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Autore: Clarisse_    22/08/2019    4 recensioni
Naraku è cresciuto sin da piccolo con un grande interesse per un Paese a lui quasi completamente sconosciuto; la Grecia. Dapprima unicamente curiosità per l'ignoto, negli anni seguenti alla sua prematura incoronazione la curiosità si è presto tramutata in ossessione: lui vuole essere l'uomo in grado di conquistare un regno mai piegato prima. E, forse, averlo ai suoi piedi è più facile di quanto lui stesso possa pensare.
D'altronde, la chiave per il Drago sono le sue uova.
*MOMENTANEAMENTE SOSPESA*
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Naraku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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RITROVAMENTI E RIVELAZIONI




 È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo.

Mary Wollstonecraft








Il vento gelido le sferzava in viso come tanti piccoli aghi da cucito, la pioggia le cadeva sulle guance confondendosi con le lacrime. Le onde si infrangevano sugli scogli sotto di lei con un impeto pari solo alla furia di Poseidone. I tuoni erano udibili a chilometri, i cui boati non erano paragonabili neanche a centinaia di leoni ruggenti. I fulmini che squarciavano il cielo erano i temibili testimoni della furia di Zeus. E la nebbia che era calata, così fitta e rassicurante, rappresentava la silenziosa presenza di suo padre.
 
Non sapeva da quanto tempo si trovasse lì. Era corsa via quando il sole era appena calato, mentre ora era buio pesto, con solo la luce dei lampi a rischiarare quella notte. Non che gliene importasse più di tanto d’alta parte. Non aveva la minima intenzione di tornare da sua madre in quel momento. Aveva bisogno di tempo e solitudine per elaborare il lutto e tutto ciò che avrebbe conseguito le parole di sua madre.
 
Perché sul momento non aveva realizzato ciò che sua madre le stesse dicendo, ma ora, a distanza di ore, la gravità della situazione iniziava lentamente a schiacciarla. A opprimerle il cuore come se l’intero Monte Olimpo si fosse posizionato su di esso. Un peso talmente grande da renderle difficile pure respirare.
 
Come aveva potuto? Come aveva potuto permettergli una cosa simile? Dopo tutto ciò che già aveva dovuto passare… ora anche questa? Come aveva potuto lasciarglielo fare? Non erano bastati tutti gli anni passati a vivere come una bastarda in quel palazzo, giudicata e disdegnata dall’unico uomo che avrebbe dovuto amarla? Non era bastato mentirle sulle sue vere origini per tre quarti della sua vita? Se pensava a tutto ciò che aveva passato… Solo in Egitto aveva trovato un po’ di sollievo. Solo in quel Paese sconosciuto si era sentita accettata e accolta. Il calore di quella famiglia, la cordialità e il rispetto da parte del Faraone. La serenità che provava durante le sue usuali passeggiate lungo la sponda del laghetto nascosto fra i papiri in un angolo isolato dei giardini reali… Mai l'aveva provata a Sparta.

Scoppiò in un pianto disperato, con la testa nascosta nelle ginocchia e il petto squassato dai singhiozzi. Non poteva essere vero. Semplice non poteva. Come avevano potuto gli Dei farle questo? Lei che sempre era stata devota agli Olimpi, senza mai dimenticarli neanche in Egitto. E se pensava che uno di loro era…
 
D’improvviso percepì una mano gelida posarsi sulla sua spalla nuda e accarezzarla verso il basso, per poi sentirla risalire, lentamente, leggiadra come ali di farfalla. Un brivido le percorse la schiena: quel tocco non le era sconosciuto. Lo aveva già percepito, eppure non riuscì ad associarvi una mano, un corpo, un volto. Ma, dentro di se, sapeva esattamente chi fosse. Ma non si voltò per accertarsene, forse troppo agitata. Forse troppo spaventata.  Non lo sapeva neanche lei.
Restarono così per un po’: lei rannicchiata su se stessa e quella presenza silenziosa ad accarezzarle un braccio da dietro. Nessuno dei due disse niente per molto tempo, fino a quando lei parlò.
 
-Cosa ci fate Voi qui? - chiese con voce ancora spezzata dal pianto.
-Qui sulla terra o qui con te? – le chiese lui a sua volta, probabilmente con un sorrisetto beffardo stampato in viso. –Sapete cosa intendo- rispose lei, scettica. –Credo sia chiaro il motivo per cui io mi trovi con te in questo momento. E lo stare con te implica automaticamente risalire nel mondo mortale -
Ma Rin non sembrò soddisfatta di questa risposta, tanto che gli ripose la domanda.
-Cosa ci fate Voi qui? –
-Sono qui per via di ciò che è accaduto. Mio fratello mi ha detto che tuo padre ha preso una decisone all’improvviso, ma non mi ha voluto dire il che decisione -, le spiegò con voce annoiata, -e dato che io ho ben altre faccenda da sbrigare invece che sollazzarmi a osservare le vostre noiosissime vite mortali, l’unico modo per capire cosa stesse succedendo era chiedere alla diretta interessata. Perciò, eccomi qui – concluse lui con tono spiccio.
–Dato che la mia è una noiosissima vita mortale non capisco come potrebbe interessarvi. O anche solo riguardarvi – sussurrò lei a mezza voce.

Ma lui la sentì.
 
-Come prego? – sibilò. –Non capisco come potrebbe riguardarvi tutta questa faccenda -, ripeté la ragazza con voce più forte. -Non capisci come potrebbe riguardarmi? Sono tuo padre, piccola sciocca. Ciò che riguarda te riguarda anche me –. –Non mi è sembrato sia andata così negli ultimi diciassette anni – rispose lei con amarezza, gli occhi puntati in quelli del padre. Ossidiana contro ossidiana. Poi continuò. –Chi realmente tiene a me dice che Voi siate mio padre, dice che Voi mi abbiate sempre aiutata e protetta in tutti questi anni. Dice che Voi teniate a me e che io debba rispettarvi. Ma non capisco come si possa rispettare un uomo che si spaccia per tuo padre senza mai farsi vedere, che si nasconde dietro degli inutili sogni e dietro a consigli criptati e profezie, che mai ti ha aiutato o protetto in vita tua. Ditemi come si può rispettare, onorare, amare un uomo del genere. Ditemelo, perché io davvero non lo so -. Aveva sputato quelle parole con pura rabbia. Una rabbia repressa che finalmente aveva possibilità di fuoriuscire. Aveva ingoiato per troppo tempo con sua madre, e sapeva che sfogarsi su di un dio non era la cosa più intelligente. Ma in quel momento, la paura di essere uccisa era l’ultimo dei suoi pensieri.
Rin si girò verso di lui, e l’espressione di suo padre la pietrificò. Gli occhi più gelidi degli inferi stessi. La voce un sussurro proveniente dal Tartaro.
 
-Io ti ho sempre protetta. Ho sempre fatto in modo che tu avessi il meglio -.
 
 
–Davvero? Il meglio? Allora dovevate essere davvero molto impegnato quando la gente a palazzo mi discriminava? E dove eravate quando Renkotsu ha deciso di darmi in sposa a Naraku? Posso sapere dove eravate quando quell’uomo ha deciso di porre fine alla mia intera esistenza con un’unica firma? Perché se per voi questo vuol dire ‘avere il meglio’ o ‘proteggere’ allora avete una visione davvero molto distorta della vita -.
 
Amarezza. Questo era ciò che traspirava dalla voce della giovane. Non era più rabbia, o odio, o che. Era pura amarezza. Parole amare con il retrogusto ancora più cattivo. Parole che avevano gelato sul posto il dio.
 
-Che… che cosa hai detto? – sussurrò infatti l’uomo. –Mi avete sentita. Renkotsu, con l’approvazione di mia madre, ha acconsentito alla proposta di matrimonio dell’Imperatore Naraku. Salperò la prossima luna piena verso Roma e, se i suoi Dei vorranno, ci sposeremo fra poco più di un mese, a inizio inverno -.
 
Il dio la fissò sconcertato. Non poteva essere. Hikari non poteva aver acconsentito a quel matrimonio basandosi su una stupida profezia. Lei sapeva che non poteva essere loro figlia la diretta interessata. Sarebbe stata un’altra ragazza, molto tempo dopo, a compierla. E Hikari lo sapeva.
 
Una furia cieca lo attanagliò per lo stomaco. Quella donna aveva acconsentito a condannare Rin ad una vita di violenza per nulla. Sapeva che suo marito era un folle, ma anche accondiscendere a quel matrimonio era sintomo di follia, almeno per lui.
Guardò per un’ultima volta la figura della figlia tremante e rannicchiata su se stessa, con lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi neri, solitamente così espressivi, spenti. Vuoti.
 
E, silenzioso come la morte, sparì.
 
 
 
 



Non aveva replicato. Non aveva urlato. Non aveva pianto. Non aveva fatto niente se non tenere la testa bassa per tutto il tempo. Neanche era sicura che avesse ascoltata fino alla fine e con molta probabilità era stato esattamente così.
 
E certamente non poteva dire di non capirla: quando aveva appreso che il suo amato se n’era andato per sempre ne era rimasta devastata. Si era chiusa in un mutismo ostinato per settimane. Non usciva dalle sue stanze, non voleva vedere nessuno e a stento mangiava qualcosa. Era disperata, e si sentiva tremendamente sola e abbandonata. Piangeva di continuo e più volte aveva pensato al suicidio. Ma aveva trovato qualcosa per cui andare avanti: la creaturina che stava crescendo nel suo grembo. Quando aveva notato che dopo quattro mesi di gravidanza il ventre era ancora completamente piatto aveva capito che doveva andare avanti, se non per se stessa, almeno per il suo erede. E quando, dopo lunghe ore di travaglio, la sua piccolina aveva aperto gli occhi per la prima volta, aveva compreso che il suo amato sarebbe sempre stato al suo fianco, vivendo in quel piccolo fagottino che ora stringeva a se.
 
A suo tempo aveva trovato un appiglio alla realtà. Aveva trovato qualcosa per cui lottare. Ma non era tanto sicura che anche Rin lo avrebbe trovato. Lei le aveva precluso la felicità in tempo zero, e come madre ne stava soffrendo tantissimo. Le sarebbe piaciuto consolarla, correrle dietro e dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, ma mentire non sarebbe servito a nulla se non ad arrecare altro dolore.
Inoltre, e questo le doleva ammetterlo, prima di essere una madre era una Regina, e come tale non poteva non ammettere almeno a se stessa che, forse, quel matrimonio li avrebbe salvati tutti. Sospirando si diresse verso le sue stanze, dato che la fame le era passata tutto d’un colpo.
 
Si incamminò per i lunghi corridoi del palazzo, perdendosi ogni tanto ad osservare la luna che stava timidamente spuntando da dietro le montagne. Quando però arrivò alla scalinata che l’avrebbe condotta direttamente alle stanze, venne improvvisamente colta da un brivido freddo che le percorse tutta la spina dorsale. Si girò di scatto convinta che, da qualche parte, vi fosse qualcuno ad osservarla.
 
-C’è nessuno? – chiese con voce lievemente incerta, senza però aspettarsi risposta alcuna. Diede un’ultima occhiata in giro e, a passo svelto, salì tutte le rampe di scale che la separavano dalla sua meta.
 
Il senso di irrequietezza non l’abbandonò neanche quando si chiuse il pesante portone in mogano alle spalle. Si appoggiò al portone e chiuse gli occhi, nel vano tentativo di regolarizzare i batti cardiaci. Ma la giovane cameriera che l’attendeva per prepararla alla notte non le fu affatto d’aiuto. Si prese infatti un bello spavento quando ne sentì la voce chiederle se andasse tutto bene. Non l’aveva neanche vista quando era entrata.
-Si Midori, va tutto bene– le rispose con voce ancora un poco ansante. Poi continuò: -Vorrei prepararmi da sola, sta sera. Ho bisogno di solitudine-. La giovane, seppur un poco sorpresa, annuì, e dopo essersi rispettosamente inchinata alla sua regina lasciò la camera.
 
Hikari si ritrovò nuovamente sola. E, se per quei pochi istanti trascorsi con la ragazza la sensazione di essere osservata l’aveva completamente abbandonata, ora si ripresentò più forte di prima.
 
Con quel senso di irrequietezza ad opprimerle il petto si avvicinò alla toeletta e si sedette davanti allo specchio e con mani tremanti afferrò la spazzola. Mentre si spazzolava teneva gli occhi fissi sullo specchio, il quale le dava un’ottima visuale di tutta la stanza. Di colpo sentì un rumore proveniente dalla sua destra. Si voltò di scatto, ma non vide nulla. ‘Sarà stato il vento. ’ Ma non riuscì a calmarsi neanche dopo quel pensiero. Con ansia crescente smise di spazzolarsi la chioma castana e iniziò a spogliarsi. Dopo soli pochi istanti, una folata di vento entrò dalla finestra, spegnendo tutte le candele presenti nella camera, la quale cadde nel buio più totale. Poi una fitta e densa nebbia si adagiò sul pavimento della stanza, e un suono inquietante, molto simile ad un ultimo sospiro prima della morte, si innalzò nell'aria. Terrorizzata si guardò attorno e un urlo strozzato testimoniò la presenza di un’ombra alle sua spalle. Sentì poi una mano gelida stringerla intorno al collo e sollevarla, per poi sbatterla con prepotenza contro una colonna alle porte del terrazzo.
 
-Come hai osato…- quella voce, proveniente direttamente dagli inferi, le aveva risvegliato qualcosa di sopito da anni. En in qualche modo, sapeva di conoscerla. Alzò lo sguardo da quello che doveva essere il petto dell’uomo, e puntò i propri occhi verdi in quelli rossi d’ira di lui. E, al loro interno, vi vide cose che la paralizzarono: cadaveri sparsi sui campi di battaglia, donne che piangevano sui cadaveri dei figli e dei mariti, anime in attesa di giudizio. Vide una porta fatta di ossa e cadaveri, cosparsa di sangue. Poi vide anime sperdute, anime disperate, anime che bruciavano fra le fiamme, come se si trovassero negli inferi. E in sottofondo udiva le urla dei dannati.
 
Uscì da quello stato di trance di colpo, ripiombando prepotentemente nella realtà e, quando trovò il coraggio di riguardare l’uomo negli occhi, lo riconobbe. E il suo nome le uscì dalle labbra con un rantolo strozzato che, in realtà, voleva essere un agrodolce sussurro.
 
-Ade…-


















Ehm... Salve.
Non aggiorno da un po', ma mi perdono dicendomi che ero al mare, e che al mare non ci si porta il computer.
In ogni caso.
Credo che in questo capitolo siano state spiegate un paio di cose, alcune delle quali, importanti: in primis, sappiamo in cosa consiste il piano di Naraku per conquistare la Grecia. Sposare Rin, la quale è (ufficialmente) figlia del Re, permetterebbe a Naraku perlomeno di allearsi con l'est.
Pooooooi: il padre di Rin è un dio, cosa apparentemente non troppo rilevante ma...bo.
E infine (ma non per importanza), si parla di una certa profezia: Hikari ha acconsentito al matrimonio della figlia convinta che essa possa salvarli tutti... sarà vero? O avrà ragione Ade nel dire che la profezia è riferita a qualcun'alto, fra molti anni. Infine rimane da capire il perche Renkotsu abbia deciso dal nulla di arrendersi in questo modo a Roma. Chissà.
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto, recensito, messo la storia fra le seguite/preferite e anche tutti colore che leggono silenziosamente. Non avete idea di quanto mi stiate rendendo felice!
Con questo vi saluto e, se ne avrete voglia, alla prossima.
Clarisse

 
   
 
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