Serie TV > Don Matteo
Segui la storia  |       
Autore: paoletta76    17/08/2019    1 recensioni
"She's not afraid of all the attention
She's not afraid of running wild
How come she's so afraid of falling in love.."
Anna pensò che, se solo fosse stata un tantino più pazza, in quel momento l’avrebbe tranquillamente baciato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Storie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le campane suonavano, quella mattina. A Gubbio si respirava aria di festa, il maresciallo Cecchini appariva in fibrillazione da almeno ventiquattr'ore: faceva su, e giù, e su e giù. - Fermatelo, o consumerà il pavimento dell'ufficio..- aveva sospirato il capitano, guardando per aria. A Pietro era scappato da ridere, sotto i baffi.
 
Si sposava sua figlia. O meglio, la sua pseudo-figlia, o meglio.. l'aveva sentita raccontare almeno un migliaio di volte, quella storia, da quando era arrivato.
E di quel migliaio in un anno e mezzo non ricordava che pochi frammenti.
 
Forse, solo perché in fondo non gliene fregava niente, ma niente di niente.
Loro erano una famiglia, lo erano da un'eternità da cui poteva comodamente sentirsi escluso.
Lui era soltanto quello nuovo.
 
Uscivano, e lui si chiudeva in dormitorio. Davano appuntamento alle ragazze per la discoteca o per un pub, e sfuggiva a rifugiarsi fra gli scaffali della biblioteca.
Non aveva mai fatto niente, per smettere di sentirsi solo.
 
- Barba!
Chiudeva gli occhi, raccoglieva il respiro, lento e rassegnato a sentirsi chiamare per l'ennesima volta con quel soprannome. Caricava il solito sorriso a tre quarti, e raggiungeva la prossima destinazione.
 
Ancora una manciata di mesi, ed era riuscito a sciogliersi un po’, selezionando le amicizie e provando a viverla, quella città. Ma l’ombra non voleva smetterla, di lasciare il fondo dei suoi occhi.
 
- E lui è l’appuntato Barba; è così, come lo vede. - Cecchini l’aveva presentato al nuovo capitano con un minuscolo sospiro, lasciandolo aggrottare le sopracciglia dalla propria posizione a tacchi tirati.
 
Cioè?
 
La stessa espressione si specchiava negli occhi della donna che aveva di fronte.
- Mi scusi, Cecchini.. ma non mi risulta che..- quella aveva puntato lui con l’indice, rivolgendosi al maresciallo con aria insospettita.
- Ah, no. E’ un soprannome. Noi ci diamo tutti un po’ dei soprannomi. Sa, così.- il maresciallo aveva preso ad agitare le mani, visibilmente imbarazzato.
Un superiore. Nuovo, all’apparenza l’inverso di quel capitano Lotti di cui tutti parlavano con ammirazione e rimpianto. Qualcuno era arrivato a definirla, sottovoce, quella stronza lì.
 
Ed ora quella perfettina inamidata maniaca dell’ordine del capitano Olivieri era rigida, di fronte a lui, nel silenzio più imbarazzante del pianeta Terra.
- Castiglione. Appuntato scelto Castiglione, signora.- rispose, dopo aver deglutito e lentamente raccolto il fiato, trovandosi a salvare in corner Cecchini dalla propria orrenda gaffe.
Le mani strette a pugno lungo i fianchi, lo sguardo di cristallo dritto avanti a sé. La donna aveva annuito, leggera, segno che gli concedeva il riposo e sorvolava sul momento imbarazzante.
Non c’era altro, da dire. Aveva già sicuramente studiato a memoria lo stato di servizio di tutti, lì dentro. Più o meno come avevano fatto loro, per capire in anticipo con chi si sarebbero trovati a che fare.
 
- E siete tutti invitati.
Cecchini sollevava il viso, carico di gioia ed orgoglio, di fronte a quasi-figlia e quasi-quasi-genero, lasciando che Laura ricevesse l’abbraccio di Pietro e del piccolo Romeo, più quello di tutti coloro che le erano capitati a tiro.
- Grazie. Sarà un piacere.- il capitano Olivieri aveva sorriso, limitandosi ad una cordiale stretta di mano, dato che il livello di confidenza con il suo predecessore e la fidanzata potevano definirsi pari a zero.
Con lo sguardo di una che l’avrebbe evitato tanto, ma tanto volentieri.
 
Ventiquattr’ore, il maresciallo che trascinava quasi di peso il futuro sposo a vestirsi in caserma perché vedere la sposa prima della cerimonia portava altamente sfiga, un discreto trambusto e vociare tutt’intorno.
 
Di fronte allo specchio dell’alloggio che aveva scelto, dopo essersi liberata di appartamento e scomodi ricordi, c’era solo Anna, capelli sciolti ed aria completamente stonata con il personaggio che interpretava quando indossava la divisa. Anna, il vestitino del fidanzamento andato in malora. Ed una voglia tremenda di piangere.
 
Non era lei, la protagonista di quella giornata, vestita di bianco davanti all’altare. Né quel giorno, né mai.
 
Il nodo in gola non voleva sciogliersi, il petto faceva male.
Non aveva mai avuto tanto bisogno di un abbraccio.
 
Raccogliere il fiato, cercare di incoraggiarsi annuendo una, due volte all’indirizzo del proprio riflesso.
E tirarsi la porta dietro, con energia.
 
Fu solo a metà corridoio, che si accorse di essere ancora a piedi nudi.
- Oh, malediz-! – un veloce dietro-front, uno scatto in direzione opposta. In tempo per finire letteralmente addosso ad un corpo maschile. Vestito solo di un asciugamano.
- Barba! – esclamò, senza evitare di sganciare uno sguardo verso quel centrosud ed avvampare di rosso – come diavolo s’è conciato?!
- E.. lei, come s’è vestita? – replicò il giovane, aggrottando le sopracciglia.
- C’è- c’è il matrimonio, non se lo ricorda?
- AH.
- Non- lei non-?
- Se riesco ad evitare, preferirei.
L’espressione del giovane si faceva seria, l’azzurro dei suoi occhi si spegneva.
- Pensavo di essere l’unica.- rispose, tirando il fiato e lasciandogli aggrottare di nuovo le sopracciglia – a sentirmi un’estranea, intendo.
- Intruso. Io mi sento un intruso. Sono stati una famiglia, per un paio d’anni. Si sentono ancora tali. Io.. io non c’entro niente; sono quello che l’ha sostituita. Il carabiniere Capobianco. La sposa.- lui la vide annuire, e spostò per un attimo lo sguardo – non è stato un posto facile, da occupare. Non credo lo sarà mai, nonostante tutto.
- Beh.. io ho sostituito lui. Lo sposo.- Anna si ritrovò a mordicchiarsi le labbra, stringendosi nelle braccia – credo di sapere cosa si provi. Se ci sei tu, vuol dire che lui non c’è più. IL capitano se n’è andato – un sospiro, pesante, calcando sull’articolo – ed al suo posto è arrivata "questa stronza qui". Vi ho sentito, sai. E continuo a sentirvi..- lei fece cenno come a dire nella testa – è la parte peggiore.
La voce ora si incrinava, e l’immagine del capitano sembrava tremare.
 
C’era Anna, davanti a lui. Solo e semplicemente Anna, e di tutta la sua forza restava solo una ferita.
 
- Mi.. mi dispiace.- l’appuntato si ritrovò a deglutire, ad abbassare lo sguardo. Non poteva negarlo, una delle voci che avevano abbinato il nome del capitano alla parola stronza era stata la sua.
- Non fa niente. E’ solo- è solo che non sono proprio soltanto quella che- oh, lascia stare.
Scuoteva la testa, rassegnata, triste. Muoveva una manciata di passi oltre le sue spalle. E poi si fermava, improvvisa.
- Non ti scoccia se ti do del tu, vero?
Lui rispose con un cenno della testa. No.
- Puoi- potresti farmi un favore? – lo lasciò annuire, tornandogli faccia a faccia – io.. ci vado solo per educazione, non so cosa potrebbe pensare Cecchini se.. sai, lui-
- E’ una giornata importante, sì.
- Vuoi.. potresti essere il mio più uno?
- Il suo che?
- Il- il mio più uno, il mio accompagnatore. Potremmo.. potremmo piazzarci in un angolo, far fuori due fette di torta, scolarci una massa immane di vino.. l’angolo degli intrusi.
- Così è più l’angolo degli imbucati.
Lei si mordicchiò appena le labbra, e le scappò da ridere, leggera.
Lui non rideva. O almeno, lo faceva solo a metà. L’ombra.
Ricordava di aver letto qualcosa, sullo stato di servizio dell’uomo che aveva davanti. Qualcosa di non approfondito per più di due righe, una nota in cui alla voce genitori faceva seguito la parola deceduti. Con la data di cinque anni fa.
 
La cosa con cui Cecchini l’aveva collegato a Laura, una sera, parlandogliene. Solo che per quel giovane non era ancora arrivato, un cinque Marzo in cui smettere di sanguinare..
 
- Va bè, imbucati.- sollevò le spalle, cercando una scintilla che riaccendesse almeno in parte quell’azzurro – come vuoi tu.
- E’.. è un ordine?
- E’ solo un favore. Niente stellette.- lei poggiava le dita sulle spalle, le sollevava di nuovo.
- E niente scarpe.- le labbra del giovane ora si piegavano, leggere, accennando ai suoi piedi scalzi.
- OH. Tu niente mutande, quindi suppongo due a zero.
Ora l’appuntato rideva. Viso a terra, prima di risollevarlo a guardarla, e scuotere la testa come a dire: non ci credo, che questa è la stessa a cui batto i tacchi ogni mattina..
- Premettendo che non ho ancora bevuto niente, ti avviso – la smorfietta ora si faceva semi impegnata, nel puntarlo con l’indice – senza la divisa riesco ad essere non esattamente la tizia che saluti così tutti i giorni – mano alla fronte – ma se lo dici a qualcuno, sei un uomo morto. Dai, che magari finisce che ci divertiamo pure.
- Ok.
- Ok è un sì?
- Ok è un sì. Vada a mettersi le scarpe, che io trovo qualcosa per il resto.
-..Che se ti ci porto così, è la volta che facciamo fuori Cecchini.
- Ci vediamo qui. Dieci minuti.
- Grazie.
Quel gesto.
Era successo all’improvviso, la frazione di un secondo. Era scivolata via solo di due passi, per tornare indietro con la leggerezza di una farfalla, sollevarsi appena sulle punte e depositargli un bacio sulla guancia.
Chissà se era riuscita, a percepire l’impennata furiosa dei battiti del suo cuore..
All’esterno, l’appuntato Castiglione s’era fatto completamente rigido, come se avesse appena commesso il più atroce degli errori ed aspettasse un paio di frustate sulla schiena.
- Tutto bene? – quello lei l’aveva capito, forte e chiaro, ed ora si allontanava preoccupata.
- Non credo questa sia una cosa da fa-
- Peccato. Sì, peccato, perché nonostante tutto sei stato capace di dire di sì a questa stronza.
- Capitano, lei non è-
- E perché l’unica cosa che vorrei, adesso.. e che vorrei davvero tanto..- lei raccoglieva il fiato, una, due volte, come se stesse cercando l’ossigeno che le mancava. E non aggiunse altre parole, scivolandogli addosso ed intrecciando le dita oltre la sua schiena.
Silenzio. Un attimo di silenzio, sospeso, infinito. Scandito solo dal battito a mille del suo cuore, che la donna probabilmente stava ignorando, appoggiata col viso al suo petto ancora nudo.
- Capitano..
- Lo so. Lo so, che sto facendo una cosa completamente da evitare, Castiglione.. e mi dispiace, ma io-
- E’ solo che lei è senza divisa, io nudo e sono un maschio funzionante.
Quella piccola battuta la lasciò ridere, a labbra mordicchiate.
- Ok.- si spostò quanto bastava a separarsi dalla traccia del suo calore, mettendo su una smorfietta divertita e sollevando l’indice – ricevuto. Qui. Dieci minuti.
 
Avrebbe potuto scommetterci, e vincerci comodamente una bella sommetta. Ancora prima di varcare la soglia della caserma, tutti gli occhi erano addosso a lei: mise elegante, gambe scoperte e semi imbarazzato cavaliere in camicia bianca accanto. Barba fatta per la prima volta da un paio di ere geologiche, espressione di chi sta ancora aspettando una punizione di quelle tremende. O il naso di Cecchini pronto a spuntare da oltre il primo angolo, annunciandogli tranquillamente "sei su Scherzi a Parte".
E il capitano Olivieri aveva appena osato raccogliergli una mano, intrecciando tranquilla le dita alle sue.
 
Anna.. se solo sapessi.. ma non te lo dirò mai.. non te lo posso dire, è una cosa che proprio non esiste.
E poi.. cosa cambierebbe? I nostri dieci gradi di separazione? Mi sentirei meno inadeguato? Siamo qui, la tua mano nella mia, solo perché c’è il tuo ex, lì davanti, e questo è il tuo ultimo disperato tentativo di fargli preferire te alla divisa da prete? O stai cercando di far ingelosire il sostituto procuratore?
 
Ora lei voltava le spalle, avvicinandosi a facce amiche, al bordo della piazza della chiesa. Le dita a lasciare le sue dita, dando tregua ai suoi battiti ma piantandogli una spina nel cuore.
Uno sguardo, di riflesso, verso Cecchini che aspettava l’arrivo della sposa sul primo gradino. Vederlo perdere il respiro, sgranare gli occhi come se avesse saputo. Tutto.
 
Impossibile.. ne ho parlato solo con don Matteo.. e lui non è tipo da..
 
I passi si bloccavano, adesso avrebbe volentieri voltato le spalle per scomparire.
Non puoi. Le hai detto di sì..
 
La sposa arrivava, nuvola bianca in mezzo a baci, abbracci e sorrisi. Il suo quasi-padre lasciava ridere i presenti con un paio delle sue battute, se la caricava al braccio e l’accompagnava all’altare.
La gente scivolava pian piano oltre la porta della chiesa, e a lui non restò altro che provare ad ignorare Anna e i sorrisi che le rivolgeva il dottor Nardi, e scivolare appoggiato al muro.
In fondo, ultimo, invisibile. Intruso.
- Scusate..
 
L’aveva visto. E compreso al volo, forte e chiaro. Quelle spalle scivolavano dentro, mentre Marco l’affiancava e le indicava dei posti liberi un po’ defilati.
- Potremmo..
- Scusa, ma.. sono..- lei puntò il pollice oltre le proprie spalle, da lato opposto – sono venuta in compagnia.
- L’appuntato Barba? – quello piegò le labbra in una smorfietta.
- Francesco. Si chiama Francesco.- lei gli sollevò addosso uno sguardo da mandare in frantumi un sorriso, quello sollevò le mani e si rassegnò a lasciarla andare.
- Ehi.
- Non è obbligata a restare con me, capitano.- fu la risposta, opaca, al suo arrivargli spalla a spalla.
- C’è un vantaggio a portare le stelle, sai. Non sei obbligato; puoi fare quello che vuoi.
- Ma-
- Sono dentro ad un vestito da donna, ho ai piedi tacchi che non metto da una vita e mezzo, e il privilegio di avere accanto un uomo davvero bellissimo che neanche lo sa. Direi che ho il diritto, di fare quello che voglio e godermela un po’, no?
- Per favore, adesso la smetta..
- Anna.- lei si piegò appena, costringendolo a voltare il viso e guardarla – senza la divisa, sono Anna. Punto. Ok, Francesco? I tacchi li batti domani, quando torniamo a vestirci di nero.
Scuotere appena la testa, mettendosi in posizione e lasciando che le proprie spalle venissero inondate di boccoli di miele. Il naso alto e dritto rivolto alla navata, il braccio che andava a circondargli i fianchi. Uno sguardo d’intesa, lontano dagli occhi di tutti, prima di tornare in posizione.
E le labbra che si piegavano, quando quella mano caldissima osò contraccambiare la stretta, appoggiandosi oltre la sua schiena. Si lasciò andare, nuca contro la sua spalla, indagando prima in quegli occhi di cristallo e poi mordicchiando maliziosa le labbra.
Tutto bene?
 
- Sono ancora vivo, sì.- fu la risposta, in un sospiro.
-..Anna.
- Anna.
- Ricevuto?
- I tacchi li batto domani.
La lasciò annuire, decisa, e tornare per l‘ennesima volta col viso alla navata, lasciandole meritare un bacio sui capelli. Il capitano chiuse gli occhi e si lasciò cullare.

NDA: ora qualcosa è più chiaro su questa storia, ma sicuramente le idee vi si saranno un po' incasinate. Ecco, ho il brutto vizio di raccogliere indizi da serie e personaggi a cui mi ispiro e modificare un po' quello che mi "stona". L La storia è inserita in una serie che sto modificando per pubblicarla, in cui accanto a don Matteo e Cecchini i personaggi sono un po' diversi da come li ha descritti la TV; i nostri sono rimasti a Gubbio (il trasferimento in massa, dettato da questioni reali-pratiche, risulta a trama un po' un nonsense che qui ho eliminato) ed è diverso qualche nome che non mi piaceva proprio.. beh, osservate e sappiatemi dire, aspetto i pomodori ;) a presto
 
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Don Matteo / Vai alla pagina dell'autore: paoletta76