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Autore: Koa__    24/08/2019    2 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Improvvisazione
 
 
 

 
 
Scrivere, hai bisogno di scrivere. Devi farlo ora. Ne hai un desiderio impellente, quasi sfibrante e che ti scava dentro divorandoti lo stomaco, bruciandoti le interiora. Percepisci sulla pelle la voglia d’imprimere della musica su un brandello di carta, la senti accarezzarti allo stesso modo di come avverti l’aria sfiorarti porzioni di pelle ignorate dalla vestaglia. Non sai da dove arrivi il prurito, è sorto all’improvviso e ora ti ritrovi nel bel mezzo della notte a rovistare tra fogli e spartiti gettati alla rinfusa sul tavolo del soggiorno, nella speranza di riuscire a trovare un pentagramma vergine. Non hai un’idea precisa della melodia che vuoi comporre, probabilmente verrà da sé come capita il più delle volte. Adesso devi soltanto riversare cose tra le righe.
 

Cose.

 
Quante ridicolaggini! Cielo, è assurdo che tu non riesca nemmeno a essere preciso. Anche se, in effetti, non dovresti stupirtene. Dato il disastro che si è creato nel tuo palazzo mentale, è un miracolo se riesci a rimanere in piedi. Nel tuo cervello sta imperando il caos ed è lo stesso sconvolgimento che t’impedisce perfino di stare fermo. Sei come mosso da una frenesia che ti agita le mani, le cui dita non hanno cessato un singolo e dannato istante di tamburellare sulla cassa armonica del violino. Non ti sei preoccupato neanche di pizzicare le corde, no, eri troppo preso da te stesso. Quel che miseramente stavi facendo altro non era che tentare di far rientrare pensieri impazziti dentro ai più consueti ranghi. Non ci sei riuscito. Bisognerebbe dire che ci hai provato, a fare ordine, ma pare che questa notte tu non riesca a ottenere nulla di concreto. E come potresti? A stento ti puoi definire lucido. Dannazione, Sherlock, che ti prende? Mai sei stato così in crisi. Persino quella volta in cui ti spararono riuscisti a mantenere una freddezza tale, da dedurre quale tipologia ferita avresti avuto in base al calibro della pistola. Eppure ora sei fuori di te. Cos’è successo di tanto grave? Cosa? Ma tu lo sai di che si tratta. Naturalmente sì, è ovvio. Perché tu sei Sherlock Holmes e sai sempre tutto. Il punto è che ancora ti rifiuti di accettare d’aver fatto una cosa del genere.


Forse, invece che crogiolarti in questo indugiare, sarebbe stato meglio se avessi suonato. Suonare serve sempre. O magari anche l’ascoltare un Chopin improvvisato, anche quello è utile ogni tanto. Perché non l’hai ancora fatto? Come mai non hai imbracciato il violino o acceso lo stereo? Ah, certamente. Lo hai fatto per lui. O forse loro? No, lei non c’è. Dorme da Molly questa notte, una serata fra donne. Com’è possibile che te ne ricordi soltanto adesso? Fatto sta che lo ha fatto per lui, che non stai suonando per non svegliarlo. Incredibile, Sherlock e decisamente fuori dagli schemi. Questo modo di comportarti è lontano mille miglia dal fare e dall’agire del gelido Mr Holmes. Tutti credono che è così che sei, e un po’ ci ti sei convinto anche tu. Non una volta ti sei fatto scrupoli nel prendere in mano quel dannato strumento a qualsiasi ora del giorno e della notte. La scusa è che Rosie ha il sonno pesante e tu poi suoni piano per non svegliarla. Questa notte non avresti motivo per non farlo, eppure ti stai trattenendo. Com’è possibile? La causa è quello strano sentimento che da ore ti serpeggia su per il cuore, vero? È qualcosa di nuovo e al tempo stesso di assolutamente spaventoso. Assomiglia alla protezione, ma non ha contorni piacevoli, al contrario hai la sensazione che ti stia pesando in maniera eccessiva. Il perno attorno al quale ruotano i tuoi tormenti è naturalmente John. Non è insolito per te l’aggirati nella penombra alle quattro del mattino, eppure, oggi il 221b riecheggia di sonorità differenti da quelle a cui sei abituato. A un certo punto di questa strana notte, ti sei ritrovato in soggiorno con lo strumento appoggiato alla spalla, una sigaretta ancora spenta che ti penzolava dalle labbra e i pensieri brutalmente divisi tra quello che avresti tanto desiderato fare, e ciò che invece sapevi non poter azzardare neanche a ipotizzare. Non stai suonando e l’unico motivo valido che ti viene in mente è che non lo vuoi svegliare, ma non perché preferisci restare immerso nella tua comoda solitudine. Al contrario vorresti che John fosse con te, accoccolato ai piedi della poltrona di fronte al camino acceso. Vorresti che ti guardasse e ti sorridesse. Eppure lo tieni a distanza. Per quale ragione? Perché hai davvero bisogno che John riposi?


Lo sai perfettamente qual è il vero motivo. Devi solo trovare il coraggio di ammetterlo. La realtà è che sei furioso con te stesso e coi tuoi stupidi sentimenti. Perché non dovrebbe esser cambiato nulla, eppure è tutto diverso. Possibile che ti sia illuso tanto? E che quel che hai fatto abbia radicalmente mutato il tuo essere? Ogni cosa sarà diversa da oggi in avanti, te lo ha ripetuto persino lui, ma di certo non intendeva niente di simile. Come poteva pensare che andassi fuori di testa?


Non vuoi svegliare John, dunque. Perché? Il tuo acuto senso logico davvero non se lo spiega ed è proprio perché non riesci a trovare una risposta, stai quasi per dar retta a una parte di te che solitamente resta ben nascosta e a cui mai dai voce. È un lato del tuo essere che in molti definirebbero brutale, Mycroft lo chiamerebbe pericoloso. E invece tu, dall’alto della tua immensa logica, lo consideri niente più che puro istinto. Lui lo sa. Il tuo istinto conosce ogni particolare di quanto hai fatto, di quello che sei stato capace di dire ed è lì esclusivamente per ricordartelo e perché tu abbia ben presente che non sei in grado di gestire le emozioni. Non sei abituato ad avere a che fare con la passione e proprio per questo i tuoi tentativi di razionalizzarla sono miseramente falliti. Abbandonarsi a certi istinti è stato anche troppo facile, accettarli è tutt’altra cosa. Ed è difficile, e fa male. Perché ti senti sbagliato. Storto. Pazzo.


Tu che ti curi del sonno di qualcuno, sarà poi vero? Non è che stai facendo tutto questo soltanto per evitarlo? O che non sei ancora pronto ad accettare quant’è accaduto? In effetti sarebbe più plausibile considerando chi sei, a te non interessa il bene di nessuno. Se ti va di fare una cosa non badi ai sentimenti di chi ti sta attorno. Questo perché non hai mai avuto modo di prenderti cura di un essere vivente, o di imparare cosa siano le esigenze degli altri. Sei un egocentrico nel senso più totale del termine. Conti unicamente tu. Tu che dormi, che occupi un stanza o che decidi cosa fare la sera. Tu e tu solo. Il benessere di un altro individuo non è mai neanche esistito. Ma è davvero così o è quanto ti convinci di essere? No, perché poi è arrivato John Watson. Lui non si limitato a cambiare il tuo mondo, lui ha sradicato ogni certezza che avevi gettandola alle ortiche. Un giorno è successo che hai iniziato a condividere la vita e non è stato tanto male, anzi, hai scoperto che prenderti cura di lui e, adesso anche di Rosie, ti donava sensazioni piacevoli. Calore, su tutto. Felicità. Gioia. Uno strano senso di appagamento. Certo, cambiare pannolini è stato ben più complesso che smantellare una rete criminale internazionale. Ma anche di quello non ti penti. John è vivo, sta bene e credevi che fosse, almeno in un certo qual senso, finita lì e che badare alla sua sicurezza fisica o a quella di sua figlia fosse sufficiente. Quel che ti sta capitando ora è diverso. Profondamente diverso e questa volta non c’entrano pannolini e pappette, è assai probabile che abbia a che vedere coll’aver fatto l’amore ieri sera. Sì, è proprio questo che è successo. È stata la prima volta. La vostra, la tua. La sua con un uomo. Anche adesso e dopo ore, al tenue ripensarci arrossisci miseramente. Perché cavolo se è stato fantastico e, oh, se chiudi gli occhi riesci persino a vederti mentre ti dimeni e inarchi, ti vedi fremere, e gridare, e… Che fai ora? Riprendi il controllo? Inspirare profondamente non servirà a niente, ormai è tardi. Hai fatto l’amore con il tuo migliore amico ed è stato bello, eccitante, fantastico, sorprendente. È stato un qualcosa di mai provato prima. E non si torna indietro, Sherlock, non da questo. Te l’ha detto il tuo Mycroft mentale e lui, così come quello vero, non sbaglia mai.


Se ti sforzi di capire com’è nata ti rendi conto che ha avuto inizio in un modo del tutto innocente. Ricordi che stavi suonando e che eri proprio lì, dove te ne stai ora. In piedi di fronte alla finestra, John rideva e tu avevi voglia di tè alla pesca. Poi forse c’è stato un bacio, ma non era come uno di quelli che hai dato in passato. È stato più che altro come un’esplosione nucleare. E non lo sapevi, che potesse essere piacevole l’aver addosso le mani di qualcuno o che si potessero fare certe sconcezze con la sola bocca né che John fosse tanto vigoroso. Virile. E forte. E che le sue dita fossero in grado di farti impazzire, così come la lingua che… Scrivere. Devi scrivere e devi farlo adesso.


Di notte, il soggiorno del 221b di Baker Street ha le luci accese. Di notte, quando è estate e le finestre restano aperte, puoi sentire una Fantasie Impromptu riecheggiare lungo la via e poi perdersi tra i rumori di Londra. Ci sono notti in cui non c’è nessuno, al 221b di Baker Street, perché il consulente investigativo Sherlock Holmes è in giro per la città a fare il suo strambo mestiere. Altre volte, invece, c’è silenzio e Holmes dorme sul divano con una coperta che il suo dottore, non visto, gli ha gettato addosso a una certa ora. Questa non è una di quelle notti e quando John entra in soggiorno, capisce subito che qualcosa non va. Non è normale che tu te ne stia rannicchiato in un angolo, seduto tra fogli e spartiti scribacchiati, nudo e coperto a stento da una vestaglia che ti sta appoggiata sulle spalle. Anche il violino lo hai abbandonato da qualche parte: non ti serve al momento. Adesso devi scrivere, comporre. Cancellare. Devi canticchiare e sentire come suona il violino nel tuo palazzo mentale, ora ordinato. È vitale che tu imprima su carta quello che hai fatto con John, la passione a cui ti sei lasciato andare, la lussuria che ancora adesso ti domina i pensieri.
«Sherlock?» È la sua voce che spezza il fruire impazzito dei tuoi pensieri, che blocca la mano che disegna con foga diesis e bemolli a lato di note impresse in piccolo tra i righi. Soltanto quando senti il tuo nome e ti rendi conto che c’è lui.
«John!» esclami, con una punta di frenesia, mentre il tuo sguardo scintilla di una luce diversa. Gioia. Liberazione. Amore?
«Posso chiederti cosa diavolo stai facendo?» domanda, con una certa titubanza. Perché è abituato alle nottate a fare chissà che, ma questo pare troppo persino per un tizio strano come te. E infatti quasi indietreggia, si ritrae come spaventato. Poi desiste e invece che andarsene o lasciarsi intimorire, si sofferma un istante a osservarti. Lo fa con attenzione. Lo sai, lo senti. Percepisci i tuoi occhi su di te, è un breve istante durante il quale il cuore ti accelera e le guance diventano assurdamente color porpora mentre il fiato si fa più corto. Un frangente è, in cui ti senti studiato e dedotto. Un momento che ti premuri di spezzare quando trovi finalmente il coraggio di ricambiare il suo sguardo. John non capisce immediatamente cosa stai facendo, ma poi nota i fogli sparsi a terra e la penna appoggiata sopra l’orecchio, e allora comprende. E sorride. Perché sarà anche da matti, ma sei pur sempre Sherlock Holmes e sei il suo pazzo preferito.
«Vuoi sentirla?» gli domandi, con un’aspettativa che trasuda dalle parole, così come dai tuoi occhi.
«Beh, sono le quattro e dieci del mattino e Rosie per fortuna non c’è quindi non corri il rischio di svegliarla come invece fai sempre» sbuffa lui, divertito «ma certo che sì!» In risposta gli sorridi, poi afferri la partitura e con un balzo sei già di fronte alle finestra con il violino al braccio. John è in poltrona quando inizi a ruotare i bischieri e la sua espressione è di pura beatitudine. La situazione è quasi ridicola, in effetti. Eppure, se qualcuno entrasse in questo momento non farebbe caso al fatto che Watson è in mutande, né che il più celebre detective di Londra è nudo di fronte alla finestra o che la vestaglia giace malamente caduta tra spartiti vergini. No, se qualcuno invadesse il soggiorno del 221b di Baker Street in questo momento non potrebbe far altro se non venir rapito da note meravigliosamente dolci, fuoriuscire da un violino frettolosamente accordato. Perché ci sono molti modi di fare l’amore, delle volte è correre per un vicolo buio mano nella mano, altre è gettarsi da un tetto. Questa notte, è riversare in musica un’ora di passione.
 


 
Fine


 
 
 
Note: Questa storia devo averla scritta nel 2016 e sta nascosta da anni nel mio computer, faceva parte di una raccolta che poi ho eliminato. Di quella raccolta un paio di storie sono su AO3, le altre invece le ho eliminate tutte. Tranne questa. L’ho ritrovata un paio di settimane fa per puro caso, l’ho letta e non mi è piaciuta. Poi mi sono messa a scrivere altro e a questa non ci ho più pensato. L’ho trovata stamattina intanto che facevo ordine e ho creduto che con qualche modifica avrei potuto pubblicarla qui. In questa versione c’è Rosie, ma non è presente al momento. Spero che a voi sia piaciuta, a me scatena sentimenti contrastanti.
Comunque grazie a tutti coloro che hanno recensito questa raccolta sino a questo momento e anche chi ha letto.
Koa
   
 
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