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Autore: Ste_exLagu    30/08/2019    1 recensioni
Hanamichi è un campione che gioca nel NBA alle soglie dei 30 anni. Brinda più volte con Haruko in un locale. Lei aspetta un bambino e sembra quindi che tutto sia felice, ma quando cominci a fare i conti con il dover crescere forse il brindare non è solo per una cosa bella. Magari brindano a tutto quello che lui ha perso con lei, forse brindano perché lui è svuotato dai sentimenti che provava per lei. Forse lei si è rivelata per quello che è in realtà. Al bancone l'incontro con qualcuno del passato, e uno svelarsi insieme, mettendo sul piatto quello che i loro cuori riescono ancora a tenere vivo, o forse quello che sono riusciti a lasciare andare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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あなたに負けた

 

(Anata ni maketa)

Lost On you

ovvero quando un’anima si incatena ad un’altra ma la lascia libera

 

Note pre fic: Sono in un malvagio loop in cui ascolto quasi esclusivamente Lost on You, e ora ne ho due versioni preferite, una di un live di LP su rai due e una cover di Scott Hoying e Mario Jose sulla musica di In Time di Zimmer.

 

All I ever wanted was you

I'll never get to heaven
'Cause I don't know how

 

Le volpi sono animali monogami, scelgono un compagno per la vita, è un animale che mi calza a pennello. Mi sono innamorato a quindici anni e lo sono ancora, del solito ragazzo, ma ora alla soglia dei trenta è un uomo con spalle ancora più larghe e mani più calde. Devo avere un animo masochista, per forza, non è normale innamorarsi di uno tsunami, di un dio del fuoco e della guerra, il nostro primo incontro è finito in rissa, e molta della nostra comunicazione durante quel primo anno è stata fatta attraverso le nostre mani. Non ci siamo detti molto, ma eravamo sempre vicini, se lui era nervoso veniva sempre da me per una scazzottata, se mi sentivo troppo solo rinchiuso nel mio bozzolo fatto di silenzio e basket allora lo provocavo, e non mancavamo mai una rissa. La partita con lo Shannoh ha segnato un punto di svolta, non sembra ma ho osservato i suoi progressi fulminei e l’ho invidiato un sacco, io ho sputato lacrime e sangue per riuscire ad arrivare a quel livello in solo in pochi mesi, e ci siamo passati la palla come una vera squadra c’eravamo in qualche modo addomesticati, avevo cominciato a nutrire una certa fiducia in lui, e provavo attrazione fisica, così forte da farmi stare male. Mi è stata diagnosticata una neurodiversità che ricade nello spettro autistico, nulla di grave, solo il mio cervello è diverso da quello di molti altri e questo mi ha sempre portato a non capire bene come approcciarmi col prossimo. La mia mancanza di relazioni sociali ha preoccupato molto i miei genitori, che mi hanno portato da quel medico o da quell’altro luminare in giro per il Giappone per capire cosa avesse il loro figlio le cui occupazioni erano ristrette, e che dormiva al posto di andare a giocare con i coetanei, la diagnosi è arrivata una mattina, stavo già frequentando le scuole medie. Adesso capisco che i miei genitori hanno fatto tutto quello che hanno potuto per amore, ma per me era un incubo, sempre le solite domande, sempre a farmi perdere tempo che potevo occupare con il basket e dormendo. Nonostante sia arrivato a casa con più lividi del solito, li ho visti sollevati da quando ho conosciuto lui, hanno detto che ho reagito, e sono riuscito ad aprirmi un po’ con loro, lasciandoli entrare nel mio mondo. Adesso lo capisco la mia reazione di chiusura si era accentuata con le visite, vedevo gli altri come tutti quei medici impiccioni. Ho sempre osservato le persone con cura, ho sempre paura di essere abbandonato e mi avvicino solo a quelli che, a mio giudizio, non mi abbandoneranno col tempo. Devo dire che il mio istinto mi ha sempre premiato. Quando durante il terzo anno mi sono iscritto alla draft l’ho fatto quasi per scherzo, i miei mi hanno mandato al pre camp, e mi hanno messo nelle scelte possibili, quattordicesima draft, ho fatto una steal of draft, mi sono imposto come giocatore di prestigio, e ancora mi fa impressione che la gente che compra la mia maglietta. Vengo subito riconosciuto, mi fa piacere perché vuol dire che nel mio lavoro, la mia passione più grande sono bravo, non giriamoci attorno, non nascondiamoci dietro falsa modestia.

Stasera ero al pub che ho comprato con un ex collega, adesso capitano della squadra dove gioca la testa rossa, e mi sono ritrovato un Hanamichi Sakuragi distrutto che chiede qualcosa di forte, niente di più forte di un the passerà dalle sue labbra in mia presenza. Lo consolo, e questo mi fa un male cane, perché la mia maledizione è riuscire a sentire il dolore degli altri come se fosse mio, e finisco prosciugato. Hanamichi non ha capito che l’unico per cui spasimo è proprio lui, lo faccio da quando ho quindici anni, lo faccio da quando uno tsunami rosso si è scontrato con il mio guscio di paura e rifiuto. Quando ero piccolo, ricordo vagamente, una bambina dell’asilo con cui giocavo spesso, lei però non se la passava bene a casa, e io tornavo a casa mia sentendomi solo e abbandonato come lei, e questo mi faceva paura, ed ho deciso di non interessarmi alle persone. Nessuno doveva scalfire la mia tranquillità. Ho un qualche avo olandese, e saltando qualche generazione gli occhi blu si ripresentano, e proprio a me dovevano capitare? Le ragazze dalle medie hanno cominciato a tampinarmi, fino al momento di rottura, ho detto chiaramente di essere interessato al cazzo. Mi sono sentito libero, leggero, e sono riuscito a trattare meglio le persone senza l’ansia della loro attrazione fisica, spesso venduta come amore a poco prezzo.

Sono devastato doppiamente, lui ha lasciato la sua fidanzata storica, si sono messi insieme dopo la sua riabilitazione, ora lei è incinta di un altro, ma non uno qualsiasi uno dei suoi amici storici, il suo amico storico che diceva di essere gay. Avevo sospettato che lei fosse un’arrivista, ma pensavo di essermi sbagliato, ed eccoci dopo quindici anni a raccogliere i cocci del suo cuore, un cuore grande e generoso, un uomo pieno di amore, che ne ha ricevuto un sacco nonostante il carattere turbolento dell’adolescenza, lui è stato salvato dal basket e io sono stato salvato da lui. Vorrei spaccare la faccia a quella ragazza, ma non posso, e poi lui l’ha liquidata in modo geniale, le ha fatto firmare un contratto, io non l’avrei fatto, perché non faccio arrivare nessuno così vicino al mio cuore da spezzarlo. Non è vero, lui potrebbe polverizzarmi in un secondo, ma aspetto con trepidazione la partita di dopodomani. Servo qualche avventore, faccio qualche selfie, firmo qualche autografo, mentre lui è al tavolo più nascosto a sorseggiare the. Ho dovuto lasciarlo solo o gli avrei detto quello che mi preme sul cuore ormai da anni. Non l’ho idealizzato, conosco i suoi difetti, e penso se ne siano aggiunti altri nel tempo, ma sono irrimediabilmente attirato da lui, dalla sua pelle ambrata da quei capelli di fiamma. Vorrei poter andare di là e baciarlo, ma non posso, non posso perderlo, non posso sfruttare il dolore per un po’ di calore umano.

 

Sono passati due giorni dal nostro incontro al bar, ieri è uscito un piccolo comunicato che annuncia la rottura del fidanzamento tra Haruko Akagi e Hanamichi Sakuragi, confesso ho stampato e incorniciato la notizia. Sono dentro al Dome, dove ho giocato la mia prima partita in NBA, l’ultimo cambio quello che l’allenatore fa tanto per, e son riuscito a mettere dentro il canestro e il tiro libero, tutta fortuna, ma ci vuole anche quella, mi son fatto vedere e da 15 secondi sono passato a minuti e poi a tempi interi e ora sono titolare in una squadra titolata. Sono pronto, fascetta all’altezza del gomito, divisa, scarpe dello sponsor. Entriamo in campo, e non mi aspetto niente di diverso, Hanamichi entra nel cerchio di centro campo per la palla a due. La partita scorre veloce nel mio gioco e in quello dei compagni, la lotta è serrata, siamo al quarto quarto mancano 13 secondi e mi sto lanciando in contropiede ma vengo raggiunto da un difensore, il difensore più bello di tutta la lega, il ragazzo che amo con tutte le mie forze, ma da cui non mi farò fermare, devo fare attenzione allo sfondamento, è bravo a cercare di portare l’attaccante in fallo, la partita non è finita, loro sono un punto avanti, ma la mia fame di vincere non si placa mai. Entriamo in area e lo scontro non è delicato, ma non c’è vantaggio, si continua, riesco a tirare in fade away e lui riesce a bloccarmi, ma ricadendo mi colpisce facendomi cadere. “Kaede” mi chiama quando sbatto contro il parquet di questo palazzetto “Tutto ok Do’hao”. Mi rialzo in piedi afferrando la sua mano calda, sento come una scossa elettrica, e l’intervento dell’arbitro mi salva dal baciarlo in diretta tv. “Canestro realizzato, fallo del numero 13, 1 tiro” il cronometro segna due secondi, e devo per forza realizzare, con lui in due secondi non sei al sicuro. Riesco a realizzare il canestro, e un suo compagno effettua la rimessa ed io mi metto a marcare il rosso, e per fortuna riesco a distrarlo per i due lunghissimi secondi successivi. La mia squadra vince la partita, ma è stata una sofferenza, e sarà una sofferenza il ritorno nello spogliatoio con il nostro urlante allenatore. Non la quantità di urla che si beccherà lui, ma anche il mio allenatore non ci scherza. Quando siamo pronti e ripuliti lo vedo nel corridoio degli spogliatoi indeciso se uscire o meno. La tv ha intervistato entrambi, e lui ha fatto un mea culpa assurdo per il fallo, non si è reso conto che sono stato io a colpirlo e a far sembrare il contrario, pesare una decina forse quindici chili in meno mi avvantaggia in questi casi. Ho dovuto fare appello a tutto il mio sangue freddo quando ho visto le sue labbra incresparsi in una smorfia delusa. Ha fatto una partita fantastica, e ha sbagliato solo quel fallo proprio alla fine, vorrei abbracciarlo come l’altra sera far poggiare la sua testa sulla spalla e baciare ancora quei capelli rossi. Sono proprio perso e ora siamo qua insieme in questo corridoio. “Do’hao, ti sono venuto addosso io” gli dico “apposta per cercarmi il fallo” e lui sorride amaro “avrei dovuto prevederlo da una kitsune come te” parliamo in inglese e usiamo i soprannomi del liceo ancora in giapponese. “Stasera vieni al bar? Domani riparto, ma vorrei offrirti un the” lui ride mentre veniamo raggiunti da giornalisti e appassionati “Ci conto” gli dico senza dargli la possibilità di rispondermi, visto che mi giro verso la fotocamera di un fotografo che è ospite fisso del Dome. Ci sommergono di domande e poi ognuno prende la propria strada. Spero accetti il mio invito, è ancora distrutto, lo vedo anche se lui si è rinchiuso nella sua maschera da buffone sbruffone.

 

Parole Sparse

Niente questa fic fa la prepotente, e vuole essere per forza scritta, me lo chiede di forza e mi ritrovo con le parole che fluiscono dalla mia mente alla tastiera.

Lasciatemi passare l’errore temporale per la Draft di Rukawa, gli stranieri sono eleggibili nell’anno del loro diciannovesimo compleanno in realtà, i cittadini americani invece dai 18 anni, e devono essere diplomati.

 

  
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