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Autore: V4l3    22/08/2019    2 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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17

Il sangue non scorreva più nel suo corpo, di questo Jason ne era perfettamente convinto.

Nel momento in cui aveva tolto gli occhiali a Emma, il suo corpo si era pietrificato.

Aveva sgranato occhi e bocca, senza emettere alcun suono, mentre il pianto incessante di Emma riempiva quelle quattro mura squallide di quel bagno. La vide coprirsi il volto con le mani

–Non guardarmi, Jas, ti prego- gli aveva singhiozzato accasciandosi a terra, rannicchiata sulle sue stesse gambe. I pensieri del ragazzo in quel momento spaziarono nei più disparati ragionamenti: aveva pensato che forse qualcuno l'aveva aggredita, aveva pensato a cosa si poteva fare per eliminare un uomo spregevole come quello che l'aveva ridotta così, passando all'ipotesi che ci doveva essere una ragione a quello che era accaduto, per poi immaginarsi nell'uccidere qualcuno con le sue mani, fino a quando la sua mente non venne riportata con i piedi per terra, in quello schifoso bagno, da una presa alla sua caviglia.

Abbassò la testa respirando piano, trovando Emma a stringere spasmodicamente il suo pantalone

–Ti prego Jas, perdonami- gli aveva sussurrato e in quell'istante il cuore di Jason era come esploso, si era accucciato davanti a lei e l'aveva abbracciata stretta accarezzandole la testa, lasciandola sfogare.

Non seppero quanto tempo passarono lì, ma fortunatamente nessuno entrò a disturbare quel momento che Jason si tatuò nella carne

–Emma- la chiamò quando sentì che ormai i singhiozzi erano passati 

– ehi, va tutto bene- le aveva sussurrato e lei aveva sospirato quell'ultimo singhiozzo strozzato

–Andrà tutto bene, Emma, non ti preoccupare- le aveva ripetuto, mentre sapevano entrambi che tutto sarebbe cambiato da quel momento

–Grazie- gli aveva sussurrato lei all'orecchio, dandogli un bacio su una guancia per poi staccarsi delicatamente da lui alzandosi a fatica, seguita subito da Jason che le prese le mani e la costrinse a farsi guardare

–Emma, devi farti vedere da un medico- le aveva detto sorridendo appena –dovresti farti curare l'ematoma- ma lei aveva scosso la testa abbassando lo sguardo

–Non è la prima volta- aveva ammesso in un sussurro e quelle quattro parole avevano dato il colpo finale all'animo di Jason che involontariamente le aveva stretto le mani facendole fare un sobbalzo

–Scusami- lasciò subito la presa, ma stringendo le proprie in due pugni

–E' stato lui, vero?- le chiese e, la mancata risposta di Emma, valse come un "Si" urlato;

Jason serrò la mascella così forte da sentire il sapore del sangue

–Come..- cercò di parlare, ma il suo fiato stava accelerando a causa della rabbia, così sospirò e chiuse gli occhi per cercare di controllarsi

–Perché?- alla fine si limitò a chiedere; Emma si appoggiò alla parete alzando il viso livido, puntando gli occhi gonfi al soffitto grigio

–Ha sempre fatto così, sia con mia madre che con me- disse piano con una nota talmente amara, da far tremare Jason sul posto

–Perchè?- domandò ancora lui stravolto da quella rivelazione, lei sospirò puntando i suoi occhi in quelli del ragazzo

–Me lo sono sempre chiesto, ma ancora non ho trovato la risposta che mi permettesse di perdonarlo- si sforzò di sorridergli –mio padre ha questo difetto chiamata Onnipotenza- la vide sospirare- lo ha sempre avuto, reso ancora più amplificato dal fatto che è un uomo di potere, di soldi, molti hanno bisogno di lui e questo lo rende quello che è- Jason si appoggiò alla parete sentendo le gambe fremere mentre guardava Emma in quello stato

-Mia madre è stata costretta a sposarlo, soffriva di depressione, 6 anni fa è morta- gli confidò lasciando che Jason vedesse, per la prima volta, il dolore che si portava addosso

-Em, non puoi vivere con un uomo così, dobbiamo fare qualcosa- le disse cercando di non far tremare la voce

-Dobbiamo?- gli chiese quasi ironica –Tu per fortuna non devi fare nulla, io combatto una guerra da quando sono nata, non mi spaventa un occhio nero o il dolore alle ossa, combatterò sempre il suo potere, il voler comandare tutto e tutti, sopraffare chiunque non la pensi come lui- la vide sospirare pesantemente- mi odia Jas, mi odia perché sa che non mi arrenderò mai, non farò mai quello che lui vorrebbe da me-

-Cosa vorrebbe da te, Em?- chiese con timore, sentendo un peso al cuore che sembrò spingerlo fin dentro i meandri più profondi della terra

-Vuole avere il potere di gestire la mia vita, decidere chi devo frequentare per i suoi interessi, con chi stare, aiutarlo nei suoi affari- gli rispose amaramente

-Denuncialo!- sbottò alla fine lui avvicinandosi –Andiamo insieme- le disse, ma lei sorrise con quel volto violaceo e le lacrime che silenziose le scendevano dal viso

-Questo che vedi è il risultato del fatto che gli ho promesso che lo farò- disse lasciando che le sue parole penetrassero come una lama nella mente di Jason –Per i suoi interesse sarebbe disposto ad uccidermi, credo non lo faccia, solo perché ha paura di attirare su di sé un po' troppe domande, non gli conviene, capisci?-

A Jason sembrò di impazzire nel sentirla parlare così

–Ci deve essere una soluzione!- le aveva detto prendendola le mani, nuovamente

–Dobbiamo fare qualcosa!- insistette e lei lo guardò intensamente

-Io devo fare qualcosa, Jas, non tu-puntualizzò accarezzandogli una guancia, per poi rimettersi gli occhiali ed uscire da quel bagno, dove Jason, lasciò parte di quell'amicizia

****

-Perché è sparita?- il tono era duro, così come tutta la sua postura, rigido e teso, mentre guardava Francesca

La ragazza se l'era ritrovato davanti la porta della classe durante l'orario di ricreazione, in realtà se lo aspettava che prima o poi sarebbe andato da lei, ma vederlo così sconvolto le strinse il cuore

-Andiamo a mangiare- le aveva risposto avviandosi fuori in giardino.

Si misero in disparte, era ottobre e faceva ancora discretamente caldo, alcuni loro compagni stavano giocando a pallavolo, mentre altri, come loro, stavano consumando qualcosa da mangiare al sole

-Non te la prendere, Jas, non è certo arrabbiata con te- si limitò a dirgli addentando il suo panino, lo sentì sospirare furioso accendendosi una sigaretta

–Perché non risponde alle chiamate?- chiese dopo un profondo respiro, lasciando scivolare via una boccata di fumo

-Ha bisogno di stare da sola- Francesca si girò verso il ragazzo, che ora, aveva un'espressione corrucciata

-Però con te parla!- le disse amareggiato –Perché mi sta evitando?- le chiese adirato

Francesca sospirò ingoiando un altro pezzo di pane senza guardarlo, ma fermandosi ad osservare davanti a lei i ragazzi giocare nel campetto

–Jas, conosco Emma da molto tempo, andavamo alle medie insieme..- lui le si parò davanti interrompendola

-Quindi sai che inferno vive?- le chiese frustato –Perché non me l'hai detto?- e stavolta sembrò deluso

-Non era compito mio farlo, se lei voleva parlartene l'avrebbe fatto- gli rispose finendo di mangiare mentre lui buttò a terra la sigaretta che aveva succhiato con pochi tiri schiacciandola malamente

-L'ho vista in quello stato, non me l'ha certo raccontato- buttò fuori rabbioso – non credo che l'avrei mai saputo- aggiunse passandosi una mano tra i capelli in un gesto spazientito

- Non vuole che si sappia, penso sia normale, per questo non ti ho mai detto niente; ho solo rispettato il suo volere- Francesca incrociò lo sguardo impetuoso di Jason

-Non può continuare così, dobbiamo aiutarla!- le disse deciso facendo scaturire tutto l'odio che in quel momento provava per quella situazione

-Ci ho provato tante volte Jas, a farla ragionare, a farle fare la denuncia, ma lei si è sempre rifiutata pensando di poter gestire la cosa, pensando di potersela cavare- gli confidò abbassando il capo ad osservare le piccole formiche che correvano imperterrite lungo il marciapiede creando delle vere e proprie file lunghissime che si perdevano tra l'erba

–E' un uomo importante, con moltissime conoscenze, una denuncia per violenze domestiche durerebbe pochissimo con lui e poi tutto ricadrebbe comunque su di lei, per questo si è sempre rifiutata, sa bene che lui ha molto più potere di una ragazza di 17 anni- la voce di Francesca uscì stanca; Jason la guardò sentendo il suo cuore sbattere violento per l'astio che in quel momento gli rimescolava le viscere, quell'uomo avrebbe dovuto pagare

-Quando l'ho conosciuta io, in prima media, era come l'hai vista tu qualche giorno fa, si vestiva sempre di nero, parlava pochissimo, era sempre in disparte- raccontò- fare amicizia con lei, anche se compagne di banco, fu una vera impresa- un sorriso leggero le colorì il viso, mentre i ricordi di quell'infanzia si affacciavano ai suoi occhi -Tu l'hai conosciuta come una ragazza estroversa, sorridente, ma questo è stato solo dopo che lui fu costretto ad andarsene. Facevamo la terza media, ero la sua migliore amica e mi aveva confessato il suo inferno, anche perché le avevo visto dei lividi addosso- Jason la vide sospirare pesantemente –Mi fece promettere di non raccontare mai a nessuno quello che mi diceva e, un giorno, mi disse che l'incubo sarebbe finito, perché il padre si doveva trasferire. Mi ricordo che mentre me lo diceva piangeva la morte di sua madre e, allo stesso tempo, era felice che lui se ne andasse. Assurdo- disse con tono pacato - Oggi, credo che il suo trasferimento, dell'epoca, fosse stato dettato dalla morte della madre che aveva gettato comunque troppo interesse su di lui e per non destare troppi sospetti si trasferì in Svizzera, lasciando Emma libera dalle sue angherie, lasciandola libera di piangere sua madre- Jason ascoltò l'amica, incredulo che Emma avesse vissuto quella vita

-Come mai non l'ha portata con lui?- chiese non capendo come un uomo così possessivo potesse lasciare la figlia libera dalla sua presenza

-Quando morì la madre, Emma ebbe una vera e propria crisi, fu ricoverata per qualche giorno, seguita da alcuni psicologi che capirono che Emma aveva dei problemi, ma lo collegarono alla morte della madre- Francesca sospirò alzando gli occhi al cielo –lui riuscì a far desistere di continuare le sedute, appena ha potuto, sicuro che avrebbero capito cosa si nascondesse dietro quella patina di padre perfetto, mentendo sul fatto che l'avrebbe fatta seguire a casa, ma la psicologa dell'ospedale, sapendo che lui voleva trasferirsi e portarla con sé, glielo vietò categoricamente, perché troppo fragile in quel momento, dicendo che comunque voleva anche lei seguire la ripresa di Emma; lui fu costretto a cedere, così incaricò sua sorella, la zia di Emma e il suo compagno- sorrise amaramente- degli scagnozzi con i quali è stata costretta a vivere sotto controllo e lui se n'è andato, pilotando tutto anche da lì- Jason ascoltava in silenzio, immaginandosi una ragazzina di 13 anni sola con il dolore per la perdita di sua madre e senza un padre

- Mi ha detto che la madre soffriva di depressione - gli disse Jason, girandosi tra le dita un'altra sigaretta e lei soffiò un sospiro stanco, girandosi a guardarlo seria in volto

-Certo, per forza, era stata costretta a sposarlo solo perché ,per lui, lei era un trofeo da mostrare: la figlia di un politico importante, per lui è stato ottimo come pubblicità per i suoi interessi- l'amarezza macchiò la sua voce, ma continuò

–Mi raccontò che all'inizio, la madre, si era innamorata di lui perché bello, premuroso e attento nei suoi confronti, le faceva regali, le portava i fiori, si mostrava come l'uomo perfetto, ma poi si è rivelato essere tutto il contrario: un uomo possessivo, manesco, un uomo che l'ha piegata al suo volere- Jason la vide accendersi una sigaretta e buttare via il fumo prima di proseguire – la nascita di Emma non l'ha aiutata, i parenti della madre non hanno mai sospettato nulla, tra l'altro era figlia unica, pensavano che lui fosse un ottimo partito, un uomo d'affari, con un futuro brillante-disse sarcastica

Jason sospirò –Non è possibile che non hanno notato nulla- era sempre più sconvolto

-Hanno attribuito ogni suo malessere al trauma post – parto, Emma è nata dopo neanche un anno di matrimonio, e lui è stato bravo a far credere questo, ma la realtà è che l'ha uccisa piano piano, ed Emma rischia di fare la stessa fine- Jason sentì la gola secca, il cuore fermarsi nel petto a quelle parole

-Non possiamo permetterlo, Francesca!- le disse non mascherando il terrore che provò

-Lo so, ma lei è la prima a non volere nessun aiuto; le ho consigliato di rivolgersi a diverse associazioni che potrebbero aiutarla davvero, ma non so se mi darà ascolto- sospirò- vederla così uccide un po' anche me- e Jason pensò che lui era morto quando l'aveva vista in quel modo

–Jas, lei non vuole coinvolgere nessuno a cui tiene- esordì Francesca, poco dopo il suono della campanella che segnava la fine dell'intervallo –e noi, per lei, siamo importanti- aggiunse sorridendogli appena per tornare subito in classe.

*****

-Cosa ci fai qui?- la voce era debole, il suo viso serio e contratto, Jason si sentì perforare da quello sguardo, chiedendosi se avesse fatto bene ad andarla a trovare

-Jas, ti avevo espressamente detto di non venire qui a casa- ed era vero, glielo aveva scritto qualche settimana prima, quando dopo innumerevoli messaggi che lui gli aveva mandato per sapere come stesse, alla fine, lei gli aveva risposto di stare bene, di non preoccuparsi e di non andare da lei.

Jason osservò la maglia nera che indossava, il suo corpo era dimagrito, il volto era più scarno e i suoi occhi avevano perso quella luce che l'avevano sempre caratterizzati

-Scusami, Em- rispose abbassando la testa –ma volevo vederti, a scuola non riusciamo più a parlare e vederti nei pomeriggi è diventato impossibile- ammise vedendo l'espressione di Emma addolcirsi

-Ho parecchio da studiare, non sono andata bene, devo recuperare ho rischiato la bocciatura, non ho tempo per altro- si giustificò lei; era vero, Jason aveva saputo da Francesca, nella sua classe, che Emma aveva fatto un drastico calo negli ultimi mesi, passando l'anno davvero per il rotto della cuffia; in quei mesi si era completamente alienata da tutto e tutti, diventando piuttosto intrattabile, neanche Francesca era riuscita a starle accanto, allontanava chiunque le stesse troppo vicino. Per tutto il periodo estivo né lui né Francesca erano riusciti a vederla, si faceva sempre negare, oppure rispondendo ai messaggi dicendo che non sarebbe uscita con loro. L'inizio dell'anno non aveva portato nessun miglioramento, lei era sempre più sola.

-Ti va una fetta di torta e un cappuccino?- le chiese lui abbozzando un sorriso –Poi ritorni subito a studiare- lei lo guardò sorpresa per quella richiesta

-Non posso, Jas- rispose guardando a terra

-Dai Em, andiamo all'angolo a prenderci qualcosa e torniamo, ci mettiamo poco- insistette lui vedendola titubante

-E'meglio di no, Jas- ma lui non riuscì a trattenersi prendendola una mano, lei lo guardò stupita di quel gesto e la paura per quel contatto

–Em, è tanto che non stiamo insieme, mi manchi, non vuoi sapere i miei progressi nello studio?- le chiese sorridendole e lei a sua volta arricciò le labbra in un sorriso, commuovendosi per come Jason avesse trovato il coraggio di parlare in quel modo

-E va bene!- concesse vedendo gli occhi del ragazzo brillare

-Cosa c'è?- gli chiese sentendosi osservata, Jason non riusciva a staccarle gli occhi da dosso, come a volersi sincerare che lei fosse sempre la sua Em; ma osservando i suoi capelli in disordine, il colorito pallido, quelle leggere occhiaie a contornare quegli occhi, il cui colore del mare, aveva lasciato spazio a tonalità più cupe, come se quell'azzurro fosse stato ricoperto da una patina, Jason capì e dovette arrendersi all'evidenza che la sua Em, non c'era più.

-Stai bene?- le chiese non riuscendo a mantenere il tono normale che avrebbe desiderato, lasciando trasparire tutta la sua inquietudine, lei sospirò tirando fuori dalla tasca dei jeans scoloriti che indossava, un pacchetto di sigarette. Da quando fumava? Si chiese Jason sorpreso, ma rimanendo in silenzio, mentre la vide accendersene una e, quel gesto, lo colpì molto più di quanto voleva ammettere

-Si va avanti, come sempre- rispose lei con una voce un po' distorta dal fumo che lasciò uscire dalle sue labbra –E'per questo che sei passato? Per chiedermi come stessi?- il suo tono si era fatto stizzito e non lo guardò, puntando verso alcuni bambini che giocavano a calcio, poco lontano.

-Sei mia amica Em, è normale per me preoccuparmi- rispose osservando anche lui quel gruppetto urlante dietro la rete –Lo è anche Francesca, a dire il vero. Sembra che tu ti sia dimenticata di noi- aggiunse accendendosi anche lui l'ennesima sigaretta, sperando che l'aiutasse a calmarsi

-Ho capito una cosa, sai?- parlò dopo diversi minuti di assoluto silenzio, lui puntò i suoi occhi verso di lei che aveva alzato la testa ad osservare il muoversi degli alberi, in quel pomeriggio di fine ottobre

–Cosa?- chiese, con la paura che non gli sarebbe piaciuta la risposta

-Quando uno nasce asino, non può diventare un cavallo- gli disse abbozzando un sorriso amaro senza guardarlo

-Che vuoi dire?- le chiese rimasto sorpreso da quella frase

Emma chiuse gli occhi allungando le gambe davanti a lei, come a volersi stiracchiare

–Io sono l'asino, Jas- disse infine –tu e Francesca, invece, siete dei cavalli di razza, ed io mi ero illusa di potervi assomigliare, ma non è così- spiegò in tono stanco; Jason sentì la sua gola farsi arida

-Non ti capisco, che vuoi dire?- chiese e a quel punto i loro occhi si incrociarono e quello che Jason vi lesse non gli piacque

-Ti ricordi la premessa che ci facemmo, di rimanere per sempre amici?- chiese e lui si ritrovò a poter rispondere solo con un gesto del capo, era privo di parole, terrorizzato all'idea di dove volesse andare a parare, gli sorrise in quel modo che Jason a stento ricordava, posando una mano sulla sua

-Sei il mio migliore amico, il migliore che una persona possa mai avere, Jas, dico sul serio- e gli strinse leggermente la mano nella propria –così come lo è Francesca, in questo sono stata davvero fortunata- aggiunse abbassando lo sguardo alle loro mani intrecciate –Ma le nostre vite sono troppo diverse e non credo che possiamo continuare a far finta che non sia così- affermò

–La mia è un disastro, pensavo che con il tempo le cose potevano migliorare, che avrei trovato la forza e il coraggio di cambiare la mia situazione, ma mi rendo conto che non è così e devo solo accettarlo, anche se difficile- il cuore di Jason si fermò a quelle parole

-Che diavolo dici? Noi saremmo sempre tuoi amici!Sempre!- disse imprimendo in quelle parole tutto il suo amore –Non puoi pensare quelle cose davvero!- aggiunse serio, mascherando l'inquietudine che sentiva

-Jas, tu e Francesca avete delle vite splendide, non è giusto che dobbiate condividere la mia; vi voglio troppo bene per vedere nel vostro sguardo la compassione per la mia condizione-

Jason si sentì perso a quella frase –Em, sei cambiata molto negli ultimi mesi e so che centra tuo padre, purtroppo, ma non è detto che questo sia il tuo destino- disse con il cuore che pulsava forte

–Sei e sarai sempre Em, per me, per Francesca! Sarai sempre quella che mi ha aiutato ad integrarmi, mi ha aiutato con l'italiano, che mi ha insegnato a cucinare, che ha visto come lavoro il legno- si fermò per ricacciare indietro le lacrime, perché in quel momento avrebbe davvero solo voluto piangere, ma non poteva, non doveva

– Sei l'unica che ha saputo ascoltare i miei silenzi, capendoli meglio di chiunque altro. Non posso vederti così, non lo accetto!- lei socchiuse gli occhi quando Jason le accarezzò una guancia

-Sei sempre stato molto dolce, anche se fai di tutto per mostrare il contrario- scherzò lei allontanandosi da quel contatto –Mio padre ha rovinato la vita a mia madre, ed ora lo sta facendo con me- la voce di Emma uscì cupa come una notte senza luna, Jason deglutì a fatica

–E' violento, lo è sempre stato, per lui mia madre era un proprietà, così come sono io ora, al pari di una bella macchina, o una bella casa, oggetti che lui usa per i suoi interessi, da poter esibire- si passò una mano tra i capelli per poi accendersi un'altra sigaretta –Per lui conta solo il denaro, il potere di poter disporre di tutto e tutti, è il suo unico scopo nella vita - si girò verso di lui e i suoi occhi si erano fatti liquidi, la sua bocca tremava leggermente –Mia madre, Jas, è morta perché si è suicidata- Jason rimase di sasso a quella rivelazione, il gelo che sentì sembrò paralizzarlo, ma lei continuò

-Lei non ha retto, non voleva più subire violenze, sentirsi in qualche modo complice dei suoi affari- una lacrima le rigò il viso –si è trovata in un'aspirale nel quale è possibile uscire solo pagando un prezzo molto alto e questo, vale anche per me- la rassegnazione che usò nel parlare, fu per Jason ancora più doloroso delle parole da lei pronunciate -La mia vita, in qualche modo, è nelle sue mani, Jas, nulla sfugge al suo controllo, soprattutto chi è della famiglia- Jason era rimasto di sale, senza riuscire a pronunciare neanche una sillaba, sentiva come se del filo spinato gli stringesse il cuore, trafiggendo la carne senza pietà.

Cosa poteva fare lui?

Rimasero in silenzio per diversi minuti, poi Emma si alzò

–Grazie , Jas- così dicendo si avviò, con un vuoto ancora più grande dentro di sé, ma fece solo pochi passi, che sentì le braccia di Jason avvolgerla da dietro in un abbraccio, levandole il respiro; le lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi in un attimo, l'avvolse stretta, quasi a volerla fondere con il suo corpo pur di proteggerla

-Ti aiuterò, Em- in quel momento Emma ringraziò chiunque dal lassù le avesse fatto conoscere Jason, perché sapeva che lui ci sarebbe sempre stato. 

Sentendo un singhiozzo, si interruppe e si girò di scatto verso Alex: aveva il viso sconvolto, le lacrime scendevano come un fiume in piena

–Alex- la chiamò stupito facendo un passo verso di lei, sembrava essere in stato catatonico, lo sguardo fisso davanti, perso, vuoto.

–Alex- le si avvicinò sedendosi piano, accanto alla ragazza 

–Ehi? Alex- posò una mano sulla spalla della ragazza che sobbalzò come se fosse stata svegliata di soprassalto, si girò a guardarlo e Jason morì ancora e ancora per quello sguardo che rispecchiava così tanto la sua Emma, da fargli male

–Lei non me lo voleva dire..- sussurrò fissandolo sconvolta –mi ha sempre detto che dovevo stare lontana dai suoi parenti, da quell'uomo, ma mai e poi mai mi ha detto delle violenze che aveva subito- Jason avvertì di nuovo quel brivido che solo con Emma aveva provato, il brivido della paura

–Non sapevi nulla?- le chiese e lei girò il viso verso il fuoco, era sconvolta

–No- rispose –non mi ha mai parlato di questo, ma ora mi spiego tante cose- disse abbassando lo sguardo e incurvando la schiena –Che stupida che sono stata- disse piangendo e coprendosi il viso con le mani

–Che stupida!- ripeté alzando la voce, Jason le prese le mani e la fece voltare verso di se

– Alex, calmati- le disse –tua madre non voleva certo farti scoprire questo suo passato che lei, per prima, voleva dimenticare- ma Alex scosse la testa

–No, non capisci! Sono stata una stupida, avevo tutti i segnali e ho fatto di tutto per ignorarli!- il suo tono di voce era alto, si alzò in piedi di scatto portandosi le mani ai capelli

–Che idiota! Che stupida che sono stata! - iniziò a vagare per la stanza lasciando l'uomo di stucco ad osservarla

–Dio che imbecille!- disse rabbiosa continuando a piangere, poi si girò a guardare Jason –Lo sai che aveva delle cicatrici?- gli chiese a bruciapelo, lui scosse la testa con gli occhi sgranati e Alex sorrise amaramente

–Mi disse che da ragazzina si era fatta male! Mentre sono sicura che erano i segni di quello che ha passato!- quasi urlò

–Alex, calmati- disse Jason –non sapevo che fossi all'oscuro di tutto, mi dispiace è stata colpa mia, mi sono lasciato andare ai ricordi- disse serio

–No!- ripeté lei -Lo sai che abbiamo discusso un'infinità di volte perché volevo andare a conoscere i miei parenti?- era fuori di sé, Jason si alzò e le si avvicinò preoccupato

–Alex devi calmarti- le disse, ma quando provò a fermarla, lei lo schiaffeggiò sulle mani, sorprendendolo

–Io l'ho spesso colpevolizzata! Capisci? Pensavo che il suo comportamento fosse esagerato! Da piccola mi sentivo diversa dagli altri bambini che vivevano le feste con le famiglie, mentre io avevo solo lei! Le davo la colpa perché voleva spesso cambiare città!- le uscì una risata isterica 

–Capisci che idiota?- gli chiese continuando a camminare avanti e indietro

- Ero invidiosa dei miei compagni quando venivano accompagnate dai nonni o li vedevo all'uscita andare con loro! Che stupida!- Jason era fermo ad osservarla senza sapere cosa fare

–Lei ha fatto di tutto per tenermi fuori dal suo passato e io non lo capivo! Le davo la colpa! PER ME ERA COLPA SUA!- gridò spiazzandolo –TUTTI SAPEVANO E NESSUNO HA FATTO NIENTE!- urlò - Tu non eri suo amico? Perché allora te ne sei andato? PERCHÉ' NESSUNO HA FATTO NIENTE PER LEI? HA SOFFERTO FINO ALLA FINE! HA SOFFERTO E NON SE LO MERITAVA!- a quel punto lo superò, lasciandolo completamente disorientato.

  
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