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Autore: noemi cullen    31/08/2019    0 recensioni
"La pioggia bagna il corpo seminudo di Maria Luisa Stronardi, 23 anni, abbandonata sul marciapiede, con ancora gli occhi aperti, verso un cielo che non l’ha protetta, non quanto doveva..."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per cena decido di rifugiarmi nel supermercato di fronte casa, in cerca di ispirazione. Cammino lentamente tra gli scaffali,mentre universitari e non si affrettano alle casse. Nella testa il tarlo di Elisa Stepnovich si insidia, in maniera anomale, facendomi notare la straordinaria coincidenza di oggi.
Mi sento osservato, invaso, privo di qualcosa di cui non so nemmeno il principio. Era l’assenza di Aurora che mi trasformava così. Era la solitudine,a straziarmi,pian piano fino a farmi impazzire.
Uscito dal supermercato con in mano nulla, intento ad attraversare la strada illuminata solo dai fari delle auto, mi immergo nell’ombra accostandomi verso il muro del condominio. Il portone è aperto. Lo apro,di poco,solo per vedere la scalinata scura e diroccata.
E l’aria di quell’edificio mi entra nelle ossa, le fortifica, le anima di qualcosa, di qualcosa di pungente e adrenalinico.

In quel momento capii che non ero rimasto sorpreso di vedere Elisa, ma l’espressione di Elisa.Quella paura, sottile, che sa di morte, girovagare di nuovo in maniera convulsa negli occhi di qualcuno.Quell’ espressione. Aveva riacceso qualcosa in me, quell’istinto animalesco che abbiamo tutti.
Un clacson suona da fuori. La testa torna in sé, e mi giro verso la strada. Ne approfitto per attraversare, mentre due autisti di due macchine lì vicino discutono animatamente.

La birra ghiacciata non funziona. Ho la possibilità di prendermi tutte quelle tisane, camomille, the, infusi e altra roba simile che occupa un intero scaffale della cucina,di Aurora,ma so che non funzioneranno.
Roba commerciale,all’uso di chi ci crede.
 E per quanto mi concentri gli occhi si spostano verso la finestra aperta che dà sulla strada. Perfino il vento, perfino le tende, perfino gli odori della cucina, la birra, seguono la scia, balzano la strada, ed entrano, si infilano nelle fessure delle serrande mezze rotte, vecchie, brutte e umide della casa del primo piano.
Ma lei non c’è.
Combatte nel mio cuore,rinchiusa.
Una Persefone senza speranza.
E il fisico richiede adrenalina. La stessa di quella notte.
Esco di casa con le chiavi strette nelle mani, come quella notte, uscendo furioso dall’auto,sbattendo lo sportello.
Lei mi aveva visto dalla finestra, la stessa in cui ci eravamo dati il primo bacio, durante un primo pomeriggio rovente,sotto i rumori della tempesta in arrivo da nord e l’odore delle nostre sigarette.
Attraverso la strada deserta, come quella notte.
Di diverso c’è solo il lampione,ora funzionante.
Non è buio come quella notte ma l’atmosfera è molto simile.
Ciò che mi divora le membra è l’assenza di rumore, mentre percorro le scale del condominio, illuminate solo dalla luna,chiarissima,specchiata su una finestrella che illumina la scalinata,con il vetro rotto.
Nessuno l’ha mai riparata,e neanche ora,sembra messa meglio.Quando piove ci entra la pioggia. Luisa mi avvisava sempre,quando venivo a prenderla. Una volta stavamo scivolando,ma ce la siamo cavata ridendo.Sapeva essere leggera,sapeva prenderti in giro,ma senza offenderti. Era un suo pregio e lo apprezzavo molto.
Non sento più vibrare i gradini,come quella notte.
Forse è per questo che odio  Aurora quando corre per le scale,salendo a casa.
La porta è aperta. Strappo i sigilli dei carabinieri.Nascondono i miei segni.Sentivo ,che quella notte, avrei avuto la forza di buttare giù quella porta. Ma non l’ho fatto perché lei mi ha aperto. Ha arretrato,nel buio,pentita di quello che aveva fatto.
Ma conoscendola,lei l’aveva fatto per i ragazzi del sesto piano,che per quanto distanti non potessero sentirci,erano gli unici che ci abitavano d’estate,e il suo senso civico e il suo altruismo,erano di più anche in questi momenti.
Non aveva chiesto aiuto,per non disturbarli.Non si sentiva un eroina,la sua autostima era nelle media delle ragazze della sua età,ma la sua bontà era di più,anche in questi momenti,di nuovo.
Il suo “di più” non l’avevo notato,mai.
Era quel qualcosa che la distoglieva dalle altre,della sua età e della mia età,erano delle qualità,o delle potenzialità che non tutti hanno ma che tutti cerchiamo. E siamo così abituati a sapere che sono rarissimi che quando li abbiamo davanti, non li riconosciamo e li perdiamo.
Solo col tempo, a volte capiamo cosa abbiamo perso.
Io avevo creduto che fosse come le altre.E questo mi aveva fatto impazzire. 
La casa è vuota,mancano solo alcune delle sue cose.La sua famiglia non la conosce,non come me, altrimenti saprebbe che la lampada all’angolo l’aveva comprata da un antiquariato,con me, per 30 euro, e il lampadario di carta a forma di fiore in cucina,invece nel negozio a due isolati più avanti. Sono pezzi suoi, non li avrebbe mai abbandonati qui.
Questo mi conferma solo ora che diceva la verità riguardo la sua famiglia. Non ci parlava tanto, se non con le sorelle,quando poteva.
A un certo punto non ci avevo creduto. Non credevo più a nulla di quello che diceva.
Il dubbio che fosse costruita,che si fosse inventata tutto, mi aveva sopraffatto senza un valido motivo. Mi conoscevo,lo facevo sempre,capitava con tutte prima o poi,come sarebbe capitato tra qualche mese con Aurora.
Ma con lei credevo non sarebbe successo,credevo fosse la mia svolta per migliorarmi,ma non lo era stato.
E provavo rabbia,la odiavo ancora di più quella notte,perché mi aveva ridotto come ogni volta con le altre,anzi ancora peggio,e non aveva rispettato quel patto silenzioso,che si era instaurato tra me e i suoi occhi,quando le dissi ti amo la prima volta con la speranza di averla per sempre.
La signora del piano di sopra è sveglia. Si svegliava sempre quando facevamo rumore con il letto. Eppure non avevo mai avuto il coraggio di proporle camera mia, come non l’avevo mai invitata a casa mia.
Esco velocemente,superando le scale con passo leggero, uscendo dall’edificio. L’odore di chiuso si libera dal mio corpo ,respiro,e corro verso casa mia,come un ladro,richiudendomi dentro. Non mi avvicino alle mie finestre,e tengo tutto spento,fin quando non sento il cane smettere di abbaiare e la luce della finestra sopra quella di Luisa spegnersi.
   
 
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