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Autore: Chiaretta160311    23/08/2019    0 recensioni
Matteo ha sempre avuto qualche problema a gestire la sua rabbia e a causa di questa sarà costretto a intraprendere un duro percorso in cui scoprirà molti aspetti nascosti di sé, in questo percorso una persona rimarrà sempre tra i suoi pensieri, il ragazzo che lui ha sempre amato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
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Il bambino gioioso che era un tempo si era pian piano chiuso in se, i suoi brillanti occhi verdi erano diventati leggermente più scuri e quelli che prima erano boccoli si erano ammorbiditi un po’, le guance si erano sgonfiate e su di esse iniziavano a spuntare piccoli gruppetti di lentiggini. Con il suo carattere non era facile farsi molti amici infatti al liceo era riuscito ad avvicinarsi ad un solo ragazzo, Andrea, il suo compagno di banco, un tipo un po’ timido, la pelle bianchissima, i capelli castani con un ciuffo che gli cadeva sulla fronte e un paio di occhi azzurri non molto grandi, portava gli occhiali da vista e questo gli dava un’aria un po’ da secchione ma a Matteo non importava, era l’unico amico che aveva, quando era con lui il mostro con si faceva mai vivo ed era una sensazione che non provava con nessun altro; era convinto che la vera amicizia fosse così, aveva avuto altri amici in passato ma con nessun altro riusciva ad essere come quando era insieme a lui, avevano un mondo loro ed erano contenti che nessun altro ne facesse parte. Passavano spesso giornate intere insieme, ai due a volte si aggiungeva Alice, Matteo voleva bene a sua sorella, era l’unica della famiglia che lo capiva veramente ma quando c’era anche Andrea odiava vederla varcare la soglia del loro mondo perfetto e rompere quella bolla che si era creata. Tra Matteo e Andrea c’era assoluta fiducia, il primo gli parlava dei continui litigi con i genitori a causa del suo comportamento, gli raccontava che non volevano che stesse troppo vicino alla sorella più piccola, che avevano addirittura paura che potesse farle del male in uno dei suoi attacchi d’ira, odiava la sua situazione familiare e insieme all’amico sognava di scappare un giorno, andare in un posto lontano dove nessuno conosceva il suo mostro, Andrea lo avrebbe aiutato a tenerlo sotto controllo e avrebbero vissuto sereni lontani dai giudizi e dalle risatine che erano riservati anche ad Andrea ma per motivi diversi. Lui teneva in modo particolare al suo aspetto esteriore, passava molto tempo a scegliere i vestiti da indossare e a sistemare i capelli, a scuola un gruppetto di ragazzi lo prendeva in giro chiamandolo gay e in altri modi molto meno delicati e molto più offensivi, Andrea cercava di non dargli troppo peso ma in realtà ne soffriva, a stento sapeva cosa significassero quelle parole e non capiva perchè le usassero per insultarlo; veniva da una famiglia molto religiosa in cui determinati argomenti erano tabù infatti la prima volta che provò a chiedere alla madre cosa significasse la parola “gay” questa le disse che era un peccato e che non avrebbe mai più dovuto pensarci, si arrese all’idea che la madre non avrebbe mai soddisfatto pienamente la sua curiosità quindi fece la stessa domanda a Matteo e lui gli spiegò che una persona è gay se sta con un’altra persona dello stesso sesso, non avevano mai conosciuto persone così quindi il concetto per loro non era molto chiaro e soprattutto non capivano perchè venisse usato come insulto ma ad Andrea non interessava, finché erano insieme stava bene e gli altri potevano chiamarlo come preferivano, lui avrebbe continuato a girarsi dall’altro lato. E’ risaputo che le cose belle non durano a lungo e la magia tra i due fu presto spezzata il tragico giorno arrivò mascherato da giorno ordinario e se ne andò lasciando tristezza e sofferenza, era la prima settimana di maggio, il caldo iniziava a farsi sentire e le vacanze estive erano alle porte; il gruppo di bulli che per tutto l’anno non aveva fatto altro che insultare Andrea aveva deciso di cambiare bersaglio e di prendere di mira Matteo << Frocietto, quello chi è? Il tuo ragazzo? >> iniziò con voce stridula uno dei ragazzi del gruppo provocando una risata generale << Hai deciso di diventare una femminuccia anche tu? Se vuoi ti regalo un vestitino. >> sentendo queste parole e le risate che ne conseguirono Matteo fu riportato all’inizio di tutti i suoi problemi, si sentì di nuovo quel bambino impotente che non riusciva a combattere il suo demone personale, ora il mostro era cresciuto e aveva cambiato le sue sembianze ma non per questo provocava meno danni, anzi questa sua evoluzione avrebbe dato vita ad un boato talmente forte da rimanere impresso nella memoria di Matteo per tutta la vita, non si sarebbe mai dimenticato quel momento, il momento in cui con una freddezza glaciale si girò verso Andrea e disse << Io con lui? Ma per favore, ci sto soltanto per fare un favore a mia sorella, ho provato a spiegarle che non c’è nulla da fare, che è una povera checca e non ha nessuna speranza con lui ma non ne vuole sapere. Ah cosa non si fa per la famiglia! >> e dopo queste parole si unì agli altri in una grossa risata, col tempo ha dimenticato nomi e volti di quel gruppo di bulli ma la delusione che si leggeva chiaramente sul viso di Andrea non l’ha mai dimenticata, Matteo gli voleva bene ma adesso lui lo odiava e aveva ogni ragione per farlo, si era fidato di lui, aveva sopportato gli stessi insulti per mesi rimanendo in silenzio, era riuscito a reggere grazie al sostegno dell’amico ma a quanto pare a Matteo non bastava, Andrea non gli bastava, scappò via in lacrime, non gli interessava se l’avrebbero chiamato femminuccia ancora una volta, per lui non avevano la minima importanza le parole di quattro stupidi adolescenti, ma la sua voce, la voce della persona alla quale teneva di più che pronunciava quelle stesse parole, che lo insultava, sapere che non voleva stare con lui ma lo faceva solo per fare un favore alla sorella, questo lui non poteva sopportarlo; da una parte il suo cuore sapeva che le sue parole non potevano essere vere, lui sapeva cosa c’era tra loro due, sapeva che c’era un legame forte a legarli ma ripensare a quelle parole pronunciate proprio da lui era una doccia gelata, ti fa male, ti lascia senza fiato, senza sapere come reagire. Non voleva più vederlo, non voleva più sentirlo e nonostante le numerose chiamate non aveva intenzione di parlargli ancora anche se gli mancava terribilmente, non poteva guardarlo in faccia o sentire la sua voce senza ripensare a quelle parole dette con tanta facilità. Il numero di chiamate e di messaggi di Matteo fu enorme, si sentiva in colpa, non riusciva a dormire, ogni volta che chiudeva gli occhi l’unica cosa che vedeva erano i suoi occhi azzurri pieni di lacrime, una faccia incredula che prova a realizzare ciò che è appena successo; quell’immagine avrebbe tormentato Matteo per anni ma la verità è che aveva avuto paura, paura di quel mostro che non riesce a controllare ma non aveva considerato che senza Andrea non avrebbe avuto più un secondo senza quella paura opprimente, il mostro era tornato ed era più forte di prima. Il giorno dopo a scuola Matteo incontrò di nuovo quei ragazzi che gli avevano fatto perdere il suo migliore amico, li sentì parlare, parlavano di Andrea, si intromise e con tono deciso e un po’ scocciato disse << Adesso basta, è vero ieri anche io l’ho preso in giro ma non vi sembra di esagerare adesso? Cosa vi avrà mai fatto di male un ragazzo che parlava a stento con me? Mi sembra che sia arrivato il momento di crescere un po’ e conoscerle le persone al posto di insultarle o per lo meno lasciarle in pace. >> e se ne andò senza aspettare una risposta, il mostro era rimasto in un angolo e lo aveva lasciato fare, sperò che questa cosa durasse ma così non fu. Passò un altro po’ di tempo e Matteo era sempre più angosciato, non era più abituato a passare intere giornate senza Andrea, lui era la sua ancora e adesso l’aveva perso; d’altro canto il suo demone era in forma smagliante, entrò in classe senza guardare nessuno, durante la lezione era distratto e alle domande rispondeva in modo scostante, rifiutò un interrogazione e al primo rimprovero dell’insegnante scoppiò, iniziò ad urlare e a tirare oggetti di ogni tipo non curante delle conseguenze che la sua azione avrebbe avuto, dopo essersi reso conto della situazione e del suo comportamento uscì fuori dalla classe correndo e dirigendosi verso il piccolo cortile della scuola, si sdraiò per terra e iniziò a respirare a fatica. Andrea che era in classe con lui e conosceva i suoi problemi assisté alla scena e per un momento esitò, voleva andare a controllare se andasse tutto bene ma sapeva che questo sarebbe stato in parte come perdonarlo per il suo comportamento e questo Andrea non poteva permetterselo, si inchiodò alla sedia e con la pena nel cuore sperò soltanto che Matteo stesse bene e che qualcuno fosse andato ad aiutarlo non vedendolo solo come una furia ma come qualcuno che ha bisogno di una mano. Matteo non ricevette mai un aiuto, non aveva amici a parte Andrea e gli insegnanti non lo vedevano di buon occhio, l’unica cosa che ottenne fu una convocazione nell’ufficio del preside e un’espulsione, benché i suoi genitori avessero fatto di tutto per evitare quest’ultima il preside fu irremovibile, era una di quelle persone di vecchio stampo che rimangono ferme delle loro idee, inoltre questa non era la prima volta che Matteo usciva fuori di se ed erano stanchi di dover sempre stare attenti con lui. Purtroppo nella nostra società i problemi comportamentali sono visti solo come una cosa sconveniente non come una cosa che necessita un aiuto costante da parte di una persona competente e la comprensione delle persone intorno, così erano visti i suoi attacchi di rabbia, come una semplice scocciatura, lo vedevano come un ragazzo viziato che non riesce ad accettare un no come risposta e batte i piedi ma la realtà dei fatti non era questa, lui non sapeva davvero come fare a reprimere il mostro ma questo nessuno glielo aveva mai chiesto. Tornato a casa corse in camera della sorella, era l’unica che gli era rimasta, l’unica con cui ancora poteva parlare, a prima vista sembravano gemelli, stessi occhi, stessi capelli mossi anche se Alice li portava più lunghi, guardandoli meglio era chiaro che gli occhi di Matteo seppur dello stesso colore della sorella erano più spenti e cupi, i capelli un po’ meno curati e il viso più stanco; Alice era due anni più grande di lui, erano cresciuti insieme e nonostante gli innumerevoli problemi non si erano mai separati per più di 24 ore. Spiegò la situazione alla sorella e la pregò di aiutarlo con i genitori, le loro punizioni stavano diventando sempre meno efficaci e di conseguenza sempre più dure, Matteo non sapeva cosa aspettarsi stavolta ma la discussione che fecero a cena non se la sarebbe mai immaginata << Io e tuo padre abbiamo deciso, la settimana prossima ti trasferirai in collegio >> lo disse tutto d’un fiato, con gli occhi sbarrati e la mascella rigida, nemmeno lei sapeva se il suo tono duro era dovuto alla difficoltà delle parole appena pronunciate o alla rabbia mischiata alla seccatura. Matteo ci mise qualche secondo a realizzare cosa avesse detto la madre << tutto ma non questo >> pensò poco dopo accasciandosi sulla sedia, sapeva che fare resistenza sarebbe stato inutile e una scenata glia avrebbe fatto più male che bene quindi guardò Alice di sfuggita mentre gli occhi gli si inumidivano e continuò a mangiare senza proferir parola. Una settimana e la sua vita sarebbe stata stravolta, una settimana e non avrebbe più visto sua sorella per anni, una settimana e avrebbe dovuto lasciare casa sua, una settimana e non avrebbe avuto il tempo di farsi perdonare da Andrea, gli mancava da impazzire, in quel momento avrebbe solo voluto parlare con lui ma non c’era ed era colpa sua, finì di cenare e andò nella sua stanza, non ebbe nemmeno il tempo di chiudere la porta che sentì sua sorella urlare che non potevano farlo, che non potevano mandarlo via ma era tutto inutile. Durante la settima che precedeva la partenza Matteo aveva avuto la stessa vita di un vegetale e adesso era lì in quella macchina con le poche forze che aveva accumulato che si sfogava un’ultima volta, non sapeva cosa lo aspettasse e dato che suo padre non sarebbe tornato indietro voleva liberare spontaneamente il mostro per un volta sperando che non sarebbe più tornato indietro nonostante fosse consapevole che quel grande essere maligno è parte di lui e non riuscirà mai a liberarsene del tutto. Dopo qualche ora venne svegliato dalla madre e dopo essersi stropicciato gli occhi vide un enorme edificio, lì avrebbe trascorso i prossimi quattro anni della sua vita.
  
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