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Autore: izzie_sadaharu    31/08/2019    1 recensioni
La Casa è un'associazione di viaggiatori nel tempo, il cui scopo è prevenire le Crepe e lasciare che la storia faccia il suo corso. Baekhyun ne è un membro da ben cinque anni, per cui non si sconvolge più di tanto quando gli viene assegnata una missione nella Germania degli anni Venti.
[CHANBAEK] [Side!Kaisoo] [Side!tante altre coppie che si vedono e non si vedono]
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La composizione era venuta proprio bene, pensò Chanyeol. Beh, non era proprio umile dirselo da soli, e il ragazzo ne era consapevole, ma bisognava anche ammettere a se stessi quando si faceva un bel lavoro. E quella composizione era un bel lavoro.
L’aveva realizzata con materiali poveri e facilmente reperibili, come pezzetti di carta ritagliati ad arte e sassolini lavati e colorati con della semplice erba, e ci aveva messo tutto l’impegno e l’amore che sentiva in sé. Profumati fiori di campo erano legati insieme con alcuni rimasugli di carta plissettata trovati in negozio, e gli steli erano avvolti da un leggero strato di stoffa. Su di essa, Chanyeol aveva incollato con precisione e maestria i sassolini colorati, il cui colore ricordava al ragazzo i capelli di una certa persona incontrata di recente. Mentre osservava soddisfatto la composizione, Chanyeol si impose con fermezza di non pensare a Baekhyun. Evidentemente anche il più basso aveva preferito non avere nulla a che fare con lui, dopo l’incontro con Jongin. Chissà cosa gli era stato detto: che era colpa sua e dei suoi antenati se la Germania versava in quelle condizioni? Che era uno stupratore seriale? Che l’avrebbe contaminato con delle strane malattie? Sorrise con amarezza. Non lo dispiaceva tanto che girassero tali voci sul conto degli ebrei – era convinto che prima o poi sarebbero passate, come tutte le dicerie di paese che aveva visto succedersi negli anni. No, ciò che lo amareggiava era il fatto che Baekhyun, a quanto pare, ci aveva creduto. Nonostante l’intesa che c’era stata nei loro sguardi, nonostante le battute sagaci che si erano scambiati, Baekhyun aveva preferito affidarsi alla via più semplice, cioè quella della accettazione. Sfiorò con delicatezza un petalo, e per una frazione di secondo immaginò di stare accarezzando la guancia di Baekhyun. Non aveva potuto farlo, ma si immaginava fosse morbida e calda.  Baekhyun aveva accettato di fidarsi di una voce di corridoio, senza indagare, senza ragionare, e aveva accettato di allontanarsi da lui, come per precauzione. “Non so se sia vero o no ciò che si dice, ma nel dubbio meglio stargli alla larga.”, ecco cosa aveva probabilmente pensato quel tappetto sadico. Visto che aveva intenzione di comportarsi in quella maniera, poteva anche starsene lontano dal Blumenladen, senza far struggere e illudere Chanyeol. Che tra tutte le strade di Berlino avesse deciso di percorrere proprio quella, era proprio una bastardata, da stronzo senza cuore. Chissà perché Chanyeol si era convinto che, in realtà, il più basso un cuore ce l’avesse. O un cervello, quantomeno.
Con uno sbuffo, il ragazzo si allontanò dal tavolo su cui aveva appoggiato il piccolo vaso di fiori, e si diresse verso la porta del negozio. Era sera, ormai, ed era ora di chiudere. Nel corso della giornata non era entrato nessun cliente, ma Chanyeol non era sorpreso. Dopotutto, erano tempi bui. Sentì un miagolio sommesso alle sue spalle, e si chinò per prendere in braccio Katze; poi, uscì dal negozio e chiuse a chiave la porta.
Salì i gradini che lo portavano a casa con una pesantezza nelle gambe che non si ricordava di aver avuto per molto tempo, ma decise di dare la colpa al gatto. Come facesse a ingrassare così tanto in quei giorni era un mistero. Affondò le dita nel pelo soffice, e Katze miagolò soddisfatta. Quando entrò in salotto, sua sorella lo salutò calorosamente, e Chanyeol rispose con un accenno di sorriso. Yoora decise di non indagare, e si limitò a prendergli dalle braccia il gatto, invitandolo tacitamente a riposarsi. Non erano mai necessarie molte parole, tra loro due.
 


 
 
Se fosse dipeso da lui, non avrebbe mai smesso di baciare quelle labbra così soffici. Accarezzò le guance morbide e calde, e sorrise nel sentire l’accenno di barba sotto le dita. Il ragazzo sbuffò piano e spinse con decisione le labbra contro il suo sorriso. Smettila di ridere e baciami come si deve, sembrava volergli dire. E Chanyeol non si fece pregare. Aprì piano la bocca per permettere alla lingua di Baekhyun di intrecciarsi alla sua, e aumentò la presa sul fianco del ragazzo. Il più basso mugolò piano e avvicinò la testa di Chanyeol alla sua facendo leva sul braccio che aveva attorno al suo collo, mentre la mano sinistra correva a stringere la camicia azzurra di Chanyeol. Di più, di più. La mente offuscata, lo stomaco in subbuglio e una piacevole sensazione di calore nel basso ventre. Di più. Il calore scese, più in basso, ancora più in basso, mentre Chanyeol gli succhiava giocosamente la lingua e spostava la mano dalla guancia al fianco.
Non aveva idea di dove si trovassero. Non sembrava Berlino, quella.
Ma, onestamente, gli interessava davvero?
Chanyeol decise che no, non era importante, non quando Baekhyun si staccò dalle sue labbra e avvicinò la bocca al suo collo, per lasciarci un bacio bagnato, a labbra aperte.
No che non gli interessava.
Neanche un po’.

 
Chanyeol si svegliò di soprassalto, con i capelli spettinati, le guance arrossate e un evidente problema tra le gambe.
Si passò una mano tra le ciocche corvine, sbuffando piano.
Dannazione.
 
**
 
 
Il Romanisches Café era uno dei luoghi più mistici che Joerg avesse mai visto, nonché uno dei suoi preferiti. Il locale pullulava di artisti e intellettuali, giornalisti e pittori, critici d’arte e critici della vita, tutti pronti a trascorrere i pomeriggi e le prime ore della sera a discutere di tutto, fuorché di cose banali e noiose. Cosa rientrasse in questi due aggettivi, poi, veniva deciso volta per volta dai soggetti coinvolti nelle discussioni.
Il ragazzo sapeva di essere considerato troppo piccolo per entrare in quei circoli, pertanto non ci provava nemmeno. Si limitava a sedere in un angolo del locale, con in mano un bicchiere di succo di frutta, e ad ascoltare frammenti di conversazioni e di vita. Di tanto in tanto qualche ragazza, vestita elegante e con in volto tutta la tristezza che il trucco non poteva mascherare, gli sorrideva benevola, o gli scompigliava i capelli scuri con fare materno. Alcune di loro erano di poco più grandi di lui, ma le esperienze vissute bastavano a garantire loro l’accesso a quel luogo dall’aria pregna di fumo e spezie.
Joerg era amico di uno degli assidui frequentatori, un ragazzo sulla trentina di nome Harry che l’aveva preso in simpatia un giorno di qualche mese prima, quando l’aveva visto imprecare con veemenza contro un anziano che aveva sputato per terra troppo vicino alle sue scarpe. Harry aveva ridacchiato e aveva commentato, ammiccando a Joerg: “Diciamo che quell’uomo non possiede quello charme francese che si va ricercando nelle signore, eh?”. Joerg non aveva del tutto capito quel commento, ma si era limitato a stringersi nelle spalle e a sorridergli. Quel giorno, Harry l’aveva introdotto per la prima volta nel Romanisches Café, l’aveva presentato al proprietario e gli aveva chiesto di lasciarlo entrare ogni qualvolta il ragazzo lo desiderasse, nonostante la giovane età.
Joerg ritrovava in quegli ambienti lo stesso disprezzo per l’età presente che caratterizzava le sue giornate, e osservava con infantile compiacimento tutti coloro che esternavano la loro insoddisfazione verso lo status quo, sia che esso fosse rappresentato dalla classe dirigente, sia che fosse invece incarnato in stoffe poco pregiate tessute in abiti esagerati. Qualsiasi fosse il motivo di uno sbuffo o di un’occhiata sprezzante, Joerg lo osservava e lo faceva suo, pronto ad imitarlo ogni qualvolta si trovasse insoddisfatto dagli avvenimenti della sua vita. Diventava più semplice, poi, sopportare i commenti del padre rivolti contro la madre. “Sei una disgrazia nei confronti della stirpe tedesca, Rut. Non vedi come viene su Yoongi? Senza valori morali, senza rispetto nei confronti delle istituzioni!” Certo, il padre si lamenta contro sua moglie, come se fosse lei la causa di tutti i suoi mali. Ma è normale. Anche il signor Weber se la prende con la moda attuale, come se fosse la causa delle disgrazie della Germania degli ultimi anni. Diventa più facile, poi, sopprimere il bisogno di scuotere per le spalle suo padre, di urlargli nelle orecchie di smetterla, di mettersi a piangere nella sua stanza, singhiozzando forte per non sentire le urla provenire dalla cucina.
Joerg si sistemò meglio sullo sgabello, incrociando le gambe per poter stare più comodo (e per non essere d’intralcio al signor Schulz, che proprio in quel momento aveva deciso di spazzare il pavimento). Sorseggiò il succo di frutta, sopprimendo a stento una smorfia. Era abbastanza sicuro che il signor Schulz avesse riempito il bicchiere di acqua, e avesse versato in realtà solo poche gocce di succo, a giudicare dal sapore sciapito della bevanda. Decise di scambiare qualche parola con l’anziano proprietario e gli lanciò un sorriso, che venne ricambiato da un cenno di assenso. L’uomo non smise di spazzare, e borbottò: «Ti annoi, eh, ragazzo? Mah, l’avevo detto io, a Harry, che eri troppo giovane per apprezzare un posto come questo.»
Joerg scosse il capo, con un accenno di sorriso. «No, signor Schulz. Non mi dispiace stare qui. È meglio che a casa.»
L’uomo appoggiò il manico di scopa al bancone e si infilò le mani in tasca, mordicchiandosi piano il labbro inferiore e squadrando il ragazzo dall’alto in basso. «Beh, sei anche grandicello, ormai. Non ti interessano le donne? Non le vedi quelle, là?» Indicò due ragazze che stavano conversando e ridendo con degli uomini attempati, vestite con abiti luccicanti e truccate pesantemente. Persino a quella distanza Joerg riusciva a leggere loro nello sguardo rassegnazione e fastidio. Il signor Schulz continuò: «Mah, è anche vero che loro sono fuori dalla tua portata. Anche se avessi i soldi, e non ne hai, dubito che ti darebbero mai niente che non fosse una pacca sulla spalla. Ne hai ancora di strada da fare, ragazzo. Julie e Simone non vanno con i ragazzini sbarbati.»
Joerg non commentò, e il proprietario del Romanisches café decise di lasciar perdere. Riprese la scopa e iniziò nuovamente a spazzare il pavimento, poi si bloccò una seconda volta. «Aspetta, forse c’è qualcosa che potresti fare. Potresti regalare loro un mazzo di fiori!»
Il ragazzo lo guardò stupito. «Dei fiori? E con cosa dovrei pagarli, esattamente?»
Schulz scoppiò in una risata velata di sarcasmo. «Con la stessa cosa con cui paghi il succo che hai tra le mani, ragazzo: niente.» Joerg arrossì, ma l’uomo continuò senza dargli la possibilità di rispondere. «Conosco un fioraio, sono abbastanza sicuro che accetterà anche pagamenti generosi come i tuoi. È il proprietario del Blumenladen, ed è un ragazzo tanto gentile quanto stupido. Fa composizioni anche senza farsi pagare, è sommerso dai debiti e nonostante tutto continua a gestire quel negozio, Dio solo sa come. Però potrebbe fare al caso tuo. Di’ che ti mando io, e vedrai che non farà storie. Anche se sono abbastanza sicuro che usciresti con dei fiori anche se non nominassi me.»
Joerg provò a ribattere: «Ma a me non interessa mandare dei fiori a quelle ragazze…»
Schulz ridacchiò, riprendendo a spazzare il pavimento. «Certo che no. Però sono sicuro che a loro farebbe parecchio piacere, visto l’ambiente in cui vivono e ciò che sono costrette a fare per guadagnarsi il pane da mettere sulla tavola.» Joerg lo guardò stupito, e l’uomo gli ammiccò. «Quelle ragazze sono come delle figlie per me, non stupirti se ogni tanto mostro qualche gentilezza nei loro confronti.»
Il ragazzo scese dallo sgabello e appoggiò il bicchiere ormai vuoto sul bancone. Si spazzolò i pantaloni e sorrise al proprietario del locale. «Grazie signor Schulz del succo. Prometto che farò di tutto per ripagarla, un giorno.»
Il signor Schulz sorrise, e per la prima volta in quel pomeriggio era un sorriso sincero, quasi dolce. «Per ora, ripagami facendo una buona azione per quelle ragazze. Io un giorno troverò il modo per metterti al lavoro, Joerg.»
Il ragazzo ricambiò il sorriso e uscì, salutandolo con un cenno del capo.
Per le strade soffiava un vento gelido, e Joerg si strinse nel cappotto rabbrividendo. Camminava con passo spedito e la testa china, per cui non vide il ragazzo contro cui andò a sbattere. Rintronato, si affrettò a scusarsi con il ragazzo contro cui si era scontrato, borbottando fra sé e sé che ultimamente la cosa stava succedendo troppo spesso. Alzò lo sguardo e incontrò due occhi scuri, grandi e dolci. Il ragazzo era basso, ma aveva un’aura imponente nonostante la corporatura minuta. Le labbra a forma di cuore arrossate dal freddo erano lievemente aperte, in un’espressione di stupore. «Scusami.», disse, e la voce era bassa e melodiosa. «Andavo di fretta, non ti ho visto.»
Joerg scosse il capo, ripetendo le sue scuse. Fece per allontanarsi, poi si bloccò. «Mi dispiace importunarvi, signore, ma...»
Il più grande lo guardò con curiosità, e Joerg prese coraggio: «Scusate, ma… per caso sapete dove posso trovare il negozio di fiori chiamato Blumenladen?»
Kyungsoo sorrise e si avvicinò al ragazzo. «Certo. Se vuoi, ti ci accompagno.»






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Il Romanisches café è esistito veramente, anche se clientela e atmosfere sono frutto della mia immaginazione. 

 
   
 
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