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Autore: Cigarette    26/08/2019    0 recensioni
Dal prologo
"Sophie si guardò i piedi nudi che dondolavano dal ramo più alto dell'albero e rifletté sul motivo per cui si arrampicava lassù. I suoi genitori glielo avevano proibito, ovviamente, ma non era per spirito di contraddizione che lei lo faceva. Né era spinta dal gusto della sfida: quello si era placato l'anno prima, quando aveva raggiunto la cima dell'albero e si era ritrovata di fronte soltanto il cielo. Si arrampicava così in alto perché là sotto, tra quei palazzi, non riusciva a respirare. Non si preoccupava di cadere; una cosa simile non poteva succedere in quell'universo privo di gravità.
[…]
Nel tragitto che portava verso casa, non troppo distante da quel piccolo appezzamento di terra incolta, Sophie intonò una canzone che era solita cantare sua nonna, la voce bassa e delicata come il volo di una farfalla. Non sapeva però, che poco distante da casa sua, affacciato alla finestra, un bambino dagli occhi di ghiaccio la fissava incantato."
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Prologo



 

Dalla vertiginosa altezza dell'albero, la bambina osservava tutto. Il quartiere degli Eruditi le sembrava un posto freddo ed estraneo. I palazzi di vetro scintillante con i pochi rattoppi di vegetazione che si fondevano con la modernità, non le ricordavano affatto casa, mutavano in qualcosa di molto diverso. Da quel punto là, anche per Sophie sembrava possibile trasformarsi, essere diversa. Magari un animale. Magari un lupo, magari un falco: arrogante e solitario, la freddezza di chi lotta per la sopravvivenza. Già a sette anni Sophie sapeva che, per qualche strana ragione, lei non era come tutte le sue coetanee Erudite. Le veniva naturale tenere tutti a distanza, perfino le sue poche amiche, che in fin dei conti erano delle bambine gentili e intelligenti. L'unica persona al mondo, forse, a cui si sentiva veramente vicina era suo cugino maggiore, Jack. Erano come due tralci di vite che crescono aggrovigliati insieme nella vecchia canzone tanto cara ai più anziani della fazione. Sophie si guardò i piedi nudi che dondolavano dal ramo più alto dell'albero e rifletté sul motivo per cui si arrampicava lassù. I suoi genitori glielo avevano proibito, ovviamente, ma non era per spirito di contraddizione che lei lo faceva. Né era spinta dal gusto della sfida: quello si era placato l'anno prima, quando aveva raggiunto la cima dell'albero e si era ritrovata di fronte soltanto il cielo. Si arrampicava così in alto perché là sotto, tra quei palazzi, non riusciva a respirare. Se di tanto in tanto non si fosse allontanata, l'infelicità si sarebbe posata su di lei come un manto, seppellendola. Lassù sull'albero invece, l'aria fresca le solleticava la pelle e lei si sentiva invincibile. Non si preoccupava di cadere; una cosa simile non poteva succedere in quell'universo privo di gravità.
-Sophie!- la voce di sua madre la raggiunse aprendosi un varco tra le foglie, e fece l'effetto di una mano che la strattonasse verso il basso.
Dal tono della sua voce, Sophie capì che era ora di andare. Raccolse le ginocchia sotto di sé , si accovacciò e cominciò a scendere. Atterrò poco dopo sul prato con un agile balzo dal ramo più basso. Non era emotiva come le altre bambine, che avevano guance rosse e paffute. Le sue erano lisce, vellutate e pallide. A sette anni, Sophie non si vedeva bella e non dedicava un solo pensiero al suo aspetto fisico. Tuttavia nessun altro poteva rimanere indifferente al nero corvino dei suoi capelli e agli sconvolgenti occhi del colore della notte più buia, che a tratti si illuminavano come attraversati da un fulmine. Quegli occhi sapienti la facevano sembrare più grande.
Nel tragitto che portava verso casa, non troppo distante da quel piccolo appezzamento di terra incolta, Sophie intonò una canzone che era solita  cantare sua nonna, la voce bassa e delicata come il volo di una farfalla.
Non sapeva però, che poco distante da casa sua, affacciato alla finestra, un bambino dagli occhi di ghiaccio la fissava incantato.

   
 
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