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Autore: LorasWeasley    24/08/2019    1 recensioni
AU [Spamano|FrUK|PruCan| Accenni Gerita]
"-Va bene, sei ufficialmente il nostro nuovo coinquilino, finché non ci tiri brutti scherzi.
Antonio non poté fare a meno di sorridere –Ho 25 anni, direi che sono abbastanza grande per gli scherzi.
...
-Quindi sei uno spagnolo che sta andando ad abitare con un tedesco, un inglese e un italiano, sembra l’inizio di una barzelletta."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Bad Friends Trio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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27.Antonio

La sua paura che potesse essere successo qualcosa a Romano passò solo per un secondo quando sentì il citofono suonare.
Ebbe il tempo di fare un semplice sospiro di sollievo prima che le cose iniziassero completamente a precipitare.
Quando poi Arthur rispose, corrugando la fronte e guardandolo preoccupato mentre diceva “Cosa è successo a Romano? Devo chiamare un’ambulanza?” sentì il gelo invadergli le membra.
Il suo corpo si mosse da solo mentre scappava lungo il corridoio, spalancava la porta e scendeva le scale del condominio a due a due senza preoccuparsi di potersi ammazzare.
Nel frattempo i due ragazzi erano appena entrati dal portone d’ingresso, in realtà era stato Feliciano a entrare trascinandosi di peso il fratello mezzo svenuto.
Il più piccolo dei fratelli zoppicava e aveva il volto inondato di lacrime, ma oltre questo sembrava illeso. Era stanco per essersi trascinato Romano come un peso morto per tutta quella strada con il piede che gli faceva male.
Romano invece aveva gli occhi socchiusi, di chi sarebbe svenuto da un momento all’altro, un polso girato in una posizione non naturale, parte dei vestiti bruciati e tagliati e aveva parte del collo e della guancia destra ustionate. Era sporco di sangue.
Ovviamente Antonio realizzò tutto quello in meno di un secondo, quindi riuscì a pensare solo a un prospetto generale, magari poi erano messi peggio di come aveva visto a una prima occhiata.
Ma non riuscì a riflettere per molto, perché Feliciano sembrò sollevato quando vide sia lui che Ludwig alle sua spalle e, completamente privo di forze, lasciò andare il fratello che Antonio afferrò al volo.
E quando Romano gli cadde tra le braccia, ricoperto di sangue, mezzo svenuto, mentre urlava di dolore per il polso che aveva sbattuto contro il suo petto, Antonio si sentì morire.
Scivolò a terra portandoselo dietro lentamente per farlo stendere –Romano! Romano!
Tutta quello che gli capitava intorno era ovattato, tutta la sua concentrazione era per il ragazzo che stingeva tra le braccia e che aveva appena rantolato il suo nome con voce fioca e con una smorfia di dolore.
Non sentì Feliciano che, dopo essersi accasciato contro il petto di Ludwig, iniziò a piangere ancora più forte urlando frasi scomposte formate principalmente da “è colpa mia, è tutta colpa mia”.
Non vide lo sguardo preoccupato di Ludwig che stringeva a sé il suo ragazzo possessivamente cercando di calmarlo, non lo sentì neanche urlare forte ad Arthur di chiamare un’ambulanza immediatamente.
Non si rese conto del tempo che passava, gli sembrava che ci stessero mettendo una vita i soccorsi ad arrivare, come allo stesso tempo pensò che non fosse passato neanche un secondo quando Francis lo scostò con delicatezza dal corpo di Romano per permettere ai paramedici di occuparsi del suo ragazzo.
 
Due ore dopo erano tutti nella sala d’attesa dell’ospedale.
Francis aveva comprato il caffè a tutti, eccetto ad Arthur che aveva preso il the, in quel momento erano seduti uno di fronte all’altro, Francis sorseggiava il suo caffè mentre l’inglese dopo la prima smorfia schifata aveva lasciato andare la bevanda, ma non si era lamentato e non aveva detto nulla al Francese.
Gilbert e Matthew erano seduti in quelle sedie scomode in plastica, uno di fianco all’altro, il canadese aveva poggiato la testa sulla spalla del suo ragazzo e questo l’aveva stretto a sé. Non parlavano, si limitavano a fissare o a far muovere il liquido scuro della bevanda nel bicchiere che tenevano tra le mani.
Ludwig era qualche sedia più a destra rispetto a loro, chinato in avanti con le mani tra i capelli, non diceva una parola, il bicchiere del caffè vuoto.
Antonio invece aveva ignorato il suo caffè, era già abbastanza agitato e non riusciva a stare fermo, tanto che continuava a percorrere l’intero perimetro della sala d’attesa a grandi falcate, più e più volte, la caffeina non gli avrebbe di certo fatto bene.
Il primo a raggiungerli fu Feliciano, aveva un piede fasciato ma riusciva a camminare anche senza stampelle, era accompagnato da un dottore.
Gilbert chiamò il fratello per attirare la sua attenzione e quando questo alzò lo sguardo subito si diresse da Feliciano rilasciando un sospiro di sollievo.
Ludwig lo raggiunse in fretta e lo strinse tra le braccia, poi ascoltò cosa il dottore avesse da dire, anche gli altri si erano avvicinati per sentire.
-Il piede non è rotto, era solo una storta, per questo non l’abbiamo ingessato. Può camminare ma meglio che faccia il minimo sforzo per almeno una settimana, okay?
Ludwig annuì diligente, il dottore continuò –Gli abbiamo dovuto somministrare dei tranquillanti perché non smetteva di urlare e piangere per suo fratello, per questo adesso è stordito, conviene portarlo a casa, si addormenterà a breve.
Ludwig annuì di nuovo ma Feliciano rispose con voce strascicata –Io non ci vado a casa fino a quando non so qualcosa di Romano!
Il dottore sospirò –Non abbiamo stanze libere, mi dispiace.
Feliciano si aggrappò alla maglia di Ludwig, il labbro gli tremava –Non importa! Resto qui, con loro!- poi si girò verso il suo ragazzo –Non portarmi via, ti prego.
-Non lo farò- rispose subito Ludwig, convinto di quello che stava dicendo.
Il dottore non fece più nulla, si limitò a dire che li avrebbe avvertiti quando c’erano notizie di Romano, poi andò via.
Ludwig prese in braccio Feliciano, si andò a sedere nella sedia che stava occupando fino a poco prima e se lo sistemò addosso, facendolo poggiare contro il suo petto in una posizione più comoda rispetto tutte le altre –Dormi qui.
Ma Antonio aveva aspettato troppo, così esplose contro il più piccolo dei fratelli –Si può sapere che diavolo è successo?
Ludwig gli lanciò un’occhiataccia –Non lo vedi che non…
Venne interrottò da Feliciano che biascicò –No, ha ragione, è giusto che gli racconti.
Gli avevano iniettato così tanti tranquillanti che raccontò con voce bassa e quasi monotona, non pianse come se quello non fosse un suo vero ricordo, come se non lo toccasse in prima persona, le parole gli uscirono dalla bocca come se non fosse davvero lui a raccontare.
-Stavamo tornando a casa, quando in una via abbiamo sentito delle voci, erano dei ragazzi ubriachi e crudeli, Romano mi ha detto di andare via ma io non l’ho ascoltato, perché si stavano divertendo a torturare un povero gatto, gli strappavano il pelo, poi lo bagnavano di alcool e lo bruciavano… non potevo far finta di non aver visto, capito? Solo che… loro erano in tre e noi, non siamo molti bravi in questo genere di cose.
La voce gli era diventata più fievole, così alzò una mano per strofinarsi un occhio e tenersi sveglio gli ultimi minuti.
-Romano mi ha protetto, mi sono preso solo una storta al piede perché lui mi ha spinto via, per poi proteggermi da quei tre. Gli hanno rotto il polso sbattendolo contro il muro, l’hanno picchiato e l’hanno ferito con una bottiglia di vetro che gli hanno rotto addosso, si è tagliato con il vetro e si è bagnato con un po' d’alcool che poi ha preso fuoco quando uno ha iniziato a usare un accendino. Però si sono spaventati quando hanno visto il suo volto in fiamme e sono andati via, solo così sono riuscito a prendere Romano e trascinarlo a casa, non avevo il telefono per chiamare qualcuno e il suo si è rotto durante la rissa… Mi dispiace… È tutta colpa mia… Se solo non avessi agito d’istinto e me ne fossi andato quando l’aveva detto lui…
Inaspettatamente fu proprio Antonio a bloccare quel suo flusso di parole –Non è colpa tua Feliciano, hai reagito davanti la crudeltà delle persone, è una reazione normale, nessuno ti farà mai una colpa di questo, neanche Romano. Non sei tu che l’hai ridotto in quel modo, sono stati quei pezzi di merda e possono solo pregare che io non scopra mai il loro volto perché non sarò clemente.
-Ve… Antonio…- ormai Feliciano aveva chiuso gli occhi, nel dormiveglia sospirò –Te l’avevo detto che lui è il mio angelo…
Si addormentò profondamente e Antonio si alzò sospirando, Gilbert lo raggiunse fissandolo serio –Se vuoi andare a cercarli, io sono con te.
Antonio abbozzò un sorriso –Lo so, ma per il momento la mia priorità è Romano.
Attesero per altre due ore abbondanti, erano ormai le due passate, poi li raggiunse un’infermiera –Un parente di Romano Vargas?
Svegliarono Feliciano che mezzo stordito chiese –Mh?
-Lei è il fratello?- domandò l’infermiera avvicinandosi –Solo una persona al momento può far visita a Romano visto che non è l’orario delle visite, deve essere un parente, viene lei?
Feliciano la scrutò, gli occhi che gli si chiudevano –Lui sta bene?
-Si, sta bene, deve starà qui per tutta la notte e anche domani per accertamenti, ma sta bene adesso.
Feliciano sorrise dolce –Mi basta sapere questo, se può andare solo una persona, voglio che vada Antonio.
Antonio strabuzzò gli occhi –Sei sicuro?
Feliciano annuì –Ve… E poi, mi sento ancora quella specie di droga in circolo, non sono sicuro di arrivare nella sua stanza senza crollare addormentato da qualche parte.
Lo spagnolo annuì, l’infermiera li scrutò –Deve venire un parente- specificò per la seconda volta.
Antonio non si fece intimidire –Sono il suo ragazzo e ho l’okay del fratello, adesso mi faccia vedere Romano.
L’infermiera non disse più nulla e si avviò lungo i corridoi, lo accompagnò fino alla porta e prima di entrare parlò –Se vuole può restare qui anche tutta la notte finché non disturba gli altri, al paziente è stato somministrato nella flebo un antidolorifico che dovrebbe farlo addormentare a brave e permettergli di dormire sereno tutta la notte, per qualsiasi urgenza c’è il pulsante rosso accanto al letto.
Antonio annuì, poi entrò richiudendosi la porta alle spalle, non appena Romano lo mise a fuoco cercò di mettersi seduto e la prima cosa che chiese con voce roca fu –Dov’è Feliciano, come sta?
Antonio si affrettò a raggiungerlo per farlo mettere nuovamente sdraiato –Sh, sta bene, ha solo una slogatura la piede, ora dorme, era così preoccupato per te che gli hanno dovuto somministrare dei tranquillanti per calmarlo.
Romano si morse il labbro ma fu sollevato di sapere che l’altro stesse bene, lo si vedeva dai suoi occhi pieni di sollievo.
Antonio strinse le labbra e sedendosi al suo fianco allungò una mano ad accarezzargli quella parte del viso non fasciata dalle bende candide –Tu come stai?
Romano storse la bocca –Sono stato meglio.
-L’infermiera dice che presto gli antidolorifici dovrebbero farti effetto e che ti addormenterai a breve.
Romano annuì –Li sento già che entrano nel mio braccio- lanciò una breve occhiata all’ago della flebo dentro la sua vena e rimase con lo sguardo li per non fissare l’altro direttamente negli occhi, le guancie rosse –Tu resti con me?
-Non vado da nessuna parte.
Romano annuì di nuovo –Sappi che non ho nessuna intenzione di scusarmi per quello che ho fatto, se ti sei preoccupato o meno, lo rifarei altre mille volte.
-Lo so- rispose in fretta Antonio –Non avevo alcuna intenzione di dirti nulla.
Fece una pausa, poi concluse con voce più bassa –Ricordi la sera quando abbiamo litigato? Hai detto a Ludwig che non poteva neanche immaginare cosa significasse vedere la persona che più ami al mondo caderti tra le braccia più morto che vivo. Ecco… adesso ho capito quello che si prova.
Romano arrossì del tutto, quella era a tutti gli effetti una dichiarazione.
Rispose semplicemente con un “baciami” biascicato e Antonio obbedì subito fino a quando non lo sentì cadere tra le braccia di Morfeo.
  
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