lo sguardo per fissarlo sul terreno, ma quando lo rialzai, il mio cuore parlò per me. “È stato bellissimo, sai?” dissi soltanto, la voce di  nuovo rotta dall’emozione del momento. “Cosa?” azzardò lui, fingendosi ignaro di quanto accaduto poco prima. “Quello che hai detto, e davanti ai tuoi genitori. Non l’hai detto solo per impressionarli, vero?” replicai, spiegando lentamente ogni cosa e permettendo a quel dubbio di rovinare la perfetta atmosfera creatasi fra di noi. Ad essere sincera, non avrei mai voluto, ed ero certa che mi amasse, ma sperando di non aver commesso l’ennesimo passo falso, attesi. Lunghi attimi scomparvero quindi dalla mia vita, e di nuovo a occhi bassi per un’improvvisa e inspiegabile vergogna, lo sentii posarmi una mano sulla schiena, per poi incatenare il suo sguardo al mio e stringermi in un abbraccio. Colpita, quasi non reagii, e istintivamente al sicuro, ricambiai quella stretta, godendo del calore dei nostri corpi così vicini. Si era trattato solo di un abbraccio e nulla più, ma dati i nostri trascorsi e i miei sentimenti per lui, anche un gesto di quel calibro diventava estremamente importante. Non raro, certo, ma incredibilmente importante e prezioso, come le gemme e i dobloni nascosti nei forzieri sotto la sabbia di un’isola deserta, o l’oro che i leprecauni nascondevano e custodivano gelosamente, secondo alcuni alla fine di ogni arcobaleno. Senza una parola, mi beai di quel momento, e respirando lentamente, gli sfiorai il petto con le dita. Calmo come era solito essere, Christopher non mosse foglia, e troppo concentrata su di lui, quasi non mi accorsi che aveva smesso di camminare. “Siamo arrivati, signorina.” Disse, serio ed enigmatico al tempo stesso, con lo sguardo fisso su qualcosa che non riuscivo a vedere. Confusa, mi guardai intorno come un cucciolo spaurito, e fu allora che lo vidi. Nascosto dalla vegetazione, un pozzo su cui mai avevo posato gli occhi. Incuriosita, mossi qualche incerto passo in avanti, e sorridendo, Christopher mi guidò con calma, fermandosi solo quando fummo abbastanza vicini da toccare con mano le pietre con cui era stato costruito. “Come… Come sapevi che era qui? È parte del festival?” indagai, incerta e dubbiosa. “Tesoro, il pozzo è sempre stato qui. Non hai mai visto qualcuno avvicinarsi?” replicò lui, ridacchiando divertito. Fingendo indignazione realmente non provata, gli assestai un affatto offensivo pugno sul braccio, per poi sfiorargli la guancia con le labbra e ridere con lui. “Sei sempre il solito.” Lo rimbeccai, accennando a un broncio che tenni solo per pochi secondi, allo scadere dei quali cedetti alla tentazione di baciarlo. Innamorato, Christopher assaporò le mie labbra con voglia, e facendo uso della sua solita eppur lieve irruenza prese il controllo di quel contatto, sorprendendomi e portandomi a sorridere anche in quel bacio. Completamente assorta, non  mi accorsi di nient’altro, e dimenticando perfino il mondo che ci circondava, mi abbandonai fra le sue braccia. In perfetta simbiosi l’uno con l’altra, ci baciammo fino a non avere più fiato in corpo, e boccheggiando in cerca d’aria, mi allontanai per un solo istante, per poi tornare metaforicamente sui miei passi e accarezzargli il viso. “Un rublo per i tuoi pensieri?” azzardai, curiosa. “Più che altro, mia cara, si tratta di una richiesta.”Spiegò lui, sincero e innamorato, con gli occhi ancora fissi nei miei. Profondamente innamorata, sostenni il suo sguardo, e mantenendo il silenzio, osai nell’accarezzargli il viso. “Ovvero?” tentai, sperando di convincerlo a parlare. “Amami. Amami, mia Kaleia, proprio come hai sempre fatto.” Pregò, pronunciando quelle parole con una dolcezza infinita. Ascoltandolo, sentii il cuore sciogliersi, e agendo d’istinto, quasi senza pensare, frugai per un attimo nella tasca della mia veste, estraendone una piccola e aurea moneta. Un rublo di luna, che piccolo e prezioso come lo ricordavo, ora brillava al solo mentre lo stringevo in mano rigirandomelo fra le dita. Soltanto guardandomi, Christopher mi convinse ad agire, e seguendo il suo muto consiglio, lo lasciai cadere in quello specchio d’acqua, restando poi lì ferma ad ascoltare fino a udire un lieve tonfo. A occhi chiusi, espressi un solo desiderio, e dando ancora una volta retta all’istinto, mi posai una mano sul ventre. Non lo dicevo, lottavo per tacere la realtà, ma se c’era una cosa che davvero desideravo era proprio quella. In altri termini, se Christopher sperava nel mio amore, io aspiravo ad altro. A una tenera pixie o a un adorabile folletto da stringere fra le mie braccia e amare per il resto della vita, come ci eravamo promessi in una notte di confessioni sopite e passioni mai taciute. Rimasta a mani vuote, mi allontanai, e stringendogli la mano per riprendere il cammino e tornare a casa, li notai. Uno ad uno, in una fila composta e ordinata, tutti i miei amici. Sky e il suo fidanzato Noah, Aster e il satiro di cui si era innamorata, Lea e il misterioso gentiluomo che aveva avuto la fortuna e il piacere di incontrare alla tecnologica maniera degli umani, Lucy e Lune con i loro genitori, e perfino Red e il mio piccolo Bucky, usciti dalle tane per imitarci in quel gesto a dir poco simbolico, ossia affidare speranze e sogni a una moneta gettata in un magico pozzo dei desideri.   

 
   
 
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