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Autore: Allison_McLean    18/08/2019    0 recensioni
Sette ragazzi molto diversi tra loro si uniranno per sconfiggere un antico nemico. Attraverso grandi poteri, strabilianti avventure e problemi adolescenziali, i Sette scopriranno che c'è molto più della comune realtà.
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"Senza aggiungere una parola, raccolse le sue cose e scappò via piangendo. I tre paladini la guardarono con tristezza, compassione e un pizzico di rabbia da parte di Duncan, il quale non credeva che quella ragazza potesse essere tanto ingrata. Era irritato, molto irritato, e non si preoccupava minimamente di nasconderlo.
-" Non penso che dovresti essere arrabbiato. Allison non è abituata alla gentilezza. Comunque, vi ringrazio per averla aiutata. Un giorno lo farà anche lei. "
disse Dawn, prima di scomparire a sua volta nell'aula di storia e abbandonarli nel corridoio deserto e silenzioso, in cui soltanto le voci dei professori rimbombavano." dal capitolo 1
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I personaggi di questa storia sono ispirati a quelli di "A Tutto Reality", con l'aggiunta di pochissimi OC. La storia è originale.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Duncan, Ezekiel, Nuovo Personaggio, Trent
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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WHEN THE DARKNESS COMES - Chapter 2
Quel giorno il tempo si era deciso a cambiare e dal leggero cumulo di nubi sopra Spirit River era nata una montagna plumbea che aveva scaricato sulla cittadina canadese una pioggia incessante. In compenso, l'odore del bosco era più intenso che mai. Ora che l'autunno era ufficialmente iniziato e la foresta sentiva l'avvicinarsi della stagione fredda, stava dando il meglio di sè. Tutto era di un verde quasi luccicante, il muschio profumava come non mai e dagli abeti sgorgava una resina meravigliosa.
Nonostante la pioggia battente, Duncan era ancora nel parcheggio accanto alla sua auto a fumarsi una sigaretta; non aveva l'ombrello, ma non gl'importava molto. La pioggia l'aveva sempre tranquillizzato, aveva come un potere soporifero sul suo animo perennemente turbato. Come sempre, la sera precedente era tornato a casa ubriaco e ne portava segni evidenti : le borse sotto gli occhi iniettati di sangue, un mal di testa lancinante e una cera veramente penosa, con la faccia smunta e la barba che non curava da due giorni. Almeno quell'acqua ormai gelida lo stava svegliando un pochino. Anche Geoff era stato con lui, ma, a differenza sua, non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto. La scelta di restarsene a casa era stata obbligata.
Osservava con aria assente l'intero cortile, con i suoi occhi acqua marina velati dal ciuffo verde afflosciatosi sulla sua fronte e non vedeva altro che nullità. Non una sola di quelle persone valeva qualcosa. Gli atleti erano solo bravi a lanciarsi palle da football o agitare degli orrendi pompon verdi e gialli, i secchioni soltanto a guardare dall'alto in basso e imparare a memoria i manuali; ciò che li accomunava tutti era la capacità di non collegare affatto lingua e cervello. Da due settimane ormai gli ronzavano continuamente nelle orecchie quelle assurde voci su una presunta relazione tra lui ed Allison McLean ed ogni volta puntualmente malediva quel dannato pomeriggio in cui aveva deciso di aiutarla ed immischiarsi in faccende non sue.
Un bagliore rosso attirò inevitabilmente la sua attenzione; parli del diavolo e spuntano le corna! Eccola lì, tutta vestita di nero, protetta sotto un ombrello dello stesso colore, a fissarsi inesorabilmente gli anfibi consunti. Volse lo sguardo alla sua sinistra, verso il bosco, con una malinconia che sembrava rivestirla come una seconda pelle; anche se non volle ammetterlo, fu felice di vedere che il livido che aveva sul naso era ormai passato ed era soltanto un brutto ricordo.
La campanella finalmente suonò e tutti quanti si precipitarono di corsa all'ingresso, stufi di dover stare sotto quella pioggia fastidiosa. Duncan, come sempre, fu uno degli ultimi a varcare la soglia del liceo, completamente fradicio; notò gli sguardi lascivi delle ragazze che gli passavano accanto, che adocchiavano con appetito la maglietta di cotone nera che si era appiccicata al suo fisico scolpito. Cercò di ricambiare con altrettanto interesse, ma non ci riuscì; le signorine, in ogni caso, sembravano non accorgersi di quel dettaglio. Altro perfetto esempio dell'aspetto esteriore che conta più di quello interiore. Semprava che più facesse schifo, con quella barba incolta e gli occhi che sembravano quelli di una donnola, più fosse attraente. 
Si diresse al suo armadietto e ci frugò dentro alla ricerca di un cambio; trovò una maglietta uguale a quella che stava indossando, che però purtroppo puzzava come una carcassa di alce. Imprecò abbastanza sonoramente, tirandosi indietro il ciuffo verde con la grande mano e gettando l'indumento in mezzo al mucchio di spazzatura che costituiva il suo armadietto. Sarebbe andato a lezione completamente fradicio, poco male. Rischiava soltanto di prendersi una polmonite.
Stava per chiudere lo sportello quando qualcuno alle sue spalle si schiarì la voce. Si voltò abbastanza irritato, ma rimase spiazzato nel vedere Allison McLean, con le guance rosse quasi quanto i suoi capelli e le mani compitamente dietro la schiena. Sembrava una bambina di otto anni. Non lo guardò nemmeno, si limitò a porgergli una t-shirt nera dei Green Day con un mezzo sorriso molto più che imbarazzato.
-" Non vorrei che ti prendessi un malanno. "
Furono le sue parole prima di incamminarsi nuovamente lungo il corridoio ormai deserto. La seguì con lo sguardo finchè non scomparve dietro un angolo. Era quanto mai scioccato. 
Si rigirò tra le mani quella maglietta, esaminandola con occhio chirurgico. Era leggermente spiegazzata, di una taglia decisamente maggiore rispetto a quella di Allison, eppure emanava una delicata fragranza femminile, dolce, mista a comune sapone bianco e un vago sentore di balsamo all'avena. Non riuscì a celare un sorriso, si limitò a cambiarsi. 
 
Allison entrò pochi minuti in ritardo nell'aula e per questo dovette affrontare una nuova gogna da parte dei suoi compagni; spiccicò qualche parola di scuse al professore e corse a rifugiarsi in fondo alla stanza, non accorgendosi per qualche secondo iniziale di una presenza estranea al suo ambiente personale. Al suo fianco, sul banco in cui solitamente (eccezion fatta per Geoff Gordon) non sedeva nessuno c'era Trent McCord; le stava sorridendo con tutta la cortesia e la tenerezza più pure mentre apriva libri e quaderni e si preparava a prendere appunti. 
Rivolse un rapido sguardo attorno a sè, notando senza troppe difficiltà le occhiate e i risolini dei loro compagni. Si sentiva terribilmente a disagio, particolarmente per la presenza quasi ingombrante di McCord. Pensava che fosse in combutta con tutti gli altri e che fosse lì soltanto per dare a quegli avvoltoi un altro pretesto per prendersi gioco di lei. O peggio, che fosse davvero gentile. C'era un po' troppa simcerità in quegli occhi di smeraldo.
-" Che stai facendo? "
sibilò con lo sguardo basso, fissandolo di soppiatto; Trent non era molto più alto di lei, era dinoccolato e sembrava addirittura fragile, eppure in quel momento sembrava cento volte più possente della piccola Allison, statuetta di cristallo animata da soffio di drago.
-" È palloso starsene sempre in prima fila. Ogni tanto va anche a me di sperimentare la pace del backstage. "
rispose lui in tutta calma, sorridendo cortesemente come se nulla fosse. Allison continuava a chiedersi che cosa diavolo stesse pensando di fare, ma non trovava effettivamente una risposta plausibile. Lo guardava e non vedeva altro che un cucciolo alla ricerca di un compagno di giochi.
-" Non dovresti stare qui. Ora parleranno male anche di te. "
Il ragazzo scrollò le spalle spensieratamente, voltandosi verso di lei e incrociando gli occhi verde foresta con i suoi.
-" Pft, che facciano pure. Se è questo che ti preoccupa, hai ben poco di cui crucciarti. Se poi ti dispiace che io stia qui allora la storia cambia. "
Lo fissò interdetta per qualche secondo. Pensò intensamente a quella domanda indiretta, chiedendosi se effettivamente le desse fastidio la presenza di Trent accanto a lei. Era sicura che le avrebbe tenuto una buona compagnia, ma era davvero pronta a fidarsi? 
Fece un cenno con la testa, tornando al suo quaderno; il ragazzo non potè fare a meno di trattenere un sorriso di trionfo. Sapeva che il primo passo era compiuto ed ora vedeva un futuro relativamente roseo per il loro rapporto. Si trattava soltanto di essere sinceri : alle persone come lei bastava questo.
I minuti di quella lezione sembravano non passare mai. La pioggia non smetteva di cadere e rendeva quell'ambiente ancora più insopportabile ed opprimente; ovviamente ad Allison teneva molta compagnia. A differenza del sole, era rumorosa, scrosciante e malinconica, ogni tanto le nubi da cui precipitava offrivano lo spaventoso spettacolo di qualche fulmine lontano che andava ad abbattersi sulle cime delle montagne. Si rispecchiava molto in essa, nel suo cadere per volere di una forza maggiore, nel disprezzo che suscitava nella maggior parte delle persone, nella sua atmosfera di riflessione. 
-" Ti va di venire a mensa con noi? "
Quella domanda le uscì spontanea dalle labbra leggermente rosate e screpolate, cogliendo di sorpresa Trent, intento a capire di che diavolo stesse parlando il professore. Si voltò con occhi luccicanti verso quella singolare ed imprevedibile ragazza dai capelli di fiamma, sorridendole con estrema affabilità.
-" Molto volentieri. "
Allison rispose con un sorriso decisamente più freddo, ma in quelle iridi di ghiaccio intuì perfettamente un sentimento di sincerità e gaiezza che poche volte aveva avuto il piacere di riscontrare in lei. Si sentiva onorato di aver scatenato quell'emozione, cosa che, doveva ammettere, le donava molto più del suo tipico sguardo triste e quasi apatico. 
Ad interrompere quella scena di pacifica e costruttiva amicizia nascente fu un bisbiglio rivolto proprio a Trent. Arrivava da un ragazzo davanti a loro, uno dei giocatori di football della scuola. Una testa vuota, come il resto, naturalmente. 
-" Psst! McCord! Ci stai provando con lei? Ti andrà bene. Dolcezza, dopo mi posso fare un giro anch'io? Su, non fare la timida. Duncan Nelson dice che sei un bell'affare. "
Chiunque, a parte i due interessati, che avesse assistito alla scena stava ridacchiando animatamente, attirando per qualche secondo l'attenzione del professore. Trent non reagì, era pietrificato dallo sguardo della sua compare. Nonostante le guance rosse per l'imbarazzo, i suoi occhi sembravano sputare fulmini. Sapeva perfettamente che Duncan Nelson non avrebbe mai detto una cosa del genere su di lei, e se anche l'avesse fatto non sarebbe stato con lui. Eppure la faceva arrabbiare, con tutta la ragione del mondo. Davvero erano arrivati a questo pur di umiliarla?
La ragazza attese finchè il signor .... non si mise a scrivere alla lavagna, poi si alzò con passo felpato, percorrendo a testa alta il corridoio che le due file di banchi costituivano. Con una mossa più che fulminea, afferrò il simpaticone per la nuca; approfittò di quel momento d'impredivibilità per assestare una spinta così potente che ragazzo sbattè violentemente la testa contro il banco, producendo un tonfo sordo e uno sfogliare di carte; due ragazze gridarono terrorizzate da quella violenza improvvisa, mentre altri si giravano sorpresi, l'insegnante compreso. Allison era già tornata al suo posto con un sorriso sornione sul visetto solitamente angelico, fingendo di prendere appunti e di essere sorpresa da tutto quel trambusto. Alla domanda "Cosa diamine succede?" del signor .... le accuse partirono a raffica nei confronti di Allison McLean, che avrebbe sbattuto come un uovo la testa di .... contro il banco; la vittima di quel disgraziato attentato si stava ancora tenendo le tempie, rintronato e più instupidito di prima, mentre tutti gridavano contro di lei, specialmente insulti tra i più variegati eppure affatto originali.
-" Silenzio, silenzio! "
Le voci si placarono e nella classe scese un silenzio di tomba, eccezion fatta per i gemiti del martire. Il professore non credeva che fosse una cosa possibile : McLean era un soggetto terribilmente introverso e sottomesso, non avrebbe mai fatto una cosa simile. Conosceva anche tutto il bullismo a lei rivolto, ma quel buon a nulla si era seriamente fatto male e qualcuno doveva essere stato. La persona giusta a cui chiedere conferma dell'accaduto era seduto proprio di fianco all'imputata, sconvolto come molti altri. 
-" Signor McCord, lei era di fianco alla signorina McLean. È stata lei ad aggredire deliberatamente il signor .... ? "
Trent era impallidito; sotto lo sguardo di ogni presente, doveva dare la sua versione dei fatti. Lanciò un brevissimo sguardo ad Allison; sembrava nella piena commiserazione, ma notò il sorrisetto più che soddisfatto che spuntava oltre il sipario della sua chioma. Vendetta e giustizia dovevano essere fatte.
-" Assolutamente no. È sempre stata qui a prendere appunti. Io non ho visto chi l'ha colpito, ma probabilmente è stato uno scherzo troppo azzardato e qualcuno aveva bisogno di un capro espiatorio. "
Come non fidarsi di Trent McCord! Nonostante tutte le proteste, l'ordine fu ripristinato, la pace ristabilita e la questione chiusa. I due ragazzi si fissarono per qualche secondo, poi, sotto gli sguardi astiosi dei pecoroni, ridacchiarono come loro avevano riso poco prima. 
 
La voce si era sparsa alla velocità della luce : ora quella troietta era anche diventata violenta, questa era la frase con cui si cominciava a raccontare dell'avventura di .... e del suo banco, ovviamente omettendo il fatto che appena cinque minuti prima lui l'aveva insultata pesantemente. 
Scott era abbastanza sorpreso di sentire una notizia del genere. Allison McLean non era mai stata aggressiva prima di allora, ma chiaramente stava succedendo qualcosa. Forse quel fantoccio non era poi così mansueto e facile da vessare come aveva pensato fino a quel momento. La faccenda si complicava abbastanza ed ora si ritrovava seriamente davanti ad un bivio : continuare a torturarla, rischiando un calcio nelle parti basse o da lei o dal Marcio, oppure farsi un esame di coscienza e dichiararla obiettivo raggiunto, magari chiedendole perfino scusa. Una scelta molto dura, doveva ammetterlo.
La lezione stava per cominciare e tutti prendevano posto. Anche Dawn stava entrando con la sua solita aria compita, le braccia colme di libri e i vestiti sobri; si sedette al suo banco, spostandosi con le dita fine i capelli argentei dietro le spalle. Era come incantato da quella visione. Fondamentalmente era bella, con quegli occhioni da cerbiatta ed il sorriso timido ma raggiante nelle poche volte in cui lo sfoggiava. Nonostante fosse il bullo più incallito della scuola, non comprendeva perchè ce l'avessero con lei. Era una persona normalissima, non aveva mai fatto nulla a nessuno, eppure tutti la prendevano in giro e la isolavano. Negli ultimi tempi l'aveva vista spesso in compagnia di Allison McLean, ma non era questo a turbarlo : era lì quando le aveva quasi rotto il naso con una spallata. L'aveva visto chiaramente, l'aveva guardato sconvolta e poi si era precipitata da lei.
Il professore non era ancora arrivato, perciò decise di spostarsi. Inutile dire che si sedette proprio accanto alla pacifica e dolcissima Dawn; sobbalzò spaventata da quella presenza, che considerava veramente opprimente e negativa, portatrice di sofferenze. Era una vera tortura per il suo spirito alla ricerca del Nirvana, percepiva la sua aura cattiva e quasi putrida da una certa distanza. Non era mai successo con nessuno.
-" Che cosa vuoi? "
Il tono docile della ragazza tradì un certo astio ed un'agitazione crescente; aveva le guance arrossate e come se le fosse stata avvicinata una calamita di polarità uguale si era rintanata il più lontano possibile dallo Squalo.
-" Nulla, mi chiedevo soltanto perchè fossi qui tutta sola. "
Per la prima volta, ci fu una testimonianza dello sguardo incattivito di Dawn Radcliff. Se i suoi occhi avessero potuto lanciare fulmini, Scott sarebbe diventato un cumuletto di cenere fumante. Il suo ghigno di spense in un baleno e per un secondo fu spaventato da quella forza della natura, nel vero senso della parola.
-" Perchè sono esattamente come Allison McLean. "
Senza aggiungere una parola, prese le sue cose e si spostò nell'angolo opposto della classe. Come aveva il coraggio di chiederle una cosa del genere dopo tutte le cattiverie che aveva fatto a tante persone escluse come lei? Che faccia tosta! Se non fosse stato per la sua indole dolce e pacifista, gli avrebbe lanciato il suo manuale di mille e più pagine sulla storia e cultura degli egizi dritto in faccia.
Cercò di calmarsi con i suoi abituali esercizi di yoga e respirazione, poi si concentrò al massimo sulla lezione di biologia ed evitò di pensare a ciò che era successo fino al momento in cui non rivolse nuovamente lo sguardo verso Scott Laughton. Era pallido come un cadavere, sembrava sull'orlo di uno svenimento; gli occhi grigio-blu erano fissi nell'infinito, sbarrati come dal terrore, mentre lui pareva essersi trasformato in una statua di sale. Era in uno stato di catatonia pura e la sua aura sembrava essersi spenta del tutto.
Nessuno sapeva che con quelle semplici parole l'intero castello di carte di cemento di Scott era appena stato demolito, in un solo attimo, e gli era precipitato addosso come un meteorite. Non riusciva a credere che effettivamente Dawn e Allison fossero praticamente uguali, ma era così, solo che la prima era stata più fortunata : da sempre gli era stata simpatica. Si chiedeva il perchè fosse cominciata tutta quella cattivera verso McLean e poi se lo ricordò, un ricordo che aveva seppellito da anni.
Era successo tutto molto tempo prima, al primo anno delle scuole medie. Allison aveva ancora i capelli biondi, del suo colore naturale; si vestiva ancora come un maschio, con magliette di band metal degli anni Ottanta e pantaloni cargo in cui sembrava nuotare. Non era uno splendore di bambina, ma aveva sempre il sorriso addosso ed era amica praticamente di chiunque. Scott invece era molto più silenzioso, spesso scorbutico; i suoi abiti abituali erano dei jeans malandati e delle magliette altrettanto lacere e non trovava spesso coetanei disposti a sopportare quel carattere tutt'altro che bambino. Si ritrovavano spesso nella stessa compagnia, ma non si scambiavano mai più di qualche parola. Un giorno, era in primavera, si erano ritrovati tutti sulle rive del lago e verso sera erano rimasti da soli; lui si era gettato entusiasta in acqua, ovviamente togliendosi la maglietta e rivelando il fisico tozzo di un bambino di undici anni. Quando uscì e si sedette accanto ad Allison, lei notò qualcosa sulla sua schiena : erano chiaramente lividi, enormi e viola, spesso accompagnati da abrasioni e lacerazioni. Gli aveva chiesto, con molta premura e gentilezza, che cosa gli fosse successo, come si fosse fatto tanto male. Gliel'aveva chiesto soltanto perchè si era preoccupata, credeva che avesse avuto un brutto incidente in bicicletta o nel bosco. Immediatamente Scott andò su tutte le furie, aggredendola verbalmente ed affermando ripetutamente che doveva pensare agli affari suoi, poi se ne andò di corsa. Era stata l'unica in tutta la sua vita ad essersi accorta della violenza di suo padre. 
 
Allison, Ezekiel, Trent e Dawn si stavano incamminando allegramente verso la mensa; i primi due si tenevano affettuosamente per mano, ascoltando con puro interesse i discorsi su biologia e storia dei due secchioni accanto a loro. Amavano incredibilmente la loro compagnia, c'era sempre qualcosa di nuovo da imparare e in loro avevano trovato dei piacevoli alleati. Trent portava gaiezza e spensieratezza, mentre Dawn calma e tranquillità; entrambi avevano la straordinaria capacità di metterli a loro agio. Erano felici che fossero insieme a loro. 
Ma mentre Ezekiel era sinceramente senza pensieri, con un perenne sorrisetto da bradipo ed immerso nella conversazione, Allison era più distaccata; si guardava costantemente intorno, notando i bisbigli e le occhiatacce rivolte ai loro due nuovi compagni. Anche i diretti interessati se n'erano accorti, ma non ci badavano molto. Erano abituati a quelle occhiate e a quei bisbigli tanto quanto i due grandi amici.
Il gruppetto si appostò al solito tavolino nell'angolo, gustandosi appieno il pranzo più che meritato. Chiacchieravano del più e del meno, con molta serenità e come qualsiasi altro gruppetto nella sala; anche i due silenziosi fantasmi sorridevano più spesso, senza quasi rendersene conto, allo stesso modo in cui sia Dawn e Trent si sentirono finalmente parte di qualcosa. Per la prima volta da tempo immemore sapevano che le persone che li avevano accolti erano genuine al cento percento, senza alcuna pretesa o doppio fine. Li avevano accolti semplicemente perchè li apprezzavano per com'erano e non per ottenere qualcosa in cambio. Erano molto felici, così come lo erano Zeke e Allison di averli insieme a loro. Nessuno si sentiva più un escluso o un reietto, e non c'era sensazione migliore al mondo. 
Dall'angolo opposto della mensa, Duncan Nelson ammirava quella scena con una certa sensazione di amaro in bocca. Avrebbe voluto sciacquarlo via con una bella bottiglia di whiskey, ma al momento non era possibile. Fissava quei quattro ad intermittenza con il posto vuoto su cui sedeva sempre Geoff, ed ora più che mai ne sentiva la mancanza. Si sentiva solo e depresso su quel maledetto tavolino vuoto.
Gettò uno sguardo alla t-shirt che indossava, quella che poche ore prima Allison gli aveva prestato; le sue narici si riempirono di quell'odore di sapone che sembrava non voler scomparire e si sentì come se avesse fumato almeno due spinelli, tutti interi e uno dietro l'altro. Quel profumo era dannatamente buono, gli piaceva davvero, e si sentiva un idiota. Tornò sulla terra a fissare quell'allegra combriccola e ammise a se stesso che era davvero invidioso. 
-" Non per dire, ma qualcuno ti sta fissando. "
esordì ad un tratto Dawn, con un sorriso da gatto che diceva più di mille parole rivolta ad Allison. L'allegria di tutti si trasformò in curiosa perplessità per qualche secondo. La ragazza dai capelli platinati le si avvicinò, sussurrandole il nome della persona di cui aveva attirato l'attenzione; dapprima impallidì, poi arrossì violentemente e come sempre si riparò nel mutismo e dietro alle impenetrabili cortine rosso fuoco che la sua chioma formava. Da lì potè gettare senza problemi lo sguardo su Mr. Nelson, che effettivamente aveva gli occhi puntati su di loro. Si corresse, su di lei. Indossava la sua maglia, che inevitabilmente gli andava leggermente stretta, e le sue iridi acqua marina, penetranti e veramente belle, la squadravano quasi ossessivamente. Deglutì a vuoto, sentendosi improvvisamente nuda; si coprì istintivamente con le braccia magre e Duncan si accorse di fissarla troppo e che lei ricambiava decisamente spaventata. Tornò immediatamente a guardare il suo piatto, arrossendo appena. Si sentiva un bambino. Che diavolo stava facendo? Non gli importava, quella sera avrebbe bevuto finchè quel ricordo non fosse affogato.
Nel frattempo, al tavolo di Allison, i due ragazzi continuavano a guardare prima lei, poi il punk rocker, tentando di capire che cosa stesse succedendo. In realtà, avevano già intuito tutto, specialmente Zeke, che osservò una delle t-shirt preferite della sua amica indosso al playboy.
-" Mh, io ho gia visto quella maglia da qualche parte. "
disse, facendo il finto tonto, ed Allison avvampò come non mai, nascondendosi nuovamente dietro ai suoi capelli. Non disse nulla, e Dawn e Trent non chiesero. Tutti tornarono al loro pasto, archiviando pacificamente e quasi serenamente la questione.
Tra gli spettatori esterni vi era anche Scott Laughton, che in un attimo non era stato più degno del soprannome di Squalo. La stanchezza di anni del suo animo gli era piombata addosso come un masso e non riusciva proprio a scrollarselo dalle spalle massicce e lentigginose. Osservava le due ragazze con gli occhi di un cane randagio alla ricerca di una famiglia e a guardare Dawn sentiva le lacrime affiorare tra le palpebre. Non aveva più la forza di fare il bullo della situazione, voleva soltanto scappare lontano e non tornare mai più; in compenso, la schiena aveva iniziato a bruciare terribilmente. Quel dolore, risvegliato da un lunghissimo riposo, non lo sentiva da quel giorno di primavera di tanto tempo prima. Impotente davanti alla dura, durissima realtà, si alzò di scatto e scappò via dalla mensa, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Ma che cosa gli importava? Aveva sprecato sette anni della sua vita, cosa poteva mai contare qualche pettegolezzo? 
 
Ezekiel era veramente stanco. Stava definitivamente per addormentarsi e lo aspettava una lezione noiosissima. La notte precedente l'aveva passata a stracciare Allison alla Playstation, ma al contrario di lei non era affatto capace di riposarsi in sole quattro ore, in più quel pomeriggio avrebbe anche dovuto lavorare. Sentiva l'ardente desiderio di spararsi. 
Si accasciò sul banco, chiudendo gli occhi e aspettando un futuro richiamo dell'insegnante; poco gli interessava, era più morto che vivo : avrebbe dormito comunque.
Con gli occhi chiusi e sulla via per l'orbita di Saturno, percepì una presenza che si sedeva sul banco accanto al suo. Il suo fiuto acuto riconobbe un odore familiare, che da sempre faceva parte del suo vocabolario olfattivo; per un attimo pensò che fosse Allison, ma soggiunse un altro odore, stavolta dolceamaro di fumo e, più lieve, qualche superalcolico di infima qualità. Sollevò una sola palpebra, leggermente stizzito, e constatò che accanto gli si era appostato Duncan Nelson, silenzioso e cupo forse anche più di lui. Più di una volta aveva avuto il piacere di rifilargli qualche bel gancio in faccia a delle feste ed aveva a sua volta constatato che non picchiava nè meglio nè peggio di lui. Lo rispettava soltanto per quello; fosse dipeso dal resto, l'avrebbe preso a calci ad ogni occasione buona. 
Zeke tornò al suo pisolino, fingendo di non averlo notato e nella speranza che non gli rivolgesse la parola. Non che gli stesse davvero antipatico, o che gli dispiacesse la sua presenza lì, non gliene importava un fico secco che avesse appoggiato le sue nobili e palestratissime chiappe sulla sedia accanto alla sua, semplicemente aveva troppo sonno per intraprendere una conversazione civile.
Duncan, dal canto suo, osservava di soppiatto e con un disusto affatto celato quella specie di bradipo. Stava seriamente dormendo? Avrebbe voluto testarlo, ma non voleva ricevere in risposta un destro nel naso. Si limitò a chiedersi dove avesse dimenticato il cervello, probabilmente nella grotta da cui era uscito o nell'ultimo motore che aveva riparato.
-" Quindi? "
La voce assonnata e cupa di O'Leary interruppe i suoi pensieri; era ancora accucciato sul suo banco, con gli occhi ancora nascosti sotto le palpebre e qualche ciuffo di capelli catano chiari. Duncan sollevò un sopracciglio, ma non fece altro. Attese semplicemente.
Ezekiel si tirò a sedere, aveva ormai capito che il suo pisolino l'avrebbe fatto sul lavoro, si stiracchiò vistosamente e si stravaccò sulla sedia, guardando con occhi sonnacchiosi il punk rocker. Doveva ammettere che puzzava da far schifo, meno male che la maglia di Allison attenuava quel tanfo di erba e alcol! Aveva la barba incolta e l'aria di un barbone alcolizzato, cosa che non andava lontana dalla realtà.
-" Di cos'hai bisogno, Mr. Nelson? "
Duncan non sapeva se mordersi la mano o mordere lui. Erano troppo simili, questo doveva riconoscerlo.
-" Di un fegato nuovo e magari qualche neurone. E un sacco di soldi. "
Zeke rispose con un sorrisetto più che finto, incrociando le braccia al petto. Puntò le iridi grige in quelle acqua marina del ragazzo maggiore, studiando in profondità ciò che nascondevano, a parte una sbornia non del tutto smaltita e l'effetto residuo di uno spinello. C'era qualcosa di insolito in esse, diverso dall'arroganza e la superbia, dalla grande sicurezza di sè e la personalità coinvolgente. 
-" Amico, a me sembra che ti serva un prete. E una doccia. Hai un aspetto schifoso. "
-" Congratulazioni O'Leary, sei il primo ad essersene accorto. "
Calò nuovamente il silenzio tra i due, che si studiavano come due lupi; uno annusava l'altro, senza aria di sfida, semplicemente con curiosità, per capire con chi avessero davvero a che fare. Era una situazione piuttosto strana; anzi, l'intera giornata era stata stranissima. Migliaia di cose erano cambiate tra i sette ragazzi. 
Già, anche Geoff era cambiato, perchè mentre tutti gli altri erano a scuola, lo sappiamo, lui era rimasto a casa a vomitare anche l'anima. Aveva decisamente esagerato con l'alcol. Non appena gli era stato possibile reggersi in piedi senza avere le vertigini e crollare miseramente sul letto, aveva preso ogni singola bottiglia di intrugli diversi da acqua minerale e succo di ananas e aveva lanciato letteralmente tutto fuori dalla finestra, dando di matto e maledicendo "quel deficiente malato del Marcio che l'aveva trasformato in una dannatissima spugna". I vicini volevano chiamare la polizia, poi si resero conto che tutto quel baccano veniva da casa Gordon e lasciarono perdere. 
Geoff ne aveva le tasche piene di quella vita. Non avrebbe rinunciato alle ragazze (quello mai!), ma voleva davvero smettere di distruggersi in quel modo. Avevano appurato entrambi che quel metodo peggiorava soltanto le cose, se era anche possibile peggiorarle, ed era ora di tirarsi su le maniche per migliorare la propria vita. Quello era il primo passo da fare e lui lo stava compiendo a modo suo.
Tornando alla classe di Duncan ed Ezekiel, vi era ancora il mutismo completo da parte di ambe le fazioni. Sia per timidezza che per mancanza di argomenti validi, stavano valutando se parlare o meno. Alla fine a rompere quella tormentosa quiete fu proprio il pollice nero.
-" A mia sorella quella maglia va enorme. Divertente come a te stia stretta. Mia zia aveva bisogno di un armadio nuovo, se non ti dispiace ti vorrei vendere a lei. "
Senza nemmeno accorgersene, il ragazzone dalla cresta verde rise; non una risata a crepapelle, gli faceva troppo male la testa, ma stava comunque ridendo con il cuore. Incredibile, O'Leary era perfino simpatico!
-" Lo so. Dille che gliela riporterò il prima possibile. "
Ezekiel avrebbe voluto dirgli che forse non avrebbe dovuto lavarla, che da come Allison lo guardava avrebbe preferito lasciarla così, ma decise saggiamente di omettere quel dettaglio; annuì cortesemente, poi tornò a sonnecchiare. Non avevano più nulla da dirsi, non a parole.
L'ora scorse con tranquillità e la giornata finalmente terminò. Ognuno se ne andò per la propria strada, in compagnia o da solo, in auto, con il bus o a piedi. Zeke aspettò come al solito la sua pulce sul muretto delle aiuole, fumandosi una sigaretta e pensando a che diavolo avrebbe riparato quel pomeriggio in officina, ma soprattutto riflettendo sul fac-simile di conversazione intrattenuta con il Marcio. Interessante, così la descriveva. 
Allison lo risvegliò dai suoi pensieri, stampandogli improvvisamente un bacio sulla guancia velata leggermente di barba. Lui la abbracciò con tutto l'affetto che soleva esprimerle, sollevandola da terra e strappandole un gridolino di sorpresa; mano nella mano, si diressero verso la vecchia moto. Quel pomeriggio anche lei sarebbe andata all'officina e tenergli compagnia; sarebbe stata seduta nella vecchia Mustang rossa del Sessantotto di suo padre, quella che si erano ripromessi di rimettere in sesto, al posto del guidatore a leggere un romanzo classico, Dracula o Moll Flanders. Lui l'avrebbe costantemente tenuta d'occhio, l'unica donna che voleva nella sua vita, e avrebbe pensato ogni minuto a quanto le volesse bene. Esattamente come avrebbe fatto lei. 
   
 
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