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Autore: Roiben    29/08/2019    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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2 - Giungono visite inattese 

 

 

 

 

 

Nel camino scoppietta un fuoco allegro, mentre dai vetri proviene il gentile ticchettio della pioggia. Il libro che tiene sulle ginocchia quella sera non riesce a destare il suo interesse, non quanto le pieghe espressive che si formano sulla fronte e agli angoli degli occhi del suo coinquilino nei momenti in cui è occupato a studiare i particolari di un qualche caso complicato, per lo meno. Sospira, richiude il libro con delicatezza per evitare di disturbare le riflessioni dell'amico e, poggiando una guancia nell'incavo della mano, si sofferma a osservare fuori dalla finestra; Baker Street è lucida di pioggia e i suoi pochi passanti si affrettano per tornare a più accoglienti dimore, dopo la giornata trascorsa al freddo di un autunno già inoltrato. Qualcos’altro, minuti dopo, sembra però attirare la sua attenzione: una carrozza di piazza, trainata da un bel cavallo morello, rallenta fino a fermarsi proprio di fronte al civico 221B. 

 

«Credo che abbiamo visite, Holmes» annuncia, in verità un po' stranito dato l'orario già molto tardo. 

 

A malapena l'amico solleva uno sguardo che subito appare abbastanza contrariato, e dà un leggero sbuffo. «Vedremo» mormora, prima di tornare a concentrarsi nei suoi studi. 

 

Questa volta, tuttavia, pare sia il dottore ad averla vinta, e lo intuiscono entrambi nel momento in cui sentono bussare e i passi della signora Hudson scendere ad aprire la porta. 

 

«Qualcuno che ha bisogno dei vostri servigi, scommetto» azzarda Watson, accennando un lieve sorriso che però l'amico non coglie, seguitando nel suo tentativo di non perdere definitivamente la concentrazione. Fatica sprecata, visto il teatrino che si sta consumando al pianterreno proprio in quel momento. 

 

 

 

«BonsoirMadame. Mi vorrete perdonare per l'incomodo di avermi fra i piedi a un'ora tanto sconveniente» esclama allegramente la voce del giovane uomo appena comparso sulla soglia. 

 

La signora Hudson, sbalordita, non può far molto altro se non fissare a occhi spalancati quella bizzarra quanto inaspettata apparizione. Si tratta di un uomo piuttosto alto, d'aspetto affascinante e in qualche maniera non comune nobile, abbigliato con una elegante mantella nera di calda lana pettinata, un paio di guanti in scamosciato che fasciano strettamente le dita affusolate, un lucido cappello a tuba, un altrettanto lucido bastone da passeggio con pomolo d'argento e a completare il tutto una sciarpa di seta di un abbagliante bianco neve che riesce ad accecarla al pari del suo sguardo indiscreto. 

 

«Oh, credete, non c'è di che preoccuparsi, signore. Con i miei inquilini sono oramai abituata a ricevere ospiti a orari ben improbabili» afferma la donna, senza troppi riguardi per i succitati inquilini. 

 

Il visitatore le rivolge un sorriso brillante, e manca un soffio che la faccia stramazzare al suolo come una pera cotta. 

 

«BienMadame...». 

 

«Hudson» geme la suddetta. 

 

«OuiMadame Hudson. Sono qui per incontrare uno dei vostri inquilini. Il suo nome è Monsieur Holmes, Sherlock Holmes. Vorreste essere tanto gentile da annunciare il mio arrivo? Ecco a voi il mio biglietto da visita. Mille grazie, Madame» e detto ciò afferra la tesa della tuba fra le agili dita e le fa compiere un ampio arco nell'aria mentre le si inchina di fronte con un gesto plateale. 

 

La signora mugola e con un ansito strozzato che vorrebbe essere un assenso fugge con uno scatto degno di nota su per le scale a recare il messaggio all'investigatore (e a tentare di farsi passare l'accaldatura improvvisa). 

 

Senza neppure prendersi la briga di bussare, irrompe letteralmente all'interno dell'appartamento, lasciando i due uomini abbastanza sconvolti da quel comportamento fuori dal comune per una donna di norma tanto assennata. 

 

«Signora Hudson, se non vi dispiace, vorreste spiegarci che cosa vi è capitato per presentarvi da noi in tal modo?» cerca di informarsi Holmes, utilizzando un tono abbastanza freddo e contrariato per la verità. 

 

«Perdonatemi, signor Holmes. Il fatto è che giù c'è un uomo...» tenta in propria difesa. 

 

«Come di sovente accade, signora Hudson. Non dovrebbe sorprendervi più di tanto, poiché capita con una certa frequenza che arrivino persone a farmi visita». 

 

«È così. Ma costui è... Insomma... Oh, non fa nulla, ecco, tenete e fatevene voi un'idea, dato che ne siete sicuramente più preparato» conclude, consegnandogli il biglietto da visita ricevuto pocanzi. 

 

L'investigatore lo sfila dalle mani nervose della padrona di casa e gli è sufficiente un singolo, rapido sguardo per afferrarne ogni implicazione. Impallidisce, poi le sue gote si tingono di lieve rossore indignato«Oh, questa poi. Lui, qui! Non si usa più mandare risposte per iscritto?» lamenta, alzandosi dalla sedia sulla quale era rimasto seduto con cocciuta ostinazione fino a quel momento. «Fatelo entrare, quindi!» sbotta nervoso. «A questo punto, ormai, non c'è molto altro che si possa fare» aggiunge in un soffio costernato. 

 

 

 

La signora Hudson preferirebbe di gran lunga lasciare l’incombenza a chiunque altro. Malauguratamente le sole altre persone presenti sono giusto il dottore e l’investigatore e nessuno dei due dà l’impressione di volerla sollevare da quell’incarico. Pertanto, facendosi forza ridiscende le scale fino all’ingresso, nel quale ritrova il visitatore così come l’aveva lasciato, al momento preso nella curiosa occupazione di far volteggiare la tuba da una mano alla spalla e dalla spalla all’altra mano, poi roteare veloce sulle dita, infine di nuovo sulla testa, per poi ricominciare tutto da capo. Si prende un momento per osservarlo e non può esimersi dal pensare che si tratti di un personaggio quantomeno bizzarro, se non addirittura oltremodo fuori dal consueto. 

 

Con un discreto schiarirsi di voce attira infine la sua attenzione. «Il signor Holmes mi ha confermato che potete raggiungerlo di sopra» annuncia, a disagio sotto il suo sguardo indagatore e in parte irriverente. «Vi faccio strada. Se voleste seguirmi, per di qua» borbotta imbarazzata. 

 

Di colpo si volta e per l’ennesima volta percorre la scalinata, badando bene a non rivolgere mai lo sguardo all’uomo di cui avverte l’ingombrante presenza e il passo leggero alle proprie spalle. Solo quando giunge infine a bussare all’uscio dei suoi inquilini (sì, in questa occasione se ne è rammentata) trae un tremolante sospiro di sollievo al pensiero che presto potrà scaricare il problema su altri. 

 

«Prego» soffia, lasciando libero lo specchio della porta perché possa procedere oltre. 

 

Se non che, prima di avanzare, costui le si volge accennando un breve inchino e un piccolo sorriso. «Molto obbligato, Madame» mormora con voce pacata. Poi fa qualcosa che la signora Hudson di certo non si aspettava e che brucia i pochi processi mentali e cognitivi ancora al lavoro nel suo cervello: raccoglie con gentilezza una sua mano e vi posa sul dorso un leggerissimo bacio. «Aurevoir». 

 

 

 

Mentre la padrona di casa sguscia via, con buona probabilità per andare a seppellirsi nel suo confortante e famigliare salotto nell’intento di scongiurare l’imminente arresto cardiaco, l’inatteso visitatore, con pochi passi, oltrepassa l’uscio e si fa strada all’interno dell’appartamento, facendo poi spaziare lo sguardo nell’ambiente circostante così da assimilarne particolarità e disposizione di mobilia e oggetti. Non che abbia secondi fini, in questo caso; si tratta piuttosto di una sorta di deformazione professionale. I suoi occhi si fermano infine sulla sottile e slanciata figura che alla sua entrata è balzata in piedi e in quel momento lo sta scrutando con quello che non esita a giudicare come aperta diffidenza, una certa quantità di irritato fastidio e forse una punta appena accennata di astio. Nulla di nuovo sotto il sole (o sotto la pioggia, nel caso presente), insomma. Le sue labbra, quasi in modo autonomo, si arricciano in un sorrisetto un po’ sfrontato. 

 

«Monsieur Holmes, bonsoirE una buona serata anche a voi, docteur Watson».

  
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