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Autore: Tatystories    21/08/2019    1 recensioni
Maya è una ragazza come tante che però deve fare i conti con una sedia a rotelle, con un vicino fastidioso e con una realtà celata nella sua memoria che si ripete fin dai tempi più antichi e che prevede la lotta del bene contro del male, di Madre Natura contro Caos e di cinque Elementi contro forze oscure e diaboliche. Passione, magia e mistero...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chicco passa tutto il pomeriggio a casa mia, giochiamo alla Play, guardiamo l’ultimo episodio del Trono di spade e ci strafoghiamo di patatine e noccioline tanto che ora di sera ho un gran mal di pancia. Gli ho anche fatto vedere la copertina della tesina che mi ha aiutato a creare. È davvero bella. Sono io fotografata di schiena seduta sul terreno. La schiena è nuda ma i miei lunghi capelli lisci e castani la coprono quasi completamente, lasciando visibili solo piccole porzioni di pelle che appare particolarmente liscia e lucida. I capelli scendo morbidi fino a terra ed unendosi con essa si trasformano delicatamente in radici gonfie e pulsanti. Era un’immagine che mi assillava da diversi mesi, la prima volta l’ho sognata, poi più volte, anche durante il giorno, si materializzava davanti ai miei occhi dal nulla. Un giorno l’ho raccontato a Chicco che mi ha proposto di dargli forma usando me come modella. Nel sogno la ragazza seduta era irriconoscibile, ma effettivamente sia la forma della schiena che l’aspetto dei capelli potevano essere i miei. Quindi un pomeriggio ci siamo posizionati nel suo giardino di casa, dovendo stare a dorso nudo non potevamo stare in un luogo pubblico. Per trovare la posizione e la luce giusta ci volle quasi un’ora, ad un certo punto pensai che Chicco si divertisse a vedermi mezza nuda e mezza intirizzita. Non era una giornata fredda, ma un po’ la situazione, un po’ un ‘arietta pungente che mi solleticava la pelle, mi sentivo decisamente imbarazzata. Ovviamente dopo quella volta in cui il corpo di ognuno di noi smise di essere un mistero per l’altro non capitò più che ci mostrassimo, stabilito che il nostro rapporto sarebbe rimasto per sempre platonico e amichevole tornammo a comportarci come prima con la differenza di non aver più dieci anni e quindi di aver una maggior consapevolezza dei limiti da non valicare. Il giorno della foto per ovvie ragioni dovetti mostrarmi, o per lo meno mostrai la mia schiena, perché tenni sempre una maglietta a portata di mano da indossare quando mi giravo verso Chicco. La foto risultò bellissima, non mi sarei nemmeno riconosciuta se non fossi stata certa di aver fatto da modella e anche prima di usare Photoshop i miei capelli che sfioravano il suolo si confondevano con esso naturalmente. Mai mi ero accorta quanto il tono del mio castano assomigliasse al colore della terra, perfino le strane sfumature che da sempre li caratterizzano sembrano fatte apposta per riprodurre i colori del bosco. Chicco, grazie alle sue abilità artistiche e tecnologiche, migliorò l’effetto con gradazioni un po’ più brillanti.
- Chicco che fai stasera?
- Esco di nuovo con Marilena.
- Cooosaaaa! Sarebbe già la seconda volta. Non sapevo ti fossi innamorato!
- Non dire scemenze. Comunque sarebbe la terza. È un po’ che ci penso e sono arrivato alla conclusione che è colpa mia se non riesco a trovare una ragazza fissa. Mi annoio troppo in fretta e non do mai una seconda chance.
- Beh, ma qui siamo alla terza. Mi sono persa la seconda. Quando ci sei uscito?
- Ieri sera, siamo andati al cineforum, ma siamo usciti ancora prima che iniziasse il film per colpa di un blackout.
- Sì, lo so. C’erano anche i miei genitori e me lo hanno raccontato. Davvero un fatto strano visto che il cinema è appena stato ristrutturato.
- L’ho pensato anche io… comunque mi è sembrato giusto invitarla questa sera per rimediare. Andiamo al Galeone a mangiare un panino e poi forse a ballare o per lo meno questo è quello che vorrebbe lei, ma sai che io non amo le discoteche. Vedremo come si mette la serata. Vuoi venire con noi?
- Per l’amore del cielo! Non ti preoccupare, ho altri impegni per stasera. Ho appena cominciato un nuovo romanzo. Si chiama “Storie di donne coraggiose” è ambientato agli inizi del ‘900 e promette disgrazie e amori in pari misura.
- Insomma un bel polpettone!
Io e Chicco non siamo mai riusciti ad andare d’accordo sul genere dei libri da leggere. Io romantica per eccellenza e determinata a saperne di più della storia e della società agli inizi del secolo, combattuta tra Mr. Darcy e il capitano Frederick Wentworth, lui tutto ambientazioni fantastiche, atmosfere magiche e personaggi come Aragorn o Tyrion. Quindi prassi di sempre rinchiudersi nelle rispettive stanze in caso di serata librosa. In ogni caso dopo l’incidente le mie uscite serale si sono ridotte drasticamente. Non è certo semplice portare in giro una disabile e sebbene Chicco abbia fatto l’impossibile per rendere la mia vita sociale più normale possibile, il mio desiderio di uscire ha subito un comprensibile stop. Ogni tanto mi sono sforzata, più per accontentare lui e gli altri miei amici che per reale volontà, ma la verità è che mi dispiace limitare gli altri per assecondare i miei bisogni.
Prima di salutarmi, sulla porta mi stampa un bacio sulla guancia e mi chiede se cenerò a casa sua.
- Perché dovrei?
- Perché tua madre mi ha detto che sta sera sono stati invitati da mia madre per assaggiare una delle sue invenzioni culinarie. Credo abbia mescolato polipo e arance o spigola e kiwi o qualcosa di altrettanto assurdo.
Come sempre sono l’ultima a sapere cosa succede nella mia famiglia e Chicco il primo.
- Non lo sapevo, ma credo passerò. Adoro tua madre e le sue torte al cioccolato e fragole, ma tutto il resto…
E faccio un gesto con le mani all’altezza del collo ad indicare la mia disapprovazione. Torno in casa e raggiungo mia madre che si trova in cucina a preparare un dolce.
- Mamma potevi anche dirmelo che siamo invitati a cena da Chicco?
- Tanto sapevo che non saresti venuta, Chicco non c’è e Fabiola prepara una delle sue pastrugnate… ops… che rimanga tra noi! Ti ho cucinato un hamburger e ci sono le crocchette di patate in forno, devi solo scaldarle. Però sei vuoi uscire con i tuoi amici e hai bisogno che papà ti porti da qualche parte non c’è problema.
- No, grazie. Ho bisogno di una serata librosa.
- Va bene tesoro, ma promettimi che ti sforzerai di uscire un pochino di più.
Dolce la mia mammina. Si preoccupa sempre troppo. Sono davvero contenta di questa serata tranquilla. Voglio provare a fare una cosa, ma devo essere sola in casa e non devo avere il tempo contato. Sarà un test che mi farà capire quanto la presenza di Lukas ha influito sul mio recupero della mobilità e contemporaneamente mi toglierò un piccolo sfizio.
Mio padre è rientrato, è venuto in camera a salutarmi e a darmi il bacio della buona notte. Avrò anche superato la maggiore età, ma non rinuncerei alla nostra buonanotte per nessuna ragione al mondo. Ora sta facendo una doccia veloce e poi andranno a cena da Chicco, si è già lamentato che non ha intenzione di ingoiare ciò che non riconosce. Mamma mi chiede dove è finita la tortiera di ceramica, quella bella della nonna. Le ricordo che l’ha lasciata propri da Fabiola qualche giorno fa quando le ha portato la torta salata ai carciofi. Tutte tre, mamma, Fabiola e Grazia, la mamma dei gemelli, hanno quest’abitudine di scambiarsi il cibo almeno due volte alla settimana con risultati discutibili perché chiunque riceva le pietanze di Fabiola sa di dover correre ai ripari con sostituzioni di fortuna e chi invece riceve quelle di Grazia sa che mangerà la stessa cosa per almeno tre giorni.  
- Maya noi andiamo. Siamo già in ritardo. Ti chiudo a chiave.
- No, mamma, lascia aperto, ho visto che hai fuori la biancheria stesa. Te la ritiro io così porto in casa anche il telo dalla doccia di papà.
- Grazie tesoro, ci vediamo più tardi. Non aspettarci sveglia, sai che Fabiola non ci lascia andare fino a quando gli uomini non hanno finito di fumare tutti i sigari che ha in casa.
- E’ una tattica per farci dimenticare la cena.
Risponde mio padre e tutti scoppiamo a ridere perché sappiamo quanto sia vero quello che ha detto.
Finalmente sola, ma suona il cellulare.
- Pronto.
È Mia, è la mia migliore amica, dopo Chicco ovviamente. Ci siamo conosciute al liceo, siamo nella stessa classe e ci siamo capite subito. Bella, dolcissima e innamorata di Chicco dal primo giorno in cui l’ha visto, ma altrettanto ignorata da lui. Parliamo per quasi un’ora. L’ho un po’ trascurata ultimamente e ha bisogno di aggiornarmi su tutti i pettegolezzi che mi passano sotto il naso giornalmente, ma non colgo un po’ per distrazione e un po’ per scelta. Marco ha lasciato Paola che per farlo ingelosire ha baciato Luca che però stava con Letizia che piange da due giorni disperatamente perché Sara le ha raccontato tutto. Un bel casino. Credevo che crescendo almeno queste bambinate da prima liceo me le sarei lasciate alle spalle, al contrario pare che i ragazzi e le ragazze maggiorenni siano più idioti di quelli di quattordici anni. Ci salutiamo con la promessa di vederci prima possibile.
Finalmente sola e finalmente tutto tace.
Mi dirigo nel bagno verde, si chiama così per il colore delle piastrelle, l’altro ovviamente si chiama bagno rosa per lo steso motivo. Nel bagno verde c’è una meravigliosa doccia doppia con idromassaggio verticale e luci per la cromoterapia, un’idea di mio padre, mentre nell’altro c’è solo la vasca. Da un anno cioè da quando sono sulla sedia a rotelle, io uso sempre e solo quest’ultimo perché è stato attrezzato per rendermi autonoma. I momenti che si vivono in questa particolare parte della casa sono quelli che si possono considerare più intimi e delicati, è stato quindi un sollievo tornare a casa dall’ospedale e trovare tutto pronto per gestirmi in autonomia, evitando di dover chiedere aiuto mentre sono nuda o sulla tazza. Questa volta no, questa volta mi dirigo nel bagno verde perché voglio farmi una doccia. Lo desidero dal giorno stesso in cui mi sono svegliata nel letto dell’ospedale dopo l’intervento. Ho desiderato poter sentire il getto dell’acqua calda sulla mia schiena da subito, più di tante altre cose più indispensabili. Credo sia stato un moto di ribellione, forse l’unico vero gesto sovversivo che lasciava trapelare la mia volontà a non adattarmi alla situazione. Volontà che però non ho mai manifestato ad alta voce.
Prima di entrare in bagno devo provare ad alzarmi, una volta in piedi sarà abbastanza facile raggiungere la doccia perché posso ancorarmi al muro da un lato e al lavandino dall’altra. Posiziono quindi la carrozzina vicino alla porta aperta e decisamente agitata sposto i piedi dalla pedana al pavimento. Comincio a spogliarmi, prima le calze, poi i pantaloni, la canottiera e la maglietta. Resto solo con gli slip e il reggiseno. Sono pronta per provarci e ho paura perché voglio farcela, ma se non ci riuscirò la delusione sarà tanta e cocente. Sollevo le dita dei piedi, gesto che sono sempre riuscita a fare fin dal primo giorno in cui è tornata la sensibilità delle gambe e appoggiando un dito alla volta cercando il contatto con il pavimento e soprattutto cercando di ancorarmi ad esso. Sposto la forza nei polpacci che diventano duri e forti, le ginocchia sono ferree e pronte a sostenere il peso del corpo. Decido che posso appoggiarmi ai braccioli per fare leva, con Lukas sono riuscita a sollevarmi anche senza questo aiuto, ma mi concedo qualche piccolo vantaggi per riuscire nello scopo finale. Anche le mani sono convinte di farcela e le mie dita avvolgono il bracciolo con decisione. Sento i muscoli degli avambracci tendersi e mi sollevo senza nemmeno troppa fatica. Provo a liberare una mano e solo dopo essermi accertata di essere in perfetto equilibrio libero anche l’altra. Sono in piedi e mi reggo sulle mie sole gambe, sono al settimo cielo e vorrei saltare dalla gioia, ma mi trattengo dal fare stupidate. Provo a fare un passo e il risultato è eccellente. Come sempre adesso tocca al passo più difficile, il secondo, più lungo e più pericoloso. Per sicurezza mi appoggio allo spigolo che si trova alla mia destra e vinco la battaglia contro la paura perché anche il secondo passo è fatto… ma la guerra è ancora lunga, ci vogliono almeno altri dei passi prima di raggiungere la doccia. La grinta non mi manca e nemmeno la determinazione quindi procedo. Un passo, poi un altro e un altro ancora. Mi fermo a prendere fiato, ho ancora un po’ di forza, ma comincio a sentire le gambe meno stabili. Raggiungo la doccia. Mi libero degli ultimi indumenti che lancio nel lavandino poi mi chiudo la porta alle spalle. Apro l’acqua, ma il primo getto è ghiacciato. Il contatto con l’acqua fredda mi destabilizza e mi aggrappo al muro per non cadere, ma le gambe cedono un poco e mi accascio leggermente. Finalmente l’acqua diventa calda e sento che mi avvolge partendo dal basso restituendomi quella forza che avevo smarrito nella camminata e sorreggendomi abbastanza per riprendere una posizione eretta. Posso così godere appieno del suo getto, piccoli spilli bollenti che mi percuotono spalle, nuca e capo, dolci goccioline carezzevoli che mi sfiorano portandosi via il timore di fallire. Chiudo gli occhi e assaporando ogni istante mi lavo i capelli strofinandoli con vigore con lo shampoo di mio padre. Ho sempre pensato che il pino silvestre fosse una fragranza troppo mascolina per me, scopro invece con piacere che è deciso quanto basta e stuzzica le mie narici in maniera gradevole. Chiederò alla mamma di comprarlo anche per me. Sebbene a malincuore decido di terminare la mia meravigliosa doccia, ho il timore di non resistere ancora a lungo. Apro il vetro e cerco il telo da bagno allungando il braccio e tastando a caso poiché i miei occhi sono ancora offuscati dalle gocce d’acqua. Non lo trovo, provo a controllare aprendo un poco di più gli occhi, ma non c’è nulla. Noooo! Il telo è steso fuori sullo stendibiancheria, dovevo recuperarlo prima di entrare in doccia, ma la telefonata di Mia mi ha distratto e ora che ci penso non ho nemmeno portato la biancheria pulita e il pigiama. Mi assale il panico. Sono completamente nuda, completamente bagnata e completamente sola e devo raggiungere la carrozzina con i piedi umidi, cosa che potrebbe farmi scivolare e le gambe stanche. Cerco di calmarmi ripensando alla forza che ho provato sotto il getto d’acqua, ma mi accorgo che anche quello è sparito esattamente nello stesso istante in cui ho chiuso il rubinetto e l’acqua ha smesso di avvolgermi. Esco dal piano doccia e mi aggrappo con forza il portasciugamani sperando mi regga, ma sento le forze lasciarmi, percepisco la debolezza pervadere il mio corpo partendo dall’alto. Prima le braccia si fanno deboli, poi il torace, le anche. Sono spaventata, se questa fragilità invaderà anche le gambe sarò a terra in men che non si dica, ma poi succede l’impensabile. Un profumo ormai fin troppo famigliare invade la stanza: è legno e agrumi, forse bergamotto, è Lukas. La porta che la corrente aveva socchiuso si spalanca e davanti a me compare in tutta la sua fierezza. Ha gli occhi infuocati e appare visibilmente affaticato, la fronte è permeata di sudore e i muscoli del viso rigidi e tesi. Mi squadra e deglutisce, sussurra il mio nome con voce roca. Vorrei urlargli di andarsene. Sono nuda ed esposta alla sua vista, ma ho bisogno di lui perché sto per arrendermi.
- Lukas…
È solo un sussurro, ma lo ode e ne comprende anche il significato. Si lancia verso di me e riesce a prendermi tra le braccia prima che finisca a terra come un stracco vecchio. Sono sempre nuda e sempre debole, ma finalmente sono tra le sue braccia. Non so nemmeno se questo fatto mi renda più furiosa o eccitata. Lascio che decida cosa fare di me, anche perché non potrei fare nemmeno un altro passo quindi sono completamente e letteralmente nelle sue mani. Ho gli occhi chiusi e gli cingo il collo per paura di cadere, ma anche questa volta, esattamente come la prima volta in cui mi ha tenuto tra le braccia, so che non lo farebbe mai, non c’è altro luogo dove sono più al sicuro, ma non ho idea del perché io lo sappia con tanta certezza, ma è così. Esce dal bagno e mi porta in camera mia. Si siede sul mio letto, ma non mi libera dalla presa. Mi accarezza il volto spronandomi a schiudere gli occhi. Li apro e incontro i suoi tornati nocciola, ma carichi di passione.
- Ora ti lascerò sul letto giusto il tempo per prendere i tuoi vestiti e recuperare la carrozzina.
Ma io non voglio che mi lasci, voglio rimanere tra le sue braccia e cullarmi del suo calore. Non mi interessa se sono nuda e ho freddo, lui è incredibilmente caldo e accogliente e desidero che mi baci più di qualsiasi altra cosa.
- Non lasciarmi… ti prego.
- Oh Maya…
C’è passione e disperazione nella sua voce. Adoro come pronuncia il mio nome, non mi è mai parso tanto seducente e provocante come quando esce dalla sua bocca. Abbasso la testa fino a raggiungere il suo collo e premendo leggermente la giugulare con le labbra, lo bacio. Ha un sapore amaro, ma irresistibile e non smetto fino a quando non lo sento ansimare.
 - Così non mi aiuti. Devi ricordare tutto perché non so per quanto tempo riuscirò a mantenere la promessa fatta.
Non lo ascolto, ho bisogno che mi baci. È un bisogno primordiale, più antico di qualsiasi altro, più necessario dell’aria che respiro o dell’acqua che bevo, un bisogno che deriva dall’origine della vita e forse dello stesso cosmo… ne ho fisicamente bisogno.
- Baciami Lukas.
Non ho ancora finito di sussurrare queste due semplici parole che è già chino sulle mie labbra. Le possiede con avidità e con lo stesso fervore reagisco al suo assalto. Sento il corpo vibrare e un languore impellente scuotermi intimamente, desidero di più, desidero essere sua. Mi agito tra le sue braccia, questa posizione costretta è diventata scomoda, voglio scoprire se i nostri corpi si completano. Sposto una gamba, poi l’altra, riesco in questo modo a trovarmi a cavallo sulle sue gambe. Lukas si alza portandomi con se, ma lasciando che sia io stessa a prendermi cura del mio peso. Sono forte, fortissima e mi avvinghio al suo collo solo per stargli più vicino. Lukas prende i miei capelli bagnati e mi piega la testa all’indietro assicurandosi così di avere ogni centimetro del mio collo per se. Mi bacia, mi assapora fino a farmi sussultare per l’ansia di avere di più. Poi scende e così come ha posseduto la gola, lo stesso fa con i miei seni. Sono tra le sue labbra, tra le sue mani, tra i suoi denti e io gemo di piacere e di tormento. Accolgo la sua lingua giocare con il mio ombelico, ma tentennare quando scende oltre. Aspetta un mio cenno e lo accontento, abbasso lo sguardo e lo fisso per comunicargli il mio consenso. Lo voglio e lo voglio ovunque, ma ciò che vedo nelle sue iridi mi spaventa. Credevo di aver visto ogni sfumatura dei suoi occhi, ma questa volta vi leggo una storia intera. Un mondo antico dove a governare era solo la natura incontaminata, poi mostri invisibili che scuotono la terra, le viscere e le acque e portano sgomento e una decisione importante. Quattro poteri, quattro cavalieri, quattro figli per proteggere la terra. Cosa succede? Perché vedo queste cose? Lukas si allontana con delicatezza e si alza. Siamo in piedi uno di fronte all’altro e la magia si è spezzata, ma adesso io conosco la verità e so chi sono: io sono Terra.  

Madre Natura

Figliola finalmente sei sveglia… ma sei sempre più terrena e passionale ad ogni risveglio. È il tuo dono e la tua condanna, così fragile e così potente, così dolce e materna e così ardente. Fuoco ha rischiato di perdersi di nuovo tra le tue braccia, ma questa volta non succederà. Ho allentato le catene solo per un attimo, per aiutarti a ritrovarti, ma ora torneranno potenti.  Devo proteggervi entrambi angeli miei, tutti quanti, siete le mie creature, i miei Elements, ma tanto, troppo umani. Ti aspetto al mio cospetto Terra, vieni a me.
   
 
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