Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: T612    23/08/2019    1 recensioni
James vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno… ma sa che non è possibile, perché i demoni non riposano mai e si annidano nell’ombra, soprattutto se hai insegnato loro come nascondersi.
Natasha vorrebbe solo riuscire a chiamare Parigi “casa”, dimenticando i mostri sepolti sotto la distesa bianca di Mosca per il bene di entrambi, ma ancora esita a voltare completamente pagina e non sa spiegarsi di preciso perchè… forse perchè dai propri demoni non si può scappare troppo a lungo, specialmente se sono l’incarnazione dei misfatti compiuti in Siberia.
Entrambi non possono far altro che procedere per tentativi sperando per il meglio, ma presto o tardi l’inverno arriva anche a Parigi… e la neve è destinata a posarsi inesorabile sui capi di innocenti e vittime, senza discriminazioni e soprattutto senza fare sconti a nessuno.
[WinterWidow! // What if? // >> Yelena Belova]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PRIMA PARTE - CAPITOLO VI



 

4 agosto 2018, Helicarrier, nei cieli

 

-Hill, aggiornami. -proclama James varcando la soglia dell’ala medica a passo spedito, scontrandosi quasi con Maria che lo stava raggiungendo seguendo la sua voce, gli occhi fissi sullo schermo mentre digitava dei comandi sul tablet.

-Guarda tu stesso. -commenta atona scostandosi dalla soglia, permettendogli di far scorrere lo sguardo sulla stanza, contemplando silenzioso le tracce del caos generato da Natasha. -Nessuno poteva prevederlo… e tu non eri qui per placarla.

-Mi ha mandato via apposta… il salvataggio, anche quello faceva parte della programmazione. -afferma atono vedendosi porgere le registrazioni delle telecamere di sicurezza, avviando il filmato sforzandosi di studiare la situazione da un punto di vista prettamente analitico.

Non era previsto che presenziasse anche Maria all’operazione, ma Fury aveva insistito perché lei ci fosse e James aveva liquidato la richiesta come un semplice eccesso di paranoia. Con il senno di poi evidentemente Nick aveva captato qualcosa, una sorta di sesto senso che l’aveva spinto ad infilarsi il giubbotto antiproiettile sotto la divisa nonostante fosse completamente al sicuro nell’Helicarrier… dopotutto Nick Fury era Nick Fury, e doveva ringraziare quel giubbotto antiproiettile se non era stato spedito al creatore con il primo colpo, raggiungendo la sala operatoria con un intero caricatore di piombo in corpo, ma miracolosamente ancora vivo.

-Ci sono stati morti? -chiede titubante, consapevole che se la risposta fosse stata positiva la compagna si sarebbe ritrovata in un mare di guai.

-Fortunatamente no, solo Nick… -afferma Maria con tono pratico, indicandogli la ripresa video. 

James osserva il come Natasha si fosse comportata normalmente fintanto che i medici la rimettevano in sesto, cambiando radicalmente atteggiamento quando Fury aveva varcato la soglia dell’ala medica, afferrando l’automatica e scaricando l’intero caricatore addosso a Nick, spintonando gli Agenti che l’avevano assalita all’istante mettendoli velocemente tutti fuorigioco, seguendola attraverso il circuito di telecamere fino alla pista di decollo, requisendo un velivolo senza che nessuno riuscisse a fermarla in tempo od avesse i requisiti adatti per confrontarsi con la Vedova Nera uscendone vivo dallo scontro. 

-Non sarei riuscito a fermarla nemmeno io, Maria. -afferma James mesto, attivando il blocco schermo e restituendo il tablet alla donna.

-Avrei da ridire sull’argomento… 

-Non in modo indolore. -concede irritato dal doverlo sottolineare, fulminandola con lo sguardo. -Tu ce li hai degli scrupoli, Maria?

-Nick è sotto i ferri. -replica con tono ovvio, come se bastasse a giustificare il tono di velata cattiveria con cui aveva proferito la frase, lanciando una tacita accusa alludendo alla loro gestione opinabile dell’intera faccenda… James non aveva davvero bisogno di un promemoria della discussione avvenuta tra le mura del Complesso dieci giorni prima, di come Fury aveva contestato tutti i segreti e le bugie a fin di bene che Natasha aveva pronunciato per coprirgli le spalle senza mai fare rapporto, lasciando a Hill l’onere di fare l’elenco delle infrazioni commesse sottolineando la sua scarsa attitudine alle regole.

-Voglio parlare con Rodchenko. -cambia argomento deciso, lasciando intendere l’affermazione come una richiesta che si sforzava di essere gentile, puntando lo sguardo al corridoio che portava all’ufficio dove avevano rinchiuso il medico una volta che lui l’aveva trascinato di peso a bordo. -Si è ripreso?

-Con noi non parla. -ribatte Hill lasciando intuire la risposta affermativa. -Cosa ti fa pensare che con te sia diverso?

-Perché Rodchenko sa che lo SHIELD non fa martiri… ma di me ha paura, sa per esperienza personale che tendo ad infrangere il regolamento. -confessa con una frecciatina pungente, ottenendo un vago cenno di un sorriso da parte della donna. -Fidati, so controllarmi. 

-Seguimi. -ribatte efficiente Maria, cancellando l’astio dalla voce ritornando operativa, facendogli da apripista lungo i corridoi, ma sbarrandogli la strada ad un passo dalla porta. -Promettimi che non andrai in escandescenza.

-Maria… 

-Mi fido, ma qualunque cosa dirà Rodchenko, promettimi che non andrai in escandescenza. -ripete decisa ottenendo un cenno di assenso, spostandosi di lato abbassando la maniglia al posto suo, seguendolo a ruota varcando la soglia allegandoci un monito a portata d'orecchio. -Ti tengo d’occhio, niente scherzi.

James ha appena il tempo di posare la suola degli scarponi oltre la porta che il medico è già schizzato in piedi dalla sedia, appiattendosi contro il muro opposto frapponendo tra loro una certa distanza di sicurezza dopo aver incrociato i suoi occhi grigio tempesta, ottenendo un occhiata fulminante da parte di Maria quando si volta a fare spallucce… dopotutto non può farci davvero niente se ha una certa reputazione che lo precede.

-Dottore… 

Rodchenko resta indifferente al richiamo, impassibile nonostante sia addossato al muro, soppesandolo a distanza nel tentativo di prevedere le sue reazioni.

-Lei non vuole vedermi arrabbiato, Doc.

-Perché? Ora come ora non lo sei? -lo sfida il medico con lo sguardo, valutando quanto può permettersi di tirare la corda prima di ritrovarsi le sue impronte di metallo incise sulla trachea.

-Ora come ora mi contengo. La programmazione era a due livelli, vero? -chiede con tono duro senza preamboli ritenendo superfluo specificare il soggetto, dopo tutti i trattamenti che ha subíto sarebbe strano se fosse all’oscuro di come funzioni l’intera procedura, ottenendo un cenno di assenso da parte del medico.

-Il primo livello era una copertura per il secondo, ho riutilizzato ricordi pre-inseriti… il massimo risultato al minimo sforzo. -spiega velocemente Rodchenko, premendosi ancora di più contro il muro quando James avanza di un passo chiedendogli quali siano le implicazioni neurologiche con tono vagamente minaccioso. -Ho dovuto spezzare nuovamente i legami riallacciati… il problema è che tu sei ovunque nella mente di Natalia, ho dovuto scindere tra l’utile ed il romantico… ed ora lei crede che l’ultimo paio d’anni siano stati solo una copertura, compresa la relazione con te.

Calmo.

La voce perentoria di Natasha gli invade la testa come un campanello d’allarme, distendendo le dita che inconsapevolmente aveva stretto a pugno, imponendosi un respiro profondo dissipando la tensione delle spalle… niente scenate, niente scoppi d’ira, l’ha promesso.

-L’hai resettata… -James spezza il respiro rendendosi conto che in ogni caso il suo tono di voce ribolle di rabbia, dominandosi per non costringere Maria ad intervenire, che nel frattempo monitorava ogni suo movimento tesa e in guardia come un dobermann a ridosso della soglia. -Perché? Che interessi ha Novokov?

-Ha minacciato la mia famiglia, non mi ha lasciato molta scelta… ferirti è un effetto collaterale piacevole, ma sta eseguendo degli ordini dall’alto.

-Ordini da chi? -interviene Maria per la prima volta dall’inizio dell’interrogatorio discostandosi dalla porta, elettrizzata nell’avere finalmente una pista su cui lavorare nel vero senso della parola.

-Non lo so, davvero. -esala Rodchenko serrando gli occhi e sollevano le braccia sopra la testa quando James avanza di un altro paio di passi, portandosi a pochi metri di distanza dal medico. -Sono rimasti in pochi, fate due conti… 

-Sono conteggi non verificabili. -ribatte Maria punta sul vivo nel sentirsi ribadire quel concetto basilare inattuabile, stringendo il tablet al petto con ancora più forza. -Non abbiamo ottenuto nulla, Barnes… andiamocene.

-No. -afferma ottenendo in cambio uno sguardo interdetto, stringendo i pugni imponendosi un filo di autocontrollo, consapevole a priori che la risposta alla domanda che sta per porre non gli piacerà per niente. -C’è una cosa che non mi torna… tra tutti gli Agenti che Natalia poteva colpire, con tutte le occasioni che aveva di fuggire o di uccidere Nick senza la presenza inopportuna di un pubblico… perché? Perché Fury? Perché così?

-Perché Novokov aveva richiesto una modifica specifica per spezzarla nel caso ritorni in sé… -confessa Rodchenko con un filo di voce, rivolgendogli una tacita preghiera che lo scongiurava di non afferrarlo per la gola e stringere. -Secondo lui, sapere che la persona più importante per lei è stata l’innesco per uccidere la seconda la manderà fuori di testa. La Stanza Rossa, il Dipartimento X… qualunque sia il nome con cui si vogliono far conoscere ora, vogliono vendicarsi sulla Traditrice della Patria e dell’Arma Difettosa… e per farlo puntano a colpo sicuro sul vostro salvavita.

James non si era nemmeno reso conto di aver smesso di respirare, distinguendo chiaramente la corda di violino immaginaria tendersi nella sua testa e spezzarsi con un suono orribile, incespicando sui propri anfibi quando non compie quel passo mancato, girando i tacchi inforcando la porta sbattendosela con forza alle spalle, lasciando che Maria se la sbrighi da sola perché non si sente abbastanza lucido da escludere l’omicidio come soluzione al problema.

Si dirige a passo spedito verso il poligono desideroso di sparare a qualcosa per dissipare la rabbia, afferrando l’automatica centrando il bersaglio appena varca la soglia, incurante se ci sia già qualcuno ad allenarsi… è abbastanza sicuro che il suo bisogno di centrare il bersaglio figurandosi la testa di Novokov superi di gran lunga le necessità di chiunque altro.

Ripone l’arma solamente quando esaurisce i colpi in canna, realizzando di essere rimasto solo in mezzo alla stanza, concedendo alla forza di gravità di soppiantare la sua forza di volontà nel fingere che la situazione non lo tocchi, finendo per baciare il pavimento con le ginocchia… ed urla, perché arrivato a quel punto non gli resta niente altro da fare.

 

***

 

10 agosto 2018, Terrazzo, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

-...quindi non torni a casa?

-Che senso avrebbe? New York, Parigi… sono quattro mura e un tetto, non è casa. Non senza di lei almeno.

James non si sforza nemmeno di nascondere i propri pensieri di fronte a Steve, continuando a tenere gli occhi serrati mentre percepisce lo sguardo del fratello su di sé, divagando dall’aggiornamento principale sulle ricerche assecondando quella seduta improvvisata di psicanalisi, che nonostante gli argomenti spinosi trattati contribuiva a rendere meno solitarie e più tollerabili le sue giornate.

Era finito per trasferirsi al Complesso come soluzione momentanea, un po’ per non tagliarsi fuori dalla caccia all’uomo intestardendosi inutilmente sulla via del lupo solitario, un po’ perché la consapevolezza di non essere l’unico a cercare la compagna senza ottenere risultati gli evitava di precipitare nel baratro della disperazione… l’aveva addestrata bene ai tempi, Natasha non voleva farsi trovare e prevedibilmente loro avevano esaurito le speranze di riuscire a rintracciarla, a discapito di tutte le risorse che avevano a disposizione.

-Sei il tuo peggior nemico da giorni, Buck… almeno riesci a dormire? -chiede Steve il più delicatamente possibile nonostante sia già a conoscenza della risposta, forse per costringerlo a parlare senza tenersi tutto dentro, o forse per rompergli semplicemente le scatole.

-Mi hai visto in faccia, Steve? -replica socchiudendo gli occhi lanciandogli uno sguardo esasperato, indicandosi le occhiaie per sottolineare la risposta inespressa. -E guai a te se mi proponi i sonniferi, giuro che te li tiro dietro… e prima che tu me lo chieda, con gli incubi va leggermente meglio negli ultimi giorni.

-Okay… Scusa, domanda idiota. -ammette Steve con una scrollata di spalle appurando dal suo tono di voce che il momento delle discussioni psicanalitiche è terminato, alzandosi riponendo la sedia al suo posto, squadrandolo dall’alto con cipiglio accondiscendente. -Pausa finita. Torni dentro con me a fare qualcosa o pensi di restare qui a piangerti addosso ancora per molto?

-Torno dentro a far cosa? Fissare uno schermo nella speranza che compaia magicamente una pista? -ribatte James con tono ironico, sollevandosi dallo schienale con sguardo scocciato. -Non vuole farsi trovare… ormai è inutile che tu o Clint continuiate a setacciare le telecamere di sicurezza di mezzo mondo. Pensavo di essere stato già abbastanza chiaro quando sono scappato qui.

-Quindi lo ammetti che sei scappato.

James si limita a fulminarlo con lo sguardo facendolo ammutolire, adagiandosi di nuovo contro lo schienale iniziando a tastarsi le tasche alla ricerca delle sigarette… ne aveva decisamente abbastanza di quelle discussioni spinose che creavano sempre una tensione tale da poterla tagliare con il coltello, alimentata dai continui buchi nell’acqua e dalle esasperanti intromissioni in buona fede. 

-Ti unisci a noi? -ritenta Steve provando a farlo ragionare, tallonando la porta in attesa di una risposta affermativa da parte sua.

-È inutile. -rimarca convinto trattenendo il filtro della sigaretta tra le labbra, rovistando di nuovo nelle tasche cercando i fiammiferi.

-È sempre meglio di vederti qui a rimuginare… e basta fumare, lo sai che non ti fa bene.

-Vizi e abitudini sono duri a morire. -replica con la miglior faccia da schiaffi che possiede, irritato dalla situazione esasperante in sè, oltre che dalla sua vana ricerca della scatolina di fiammiferi. -Non trovo… Steve.

-Sono sotto sequestro fino a nuovo ordine. -sorride candidamente suo fratello facendo spallucce, ricambiando l’espressione da schiaffi con aria soddisfatta nell’essere finalmente riuscito ad imporgli qualcosa di non auto-distruttivo per la prima volta dopo una settimana di continue rivolte arrabbiate, inutili e fini a se stesse.

-Non puoi farlo.

-Si invece, forza andiamo.

James rimette le sigarette in tasca issandosi in piedi seguendo Steve attraverso la porta a vetri, brontolando più per abitudine che per vera irritazione, lasciandosi cadere di peso sulla sedia girevole attirando lo sguardo di Clint, che gli mette un tablet tra mani e gli consiglia gentilmente di darsi da fare. 

Nelle ore successive la tensione viene dissipata pian piano, inframmezzata da una battuta sporadica e da divagazioni di vario genere, ritrovandosi a dare una mano considerevole nell’eliminare le zone di influenza decantando aneddoti su cosa avrebbe fatto o non avrebbe fatto Novokov in base all’addestramento ricevuto, ascoltando le ragioni di Steve dal punto di vista tattico delineando svariati piani di azione, mentre Clint contribuiva con spiragli su Budapest per capire le possibili azioni di Natasha attingendo direttamente dal suo periodo più nero. 

James ignorava come fossero finiti a discutere ad oltranza sugli argomenti più disparati, ma quando aveva sollevato lo sguardo verso le finestre si era ritrovato a fissare il sole calante che tingeva il cielo di violaceo, seguito in poco tempo da una maxi pizza d’asporto sbocconcellata per cena posta al centro del tavolo e dagli avanzi della torta di compleanno lasciata dal ragazzino del Queens a pranzo1, mettendo una fine definitiva alla serata.

-Grazie… per tutto. -soffia sussurrando in risposta a Steve quando quest’ultimo si alza da tavola e gli passa affianco intenzionato a fare ritorno a Brooklyn, stringendogli una spalla in risposta e sfilando i fiammiferi dalle tasche restituendogli.

James sopprime uno sbadiglio stiracchiandosi contro lo schienale della poltrona, salutando Clint quando a distanza di un paio di minuti lo vede raggiungere la porta con l’intento di raggiungere il proprio alloggio.

-Non vai a dormire?

-No, sto sveglio ancora un po’, non ho sonno. -mente eclissando dalla sua testa la sensazione spiacevole di dormire in un letto troppo vuoto per una sola persona e la ancor più terrificante esperienza di svegliarsi la mattina dopo intrappolato tra le lenzuola con i recessi di un incubo troppo vivido che imperversa caotico nella sua mente. 

-Fa un po’ come vuoi, io non discuto. -lo liquida Clint con una scrollata di spalle, scomparendo attraverso la soglia. 

James intasca i fiammiferi e si trascina l'ultima fetta di dolce verso di sé iniziando a mangiarla svogliato, scorrendo distrattamente lo schermo del tablet con l’indice, riepilogando mentalmente il punto della situazione nella mezz’ora seguente… finendo per sopprimere l’ennesimo sbadiglio decretando di aver fatto abbastanza per la giornata, spegnendo il dispositivo spingendolo verso il centro del tavolo, mentre la sonnolenza improvvisa lo rende talmente pigro da farlo desistere dal raggiungere il divano nella sala comune.

-FRIDAY? -chiede titubante rivolgendosi al soffitto, ancora restio ad abituarsi all’intelligenza artificiale che gestisce il Complesso. -Potresti spegnere le luci? 

La stanza sprofonda nel buio completo appena termina la frase mentre gli scuri alle finestre si abbassano, sprofondando meglio contro la poltrona reclinando la testa contro lo schienale, posando i piedi sul bordo del tavolo… addormentandosi da lì a poco precipitando in uno scomodo sonno semi-agitato, ma per una volta tanto senza sogni cruenti ad animarlo.

 

***

 

12 agosto 2018, Deposito Armeria SHIELD, New Jersey

 

Natasha sta aspettando che Leonid finisca di nascondere i cadaveri delle guardie che lui ha ucciso per entrare nella base, lo sguardo perso nel vuoto mentre ascolta il ticchettio incessante della pioggia che batte sul tettuccio della macchina, seduta di sbieco sul sedile del guidatore con la portiera del fuoristrada aperta, le gambe a penzoloni nel vuoto e il capo posato contro il poggiatesta, pregando silenziosamente che il mal di testa si plachi concedendole almeno cinque minuti di pace… avvertendo le note di un pezzo swing provenire dall’autoradio, voltandosi fulminea verso le manopole dell’impianto stereo constatando che è spento, scrollando il capo scacciando a forza quei blackout che ogni tanto mandavano in corto il suo cervello con fotogrammi o spezzoni della sua copertura con Barnes senza una logica precisa.

-...secondo te?

-Cosa? -chiede ricollegandosi alla realtà tornando a prestare attenzione a Novokov, che si avvicina alla portiera sporgendosi nella sua direzione, puntellandosi alla scocca in lamiera.

-Ti chiedevo quanto tempo pensi che abbiamo prima che ci rintraccino. 

-Meno di dieci ore… abbiamo attaccato un loro deposito, li informeranno appena ci sarà il cambio della guardia. -ragiona a voce alta, scostandosi una ciocca di capelli con fare nervoso… lo sguardo temporalesco di Novokov la inquieta, è terribilmente simile a quello di un entomologo che ammira estasiato la bellissima farfalla che ha appena infilzato con gli spilli alla bacheca di sughero. -Quando facciamo ritorno alla base?

-Appena abbiamo completato la missione. -replica Leonid con tono ovvio, sollevando lo sguardo al cielo perché è già la terza volta che glielo chiede in una settimana. -Sei strana, che ti prende?

-Non ho niente… -risponde d’impulso Natasha scuotendo il capo, roteando gli occhi di fronte all’espressione dell’uomo, che sembra scandagliare ogni suo pensiero con zelo eccessivo nel tentare di leggerle la mente. -Non lo so… è come se mi sfuggisse qualcosa.

-Lascia perdere, piuttosto concentrati sulla missione… -replica Leonid prevedibile, avvicinandosi ancora di più spingendola delicatamente contro lo schienale del sedile. -Ti prometto che questa sarà una notte da ricordare e da celebrare.

Non fa in tempo a concludere la frase che Natasha lo vede avvicinarsi pericolosamente alle sue labbra, distinguendo chiaramente la scissione netta nel suo cervello tra la logica, che asseconda la memoria gestuale del suo corpo nel ricambiare il bacio, e l’impulso irrazionale, che entra violentemente in contrasto con quanto prestabilito dalle sue sinapsi, finendo per spingerla a schivare la traiettoria delle labbra di Novokov.

-No, aspetta. - lo respinge con una mano premuta alla base della sua gola, intravedendo nei suoi occhi un lampo adirato. -Non è colpa tua, solo… dopo tutto questo tempo sotto copertura con Barnes… non lo so, mi sembra quasi sbagliato.

Lo pianta in asso, scivolando sotto l’arco del suo braccio che continuava a puntellarsi alla lamiera, gettandosi sotto la pioggia infradiciandosi di proposito sperando di ottenere lo stesso effetto salvifico di una doccia gelata, raggiungendo il sedile del passeggero con espressione indecifrabile, sporgendosi sul retro del fuoristrada prelevando e rovistando nella propria borsa sfilando il pacchetto di Marlboro. 

Ha improvvisamente bisogno di fumare quanto necessita dell’ossigeno.

Calma i nervi, rinsalda le crepe, respira.

Sfugge dallo sguardo temporalesco di Novokov, che nel frattempo si era issato al posto di guida accendendo il motore, portandosi il filtro alle labbra tuffandosi alla ricerca di qualcosa all’interno della borsa con cui accendersi la sigaretta.

-Hai un fiammifero? -chiede con tono leggero quando le sue ricerche si rivelano infruttuose.

-C’è davvero qualcuno che usa ancora i fiammiferi? -replica Leonid con tono duro, palesemente arrabbiato per quel bacio mancato, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada. -Usa un accendino, dovrebbe essercene uno nel vano portaoggetti.

Natasha trova velocemente quanto richiesto, chiudendo lo scomparto con uno scatto secco, accendendo il lumicino aspirando la prima boccata di fumo… e per qualche secondo viene colta dalla strana sensazione di tornare a respirare di nuovo, ma non sa spiegarsi di preciso perchè.



Note:
1. Secondo l'MCU, Peter Parker compie gli anni il 10 agosto.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: T612