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Autore: steffirah    24/08/2019    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Triste passato


 
Dopo che Syaoran-kun mi ebbe riaccompagnata a casa affrontai di petto mia cugina e il suo ragazzo. 
In realtà, c’era voluto un po’ prima che rientrassimo. Per quanto mi sforzassi, una volta cominciate diveniva sempre difficile interrompere lo scorrere delle mie lacrime e fu necessario più di un minuto buono affinché si arrestassero. Mi asciugai il viso in fretta, scusandomi, pur sentendo in me che non bastava. Covavo ancora tanta, troppa sofferenza nel cuore, che premeva per uscire; ma non era ancora il momento, restavano molti interrogativi cui dare una risposta. Per questo, prima che si facesse troppo tardi, gli domandai se potesse mostrarmi la strada del ritorno. Lui convenne con me che fosse meglio, forse rendendosi conto che le mie emozioni stavano divenendo piuttosto instabili.
Pertanto, una volta giunti dinanzi al cancello di casa Daidouji mi lasciò raccomandandomi di riposare, non appena ne avessi avuto abbastanza; gli promisi che lo avrei fatto e lo salutai. 
Quando misi piede oltre la porta, bastò un’occhiata di Eriol-kun. Probabilmente lesse le mie intenzioni nel mio sguardo, o stesso nella mia mente, al che ci invitò ad andare direttamente a sederci sul divano. Qui arrivai dritta al sodo, rivelando d’aver scoperto la verità e chiedendo se anche loro volessero condividere la loro storia con me, promettendo che avrei mantenuto il segreto. 
Più che di questo, tuttavia, Eriol-kun sembrava impensierito all’idea che potessi spaventarmi, ma mia cugina – che ormai sembrava conoscermi come conosceva le sue tasche, se non persino meglio –, lo rassicurò, posandogli una mano sul braccio. 
«È giusto che gliene parliamo. Se avesse voluto scappare avrebbe avuto il tempo di farlo fino ad adesso, ma Sakura-chan non è stupida. Sa che noi non le faremmo mai del male, e che al contrario, la proteggeremo sempre.»
«Anche io vi proteggerò come posso» assicurai, volendo in qualche modo entrare nel loro mondo seppure non ne facessi legittimamente parte e ricambiare, in qualunque maniera, tutto ciò che essi facevano per me.
Mia cugina mi sorrise grata, prima di congiungere le mani sulle ginocchia e aprire il discorso. 
«Conosco Eriol e la famiglia di Li-kun da sei anni. Prima vivevano altrove, sempre nelle zone dell’Hokkaido, ma poi si trasferirono qui sentendosi più al sicuro, essendoci numerose foreste. E anche se vi sono pochi abitanti a Reiketsu, come avrai notato ognuno si fa i fatti suoi.»
Annuii, approvando quell’aspetto dei cittadini. 
Eriol-kun prese parola, facendole un piccolo cenno per farglielo capire. 
«Reiketsu, in realtà, fu già sede di nostri simili in passato, proprio per tutte le comodità che offre. Nei secoli scorsi si usava dire che fosse “la città del sangue blu”, a causa nostra. Hai fatto caso ai caratteri con cui si scrive?»
Tentai di visualizzarne la scritta nella mia mente e mi si accese la lampadina. 
«“Freddo” e “sangue”!»
«Esatto. Fu un mio antenato a fondarla nel periodo Muromachi, quando giunse qui insieme ai portoghesi. Egli era vicino alle arti magiche nella sua madrepatria e, come forse saprai, in Occidente nel ‘500 si dava ancora la caccia alle streghe. Per questo giunse nel posto più lontano dall’Europa, imbarcandosi insieme ai missionari cattolici, fingendo di essere uno studioso che volesse diffondere i testi sacri e letterari; si staccò, tuttavia, dall’equipaggio per poter procedere da solo nel suo viaggio, uscendo naturalmente unicamente di notte, finché non trovò questo posto che con il suo clima riusciva a farlo uscire anche di giorno. 
«All’epoca era solo bosco. Lui costruì la prima casa e chiamò altri simili, con la promessa che rispettassero le sue regole; esse prevedevano prettamente che ci si cibasse unicamente di animali e non si torcesse neppure un capello agli umani. Questi ultimi arrivarono in seguito, affascinati dalla quiete del posto. Col tempo i vampiri cominciarono ad andarsene, visto che non sapevano come avrebbero potuto giustificare il fatto che non crescessero in maniera “comune”, e divenne una città di soli umani, che ospitava occasionalmente vampiri.»
«Quindi» riepilogai, «è per il fatto che il sole non esce quasi mai dalle nubi e che ci sono poche persone che siete venuti qui.»
«C’è anche la questione della barriera, che soltanto coloro che appartengono ai Reed possono percepire. Tutt’attorno al perimetro della città c’è un cerchio magico invisibile agli occhi umani, che permette ad un discendente Reed di capire se altri vampiri entrano nel nostro territorio. Perché, tecnicamente, sarebbe nostro» spiegò pacato.
«Quindi il fondatore della città è stato…»
«Clow Reed» completò per me, stupendomi. «Purtroppo è deceduto, quindi non ho mai avuto modo di conoscerlo. So soltanto di essere un suo diretto discendente, quindi i suoi studi e le sue scoperte sono state tramandate nella nostra famiglia. Col tempo è divenuto per noi una sorta di idolo, per questo, tentando di emularlo, mi sono avvicinato anche io alla magia. Ho approfondito gli studi che lo riguardavano, scoprendo questa cittadina e, una volta giunto qui, che anche dopo la sua morte la barriera è rimasta.»
«Doveva essere un mago abilissimo» osservai, colpita anche dal fatto che lui ne parlasse con un profondo rispetto.
«Lo era» confermò fiero. «Ed era anche molto buono con gli altri, che fossero della sua stessa razza o meno. Per lui non c’era distinzione, voleva soltanto che potessimo convivere tutti nello stesso mondo.»
Il signor Reed sembrava una di quelle rare persone dal cuore d’oro, il che faceva nascere spontaneamente un sorriso sul mio viso.
«Dopo un breve vagabondare e trasferirci da un luogo all’altro, anche io e la famiglia Li ci siamo stanziati qui. Precisamente da tredici anni.»
«Come mai non siete venuti direttamente qui?»
«Prima dovevamo depistare coloro che cercavano Yelan.» Alzai un sopracciglio a quel nome, e lui specificò: «La madre di Syaoran.»
Serrai le labbra, sentendomi il cuore stretto in una morsa. Quel che aveva dovuto subire era troppo crudele. E ingiusto. 
«Perché la cercavano?» domandai con un fil di voce.
«Non ritenevano il mero esilio una punizione sufficiente.»
Storsi la bocca, contrariata da tutto ciò, preferendo cambiare argomento.
«Eriol-kun, per caso tu sei più grande dell’età che dici di avere?» supposi, visto che la madre di Syaoran-kun era andata direttamente da lui quando fu costretta a fuggire. 
«Se fossi umano avrei 41 anni.» 
«Ma sembri giovanissimo!» esclamai sconcertata. Okay, era vero che aveva un’aria matura, e Syaoran-kun mi aveva detto che si invecchiava più lentamente, ma quello era troppo!
«Confesso che ho fatto un incantesimo per bloccare la mia età all’aspetto di un ventenne.»
Ero strabiliata. Si poteva anche fare una cosa del genere?! 
Guardò con tenerezza Tomoyo-chan, aggiungendo: «L’ho fatto per lei.»
Prese la sua mano, sfiorandone il dorso col pollice, mentre lei gli sorrideva dolcemente. Allora capii: Tomoyo-chan non sarebbe più cresciuta e quello era necessario per poter stare con lei per sempre. Tale pensiero mi scaldò il cuore. Era romanticissimo.
«Voi due come vi siete conosciuti?»
«Per caso, di ritorno da scuola. Ero distratta e non mi ero accorta che stesse passando un’auto, finché non mi sono sentita tirare indietro da qualcuno» rispose mia cugina, riprendendo parola. «Da parte mia, fu amore a prima vista» ammise, ridacchiando.
«Anche io ero affascinato da te» ribatté lui. «Non avevo mai visto un’umana con un portamento tanto fine ed elegante. Era come se fossi avvolta da un’aura di seta.»
Mia cugina gli sorrise dolcemente, prima di voltarsi nuovamente verso di me e assumere un tono piuttosto serio, tornando a noi.
«In realtà, tre anni fa ero già all’ultimo anno di liceo, quindi ti ho parzialmente mentito sulla mia età. Sono ferma a diciotto anni da tre anni.»
«Hoe? Quindi… hai ripetuto il liceo?»
Annuì, spiegando: «Fingemmo che avessi una sorella più piccola che, fino ad allora, aveva vissuto con mio padre – immagino ti sarà stato detto che i miei genitori hanno divorziato.» Annuii, ricordando che mio padre me lo aveva riferito. «Dopo essersi trasferita qui l’abbiamo fatta iscrivere al primo anno, per poter restare affianco a Feimei-chan. Ma, soprattutto, ci siamo iscritti per quando Li-kun avrebbe dovuto cominciare il primo anno, in modo tale che potessimo essere i suoi “senpai”. Insomma, speravamo potessimo essere dei punti di riferimento per lui.»
«Perché lo avete fatto?» domandai, impressionata dal loro altruismo. 
La risposta mi fu data da Eriol-kun: «Perché, a differenza di Tomoyo che ha un ottimo autocontrollo, riuscendo da sola a mettere a tacere la propria sete, lui era un tantino… impulsivo.»
«Sì, me l’ha detto» lo interruppi, portandomi una mano al mento, giungendo alle mie conclusioni. «Quindi lo stavate proteggendo…»
Entrambi fecero un segno di assenso col capo, prima che io ragionassi su un altro dettaglio: «Ma a scuola ti chiamano tutti “Tomoyo-chan”.»
«Li abbiamo persuasi che “mia sorella maggiore” si chiamasse Tomoko.»
«Potete fare una cosa simile?»
«Sappiamo essere convincenti» ammiccò Eriol-kun. 
Ripensai alla gita, a quando stavo per cedere dinanzi a Meiling-chan che cercava di dissuadermi dal cercare Syaoran-kun. Forse quella era una delle loro tante abilità innate.
«E… se posso chiederlo…» Mi feci piccina sul divano, temendo di starmi spingendo troppo oltre. Non avrei dovuto ficcanasare così, lo sapevo, però…. «Com’è successo…? Intendo, come mai tu non sei più… umana?» mi uscì timidamente, guardando insicura mia cugina. 
Lei mi rivolse un piccolo sorriso, mentre invece vidi Eriol-kun intristirsi.
«Stavo morendo.» Sgranai gli occhi, impallidendo, sentendomi bloccarsi il cuore. «Come zia Nadeshiko, ho sempre avuto un sistema immunitario piuttosto carente. Mia madre era convinta che l’aria di montagna potesse farmi bene alle vie respiratorie, per questo venimmo a vivere qui – anche perché il mio corpo non aveva mai sopportato temperature troppo calde. All’inizio andava tutto bene, ma a causa di una mia disattenzione presi una febbre che ben presto divenne polmonite. Mi portarono nell’ospedale più vicino e i medici notarono delle complicanze, diagnosticandomi la sepsi. Mia madre andò nel panico, mentre io paradossalmente mi sentivo tranquillissima. Nonostante la sofferenza ero serena, soprattutto quando Eriol venne a trovarmi.» A questo lui chinò il capo, addolorato, mentre io risentivo le lacrime raccogliersi nei miei occhi. 
«Rimase al mio fianco per il tempo necessario, finché non convinse mia madre a riportarmi a casa e ai medici di lasciarmi andare, essendoci ben poco che essi potessero fare per alleviare il mio dolore. Da quel momento, confesso che i miei ricordi sono piuttosto sfocati.» 
Chiuse gli occhi, intrecciando le dita con quelle di Eriol-kun. 
«Eriol rimase accanto a me per tutto il tempo, finché non giunse la fine. Ma quando riaprii gli occhi ero ancora qui, con tutte le persone che mi amavano.»
«Fu un mio atto egoista» intervenne debolmente Eriol-kun, con voce tremante. 
Scossi la testa, asciugandomi le lacrime, mentre lei gli alzava il viso, guardandolo con dolcezza. 
«No, tu mi salvasti. Per questo io e la mamma ti saremo grate per sempre.» 
A quel punto non riuscii più a contenere il magone. Corsi verso mia cugina, abbracciandola con tutte le mie forze, singhiozzando. Avevano avuto tutti un vissuto così triste. 
«Sakura-chan, perché piangi?»
«Mi dispiace» farfugliai, con voce impastata, interrotta dai singulti. «Sono contenta che tu sia ancora qui. Ma mi dispiace che tu abbia dovuto vivere un’esperienza simile.» 
La percepii carezzarmi i capelli, come avrebbe fatto una madre, il che non fece altro che stringermi maggiormente il cuore. 
Di quante cose era stata privata! Non solo lei, ma anche Syaoran-kun! E sua madre! E probabilmente anche Eriol-kun aveva avuto un passato difficile. 
Non riuscivo a sopportarlo. Era così intollerabile, ingiustificabile, imperdonabile. 
Piansi, rivolgendo un pensiero a ciascuno di loro, sentendomi spezzare di volta in volta. Forse in quel momento stavo buttando fuori tutto ciò che avevo soppresso sin dal mattino, tutta quella pena che si era raccolta in me, non facendo altro che crescere nel mio cuore, fino a schiacciarlo del tutto. 
L’idea che non potessero essere se stessi, perché erano solo una minima percentuale di popolazione del mondo. E che, se lo avessero fatto, sarebbero stati malgiudicati, incompresi, temuti, odiati. 
L’idea che non potessero essere felici, perché la felicità, come la vita stessa, veniva strappata da loro.
L’idea che ci fosse sempre, sempre, qualcuno a squarciarne la serenità, impedendo loro di vivere. 
Tutto ciò mi distruggeva.
Desideravo apportare un po’ di luce e calore nel loro animo tormentato. Una luce e un calore che non li avrebbe feriti, che non avrebbe fatto loro del male, che non li avrebbe uccisi. Ma nella mia piccolezza umana, ne sarei mai stata in grado?









 
Angolino autrice:
Buongiorno! E così si conclude questa giornata di "rivelazioni". Avviso che il prossimo capitolo sarà dal pov di Syaoran, ma dato che alla fine non è altro che una summa di quello finora è successo (più qualche dettaglio extra), chi non è interessato può anche saltarlo. 
Come ho scritto qui, "Reiketsu" (che ribadisco, non esiste in realtà) si scrive coi caratteri di freddo 冷 e sangue 血.
Il periodo Muromachi va dal 1336 al 1573 ed è chiamato anche "periodo Ashikaga" perché sostanzialmente coincide con lo shogunato Ashikaga. Comprende il periodo Sengoku, nonché l'arrivo dei missionari/mercanti (e pirati) portoghesi e spagnoli in Giappone.
Se restano altri dubbi, chiedete pure. 
A presto!
Steffirah
  
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