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Autore: Magaskawee    19/08/2019    1 recensioni
"Il volto della giovane s’illuminò, colto da un’improvvisa idea. «Facciamo un piccolo gioco», gli sorrise furbescamente.
«Un gioco?» ripeté. Osservò attentamente lo sguardo della ragazza. I suoi occhi erano così vivi, così accesi…
«Esatto. Ti dirò un colore e dovrai abbinarci l’emozione giusta e viceversa.» Raccolse un dente di leone dal prato, sventolandoglielo davanti al naso. «Tutto chiaro?»
[...]
«Guardami, Sai. Guardami gli occhi. Che cosa vedi?»
[...]
«Vedo l’azzurro,» sussurrò, incapace di spiegarsi tale reazione, «ma c’è di più, credo…»
[...]
I loro cuori battevano leggeri all’unisono. Sai provò per la prima volta la sensazione di avere nel petto una tavolozza dai mille colori. I colori delle emozioni…"

Alla ricerca del colore perfetto con una piccola InoxSai.
Buona lettura ღ
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Sai | Coppie: Sai/Ino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Contesto generale/vago
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IL COLORE DI UN'EMOZIONE
 

I capelli corvini splendevano sinuosi sotto la luce del sole. L’erba ondeggiava lieve al ritmo del vento, in una bizzarra danza armoniosa e profumata. I fiori giacevano sparpagliati su quel tappeto verde brillante, formavano puntini colorati, confusi e mescolati tra loro. Somigliavano alla tavolozza di legno posata sul terreno, satura di varie gradazioni di rosso, giallo e blu. Le setole scure del pennello accarezzavano quei colori, mischiandoli tra loro: quell’imprevedibile caos cromatico creava nuove tonalità, nuove sfumature, nuovi dettagli da imprimere sulla tela. Guidato dalla mano pallida e affusolata, il pennello si muoveva agile e deciso all’interno di quel rettangolo bianco, dando vita e colore ai pensieri di Sai. Era il momento che preferiva di più: sedersi sul prato e dipingere. Era il paradisiaco istante in cui la sua anima comunicava attraverso una tela e dei semplici colori, liberandosi di emozioni estranee e impalpabili che egli non percepiva. Eppure i segnali del suo inconscio erano lì, su quel dipinto ancora incompleto. L’arte aveva qualcosa di miracoloso: gli mostrava i messaggi delle sue sensazioni astratte e, al tempo stesso, lo aiutava a capirle e a conoscersi un po’ più a fondo. Aveva ancora molto da imparare, però… 
Caricò il pennello di un rosa pallido, donando luce e morbidezza alle labbra della ragazza che stava dipingendo. Con sguardo profondo cercava di carpire e di svelare i sentimenti che scaturivano da quel volto amichevole, tuttavia ciò che vedeva per lui erano solo dettagli, niente di più. Si concentrò maggiormente per aggiungere maggiori particolari ai lineamenti del viso ma, quando il pennello tinto di azzurro toccò la tela, la mano pallida e affusolata di Sai si fermò. Gli occhi della ragazza erano troppo belli per essere disegnati, troppo saturi di emozioni, troppo espressivi. In più, non era sicuro che il colore scelto per i suoi occhi fosse adatto… troppo chiaro o troppo scuro? Sospirò, poggiando il pennello sulla tavolozza.
I corti capelli corvini danzavano leggeri nel vento, l’unico elemento che pareva libero di esprimersi come più voleva, quel vento che costringeva la ragazza a sistemarsi i capelli ogni volta che le entravano in bocca. Vederla litigare con il vento gli faceva sentire il petto un po’ più leggero, come se il cuore volesse danzare in tutto il corpo. Ricordava di aver letto in qualche libro che ci si sente leggeri quando si è felici, gioiosi. Chissà se era la definizione giusta per ciò che stava succedendo in lui.
Chiuse per un attimo gli occhi, prestando attenzione alla variazione di calore che aveva percepito proprio qualche secondo fa, dove si trovava il cuore. Ora, però, tutto sembrava essere ritornato alla normalità: il battito cardiaco proseguiva tranquillo, rimbombando nel vuoto della cassa toracica, quel vuoto che era tanto abituato a sentire attorno e dentro di lui.
     «Sai…», disse una voce cristallina dietro di lui. Il ragazzo aprì gli occhi, davanti a lui la tela lasciata a metà; dietro, invece,  due braccia calde s’intrecciavano attorno al suo collo.
     «Ino», rispose, puntando lo sguardo nel punto in cui doveva dipingere gli occhi del suo ritratto. «Non ti va più di posare per me?» aggiunse atono. Grazie ai libri aveva appreso che alle persone non piaceva rimanere ferme nella stessa posizione per molto tempo, perciò in quel breve istante aveva cercato di immaginare con tutto sé stesso i pensieri e le sensazioni che erano sbocciate nella ragazza.
    «Hai già finito?» In risposta, Sai cercò di nascondere l’opera col proprio corpo, stuzzicando ulteriormente la curiosità di Ino. 
     «Finirò la prossima volta» le rispose, forgiando mezzo sorriso.
     «Dai, voglio vedere come sono venuta!» 
Ino cercava di arrampicarsi goffamente sulla schiena di Sai, mentre quest’ultimo s’affrettava per riporre nello zaino il materiale utilizzato; poco importava se i pennelli non erano stati puliti: per un motivo a lui sconosciuto, non voleva che Ino vedesse il proprio volto senza occhi, non prima che egli avesse capito come interpretare e colorare un’emozione. 
Si trovava appallottolato a mo’ di riccio, tenendosi stretta al petto la tela. Ino cercava di portargliela via, spalmata parzialmente sulla sua schiena. Sai si sentiva nuovamente leggero, con il cuore più vivo che mai. Dal profondo della pancia sentiva salire una voglia di ridere che mai aveva provato. Cercò di reprimerla con falsa naturalezza, non sapendo come comportarsi e se doveva lasciarsi guidare dal suo profondo istinto assopito – ma non troppo. Un movimento troppo brusco ed Ino si ritrovò catapultata nel prato a pochi centimetri dal suo viso, spettinata e con le gambe puntate verso il cielo. Ora che era così vicina, poteva osservare meglio le sue iridi azzurre, tanto acquose quanto vivaci. Non ne capiva il motivo, ma ne era attratto. Avrebbe voluto rimpicciolirsi e nuotare in quel mare senza fine o, meglio ancora, spiccare il volo e lasciarsi andare nel blu. In quell’attimo sentì la tela scivolargli dalle mani. Notò che quest’ultime erano inspiegabilmente sudate, eppure non si sentiva accaldato. 
     «Sì! Presa!» La ragazza teneva il bottino in alto, verso il cielo, mentre il suo sorriso trionfante veniva baciato dal sole. Finalmente osservò il proprio ritratto. Lo sfondo era stato dipinto alla perfezione, nessun dettaglio era stato tralasciato. I fiori donavano un’idea di armonia e davano l’impressione di essere coccolati fra i morbidi steli d’erba. E poi c’era lei, deliziosa Dea, supina sul prato. Tutto di lei era stato disegnato con un minuziosa precisione: ogni linea del suo corpo era morbida, delicata e sensuale allo stesso tempo. Si soffermò nei piedi scalzi per poi risalire lungo il bacino, la pancia scoperta, il braccio destro che le sorreggeva il corpo. I lunghi capelli biondi erano sciolti, liberi di danzare con il vento, tanto luminosi da sembrare oro colato; alcune ciocche erano intrecciate delicatamente tra le dita della mano sinistra, creando un’illusione di movimento e fermezza allo stesso tempo. L’orgoglio di Ino era alle stelle: sapeva di essere una bella ragazza e Sai aveva saputo cogliere in lei tutta la bellezza che traspirava da quella semplice quanto sensuale posa. La sua espressione, però, mutò quando il suo sguardo si posò sul volto dipinto. Nulla da ridire sulla bocca maliziosa e delicata, tantomeno sul nasino da fata che sua madre adorava tanto baciare… tutto era perfetto, a parte gli occhi. Quelli mancavano proprio.
     «Perché?» Domandò più a se stessa che all’artista.
    «Non posso disegnarli.» Ino lo guardò accigliata. 
    «Che intendi dire?»
    «Sono troppo espressivi», rispose guardando un punto imprecisato davanti a lui. La ragazza prese posto vicino a lui, ascoltando curiosa. «In un libro ho letto che gli occhi sono lo specchio dell’anima. L’anima è la sede delle emozioni ed io non riesco a trovare il colore adatto per dipingerle.» Ino gli sorrise, intenerita da quella rivelazione. Era consapevole che il ragazzo aveva problemi a provare e capire le emozioni, sia proprie che quelle altrui, tuttavia non gli era mai successo di lasciare incompleto un dipinto e lei lo sapeva bene, li aveva visti talmente tante volte che li avrebbe riconosciuti anche da lontano. 
     «I miei occhi sono come il cielo, Sai.»
     «Il cielo non prova emozioni», le sorrise sghembo. «O forse sì? Quando piove è come se piangesse, però non avverto quella sensazione che si chiama tristezza.»
     «Il cielo quando piange non è azzurro, Sai.» Il volto della giovane s’illuminò, colto da un’improvvisa idea. «Facciamo un piccolo gioco», gli sorrise furbescamente.
     «Un gioco?» ripeté. Osservò attentamente lo sguardo della ragazza. I suoi occhi erano così vivi, così accesi…
    «Esatto. Ti dirò un colore e dovrai abbinarci l’emozione giusta e viceversa.» Raccolse un dente di leone dal prato, sventolandoglielo davanti al naso. «Tutto chiaro?» 
Sai non sapeva cosa fare. Ci sarebbe riuscito? Avrebbe perso? L’occasione di imparare di più dal lato “pratico” – come gli suggeriva sempre Sakura – era allettante, perciò decise di provare.
     «Bene», proseguì Ino, assumendo un’espressione pensierosa. Sai la trovava buffa ed insolita. Chissà cosa significava… «Iniziamo con una cosa semplice. Se ti dico tristezza, a quale colore l’abbineresti?»
L’artista parve in difficoltà. Nella sua mente scorreva un arcobaleno di colori e sfumature diverse, ma nessuno sembrava essere adatto a quella parola. Non era nemmeno sicuro di cosa fosse davvero la tristezza, non ricordava di averla mai provata. Era come il vuoto che c’era in lui: impalpabile e incolore. Poi ricordò.
     «Grigio», sorrise appena.
     «Niente male!» si stupì Ino. Certo, si aspettava di udire il colore nero, però il grigio ci poteva stare, eccome se ci stava.
    «Mi sono ricordato semplicemente del discorso di prima, quello del cielo che piange. In quel momento avevo detto che poteva essere triste… e quando piove tutto diventa grigio.»
     «E hai collegato il tutto, certo.» Rimase un po’ delusa da quella risposta. Sperava davvero che il ragazzo scavasse a fondo per rievocare almeno un briciolo di quell’emozione tenuta nascosta. «Non ti sei mai sentito triste?»
     «Non sento niente», disse apatico. Era la verità. «Però credo che non sia una bella sensazione, non è vero?»
     «Già.» Gli prese la mano, sentendola umida. «Fa male qui.» Guidò la mano del ragazzo contro il torace muscoloso, all’altezza del cuore. La mano di Sai percepì chiaramente il proprio battito cardiaco diventare lievemente più veloce. Le gote di Ino si tinsero di un delicato color pesca, mentre lo osservava ricambiarle lo sguardo con curiosità.
     «Hai caldo?» le chiese innocentemente. Ino arrossì ulteriormente, imbarazzata ma allo stesso tempo lusingata da quel piccolo dettaglio che era riuscito a scorgere sul suo volto. Inclinò impercettibilmente il corpo verso di lui, sentendosi sempre più attratta dal suo sguardo magnetico e ricco di mistero.
     «Ehm… diciamo di sì, anche tu?» 
     «Il sole batte forte, oggi», ammise il ragazzo, lanciando un fugace sguardo verso la stella infuocata. Quel breve scambio magico di sguardi si ruppe, cadendo in un languido silenzio privo di significato. 
     «Okay» rispose Ino dopo un po', non sapendo effettivamente cosa dire. 
     «Ino…» sussurrò Sai, accompagnato da una leggera folata di vento caldo.
     «Sì?» lo imitò sussurrando a sua volta, avvicinandosi nuovamente verso di lui. Riusciva a sentire il ritmo crescente del suo cuore?
La mente di Sai era intenta a cercare di capire ogni minimo segnale da parte della ragazza, sforzandosi di comprendere e percepire in modo meno razionale ciò che vedeva nel suo volto, in particolare nei suoi occhi che erano riusciti a metterlo in confusione, facendo scattare – forse – qualcosa di insolito dal più profondo del suo essere. Un po’ alla volta, grazie a lei, sarebbe riuscito a decriptare quella parte di lui che aveva imparato a sopprimere, trascinandola e incatenandola nel profondo come il più terribile dei demoni. 
     «Dimmi un altro colore» concluse forgiando l’ennesimo sorriso di circostanza. Vide l'espressione di Ino cambiare nuovamente: gli occhi erano più lucidi e il suo sguardo era slittato verso il basso, improvvisamente attratto dall'erba che danzava ad un ritmo sconosciuto con il vento; la bocca era serrata, quasi tesa, altrettanto lo erano le sue mani graziose che tormentavano quel poco che era rimasto del fiore giallo. Sai non capiva, faticava a decifrare quel cambiamento improvviso. Era arrabbiata? Spaventata? Nervosa? Non aveva con sé i libri da consultare, doveva per forza fare affidamento al suo cuore e al suo istinto sperduto chissà dove. A pelle, comunque, sentiva che i messaggi che il suo viso gli trasmetteva non erano gradevoli da guardare, anzi, in qualche modo si sentiva in dovere di rimediare, quasi fosse colpa sua. Lo era? 
Ino rialzò lo sguardo con espressione più decisa, riprendendo il contatto visivo con lui.
     «Rosa» sorrise furbescamente. Voleva metterlo in difficoltà, era curiosa di conoscere la sua risposta. L’avrebbe associato alla dolcezza? Alla femminilità? Oppure all'amore?
     «Oh. Rosa» disse atono, focalizzando la mente su quel colore. «Non mi piace. Direi… rabbia, sì».
     «Rabbia?», esclamò incredula, sgranando gli occhi. Tra tutte le parole che mentalmente si era immaginata di sentirle uscire dalla sua bocca, mai aveva immaginato una risposta tanto stramba quanto disarmonica. 
     «Sì. E Sakura», aggiunse senza esitare. Osservò con ingenua curiosità gli occhi della ragazza chiudersi in due piccole fessure, mentre il sopracciglio destro si alzava superando di poco in altezza quello sinistro.
     «Sakura?» ripeté lei, alzando di un'ottava la sua voce. Sai, tuttavia, parve non cogliere appieno il significato – soprattutto la causa! – di tale reazione. Continuava a fissarla impassibile, come una marionetta senza fili. 
     «Sì, è tutto ciò che mi viene in mente. Sakura se la prende con me quando mi trova in biblioteca a cercare libri sulle emozioni. Dice che non mi servono.» Ino si rilassò appena, trovando improvvisamente un briciolo di logica nella sua spiegazione. «Quello che ancora non ho capito, però, è perché urla e cerca di colpirmi quando le dico che è una racchia. Leggendo ho capito che questa reazione ha il nome di rabbia, anche se devo imparare bene le situazioni e tutte le sfumature in cui essa appare e si evolve. Quando Sakura si arrabbia non la riconosco più, sembra un’altra persona. Anche se cambia, comunque, rimane sempre brutta», disse infine, totalmente rilassato e ignaro di ciò che aveva detto. Ino si era portata la mano alla bocca, le sue gote erano rosse e tutto il suo corpo tremava appena, sforzandosi di stare fermo.
Sai tentava di capire la reazione che aveva avuto la ragazza: che cosa stava provando?
     «Stai bene?» le chiese, non sapendo effettivamente cosa dire di adatto davanti a tale comportamento. Stava soffrendo? Dall’altro lato, invece, Ino stava cercando in tutti i modi di reprimere le risate che salivano dall'addome. Non le sembrava giusto nei confronti della sua rivale-amica Sakura… C’era da dire, però, che non era presente in quel momento. Se solo avesse saputo… 
“Anche se cambia, comunque, rimane sempre brutta.”
Quella frase le rimbombò in testa e fu sufficiente a farla desistere. Nel giro di pochi secondi la giovane iniziò a ridere sguaiatamente, pestando i piedi e le mani sul prato. Sembrava una pazza, poco importava, Sai non l’avrebbe giudicata. Quest’ultimo la guardava con attenzione e, più l'osservava, più cresceva l’impulso di imitarla e ascoltare quella strana sensazione che vorticava nell’addome e che velocemente risaliva, sempre più in alto… 
Qualcosa gli diceva di lasciarsi andare, di seguire quel flusso confuso e allo stesso tempo quasi magico. Disorientato da quello che stava succedendo, lasciò che il suo corpo agisse da solo, senza freni. Fu come tornare a vivere, a respirare. La sua prima risata, chi l’avrebbe mai detto. Gli pareva quasi impossibile e altrettanto facile ridere. Si sentiva carico e vitale come il sole, leggero come il vento. La sua voce rimbombava nel suo petto, andando a ritmo con il ventre che andava a pari passo con quello di Ino. Rischiò di andare in iperventilazione: non era abituato a quel tipo di respirazione breve e spezzata. D’un tratto Ino si fermò, guardandolo sorpresa.
     «Non ci credo.» Era sbalordita. «Tu… hai riso.»
Anche Sai si fermò, guardandola confuso, la testa piegata su un lato come un cagnolino quando sentiva un rumore strano.
     «Ed è una cosa grave?» Ino gli prese la mano, disegnando ghirigori che solo lei pareva vedere.
     «No, anzi, è una cosa bellissima!»
Sai fece l’ennesimo sorriso di circostanza. Questa volta, però, aveva la flebile sensazione che fosse meno finto e un po’ più sincero.
     «Che colore gli daresti?» 
Ripensò con attenzione alle sensazioni provate: libertà, leggerezza. Per quel breve attimo si era stranamente sentito scollegato dal corpo e trasportato lassù, nella dimensione degli uccelli.
     «Direi azzurro.»
La ragazza si fece pensierosa. Poi, parlò: «Sì, ci può stare. Un bell’azzurro cielo. Proprio come i miei occhi», ammise. Sai non ne fu particolarmente convinto. Dopotutto, non era riuscito a disegnarli. 
     «Non lo so. L’azzurro non basta.»
Ino diminuì la distanza che la separava dal suo volto. Ora erano faccia a faccia, a dividerli solo qualche e futile – o importante – centimetro. Le gote morbide della ragazza erano nuovamente tinte, il respiro accelerato.
     «Guardami, Sai. Guardami gli occhi. Che cosa vedi?»
Iniziava a sentirsi strano, che cosa stava succedendo? Il cuore non voleva pompare al suo solito e normale ritmo. Perché sembrava battere più rumorosamente? Poteva sentirlo anche quella affascinante e magica creatura di fronte a lui? Ultimo ma non meno importante: perché sentiva il proprio corpo attirato verso quello della ragazza, senza essere in grado di fermarlo? Ricordò un particolare del suo libro: attrazione fisica, si chiamava… era ciò che provava lui?
Si avvicinò di mezzo centimetro. I loro nasi quasi si sfioravano.
     «Vedo l’azzurro,» sussurrò, incapace di spiegarsi tale reazione, «ma c’è di più, credo…» Lo sguardo della fanciulla era diventato liquido, fremente. Anche il suo corpo si sentiva attratto da quello di Sai, ma di questo ne era consapevole. Ogni cosa del suo corpo era sensuale e raffinata, come una tela preziosa, tanto da portare alla luce, nella sua mente, pensieri poco casti.
     «Sì, continua…» disse anch’ella con tono basso e sensuale, togliendo un altro centimetro alla loro distanza. I nasi ora si toccavano. Inclinò lievemente il capo, socchiudendo gli occhi. Inconsapevole, Sai l’imitò.
     «Io…» com’era difficile parlare, ora, pensare lucidamente. I loro respiri si mescolavano in una danza invisibile ma palpabile. «Azzurro e…»
Le distanze si annullarono, facendo incontrare le loro labbra. Ora anche loro ballavano, in qualche modo, volando attraverso l’infinito dei cieli.

Fu lì che Sai li vide.

Rosso, giallo, verde, blu, arancione, azzurro, bianco, viola, indaco… Sì, anche il rosa.
Una moltitudine di colori scorrevano nella sua mente, mescolandosi tra loro, dividendosi per poi ritornare ad essere una cosa sola. I loro cuori battevano leggeri all’unisono. Sai provò per la prima volta la sensazione di avere nel petto una tavolozza dai mille colori. I colori delle emozioni…
L’unico contatto fisico era dato soltanto dalle loro bocche che, avventurose, cercavano assieme di esplorare le profondità delle loro anime. Eppure i loro corpi non si erano sentiti più uniti di così. Un arcobaleno che univa le valli, solcando il firmamento.
Quando si separarono, entrambi avevano il fiatone. Le loro gote erano tinte di una meravigliosa tonalità rossastra, come la più bella delle rose. La mano di Ino si aggrappò al petto del ragazzo, stringendo la stoffa, come per paura che potesse sfuggirgli via. Quanto aveva anelato quelle labbra pallide…
Entrambi avevano gli occhi chiusi, persi nei propri mondi interiori che, per un breve, infinito e contemporaneamente lungo istante, si erano uniti in una composizione meravigliosa, un’opera fatta di fiori e arte. Un tappeto soffice di colori.
Come in simbiosi, i loro occhi si aprirono nello stesso momento. Ino sorrideva, magnifica creatura floreale. Sai la scrutava, artista vagante, esploratore di mondi. 
Il ragazzo si staccò all’improvviso, folgorato, riprendendo in mano tavolozza e pennello. Creò l’azzurro, con cura poi lo unì a un poco di bianco, una goccia di blu, una punta di verde prato. Ino lo guardò confusa per quel rapido distacco. Il volto di Sai era concentrato come non mai. Aveva la fronte leggermente corrucciata, gli occhi color onice scintillavano e riflettevano le pitture del ritratto; la bocca era rilassata, tesa in un impercettibile sorriso, questa volta più sincero che mai.
     «Ora ho capito», disse, riponendo il materiale e mostrando l’opera appena terminata.
Due paia d’occhi, incredibilmente espressivi e luminosi, una perfetta copia di quelli della ragazza. Parevano scrutare Ino nel profondo, rispecchiando appieno tutto il suo essere. Non c’era differenza tra l’arte e la realtà: erano la perfezione della bellezza che Ino si aspettava di vedere dipinta e di cui si immedesimava totalmente. Una lacrima le scivolò silenziosa, colpita da cotanta semplice perfezione. 
     «I tuoi occhi non sono affatto azzurri, né riflettono il cielo», continuò Sai, sicuro come non mai di ciò che aveva visto durante quel bacio. Questa volta i libri non potevano aiutarlo, no, solo e soltanto lui era partecipe della vita che aveva iniziato a scorrergli nel petto.
«I tuoi occhi sono semplicemente l’universo infinito.» 


 


 
 
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Angolino Personale   

Se siete arrivati fin qui... Grazie! ❦ Che dire di questa Fic? 

A mio parere il pairing Sai x Ino è uno dei meglio riusciti nel manga. Quei due si completano alla perfezione, non trovate? Da una parte abbiamo Sai che non riesce a provare emozioni, dall'altra abbiamo Ino, che appare tanto superficiale ma in realtà andando oltre si scopre una ragazza dal cuore d'oro. Ed è proprio così che ho voluto portarvi questa coppia: senza filtri né maschere, soltanto loro due, nudi nei propri gesti ed emozioni, quelle che proprio Sai sta imparando a capire attraverso i colori. 
Ho voluto dare spazio all'arte: Sai, artista alla ricerca di sé stesso; Ino, modella che con la sua maturità e leggerezza lo porta ad entrare in contatto con ciò che ha perso, perché sa che in qualche modo lui è ancora in grado di provare qualcosa, dopotutto. I due sono uniti dall'idea della perfezione: Ino dal lato amoroso, Sai dal lato artistico, alla ricerca di quel colore con cui dipigengere quegli occhi che l'hanno tanto colpito. Per quello si completano, sono così perfetti insieme T_T

L'ultima parte di questa Fic l'ho scritta sulle note di "Can't help falling in love" di Elvis Presley. Per tutti gli shuriken, quella canzone è pura poesia! 


Se vi è piaciuta, fatemelo sapere con una recensione, anche breve 
Se non vi è piaciuta, non fatevi problemi a mandarmi una recensione, purché sia costruttiva 


Che sia per voi una Felice giornata, che le vostre vite possano essere ricche di meravigliosi colori!

A presto 

 
Magaskawee ~ 

 
 
 
  
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