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Autore: crazy lion    24/08/2019    2 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti che Demi e la sua famiglia hanno vissuto, raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Nel documentario "Simply Complicated" Dallas dice che crescendo è sempre stata molto protettiva verso Demi. Data la situazione che avevano in casa, dopo aver ascoltato parlare Demetria, Dianna e aver letto il suo libro ho deciso di scrivere questa storia che racconta un episodio che potrebbe essere benissimo accaduto. Demi ha quattro mesi e, durante una delle tante litigate dei genitori, Dallas si precipita in camera di questi ultimi per calmare la sorellina. Intanto, quando Patrick se ne va Dianna è divisa tra la paura e l'amore che ancora prova per lui, un sentimento che non si rende ancora conto essere diventato sbagliato da quando sono iniziate le violenze. Che succederà poi?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Vale non solo per Demi, ma anche per tutti gli altri personaggi di cui ho parlato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Demi Lovato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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DALLAS E LA PICCOLA DEMI
 
Dallas era in camera sua quando i genitori avevano cominciato a litigare. Non era una novità, anzi accadeva molto spesso, però lei ogni volta ci soffriva. Il papà tornava a casa ubriaco o drogato e urlava, lanciava oggetti oppure se la prendeva con la mamma e lei provava a calmarlo, ma spesso non ci riusciva perché aveva troppa paura. Ogni tanto, però, succedeva che litigassero anche di giorno. Ogni volta, in segreto, Dallas piangeva, soprattutto la notte nel suo lettino, perché non capiva come mai il papà fosse a volte gentile e buono e altre tanto cattivo. Sentì il rumore di qualcosa che si rompeva, forse un bicchiere che lui aveva lanciato. Ma, rifletté, da un po' cercava di sforzarsi di non piangere, almeno di giorno, e lo faceva per un motivo semplicissimo: era nata Demi e da quel momento lei aveva sentito un forte senso di protezione nei suoi confronti. Non se n'era nemmeno resa conto, era stato tutto istintivo. Sapeva solo che lei era la sorella più grande e che la bambina era più piccola e fragile, e aveva bisogno non solo dei suoi genitori ma anche di lei, soprattutto in quei terribili momenti. Doveva andare a vedere come stava. E se il papà l’avesse sentita, fosse corso su e le avesse dato uno schiaffo? Non si poteva mai sapere cosa riusciva a fare in quei momenti. Doveva comunque tentare.
“Per Demi” si disse. “Solo per lei.”
Tremando si tolse le ciabattine e le prese in mano, poi in punta di piedi arrivò fino alla porta e la aprì il più lentamente possibile per non farsi sentire. Il papà non le aveva mai fatto del male, ma temeva che se avesse fatto rumore si sarebbe arrabbiato. Uscì e la prima cosa che udì fu il pianto disperato di Demi. Prima dormiva, ma ora a causa del fracasso e delle urla doveva essersi svegliata. Quel suono acuto anziché darle fastidio le fece provare una strana sensazione al petto, come se qualcuno glielo stesse schiacciando. Sempre con calma e attenzione, andò verso la camera dei genitori. Le urla, le accuse, il rumore di quello che forse era un piatto rotto, una porta sbattuta con veemenza, le suppliche della mamma la facevano tremare di terrore nel corpo e nell'anima, mentre si sentiva come se una mano gelida le stesse scendendo lentamente giù per la schiena provocandole brividi.
"Devo andare avanti" si impose. "Lei è là dentro, è piccola, avrà paura e non ha nessuno."
Cercò di non ascoltare le parole dei genitori, altrimenti sarebbe rimasta ferma lì a capire per che cosa litigavano. Ora si erano chiusi in una stanza, non capì quale e udirli sarebbe comunque stato più difficile. Nonostante andasse all'asilo, giocasse e facesse tutto ciò che fanno i bimbi divertendosi un sacco, a causa della situazione dietro le mura domestiche Dallas era più matura dei bambini della sua età. A soli quattro anni faceva pensieri come quello, che normalmente un piccolo che vive in una famiglia serena non farebbe.
Percorse gli ultimi metri senza preoccuparsi di fare un po' di rumore con i piedi: non poteva metterci tutto il giorno per arrivare. Entrò e corse letteralmente verso la culla della sorellina che continuava a piangere così forte che le mancava il fiato. Aveva chiuso la porta a chiave, per sicurezza. Era stata la mamma ad insegnarglielo.
"Apri in caso tu abbia bisogno di me, ma quando lui si arrabbia chiuditi dentro, sia con Demi che in camera tua quando sei sola" le aveva detto. "Poi io arrivo e mi apri, mi farò sentire."
All'inizio la piccola non era riuscita a farlo e si era spaventata da morire, soprattutto perché una di quelle volte c'era anche Demi, ma la mamma da fuori le aveva spiegato ancora e ancora come fare, finché adesso non aveva più nessun problema.
 
 
 
Se n'era andato. Patrick era uscito da quella porta e non sarebbe tornato per un bel pezzo. Dianna sospirò di sollievo.
Almeno stavolta non mi ha fatto niente pensò.
Non le aveva dato uno schiaffo, non l'aveva ridicolizzata né le aveva detto che non faceva mai abbastanza o che era una stupida, come accadeva di solito. Ad ogni modo le aveva urlato contro, forte ma non troppo per non allarmare nessuno, come sempre. Avevano passato interi, eterni minuti ad accusarsi a vicenda dei propri errori e a gridare. Lei non aveva pianto, non lo faceva mai. Non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. Ma adesso, sola nel salotto di casa, crollò a sedere sul tappeto mentre una singola lacrima le solcava la guancia destra. Se la sciugò in fretta. Non poteva permettersi di più. Lui la faceva soffrire ma le dava tutto, avevano avuto due bambine stupende insieme, e nonostante tutto il dolore psicologico e a volte fisico che le provocava Dio, quanto lo amava! E anche lui provava lo stesso, ne era certa, era per forza così. O meglio, lo era nell'idea sbagliata e malata che entrambi avevano di amore, lui perché effettivamente aveva grossi problemi e lei perché era condizionata dal marito. Ma di tutto ciò non si era ancora resa conto. Non aveva ancora capito di doverlo lasciare, che la situazione sarebbe diventata insostenibile. Credeva ancora di poterlo cambiare, che le cose sarebbero migliorate di nuovo.
"Va bene" disse ad alta voce. "Va tutto bene."
Andò in bagno e si lavò il viso. Aveva ancora un segno rosso dal manrovescio che le aveva tirato il giorno prima e che era stato talmente forte da farla cadere a terra. Demi piangeva e lui voleva dormire dopo essere tornato a casa dopo una sbornia e si era arrabbiato. Lei aveva cercato di calmarlo, come faceva sempre quando tornava ubriaco e si metteva ad urlare o a lanciare cose, ma quel giorno non ci era riuscita.
Andò al piano di sopra e trovò Dallas e Demi in camera sua. La piccola era nella culla e la più grande era lì vicino, teneva le mani sopra il lettino dell'altra come per proteggerla.
"Tranquilla Demi, è tutto a posto" le stava dicendo. "Non ci farà niente e nemmeno alla mamma. Se lo fa ti proteggo io, promesso."
Dallas sapeva che spesso il papà tornava a casa e cominciava a gridare e a lanciare cose, e anche che diversi mesi prima, quando la mamma non era ancora incinta, aveva chiuso il dito della mamma in una porta con tanta veemenza da staccarle due dita, il mignolo e l’anulare. Il primo era stato riattaccato, del secondo le mancava un pezzo, ma non voleva spaventare la sorellina. Era ancora così piccola! E anche se forse non ricordava niente, Demi aveva visto il loro padre comportarsi in quel modo più di una volta. Per questo Dallas spesso le si avvicinava durante quegli episodi di violenza. Non pensava al motivo, ma la verità era che, come Dianna aveva notato, era molto protettiva verso Demi. E lo sarebbe stata anche in futuro.
"Sono qui, tesori miei" disse la donna entrando.
Cercava di rimanere composta, dal suo viso non traspariva niente.
"D-dov'è papà?" chiese Dallas con la vocina stridula a causa della paura.
"Se n'è andato per ora. Io sto bene, va tutto bene. Non dirlo a nessuno, okay?"
"Sì" mormorò, pensando che la mamma glielo ricordava sempre.
Dallas non riusciva a capire. Le mamme delle sue compagne d'asilo sembravano molto più felici della sua e i loro mariti non parevano persone come il papà. Ma forse per la loro famiglia  era normale tutto questo. Allora perché la mamma era così triste?
“Voi state bene?”
“Demi sì, sono stata io con lei.”
“Voglio sapere anche come stai tu, amore mio. Sei mia figlia tanto quanto lei” disse la donna con dolcezza.
“Sto bene, mamma” le rispose.
Non parlavano mai della paura che avevano, perché avrebbero dovuto iniziare ora?
Dianna guardò negli occhi le sue figlie. La prima appariva un po' confusa ma sembrava che si sentisse bene, la seconda invece aveva uno sguardo tanto innocente e privo di tristezza o dolore che la donna quasi pianse. Era ovvio che fosse così, Demi aveva solo quattro mesi, e sua madre era grata del fatto che non si rendesse davvero conto di tutto il male che Patrick le faceva. Dallas lo capiva eccome, ma erano cose di cui mamma e figlia non parlavano praticamente mai. Dianna era stata cresciuta in un ambiente in cui non venivano fatti discorsi profondi, ognuno sotto la superficie aveva delle metaforiche porte che teneva ermeticamente chiuse ed era lo stesso tra lei e Dallas. Sarebbe stato così anche con Demi una volta cresciuta.
"E tu? Non dici niente?" domandò Dianna a Demetria.
La piccola continuava a guardarsi in giro come se non avesse mai visto quella stanza prima d'allora. Forse la attirava il colore rosa acceso delle tende, o il sole pomeridiano che entrava dalla finestra aperta, o il canto degli uccellini che si sentiva nonostante si trovassero in una grande e trafficata città come Los Angeles. Di solito era chiacchierona, quel giorno invece stava in silenzio. Si era svegliata da poco, un po' prima che Pat cominciasse a urlare come un dannato, e aveva pianto. Dianna l'aveva sentita e le si era spezzato il cuore quando non aveva potuto correre da lei.
"Grazie per averla calmata mentre io… mentre io non c'ero" disse a Dallas, pensando che quella bambina stava crescendo troppo in fretta.
In fondo aveva solo quattro anni.
Dallas annuì, le sorrise e poi chiese:
"Posso andare a giocare in salotto?"
Forse giocando avrebbe dimenticato le urla per un po'.
"Ma certo. Tra poco arriviamo anche noi."
Dianna la strinse a sé e le diede un bacio su una guancia, poi la lasciò andare e l'altra corse via come un fulmine. Le piaceva stare con la sorella, ma era solo una bambina ed era giusto che si comportasse come tale.
Rimasta sola con Demi, Dianna schioccò le dita più volte finché la piccola le strinse il medio esclamando:
"Ah!"
e sorridendo.
"Sei forte, lo sai? Non riesco proprio a liberarmi!" esclamò Dianna, fingendo di non farcela a divincolarsi dalla sua stretta.
"Mmm, mmm."
Non era un lamento, più una sorta di discorso.
"Che c'è?"
La bambina cominciò a girarsi piano piano e, dopo vari tentativi e tanta fatica, riuscì a mettersi a pancia in giù, poi guardò la mamma.
"Oh, sì, lo so che sei brava" disse la donna battendo le mani. "Andiamo a cambiarci, va bene?"
La prese in braccio e la portò in bagno al piano di sotto. Demi non rimase ferma durante il cambio. Del resto, quale bambino lo fa? Non fece altro che lamentarsi e muovere le mani, alzare le gambe e, soprattutto, lanciò grida disperate.
"Oddio, neanche ti stessi scannando."
Dianna non ce la faceva quando la bambina iniziava a comportarsi così. Sapeva che era normale, ma non riusciva a sopportarlo. E poi accadde. Immaginò che Demetria le cadesse dal fasciatoio, battendo la testa a terra e rompendosela per poi morire, e poi di tenerla in braccio e che si ripetesse lo stesso orribile evento. Un brivido glaciale la percorse e dovette ricorrere a tutte le sue forze per non lanciare un urlo terrificante. Altre volte l'aveva fatto, per liberarsi. Ma quella volta non poteva: Dallas era in casa e si sarebbe spaventata da morire.
Dianna sbuffò. Spesso si sentiva stanca e mille pensieri oscuri le riempivano la mente.
"Non ce la posso fare" mormorò e cominciò a cullare Demi che aveva iniziato a lamentarsi.
Andò in salotto e si sedette sul divano con la bambina fra le braccia e guardò Dallas giocare. Diede a Demi un paio di sonagli che aveva comprato mesi prima. Lei iniziò a prenderli con entrambe le manine, portarli alla bocca per assaporarne la consistenza e a lasciarli andare sul divano per poi riprenderli di nuovo. Ai bambini piace molto il rumore, si sa, e lei non era da meno. Pianse quando uno le cadde per terra, stringendo i pugnetti in un gesto rabbioso, ma Dianna fu veloce a raccoglierlo.
"Metti via i cubi di legno se non ci giochi più" le ordinò, in tono forse troppo duro.
La bambina si stava ora divertendo con una bambola che aveva due pattini finti e la faceva pattinare sul pavimento come se fosse stato ghiaccio.
“Guarda, mamma,” disse la piccola con occhi sognanti, “questa è una ragazza che pattina, è bravissima e bellissima. Ha due genitori e il suo papà vuole tanto bene a lei e alla mamma.”
Sussultò sentendo la madre parlare in quel modo: non era di certo la prima volta, capitava spesso da quando era nata Demi, ma ogni volta non le piaceva e quelle reazioni la spaventavano. "Ma li riprendo fra poco" provò a dire, quasi in un sussurro.
"Non importa!" scattò la donna battendo un piede per terra.
A quel punto entrambe le bambine scoppiarono in un pianto disperato e Dianna si sentì una completa e schifosa merda. Perché reagiva in quel modo? Perché si comportava così e perdeva la pazienza tanto spesso? Forse era la stanchezza. Non sapeva ancora cosa fosse la depressione post partum, non ne aveva mai nemmeno sentito parlare in vita sua, ma era proprio di quella che soffriva. Purtroppo, però, se ne sarebbe resa conto molti anni dopo.
"Oh, piccole, scusatemi. Non volevo, io non so che mi è preso, non volevo sgridare nessuna delle due, io…"
Si rese presto conto che alle sue figlie non servivano parole ma fatti, e che era troppo agitata per formare una frase coerente. Se avesse continuato, avrebbe solo peggiorato la situazione. Fece cenno a Dallas di avvicinarsi.
"No" disse la piccola fra i singhiozzi. "Non voglio!"
Allora fu lei ad andare dalla figlia, con Demi in braccio: le si sedette accanto sul tappeto e le tre rimasero lì a lungo, a fissarsi, mentre Demetria allungava le manine e toccava i cubi di legno con i quali la sorella maggiore aveva giocato. Provava ad afferrarli, sembrava che in quel periodo volesse prendere qualsiasi cosa ma alla sua età era normale, e ovviamente non ci riuscì.
"Dallas, guardami." Quando la bambina alzò gli occhi verso di lei, Dianna riprese: "Scusami se ti ho sgridata così."
"S-sempre" mormorò la bimba tra un respiro tremante e l’altro, mentre con le manine si asciugava le lacrime.
"Sì, lo so che succede sempre, o comunque molto spesso e che non è giusto. Tu sei una brava bambina, anche troppo e ti voglio bene. Mi perdoni?"
Sarebbe stato troppo complicato spiegarle che spesso aveva quelle immagini mentali orribili di poco prima, o che a volte sentiva che la sua testa non era lucida. Aveva cercato di dirle tutto in modo semplice, adatto alla sua età.
La mamma era stata dolce. Dallas sorrise, si appoggiò contro di lei e poi la abbracciò, stringendola con tutta la forza che aveva.
"Anche io, mamma. Anche io. Ti perdono."
"Mmmm, ah, ah!" fece Demi sorridendo.
"Credo che voglia dire quello che hai detto tu" mormorò la donna. “Le mie bambine!”
Erano l’unica cosa bella e la migliore che avesse fatto nella vita, la sua sola ragione per cui vivere.
Si misero tutte e tre sul divano e continuarono a coccolarsi fino a quando fu ora di cena.
Demetria allungava le manine e accarezzava dolcemente il viso e i capelli della sorella, ogni tanto glieli tirava forte ma l'altra non si arrabbiava mai, sapeva che aveva una sorellina piccola e la mamma le aveva spiegato che era normale che si comportasse così.
"No, Demi" le diceva solo e si liberava aprendole piano la mano.
“Mi dicevi della tua bambola” riprese la donna. “Come si chiama?”
Si era commossa nel sentire il discorso semplice ma profondo della figlia. Anche lei soffriva, ma adesso sirrideva ed era tutto passato.
“Katy.”
“È un bel nome.”
Mentre stringeva al cuore le sue bambine, Dianna pensò che Dallas e la piccola Demi erano l'unica luce che illuminava l'oscurità della sua vita. Tuttavia ci sarebbero voluti anni prima che la donna si rendesse conto che gli abusi del marito non erano amore e che il loro amore, quello vero, era finito da un pezzo.
 
 
 
NOTE:
1. una nota importante: come ho scritto, per non dare l’idea di glorificare queste tematiche perché non lo farei mai, l’amore che Dianna prova per Patrick è un amore sbagliato, anzi non può essere chiamato amore, perché anche se si sono amati e sono stati felici per molto tempo ora lei continua ad amare un uomo che le fa del male. Lo scrive con parole diverse anche nel libro “Falling With Wings: A Mother’s Story”: è convinta di amarlo nonostante tutto. Io non credo che lui fosse una persona totalmente cattiva, ma che volesse avere una famiglia e non sia riuscito a mantenerla unita a causa dei suoi problemi. Ad ogni modo comunque questo non giustifica ciò che ha fatto.
Vi prego, non posso immaginare quanto sia difficile ma trovate il coraggio di denunciare chi vi fa del male. Chi vi ferisce psicologicamente, fisicamente o sessualmente non vi ama e voi meritate molto di meglio. Meritate di essere felici, e con persone del genere al vostro fianco non lo sarete mai.
2. Demi da piccola ha vissuto ad Albuquerque, poi in Texas e infine a LA, ma nelle mie storie ho sempre scritto che è andata a Los Angeles quand’era piccolissima per rendermi le cose un po’ più facili. Essendo non vedente non è semplice descrivere le ambientazioni e dato che in altri racconti parlo anche di Andrew, un personaggio originale, amico della Demi di queste fanfiction da sempre e che abita proprio a Los Angeles, ho preferito inventare un po’. Ammetto comunque che non è stata una scelta facile vista la mia ossessione per il realismo.
3. È vero, Patrick era molto violento con Dianna. Più che altro la ridicolizzava, non credo l'abbia toccata molte volte o almeno, nel libro non c'è scritto (la donna dice anche che a volte lei e gli amici lo chiamavano Pat). Ad ogni modo, anche se i due sono stati felici per molto tempo, ad un certo punto lui è cambiato. Dianna e Demi hanno detto che i suoi disturbi mentali l'hanno fatto diventare così e nel libro la prima ha scritto che non si è mai voluto curare per l'alcolismo, anche se una volta lei l'aveva portato ad un incontro per provare a smettere. Inoltre, come forse molti di voi sanno, l'uomo faceva uso di droghe. I motivi per cui lo faceva erano molti, il più importante forse era che lui era un ingegnere e mentre degli operai stavano costruendo un suo progetto uno è morto. Nel suo libro Dianna dice che a volte fissava il vuoto come se lei non fosse stata nemmeno lì e che quell’esperienza doveva avergli causato il PTSD (disturbo post traumatico da stress). Aveva anche altri problemi come la depressione bipolare, ma allora di tutto questo non si parlava, altrimenti la donna sostiene che l’avrebbe portato in un ospedale a farlo visitare da uno psichiatra. Era vero, quando è nata Demi le cose tra i due andavano meglio, ma nel capitolo dopo, quando la bambina ha otto mesi e quindi è un po’ più grande di quanto è qui, la donna dice che le urla e la messa in ridicolo da parte di Patrick erano ricominciati, anche se non da quanto.
4. Dianna, Demi e Dallas sono sempre state molto legate. Ho voluto riportare questo nella storia. Inoltre sia nel documentario che nel libro viene detto che tutte si tenevano i propri dolori dentro. Ora non so se parlassero o no di quello che succedeva allora in casa o se quando l’hanno detto si riferissero agli anni successivi, in ogni caso la risposta della bambina che non dice di aver avuto paura mi sembrava coerente con quello che tutte e tre hanno asserito. Dianna scrive anche che se si fosse resa conto di quanto quel che succedeva in casa avesse influenzato le sue figlie avrebbe fatto qualcosa.
5. I bambini di quattro mesi tengono in mano dei piccoli giocattoli e spesso li portano alla bocca per sentirne la consistenza, in questo modo li esplorano. Riescono a rotolare a pancia in giù, non tutti ovviamente, e a tenere su la testa.
6. Dianna ha sofferto, sia con Demi che, soprattutto, con Madison, di depressione post partum e aveva pensieri del genere in particolare con la più piccola. L’ho letto nel libro.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
in attesa di riprendere la mia long, spero tra due settimane se mamma si sente meglio, mi tengo attiva con qualche One shot. Avevo scritto questa tempo fa, avrebbe dovuto essere parte di una raccolta ma ho deciso che è meglio che io le pubblichi separatamente, così almeno tengo attivo il profilo. Solo questa era già completa, la seconda è in fase di scrittura e poi non so quante ce ne saranno.
Mi auguro di aver trattato le tematiche in modo rispettoso come faccio sempre, sono importanti e delicate e non voglio offendere nessuno o parlarne con superficialità.
   
 
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