Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    21/08/2019    2 recensioni
BriennexJaime | Fix-it | Multichapter breve
Dal testo:
“Oh, cammini di nuovo.”
“Ne sembrano tutti così sorpresi.”
E rubò un sorriso da Brienne. Jaime la guardava sorridere e ne rimase incantato. Non se la ricordava sorridere. O forse sì, in una di quelle tante notti a Grande Inverno, quando aveva scoperto che la barba sul collo le faceva il solletico, così tanto da farla contorcere prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
“Siamo abituati a pensarti morto.” Brienne rispose acida con una frecciatina, lanciata apposta perché ferisse, ma non in profondità. Dopo un lungo silenzio alzò persino gli occhi per controllarlo.
“E tu hai visto anche i morti camminare, di cosa ti stupisci?”
Brienne rise di nuovo involontariamente. Si coprì la bocca per nasconderlo, ma Jaime pareva attendere proprio quella reazione con gli occhi che non la lasciavano un secondo e la controllavano. “Smettila!” lo supplicò.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beginning to the end'
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Capitolo 3



Dal primo momento che Jaime era riuscito a muovere di nuovo i primi passi, aveva cominciato a scorrazzare per l’intero castello alla stregua di un bambino. Non lasciava più che Tyrion andasse nella sua stanza con due coppe, una brocca di vino e frutta di stagione per la colazione, ma si alzava prima di lui, si recava nelle stanze del consigliere del re e lo risvegliava. Piuttosto fastidioso, a sentir lui. 

Quando Jaime aprì gli occhi però quella mattina, si ritrovò sul pavimento freddo con un altro corpo schiacciato addosso ed, oltre alle ossa incrinate, dimenticò di suo fratello e della colazione. 

Il sole illuminava appena le fredde pareti di pietra, le ombre occupavano ancora gran parte della stanza. Un venticello fresco soffiava attraverso la finestrella, agitando singoli capelli sul capo di Brienne, che si muovevano disordinatamente. Jaime li appiattì con un bacio ed una carezza che la svegliarono immediatamente. 

“Buon giorno, raggio di sole.” Sussurrò lui prendendola amorevolmente in giro. 

Brienne strizzò gli occhi, se li pulì dalle lacrime incrostate nelle ciglia della sera prima e si mise a sedere allontanandosi dal petto caldo di lui. “Sono in ritardo.” Riuscì solo a balbettare. 

Jaime percepì all’istante l’imbarazzo di lei. Era rigida, si sfregava ancora gli occhi con le maniche della giubba, intenta a non posare su di lui neanche uno sguardo. “Non succederà niente per una volta.” Provò a convincerla, poi cercò di alzarsi, ma tra la schiena dolorante, la gamba addormentata ed una goffaggine che pareva ancora accompagnarlo, quasi cadde di nuovo. Si appese alla parete e si tenne in piedi. 

Immediatamente lei gli fu accanto, subito a tenerlo per le braccia. E pensare che si era immaginato quella scena differentemente. “Vedi, ho davvero bisogno di te qui.” Finse, perfettamente in grado di mantenersi in piedi da solo, massaggiandosi però intanto la schiena, dove il muro gli aveva levigato le vertebre. 

Brienne sospirò “Non dire cavolate.” Fece con voce più delicata, a tratti persino preoccupata, mascherata dietro le solite parole aggressive. Gli ricordò dannatamente della donna calda ed affettuosa che aveva imparato a conoscere a Grande Inverno, un aspetto di lei di cui si era quasi dimenticato. Per di più, sotto i suoi occhi, con lei, si sentiva un uomo diverso: migliore di quel che era ed aveva fatto, anche negli ultimi mesi e meritevole delle sue attenzioni. 

Era sempre stato così con lei, fin dall’inizio. Con Cercei Jaime aveva trovato l’altra metà della mela, ma aveva perso la propria. Da quando aveva conosciuto Brienne aveva invece recuperato sé stesso. Si era ritrovato però a dover unire due pezzi che non combaciavano più. Ci aveva provato a rimetterli insieme così disperatamente senza successo, fino a quando quella metà era scomparsa. 

Non sapeva più che tipo di pezzo fosse Jaime. Non quello di Cercei, era chiaro. Non quello che Brienne credeva. No, quello non sarebbe mai potuto essere. A volte Jaime si chiedeva cosa ci trovasse in lui se non un bel faccino. 

“Già, ho fatto finta,” le rispose sistemandosi in piedi “ho barato per non farti allontanare.”

La donna sospirò di nuovo e lo studiò attentamente, mentre per lui fu difficile sostenerne lo sguardo. Poi sorrise calorosa. Le labbra carnose ed un po’ screpolate si stirarono nel sorriso, occupandole tutte le guance. 

“Ci vediamo dopo.” Gli disse solo e si allontanò. 

“A dopo.” Rispose Jaime sollevando la mano che gli rimaneva, mentre lei sulla porta gli rispose girandosi appena, ancora sorridente ed agitando le dita. 

Era strana la sensazione calda che gli aveva regalato il suo sorriso. Gli aveva fatto saltare un battito del cuore, per poi sentirlo potente e forte che pompava sangue nel petto, come se qualcosa di caldo gli fosse andato di traverso. Non provava niente di simile da quando era giovane e Cercei aveva da poco cominciato ad alzarsi la gonna per lui. 

Brienne era così diversa da Cercei. Cercei era bellissima, la donna più bella di tutta Westeros. Di Brienne invece, Jaime ricordò che una volta non riusciva neanche a guardarla in faccia. Poi il suo aspetto diventò meno importante e cominciò a farlo più spesso, fino a notare i suoi occhi, due grandi e sinceri occhi blu, luminosi ed infervoriti che rispecchiavano tutto quello che Brienne aveva dentro, un’innocenza ed una determinazione che aveva visto solo in sé stesso in gioventù. Quando la vide nuda per la prima volta invece, si rese conto della donna che nascondeva: forte, intrigante, rude, eccitante, selvaggia. Gli tornò duro al solo pensiero. 


***


Quando raggiunse Tyrion, Jaime lo trovò già sveglio, lavato e profumato, seduto al tavolino che lo aspettava sorseggiando un bicchiere di vino e strappando distrattamente acini d’uva da un largo piatto dorato. Approdo del Re era rimasta scintillante persino sotto le ceneri.

“Sei in ritardo.” Sentenziò Tyrion fissando dritto davanti a sé, in qualche punto tra il balcone e la tenda rossa. 

Jaime lo raggiunse destreggiandosi laboriosamente tra i cuscini, le lenzuola ed i vestiti abbandonati sul pavimento. “Per?” chiese alla fine seduto davanti a lui.

“Ho visto la tua lady cavaliere uscire dalla tua stanza stamattina.” Continuò Tyrion, accusando o indagando, neanche suo fratello seppe dire cosa pareva passargli per la testa. 

“Già.” Rispose solo Jaime, sperando invano di poter lasciar decadere il discorso. Si versò del vino ed afferrò un tozzo di pane ed una mela dai vassoi disordinatamente disposti sul tavolo. Forse piuttosto che evitarlo, avrebbe dovuto ringraziarlo per essersi messo in mezzo anche quando gli era stato chiesto di fare l’esatto contrario. Jaime masticò il pane per non parlare. 

Tyrion buttò giù il vino in un sol sorso, con il pomo d’Adamo che gli andava su e giù ad ogni colpo di glottide. Si asciugò poi la bocca e finalmente riuscì a chiedere “Devi raccontarmi ogni cosa.” Disse battendo le mani più volte sul tavolo, come se si trovasse in una qualche taverna piuttosto che in un castello. 

Jaime quasi scoppiò a ridere, mascherano tutto dietro ad un sorriso interrogativo.  

“Per favore.” Supplicò Tyrion “Ne ho bisogno!”

“Tu hai bisogno di una donna.” Lo liquidò Jaime per addentare poi la sua mela, piccola, bozzonuta e farinosa. 

“Avanti.”

“Non ti dico niente.” Cercò di svincolare. Forse il cavaliere sarebbe stato più collaborativo se gli avesse dovuto raccontare di una di quelle tante notti a Grande Inverno, una di quelle di cui avrebbe potuto condividere dettagli sconci e prodezze di cui andare fiero. 

Tyrion se lo studiò da dietro il bicchiere vuoto: timido, imbarazzato, sfuggente… “Non mi dire.” Fece fingendo sgomento. Si mise in piedi, lo raggiunse e lo guardò dall’alto in basso, cercando indizi di chissà cosa. 

“Cosa?” chiese il fratello con voce più acuta, spalle ricurve e l’atteggiamento di uno che stava cercando la via più veloce per scappare. 

“Non te la sei fatta.” affermò Tyrion senza chiedere e Jaime non rispose e lo sapeva che non rispondere sarebbe stata la peggior risposta che potesse dargli, ma non sapeva in che altro modo confessare. “Jaime, fratellone, non ti sarai innamorato?” chiese il nano fingendo preoccupazione, come se stesse parlando di una malattia o chissà cos’altro. 

Oh. 


***


Da quando Brienne aveva lasciato Jaime, per tutta la mattina non aveva fatto che pensare a quella notte. Aveva dormito sul pavimento tra le sue braccia, con lui che la cullava quasi fosse una bambina. Aveva pianto così tanto che le bruciavano ancora gli occhi e la sua voce gracchiava, come se non bastasse. Piangere era stato catartico.  Dopo aver pianto si sentiva leggera, anche se non sapeva ancora cosa quella notte avesse significato.

Avrebbe voluto dare credito a tutte quella voce di bambina che le dicevano che il cavaliere si era invaghito della sua bella, che dormire insieme e quell’affetto significavano qualcosa. Eppure c’era un’altra parte, la donna cresciuta, che aveva vissuto e visto abbastanza per sapere che i bambini non fanno altro che sognare. 

Quando nel primo pomeriggio vide Jaime venirle incontro verso le scuderie si irrigidì spontaneamente. Prese un respiro profondo e si gonfiò il petto a disagio. Persino il cavallo su cui era in groppa si rese conto di quanto fosse nervosa Brienne e quando Jaime si avvicinò, quello allontanò il muso d’istinto. 

“Buono, buono.” Fece l’uomo, afferrando l’animale per la cavezza di pelle consumata. Il cavallo brontolò, s’agitò, scalciò un po’ di terra sporcandogli gli stivali, ma poi conquistato si lasciò calmare con un paio di carezze sulla criniera. 

Jaime era premuroso, tenero, dal tocco gentile. Brienne provò a chiedersi quante altre persone conoscessero quel suo lato del carattere, così diverso dallo sterminatore di re a cui tanto era piaciuto accostarlo negli anni. Forse i suoi figli, si rispose da sola. 

“Una passeggiata?” chiese l’uomo, ancora coccolando la bestia. Se non altro, il cavallo almeno era tranquillo.

La sua voce la riscosse dai pensieri. Il cuore ricominciò a batterle furiosamente nel petto. Ingoiò della saliva per evitare di schiarirsi la voce. “Puoi farcela?” chiese poi. 

Jaime sorrise scrollando il capo. “Continui a sottovalutarmi o sopravvalutarmi. Non hai mezze misure con me.” Allungò la mano, prese quella di Brienne, tentennò qualche secondo prima di sottrarle le briglia dalle dita. Era riuscito a sentire il disegno delle vene sotto la sua pelle, così bene da riuscire a domandarsi come avesse fatto a non notare quella notte quanto la guerra avesse segnato anche lei. Era dimagrita, persino il viso era più emaciato, i capelli più lunghi ed arruffati, la vita più stretta e il seno ancora più piccolo o meglio nascosto. “Allora?” chiese di nuovo. 

“Passeggiata.” Si convinse lei alla fine. 


***


Camminarono in lungo ed in largo nei giardini della fortezza rossa. Le piante stavano diventando sempre più rigogliose, quasi a toccare le finestre dei primi piani, quasi avevano già bisogno di una potatura. L’erba verde, sempre ben curata invece, era ricresciuta. Solo ogni tanto si poteva riconoscere qua e là cenere o carbone. 

Gli spazi verdi erano stati ricreati in modo tale da avvolgere completamente la fortezza e portavano in ogni sua parte tramite dei sentieri. Persino dall’esterno, da Approdo del Re, quando si voleva entrare a palazzo si era costretti a passare su un lastricato in pietra immerso tra le piante. Tutto ovviamente era ben levigato e liscio perché il Re potesse camminarvici, se così si può dire. 

Jaime e Brienne passeggiarono in silenzio lungo tutti i giardini. Era piacevole camminare sotto la frescura delle chiome verdi e profumate. Se c’era qualcosa però che Jaime apprezzava più di tutto era il mare. Quando giunsero sulla balconata di pietra che affacciava direttamente sugli scogli e sull’acqua salata si fermò per guardare fuori. Si poggiò sulle larghe colonne che sorreggevano come una ringhiera il piano di marmo freddo, unica barriera dallo strapiombo. 

Il vento salato gli arrivò in faccia ed il rumore dei gabbiani lo portò in un altro mondo. “Sai,” cominciò a dire “quando venni per la prima volta ad Approdo del Re era estate. Caldo, rumore, il mare e le onde. Sembrava tagliata apposta per me, la città da un lato e l’acqua dall’altro.” Raccontò, ricordandosi dello stupore che aveva provato quando ancora era un ragazzino. Per certi versi camminare in quei luoghi diversi e così familiari insieme l’aveva riportato a quei tempi. 

Brienne sospirò ma non rispose. Provò ad immaginare un giovane ragazzo, nel fiore degli anni, appena nominato cavaliere, appena uscito nel mondo fuori dal suo castello. Forte, che poteva tutto, impavido. Niente a fargli paura. 

Jaime sbirciò la donna al suo fianco. In effetti la giubba le stava più larga di quel che ricordasse. I lineamenti gli parevano quasi più affilati e qualche cicatrice in più le segnava la pelle qui e lì. Sotto la luce del sole e davanti all’acqua, gli occhi le diventavano trasparenti. Era assorta. Guardò di nuovo anche lui il mare e si perse nelle onde.  

“Immagino che Tarth dovesse essere simile.” Bisbigliò alla fine e provò ad avvicinarsi. Si voltò per studiarla, cercare qualche segnale che avesse azzardato troppo o troppo poco e quando non la vide reagire con il gomito le toccò il suo, fino ad accarezzarle il braccio col braccio. 

Brienne aveva una mano dentro all’altra e si stringeva le dita nervosamente. Spostò il peso da un piede all’altro e quando schiuse le labbra le pareva quasi si fossero incollate tra di loro. “Già, solo molte meno persone ed un odore più… pulito.” Scherzò arricciando il naso. 

Jaime rise e chinò il capo. 

Da quella angolazione Brienne riuscì a vedere solo una fossetta sul suo profilo, nascosta in un filo di barba bianca e dorata che stava ricrescendo. Quando il cuore batté, le sembrava che avesse pompato lava calda nel petto e nella testa, mentre stranamente le gambe le parvero arrendersi. Strinse di nuovo le dita ed incoraggiata dal sorrisetto di lui continuò a raccontare. “Le spiagge sono più sabbiose e la vegetazione più armoniosa. Un posto ideale per crescere.”

“Riesco a vedere una piccola Brienne che corre sui prati.” Scherzò Jaime, disegnando nell’aria colline curve con un gesto del braccio. 

“Qualcosa del genere.” Gli rispose per poi tornare a guardare dritto davanti a sé la spuma bianca sulle onde ed a giocare di nuovo con le dita. 

“Brienne?” la chiamò lui e persino sentire il suo nome la rimise in agitazione “sei nervosa.” Constatò Jaime.

“Già.” 

Sentiva il suo sguardo addosso e non aveva il coraggio di rigirarsi a guardare. Che cosa stupida, aveva avuto il coraggio di guardare in faccia la morte, di affrontare uomini ben più grandi di Jaime Lannister ed adesso, davanti a quella voce tenera, da sola con lui ed il rumore del mare, si sentiva in agitazione.

“Perché?” chiese Jaime quasi in un bisbiglio e le prese la mano, interrompendo quella tortura che si stava imponendo da sola. Le accarezzò le nocche con movimenti ripetitivi e circolari del pollice. 

Brienne abbassò lo sguardo e si fermò a guardare. Era tenero ed intimo. Alzò gli occhi e trovò immediatamente i suoi che la catturarono all’istante. Il cuore le batteva così forte nel petto che le toglieva persino il fiato per parlare. Il vento le sollevò i peli sulle braccia e sulla nuca. Jaime era così vicino da sentire il suo calore. “Oh, andiamo.” Rispose, ribellandosi a quella situazione, incapace di soccombere e basta o giocare a quella parte della dama e del cavaliere. “Lo sai. Per quello che stai facendo.” Riuscì a rispondere.

“Parlando?” scherzò Jaime che per una volta vicino a lei si sentiva forte e virile.  

Brienne roteò gli occhi, spazientita. Fece per allontanarsi dandosi una spinta con le braccia, ma si sentì tirare di nuovo verso la balconata, premuta col corpo a quello di lui che la teneva per la mano prima e per una spalla poi. Poi si ritrovò le labbra di Jaime schiacciate prepotenti sulle sue, il naso arricciato contro la guancia, gli occhi di lui chiusi, i suoi aperti. Non era un bacio, era una collisione. Quando lui si staccò da lei però respirava a fatica, aveva l’affanno e sorrideva soddisfatto ed emozionato. Aveva spostato la mano tra il collo e la guancia di lei, accarezzandola come stava facendo poco prima, lento e ripetitivo, così dolce che Brienne chiuse gli occhi e con la fronte si poggiò sulla sua. 

“Stai bene?” chiese Jaime, approfondendo la mano tra i capelli di lei. 

Brienne fece solo cenno di sì e curvò appena il capo per raggiungerlo ed allora arrivò il bacio. 

Era lento, dolce, rumoroso perfino. Le faceva girare la testa e nonostante questo si staccò dal marmo del cornicione e poggiò le mani sui fianchi di Jaime, che si avvicinò di più. Non era un solo bacio, ma un milione di baci umidi. L’uomo le prese il viso con la mano, se la tenne stretta quanto più riusciva, fino a che i baci diventarono più bisognosi, quasi affamati ed affannati.


***

 

Non avevano più dormito insieme da quella notte. Né per davvero, né avevano fatto l’amore. Si incontravano però continuamente nel castello. Non per pura casualità, ovviamente, erano entrambi l’uno alla ricerca dell’altro. Stando a Tyrion si stavano comportando come due adolescenti. 

A Jaime piaceva baciarla. La prendeva alla sprovvista. Non appena il re o uno dei tanti cavalieri o chicchessia giravano le spalle, Jaime spuntava fuori, la tirava per il polso e lasciava che lei gli cadesse addosso in un angolo buio sotto le scale o in uno sgabuzzino e la baciava. Le infilava la lingua in bocca, le scombinava i capelli e le passava la mano e le labbra su ogni lembo di pelle non fosse coperto dall’armatura. La restituiva poi mal volentieri al mondo che demandava la sua presenza. 

“Devo andare.” Fece una volta, di nuovo di fronte al mare dove si incontravano ormai tutte le sere. Teneva le mani sul suo petto cercando svogliatamente di allontanarlo. 

“Vieni da me stanotte.” Le chiese con quella voce quasi supplicante ed il viso di lei cambiò espressione. Era titubante ed aveva gli occhi chiari sgranati. Poteva capirla, davvero: gli aveva già dato tutto una volta e lui l’aveva butto via. Ci sarebbe voluto tempo e devozione e Jaime glieli avrebbe provati entrambi. “Non farò niente, lo prometto.” Aggiunse con una mano sul cuore, sperando che i suoi giuramenti avessero ancora valore ai suoi occhi. 

“Non è questo.” Rispose pacata Brienne. Allontanò il collo, offrendogli solo più pelle da baciare. Sentiva il rumore dei suoi baci vicino all’orecchio, un rumore caldo ed umido, mentre la sua saliva gli bagnava quel punto che la fece tremare e forse era quel tremore ed i gemiti che le uscivano dalla bocca ad intimorirla. 

“E allora cosa?” chiese Jaime accarezzandole il collo con la punta del naso. Lasciò poi un bacio più casto all’angolo del viso. 

“Niente.” Si arrese Brienne e sorrise, cercando di nascondere invece le risa. “Mi fai il solletico.” Riuscì ad aggiungere prima di piegarsi per allontanarlo. 

Jaime scoppiò a ridere divertito e cercò di trattenerla e combattere, passandole delicatamente le dita su quel punto che aveva appena scoperto. 

Continuarono a ridere entrambi, per un motivo o per un altro, non preoccupandosi affatto del luogo in cui fossero, delle persone che avrebbero potuto vederli, dell’impressione che avessero dato. Continuarono a giocare a quarant’anni suonati a farsi il solletico come due bambini, fino a che Brienne implorò una tregua e si lasciò cadere a terra stremata per prendere aria. 

Jaime la raggiunse, portandosi appena dietro di lei, la mano sul fianco ed il viso sulla sua spalla, vicino all’unico lembo di pelle lasciato scoperto tra il collo e la clavicola. “La tua spada è ancora nella mia stanza.” Le sussurrò malizioso, mentre seduto a terra, giocava col tallone nell’erba curata. 

Brienne sbuffò e sorrise insieme. “E’ una pessima scusa.”

“E’ vero.” Convenne lui e spostò la mano, che vagabondò vorace lungo tutta la figura di lei, increspandole gli abiti. Istintivamente Brienne inarcò la schiena, allontanandosi, ma schiacciando il bacino contro il suo. “Ma la spada c’è davvero.” Aggiunse volutamente malizioso, bisbigliandole in un orecchio. Non sapeva cosa gli stesse prendendo: Cercei non aveva mai apprezzato la sua parlantina sconcia e così Jaime l’aveva semplicemente lasciata perdere. Ora era tornata e basta. Si sentiva vivo, entusiasta, pieno di energie, ma non voleva spaventarla. Nossignore. Ed allora la punzecchiò col ginocchio alla ricerca di una reazione.

"Credi di avermi sconvolto?” chiese Brienne dopo un attimo di silenzio, sentendosi lo sguardo di lui addosso che la studiava irrequieto. Si girò e lo trovò con le labbra schiuse, gli occhi neri ed il capo chino che la guardavano. Lo baciò cauta e dolce. Jaime con la bocca prese la sua che la morse piano.

“Aspettami.” Gli bisbigliò, prima di andare via.



***


Jaime aspettava Brienne quella sera camminando avanti e dietro in quella piccola stanzetta. Aveva risistemato tutto, tornando al vecchio ordine militare in cui era stato costretto sin da ragazzo a tenere le sue cose. Jaime era nervoso e quando Jaime era nervoso non si sapeva dare una regolata. Si doveva tenere occupato. Aveva allora controllato più di una volta le lenzuola, le due spade gemelle poggiate nell’angolo, il vaso da notte nascosto sotto il letto, che il pavimento fosse libero da qualsiasi ingombro. Aveva controllato la serratura così tante volte da aver avuto anche il timore di averla consumata o bloccata ed allora l’aveva ricontrollata di nuovo. Si allacciava e slacciava i vestiti sul collo. 

Finalmente, quando il sole era ormai calato e la luna alta, la porta si aprì e Brienne la varcò con una lunga falcata. 

Indossava una giubba blu e dei pantaloni che con quella luce gli parevano marroni. Ancora una volta Jaime notò quanto quelli gli stessero larghi. Con la coda dell’occhio si guardò addosso, cercando di capire se anche a lui facessero quell’effetto. 

“Jaime.” Lo riscosse lei dall’incanto, chiamandolo con voce così bassa che dubitò addirittura che lo avesse chiamato. 

Era nervosa anche lei, lo si capiva dalla postura. Aveva gli occhi blu titubanti, che lo cercavano e lo evitavano insieme. I capelli le erano ricresciuti così tanto che le toccava nascondere qualche ciocca ripetutamente dietro alle orecchie in un gesto quasi vanesio che non le apparteneva affatto, mentre sulla nuca avevano preso a formarsi due ricci che spuntavano fuori dai lati e sul profilo. 

Brienne si fece avanti e raggiunse il letto su cui si sedette. Gli fece cenno di raggiungerla tamburellando una mano sul materasso. Le lunghe gambe accavallate abbellivano da sole la stanza. Avrebbe voluto scalare dal basso con la mano e la bocca fino ad arrivare al suo ventre. 

Si sedette accanto a lei ed aspettò. La guardò leccarsi le labbra morbide e si concentrò su quelle. 

“Ho pensato a lungo se venire qui oppure no. Non sapevo se…” provò a spiegarsi, ma era troppo nervosa o imbarazzata per riuscire a completare la frase. “Dovevo farti una domanda.” Attese un accenno da parte di lui, che mosse appena il capo invitandola a continuare. “Perché mi hai chiesto di venire?”

“Sarebbe questa la domanda?” chiese subito prima di mordersi la lingua impulsiva ed evitando così almeno di sorridere davanti alla sua richiesta banale. Beh, lei perché era venuta? 

“No.” Si corresse subito e poi voltò il capo per concentrarsi su qualunque cosa avesse in testa. “Perché l’hai chiesto a me?” continuò ed attese come se fosse stata chiara. 

“Che intendi?” si decise alla fine Jaime, mentre una parte del cervello gli si mise in allarme fischiando, quasi avesse capito. 

Brienne strinse le labbra, la punta della lingua nel mezzo. “Quello che è successo questo inverno…” cominciò a dire. 

“No.” La fermò subito Jaime. “Non mi stavo consolando, non stavo festeggiando, non cercavo conforto né un letto caldo.” Elencò con rabbia “Né allora, né adesso.”

Brienne sembrò processare quello che gli aveva appena detto. Strinse gli occhi come se avesse voluto evitare di piangere, poi prese un lungo respiro. “Non voglio essere usata o illusa.” Cominciò a dettare regole con voce malferma, insicura. Così dannatamente insicura e fragile davanti a lui. “Voglio che tu sia sincero, che mi dica sempre la verità.” 

“Sissignora.” Rispose Jaime sorridendo, ancora una volta colpito dal suo spirito e dalla sua forza più che dal suo aspetto. 

“E piantala di prendermi in giro.”

Jaime rise di nuovo. “Mi chiedi troppo.” Rispose e cercò una mano con la sua, che si teneva aggrappata alla sponda del letto mentre col pollice grattava una scheggia. La strinse, si avvicinò fino a sfiorarle la guancia col naso. Una ciocca di capelli ribelli di lei gli cadde sulla fronte. “Provo qualcosa per te.” Le bisbigliò alla fine con un fil di voce. 

Brienne ebbe la tentazione di chiedere se la stesse prendendo in giro anche in quel momento. Invece si perse di nuovo in quel sorriso, nell’imperfezione sul dorso del naso, nelle occhiaie che gli solcavano le guance e sentì di nuovo quella sensazione calda nel petto. “Provo qualcosa per te.” Ripeté Brienne, prima di prendergli le labbra nelle sue. 




Angolo dell'autrice 

Ragà, non so, ditemi voi. Ho meditato a lungo su questo capitolo. Non so com'è venuto. In genere pubblico solo quando ne sono sicura al 100%. Ora lo sono, ma non so se è quello che vi aspettate e mi sento sufficientemente insicura. Non ho voluto tornare ad una relazione fisica e farla ricominciare come nella serie. Questa volta ci deve essere qualcos'altro sul piatto, si deve discutere di sentimenti, come farò anche più avanti. Credo inoltre di starmi allungando TANTISSIMO. Ho bozze di non so quante altre pagine ahah

Colgo inoltre l'occasione come sempre per ringraziarvi per l'interesse e le parole ricevute :) 

Font aggiornato, finalmente 


  
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