1 Il ritorno del
Marchio Nero. Voldemort era stato sconfitto. Nessuna
verità era più assoluta ed accettata in tutto il regno della magia. Harry
Potter, quella notte di Maggio di undici anni prima, aveva senza dubbio ucciso
l’uomo, se così si può definirlo, che per anni ed anni ha terrorizzato tutta
quanta la Gran Bretagna. Ogni riferimento a lui, ogni suo simbolo è stato
bandito, ma l’ orrore ed il ricordo di quella tragedia ancora scuotevano
fortemente tutti quanti coloro che quella guerra l’ avevano vissuta, combattuta
e sofferta. Le ferite non si erano richiuse e le cicatrici non sarebbero mai
potuto sparire. E’ facilmente immaginabile allora lo
scalpore che fece la notizia del trentuno Luglio di quell’ anno, quando sui
cieli di Londra comparve il Marchio Nero. I Babbani,
nella loro beata inconsapevolezza, pensarono che fu tutto uno scherzo
organizzato da qualche esibizionista di cattivo gusto: persino a loro quella
visione così raccapricciante non piaceva per niente. Per i maghi invece fu il
terrore: che una nuova setta di Mangiamorte si stesse riunendo per ripercorrere
le orme dell’ Oscuro Signore? E perché era comparso proprio il
giorno del compleanno del salvatore del mondo? Sembrava uno scherzo oppure un
avvertimento: tutti quelli che svegliandosi videro quel teschio con in bocca un
serpente tuttavia pensarono che una
bufera stava pera abbattersi sul Ministero della Magia, con maggior precisione,
nel Dipartimento degli Auror, nell’ ufficio di un
certo Harry Potter. Il giorno del suo compleanno Harry
lo stava passando in casa, con la sua famiglia. Aveva voglia di fuggire,
prendere il piccolo James e Ginny ed andare in un posto molto lontano, magari
al mare. Il lavoro in quell’ ultimo periodo era stressante: c’era stato un
aumento sconsiderato delle aggressioni per le strade di Diagon
Alley ed Hosgemade. Niente
di riconducibile a Maghi Oscuri, piuttosto a bande di teppisti che sembravano
andare molto di voga negli ultimi tempi. Giovani appena diplomati senza un
lavoro che per ingannare il tempo assalivano coppiette, rubavano soldi e
facevano esplodere vetrine di negozi. I danni non era né gravi né
irreparabili, ma la scocciatura per gli Auror, le
indagini semplici e noiose seguite da lunghi rapporti scritti si archiviavano
dopo poco tempo tutte quante per mancanza di prove, in quanto sembrava che i
ladruncoli agissero invisibili magari grazie ai Mantelli che vendeva Gorge. L’
unica cosa che il Dipartimento aveva potuto fare era sorvegliare il negozio e
chi comprava quelle diavolerie, ma fin’ora erano tutti bambinetti o ragazzi che
andavano ancora a scuola. Quindi il colonnello Potter, il
giorno prima, aveva lasciato una lettere dove avvisava delle sue ferie ed il
trentuno Luglio dormiva beatamente nel suo letto. Sentì qualcuno muoversi
accanto a lui ed allungò una mano in cerca del corpo di sua moglie, trovandovi
solamente lenzuola calde e sgualcite che stavano ad indicare che Ginny si era
alzata da poco. Harry sbadigliò e si tirò su, passandosi una mano tra i capelli
come al solito disordinati e poi sugli occhi, per cercare si riprendersi dal
sonno. Si rialzò a fatica e traballante entrò in cucina. Non vide il volto di
Ginny, ma puntò dritto verso i fornelli per farsi un caffè: ne aveva un bisogno
urgente. « ‘Giorno amore. » disse Harry con
uno sbadiglio. « Harry vieni a vedere…
» la voce di Ginny era preoccupata, ma Harry era troppo assonnato per
accorgersene. « Oggi andiamo al mare? C’è
un così bel sole fuori… » rispose lui, cercando la
caffettiera senza successo. « Harry è una cosa seria! » il tono assassino della moglie fece
rinvenire parzialmente l’ Auror che si trascinò
lentamente verso la moglie, che nervosa, stava guardando la televisione. Una
cronista parlava in fretta, indicando il cielo sopra il Big Ben: vi era uno
strano accumulo di nubi che non aveva un’aria amichevole ma soprattutto era
paurosamente famigliare. « Quello strano accumulo di nuvole dalla forma strana è comparso stamane
all’alba. Si crede che sia uno scherzo di qualche buontempone. Presto, un aereo
della RAF provvederà ad eliminarlo disperdendo la sostanza di cui è composto …
» La voce della cronista divenne un ronzio
inspiegabile, le mani di Harry tremarono abbastanza violentemente. Si sedette
sul divano vicino sua moglie, che guardava con apprensione il televisore. « Che ci fa il Marchio Nero sopra
Londra? » disse Ginny con un tono a metà tra lo spaventato ed il disgustato.
Harry restò qualche attimo in silenzio, cercando di ragionare sul da farsi. Era
in ferie eppure la voglia di andare al mare era svanita subito quando il suo
sguardo si era fermato sul simbolo del suo storico e peggior nemico. « Non te lo so proprio dire, ma sta
di fatto che al ministero succederà un gran macello. » mormorò Harry alzando un
attimo lo sguardo verso una delle finestre, puntando gli occhi verso il cielo azzurro,
limpido e terso. « Ginny… »
iniziò Harry incerto. Da quando era incinta Ginny era sottoposta a sbalzi di
umore che la rendevano dolce un istante ed isterica quello dopo. « Ho capito Harry. Va in
Dipartimento, non preoccuparti. Vorrà dire che andremo in vacanza un altro
giorno. » il suo tono non sembrava seccato, eppure Harry aveva il dubbio che
stesse pensando “semmai il tuo lavoro te lo permetterà.” Lui, in tutta
risposta, le baciò le labbra e si alzò. Stava per andare a cambiarsi quando un
Jack Russell Terrier argentato entrò come un meteorite passando attraverso il
soffitto, fino dinanzi ad Harry. « Andrai in vacanza un altro giorno Potter, se sai cosa è successo, corri
in dipartimento, altrimenti affacciati fuori dalla finestra e corri lo stesso. »
il patronus parlò con la voce del suo migliore amico e cognato Ron, il che gli
fece pensare che a quanto pare giù al Ministero c’era un gran fermento. Ci mise un attimo a prepararsi
e quando fu pronto tornò da Ginny, che era stesa pigramente sul divano. Non
poteva allenarsi in alcun modo, faceva caldo e si annoiava. Sapeva che erano
questi i problemi che in quel momento facevano sorgere sulle sue labbra un
broncio che nonostante indicasse un certo nervosismo Harry trovava
assolutamente adorabile. « Mi raccomando a che combini
Weasly. » disse lui, baciandole le labbra. Era un po’ ironico ed un po’ serio,
ma preoccuparsi per lei era abbastanza giusto e normale per evitare stupide
paranoie. « Non sono io l’ Auror
che va in missione mortale Potter. »
rispose lei con un sorriso sarcastico sulle labbra. Le missioni mortali
sembravano morte con Voldemort. James dormiva ancora,
forse svegliarlo non sarebbe stato opportuno per i nervi di Ginny. « Io scappo, salutami James. » disse
lui prima di alzarsi in piedi e volteggiare sul posto. Prima di
smaterializzarsi riuscì solamente a captare le risposta di Ginny, diversa da
quella che attendeva. « Buon compleanno Harry! » Si ritrovò a sorridere da solo
dinanzi alla porta del Dipartimento degli Auror, era
il suo compleanno e nemmeno lo sapeva. Sospirò e posò le mani sulla maniglia.
Avvertì la classica sensazione di calore prodotta dall’ incantesimo che lo
riconosceva come autorizzato ad entrare ed i pesanti battenti di legno di
aprirono. Camminò a grandi passi verso la sala delle riunioni dove di sicuro
Ron era li con Parker, Davis e quel rompiscatole di Moore. Entrò nella stanza, appurando che la
sua profezia era corretta. La voce di Moore giunse dura alle sue orecchie e per
un istante desiderò estrarre la bacchetta e fulminarlo all’ istante. « Siamo comodi, eh, Potter? Muoviti
e siediti, Bambino, non sei autorizzato ad arrivare tardi. » Moore, il
Generale, il boss, il capo degli Auror, tanto per
intenderci, sputò velenose quelle parole verso Harry, il quale si voltò verso
di lui con lo sguardo in fiamme. « Io sarei dovuto essere in ferie.
Non ho fatto tardi per mia volontà, generale.
» disse Harry sedendosi poi su una delle sedie poste disordinatamente dinanzi
ad una lavagna. Moore scosse la testa e con un gesto della bacchetta una
cartina del centro di Londra si attaccò sulla lavagna. Altri gesti della
bacchetta fecero si che si disegnasse un cerchio rosso attorno ad un punto,
anch’esso rosso, al centro della cartina. « Mentre qualcuno era in ferie,
stamattina sul presto qualche buontempone ha avuto la geniale idea di sparare
il Marchio Nero sulle strade di Londra. Ammetto che non è stato un bel
risveglio, anche se sembravano essere tornati i vecchi tempi. » un lampo di
luce attraversò gli occhi di Moore quando sembrò ricordare i tempi andati delle
battaglie contro i Mangiamorte. Non l’ avrebbe mai ammesso, così come nessuno
avrebbe osato dirglielo, ma li rimpiangeva fortemente ed odiava Harry Potter
proprio perché glie li aveva strappati via. Prima gli Auror
erano i punti di riferimenti per i maghi, vere colonne portanti della sicurezza
per la comunità, dopo la caduta di Lord Voldemort si
erano ridotti a stupidi sbirri di quartiere, che altro non facevano che
arrestare ladruncoli o multare chi correva troppo veloce con la sua scopa. « Ma a quanto pare è stata una
stupida montatura. Uno scherzo, qualcosa che tuttavia è perseguibile con la
legge. Purtroppo ci manca qualcosa di essenziale chiamata certezza e di conseguenza voi quattro, miei cari colonnelli, dovete
andare ad indagare con le vostre divisioni sul luogo del misfatto. Non sembrano
ci siano state aggressioni o omicidi in loco, ma sono rapporti della polizia
babbana. » in tono pratico e professionale Moore snocciolava tutte le
informazioni che erano utili al caso. Era un despota ma, inutile cercare di
nasconderlo, il suo lavoro lo sapeva fare davvero bene. « Dov’è stato lanciato esattamente?
» chiese Tim Parker, un uomo sulla trentina con i capelli cortissimi che aveva
il viso segnato da numerose battaglie: era già negli Auror
quando la guerra contro Voldemort arrivò al suo
culmine. « Esattamente può dircelo solamente
il cielo, Parker. E’ stato lanciato nel raggio di cinquecento metri, questo è
poco ma sicuro. » disse Moore, indicando con la bacchetta la circonferenza che
aveva tracciato sulla cartina. « Quindi se c’è qualcosa che non va,
c’è entro cinquecento metri. » iniziò Harry. Affianco a lui Ron sorrise, Parker
aguzzò le orecchie e Davis, il biondo colonnello snob, chiamato affettuosamente
la “puttanella”, alzò lo sguardo al cielo. Se Harry Potter alla “tenera” età di
ventisette anni era già Colonnello degli Auror un
motivo c’era. « I Babbani,
e mi ci gioco la casa, hanno controllato solo nelle immediate vicinanze. Dubito
fortemente che siano andati oltre alla chiesa di Saint Margarets.
Chiediamo un rapporto di tutti i crimini avvenuti nel raggio ci cinquecento
metri, questa volta però sarebbe meglio se andassimo a controllare anche di
persona, Generale. » Moore fissò Harry con odio, ma
dovette convenire che aveva ragione. Sospirò e si abbandonò malamente sulla sua
sedia, indicando Davis. « Senti Puttanella, va e cerca
informazioni su tutti quanti i crimini avvenuti dalla stazione della
metropolitana di Saint James’s Park fino a quella di Lamberth North. » Davis, che odiava quell’ appellativo,
scosse la testa e la sua voce acuta squittì qualcosa di chiaramente indefinito.
Ron, Parker ed Harry erano ancora seduti, tutti e tre fissavano Davis che
usciva nervosamente dalla porta, sbattendola poco delicatamente. « Potter, Weasly, andate sul posto a
controllare con i vostri occhi che diamine è successo. Parker, va a rimuovere
quel coso, prima che i Babbani facciano danno. » ordinò secco Moore. Harry e Ron
si alzarono dopo essersi scambiato un’occhiata: quella mattina Moore era di
pessimo umore. Più del solito, a dire il vero. Fuori dal ministero Ron ed Harry si
smaterializzarono proprio sotto il Big Ben, sopra il quale ancora il Marchio
Nero galleggiava come un orrido pesce palla rinchiuso in un acquario sbagliato
per lui. La gente era ferma a guardarlo, incuriosita. Harry e Ron invece non se
ne importarono minimamente, andarono verso ovest, iniziando a pattugliare le
stradine secondarie: se c’era stato un delitto, era stato commesso sicuramente
laddove i Babbani non avrebbero potuto ritrovare
subito il corpo. « Come sta Hermione?
» chiese dopo un po’ Harry, tanto per distrarsi dagli occhi cavi del Marchio Nero
che sembravano scrutarlo attentamente. L’ amica era incinta da otto mesi ormai
e la cosa a volte sembrava quasi spaventare Ron. « Insopportabile come sempre. La
conosci, tutti quegli ormoni poi devono averle fatto aumentare la sua
pignoleria di qualche centinaio di volte. » disse sarcastico il rosso. « Non oso sapere! Eppure avantieri
sera stava così bene. » rispose pensieroso Harry, che di contro, stava passando
qualcosa del genere per la seconda volta in due anni. « Con te e Ginny cerca di trattenersi,
fidati, oppure la rilassate. Con me da sfogo a tutti i suoi più bassi istinti
materni. » disse Ron con tono tetro. Harry rise: definire “bassi” gli istinti
materni era qualcosa di esilarante, soprattutto se si conoscevano i soggetti. «
E mia sorella? » chiese a sua volta Ron, come di abitudine: premuroso come al
solito verso Ginny, sicuramente di più da quando era – di nuovo – incinta. « Sta bene, annoiata, ma capiscila,
fino ad un anno fa giocava a Quidditch ed aveva un
futuro radioso… » disse pensieroso Harry. A volte sembrava
orribile, ma si sentiva in colpa per aver contribuito ad interrompere la sua
brillante carriera nel Quidditch, anche se a volte si
sforzava di ricordare che i figli si fanno in due, il rimorso c’era. « Poi c’ha pensato Harry Stallone
Potter ad ingravidarla per tenerla a casa, dillo dai, che eri geloso di tutti
quei fan! » disse Ron sforzandosi di rimanere serio. Harry rise e scosse la
testa, dando una sonora pacca all’ amico. Svoltarono a destra, in un piccolo
vicolo cieco abbastanza putrido, cosa strana visto che eravamo nel pieno centro
di Londra. Bastò uno sguardo d’intesa tra Harry
e Ron ed entrambi sollevarono le bacchette, puntandole contro il vuoto dinanzi
a loro. Non sembrava esserci nessuno eppure entrambi i maghi sembravano
avvertire la stessa sensazione di energia flebile e continua che scorreva nelle
vene insieme al sangue ed annebbiava per un istante il cervello, la stessa
sensazione di caldo potere che ogni mago prova quando usa la magia. Harry alzò
la bacchetta al cielo e fece un nuovo cenno a Ron, che abbassò la sua. « Incanto Revelio. » l’ incantesimo
pronunciato da Harry si espanse, invisibile, muovendo appena l’aria. Quindi la
sua bacchetta si staccò dalla sua mano, iniziando a roteare in aria a circa un
metro e mezzi da terra, finché non puntò la parete infondo al vicolo. Con un
cenno della sua mano Harry richiamò l’ attenzione di Ron, che alzò la sua
bacchetta. Harry riprese la sua ed entrambi avanzarono lentamente verso il muro
scalcinato che si ergeva dinanzi a loro. « Finite Incantate. » dissero
insieme. L’ aria si spostò nuovamente e quasi divenne un vento che riuscii a
spostare gli occhiali di Harry dal suo naso. Entrambi si ripararono voltandosi
e chiudendo gli occhi, ma li riaprirono subito, puntando nuovamente minacciose
le loro bacchette davanti a loro. Non erano più nel sudicio vicoletto,
ma era nuovamente una strada che aveva una fine: si riusciva a vedere il Big Ban da li. Harry sentì chiaramente Ron posargli una mano
sulla spalla e voltarlo senza alcuna difficoltà contro il muro. Harry spalancò
gli occhi e le sue dita tremarono per un istante dinanzi al secondo scherzo di
pessimo gusto di quel giorno. La scritta, rossa, che sembrava scritta con il
sangue, occupava tutta quanta la parete sinistra del vicolo. IL
SIGNORE OSCURO RISORGERA’ TREMATE
SEGUACI DELLA FENICE. Il
Signore Oscuro risorgerà … che cosa ridicola, che cosa impossibile. Ancora ricordava Silente che gli diceva che non
esisteva magia in grado di far tornare i morti in vita. Solamente la Pietra
della Resurrezione poteva, ma i suoi poteri erano fortemente limitati e di
certo, né duraturi e né benefici. Che voleva dire? Forse qualcuno aveva avuto
la malsana idea di ripercorrere le sue folli gesta? Forse qualche altro Mago
Oscuro stava ricominciando a cercare adepti per una nuova setta pari a quella
dei Mangiamorte? Non c’erano risposte a questo
interrogativo e non ne avrebbero trovare restando in silenzio a contemplare
quella scritta. Harry, automaticamente, portò il suo polso alle labbra e toccò
un piccolo tatuaggio a forma di sole che aveva sul polso. Questo si animò e dal
tatuaggio uscì la voce severa di Moore. « Trovato qualcosa Potter? »
gracchiò Moore. « Si
boss, Old Queen street. Se
viene, capirà. » disse secco Harry con, una voce atona. Quella storia stava
iniziando a puzzargli, se era tutto uno stupido scherzo quello che l’ aveva
fatto sapeva che se fosse stato beccato avrebbe passato abbastanza guai da
pentirsene amaramente. Ma un sesto senso gli diceva che nessuno sarebbe stato
così sciocco da allertare mezzo Ministero, gli Auror
e tutto il mondo magico per scherzo. Dopo circa due o tre anni di assenza dalle scende delle FF ritorno. Si tratta di un missing-moment, un avvenimento successo nei diciannove anni di buco che la Rowling non descrive con chiarezza tra la fine della Guerra e l’ ultimo capitolo. Ho preferito lavorare su questo, sperando di avere abbastanza ispirazione e voglia di proseguire questa ed altre FanFict. Aspetto recensioni =P. |