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Autore: V4l3    01/09/2019    1 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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18.

Si rese conto di quello che era accaduto, solo quando avvertì la stanza gelare all'improvviso; la sua testa a quelle frasi, gridate con tanto dolore, sotto quello sguardo ferito e sconvolto, era entrata in uno stato di trance, rivivendo ancora e ancora quei momenti che scandirono la sua amicizia con Emma.

Si voltò verso la porta di casa, spalancata, la paura lo inondò facendo esplodere dentro di lui l'adrenalina che lo spinsero a correre per raggiungere Alex. La pioggia cadeva pesante, scrosciava riempiendo l'aria, ma Jason iniziò a correre terrorizzato per quello che Alex avesse potuto fare in quello stato. Si maledì mentalmente ad ogni passo, ad ogni grido che si perdeva nell'aria nel chiamarla. Percorse la stradina buia che riportava sulla via principale, nessuna luce era ancora accesa, il freddo era pungente e l'acqua ghiacciata, ma il terrore di perderla lo invase e lo costrinse a correre sempre più veloce.

Si arrestò di colpo quando la vide da lontano, nell'attimo in cui finalmente le luci ritornarono ad illuminare strade e case. Era di spalle, completamente bagnata, la testa piegata in avanti le spalle ricurve, ferma sotto un lampione, tremava.

Jason sentì il cuore sbattere violento nella cassa toracica, pronto ad uscire fuori, le si avvicinò cercando di riprendere fiato

-Alex..- la chiamò piano quando ormai era dietro di lei, ma non la vide fare nulla se non rimanere di spalle, i capelli bagnati erano appiccicati, ricadevano sulla schiena e in ciocche davanti a lei, le spalle sobbalzavano leggermente

-Alex- le posò una mano sulla spalla, ma non ebbe il tempo di dire o fare nulla che lei si voltò di scatto e gli si lanciò tra le braccia, in uno slancio che gli fece quasi perdere l'equilibrio; piangeva come quel cielo in quella notte, senza riuscire a controllarsi, Jason la strinse forte posando il mento sul suo capo e lasciando uscire un sospiro di sollievo per essere riuscito a trovarla subito.

-Perché? Perché?..- ripeteva come una nenia da trafiggere ogni volta ciò che rimaneva del cuore ormai ridotto a pezzi di Jason; quante volte si era ripetuto quella domanda in tutti quegli anni?

Alla fine la prese tra le braccia e lentamente ritornò sui suoi passi.

Si sentiva distrutto, era riuscito a ferirla, ancora, non volendo certo, ma l'aveva fatto; quello che gli aveva raccontato l'aveva sconvolta: cosa aveva fatto? Si potevano raccontare quelle cose ad una ragazza che avrebbe dovuto ricominciare lì, ad avere una vita più tranquilla e normale? Lui doveva aiutarla, non abbatterla, non farla piangere in quel modo! Alex gli si era stretta al collo, sentiva i suoi singhiozzi all'altezza del suo orecchio e tremava come una foglia tra le sue braccia, non doveva andare così, pensò, mentre rientrò a casa.

Chiuse con un calcio la porta e si avvicinò al fuoco ancora acceso

-Alex, dobbiamo asciugarci- le disse piano, ma lei rimaneva stretta al suo collo continuando a piangere, così, facendo attenzione si inchinò a terra, con Alex addosso; si sistemò il più possibile vicino al fuoco e con la mano che le reggeva le gambe, prese un paio ciocchi di legno e li buttò nel fuoco che scoppiettò come ridestato. Tremavano entrambi, potevano sentire il freddo fin dentro le ossa, ma la cosa che più li aveva toccati era il dolore profondo, da scuoterli come rami al vento, lui per quello che gli aveva rivelato e ricordato, lei per quello che mai aveva saputo e per ciò che aveva perso.

Rimasero accucciati accanto al fuoco, mentre attorno a loro si apriva una pozzanghera d'acqua, per via degli abiti gocciolanti. Alex respirava appena, stretta a lui, così Jason lentamente le prese le braccia e con una leggera pressione sciolse quell'abbraccio, la ragazza rimase con il volto basso, i capelli a ricoprirle gli occhi

-Alex, dobbiamo assolutamente farci un bagno caldo e asciugarci- le disse, ma dalla ragazza non arrivò nessun suono, sembrava una bambola. Aspettò ancora qualche attimo, ma alla fine prese una decisione. Con un profondo sospiro, la riprese tra le braccia e con un po' di fatica si alzò di nuovo in piedi, Alex gli si strinse nuovamente addosso, mentre saliva lentamente le scale.

Arrivati al piano superiore, si avviò al bagno e una volta dentro, si avvicinò alla vasca e fece sedere Alex al piccolo sgabello bianco, accese la stufetta elettrica per scaldare ancora di più l'ambiente nonostante il termosifone, poi si girò a guardarla, ma Alex era ferma a testa bassa

-Alex devi levarti gli abiti bagnati e scaldarti con un bagno caldo- le disse deciso, ma lei non si mosse rimanendo immobile come una statua, un senso di profondo sconforto invase l'uomo che sospirò spazientito

-Alex!- la richiamò stavolta con più decisione sperando di vederla scuotersi, ma lei non si mosse

-Maledizione!- sbottò infine girando su se stesso e tirandosi i capelli indietro frustrato, non sapeva cosa fare. Poi si fermò e la osservò, avvertendo una fitta all'altezza del petto che gli ricordò che era stato lui a ridurla in quello stato, a farle male, così si costrinse ad avvicinarsi, le si inginocchiò davanti

-Alex- sussurrò piano, fu costretto a farsi guardare posando una mano sul suo mento per alzarle la testa. Gli occhi vacui di Alex lo gelarono più del freddo che stava sentendo, ma decise di non demordere, così aprì l'acqua bollente della vasca

-Alex, fatti un bagno caldo, poi se vuoi parleremo, ok?- le disse cercando di essere il più gentile possibile

-Io aspetto fuori- così dopo averla guardata un'ultima volta, si alzò ed uscì dal bagno.

Rimase immobile davanti la porta chiusa, contando i secondi che presto divennero minuti, maledicendosi l'ennesima volta per quello che gli aveva raccontato; quando ormai aveva deciso di rientrare, rendendosi conto che in bagno non si sentiva nessun rumore che facesse pensare che Alex si stesse lavando, un brivido lo percorse dalla testa ai piedi, sentendola dare di stomaco e, dopo aver inveito contro se stesso un ultima volta, aprì la porta trovandola china sul water.

Le si avvicinò con il panico che gli stringeva la carne, i muscoli tesi, le prese i capelli per aiutarla, mentre lei non riusciva ad alzare la testa dallo sforzo

-Forza, Alex- le posò una mano sulla schiena aiutandola a rimettersi seduta quando ebbe finito, il suo viso era rosso per lo sforzo e piangeva guardando a terra, mentre lui, inginocchiato davanti a lei le pulì la bocca. Sentì il dolore di Alex fin dentro i meandri più nascosti del suo essere, avvertì il senso di colpa, come quello che lo aveva accompagnato da quando aveva lasciato l'Italia, unico sentimento che si portava addosso in quegli anni, la sua seconda pelle.

-Alex ti prego, parla- le disse -fai qualcosa, ma non rimanere così- le sollevò piano la testa, ma ciò che vide lo buttò nel baratro della frustrazione e del dolore, Alex piangeva in silenzio, il suo viso era straziato, gli occhi gonfi e cerchiati di viola, così come le sue labbra, il colorito si era fatto ancora più pallido.

Dopo qualche attimo di indecisione, Jason considerò che non poteva lasciarla in quello stato e l'unico modo per non ammalarsi, per entrambi, era quello di scaldarsi con un getto d'acqua calda, levandosi quei vestiti bagnati. 
Dopo un profondo respiro, lentamente le si avvicinò prendendo i bordi del maglione che gli sfilò senza alcuna resistenza da parte di Alex, la vide rimanere con il capo chino, le spalle e la schiena incurvate, sospirò tristemente prima di continuare; passò alla maglietta facendo attenzione a non tirarle i capelli e quando la lasciò in reggiseno, sperò di vederle fare qualsiasi cosa, anche picchiarlo, ma non avvenne nulla.

Rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, le lacrime che scendevano lente, Jason si passò le mani sul viso, avvilito, ma decise di continuare; con delicatezza le levò le scarpe e i calzini di lana che erano zuppi e la guardò sperando in un cambio dì espressione, ma quando questo non avvenne, si costrinse a sbrigarsi vedendo come stesse tremando.

La fece mettere in piedi, anche se per un attimo sembrò ricadere su sé stessa, priva di forze, lui riuscì a tenerla al volo

-Ti prego, Alex- le sussurrò, trattenendo il terrore per come lei non mostrasse alcun segno di reazione; riuscì a sbottonarle i pantaloni, gli tremavano le mani e non era convinto che fosse colpa del freddo che sentiva, piuttosto gli sembrò paradossale la situazione che si era creata; scacciando via ogni pensiero e costringendosi a non soffermarsi troppo sulla pelle bianca, liscia di Alex, riuscí a farli scendere, facendola rimanere solo in intimo. 
In quell'istante sperò di vederla diventare viola dalla vergogna, arrabbiarsi con lui per quello che le stava facendo, magari dargli un altro dei suoi sonori schiaffi, in quel momento l'avrebbe davvero voluto, ma lei rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto, una bambola di pezza.

Che devo fare? Si chiese mentre cercò di non fissarla, girandosi verso la porta, ma il terrore che lei si sentisse male, o che non si muovesse come era accaduto prima, lo fecero desistere dall'uscire da quel bagno

-Ok, Alex, adesso entriamo nella vasca- le disse pianissimo, prendendola in braccio e facendola sedere all'interno, sperando di attenuare un pò del suo dolore e scaldarle il corpo gelato; ma lei rimase inerte, con le gambe piegate al petto, le braccia strette come a volersi chiudere in sè stessa, il volto basso, nascosto. Una fitta percorse il cuore di Jason che si riscosse dopo qualche attimo mosso da un brivido di freddo, faceva male vederla così, sapendo che era stato lui a causarlo; sospirò pesantemente decidendo di levarsi la maglia per poi guardare verso di lei, ancora una volta, ma Alex non si mosse, non arrossì come l'aveva vista fare spesso, non lo degnò di uno sguardo continuando a piangere silenziosamente, così lui riprese a levarsi anche le scarpe e i pantaloni, rimanendo anche lui solo in intimo. Un ennesimo brivido lo riscosse e velocemente entrò anche lui nella vasca, dietro di lei, piegandosi sulle gambe e bagnando entrambi con un getto di acqua bollente che li fece sussultare.

Alex continuò a tenere il capo chino, sembrava completamente assente a ciò che le lui le stava facendo: il suo corpo era lì, ma lei era tornata con la mente a quegli anni passati con la madre, a quei ricordi che dolorosi le si erano ripresentati davanti, come a lui molte volte era successo in tutto quel tempo, quel passato volutamente ignorato, ma che incombeva pesante e pretendeva di essere ascoltato.

Jason, si preoccupò di sciacquarle i capelli con dello shampoo massaggiandole la testa, non aveva parole da dirle, ma era sicuro che se l'avesse lasciata sola, lei sarebbe rimasta come poco prima: completamente immobile. 
Avrebbe voluto prenderle un po' di quel supplizio per alleggerirle il cuore, per poter vedere il suo sorriso sincero, il colore del mare dei suoi occhi brillare come accadeva quando incrociava il suo sguardo, ma non poteva, non sapeva come fare e vederla in quello stato, gli faceva male, un dolore sordo, costante, intenso e profondo come l'oceano; nessuno poteva levarle quello che aveva passato con sua madre, il crescere senza sapere cosa ci fosse dietro a quel viaggiare continuo, al vivere solamente loro due; nessuno poteva riportare indietro il tempo e lui sapeva, quanto avrebbe voluto tornare a quegli anni, con la consapevolezza che aveva ora, con la forza che non poteva avere a 18 anni, imporsi, lottare e fare davvero qualcosa.

Gli tornò alla mente ancora una volta quella frase. L'aveva letta su un libro che la stessa Emma gli aveva prestato poco prima di sparire: "Le cose vanno come devono andare" c'era scritto, non ricordava neanche in che contesto fosse stata scritta, che titolo avesse quel libro, era stata sottolineata dalla stessa Emma con un evidenziatore rosa e gli era rimasta impressa nella mente per tutto quel tempo, lasciandolo con il dubbio che, forse, tutto doveva semplicemente andare così e niente poteva essere fatto.

Levò la schiuma ad entrambi e, quando costatò che la temperatura della pelle di Alex fosse più calda, chiuse l'acqua uscendo per primo e avvolgendosi nel suo accappatoio verde, per poi avvolgere Alex in un ampio telo, le strizzò i capelli che arrotolò dentro un altro asciugamano e, come l'aveva fatta entrare, con delicatezza la riprese in braccio e la fece uscire e accomodare sullo sgabello

-Alex- disse piano inchinandosi di nuovo davanti a lei -per favore smettila di piangere- posò una mano sul suo viso, la osservò e nonostante la pena che la stesse dilaniando, era tremendamente bella; la vide chiudere gli occhi e quasi accoccolarsi a quel contatto, mentre le lacrime non smettevano di essere versate

-Ha sofferto così tanto..- e quella frase sussurrata, mozzò il respiro di Jason, tanto che dovette per un attimo chiudere gli occhi e cercare di non crollare nei rimorsi e nei rimpianti che da tempo lo logoravano

-Vado a prendere degli abiti - le disse, per cercare di riprendere fiato, lei non rispose mentre lui continuò a fissarla con uno strano tumulto che animò ogni parte del suo corpo, fino a quando non decise di uscire di corsa da quel bagno.

Una volta in camera sua, si accorse della differenza di temperatura, dentro a quell'ambiente stavano arrostendo, ma la cosa che lo sconvolse di più era il battito accelerato che aveva avuto il suo cuore tutto il tempo, si guardò le mani e gli sembrava ancora di avere tra le dita la morbidezza dei capelli di Alex, sentì chiaramente il profumo della pelle della ragazza, la sua setosità e la cosa lo sconvolse tanto da fargli scuotere la testa un paio di volte, per ritrovare il senno dandosi del coglione, proprio come gli diceva sempre Mike.

Si portò le mani sul viso pensando al dolore che gli aveva provocato parlandole della madre, perché era toccato a lui? Si maledì ancora una volta, mentre decise di vestirsi con una tuta più comoda; possibile che dovesse essere responsabile anche di questo? 
Passò di corsa a prendere qualcosa per Alex, non voleva lasciarla sola troppo a lungo, ma una volta in quella stanza rimase come inebetito davanti l'armadio aperto "Cosa avrebbe dovuto prenderle?" poi vide il suo pigiama appoggiato al bordo del letto, così lo prese e fece per ritornare in bagno da lei, ma si rese conto che mancasse l'intimo, si portò una mano tra i capelli bagnati "Cazzo che situazione!" pensò adirato, ma con uno sbuffo aprì i primi cassetti del comò e subito trovò ciò che cercava, prese a caso, evitando di proposito di farci cadere troppo lo sguardo imprecando ancora una volta perché, nonostante quella situazione drammatica, qualcuno ai piani bassi, si era risvegliato.

Dopo un'ennesima parolaccia, entrò in bagno, Alex era rimasta completamente ferma seduta sullo sgabello, i capelli gocciolanti, aveva smesso di piangere ma era comunque sotto shock

-Ecco i vestiti, Alex- le disse, appoggiandoli accanto a lei spegnendo la stufetta

-Asciugati i capelli altrimenti prendi freddo- prese un asciugamano per metterselo in testa e fece per uscire, ma prima di andare si voltò per vedere se lei reagisse, ma niente ancora una volta. Poggiò le mani alla parete dandole le spalle, non sapeva che fare, si sentiva completamente impotente

-Alex, ti supplico, vestiti- le disse senza guardarla e lentamente uscì lasciando la porta accostata, sperando di sentirla muovere. 

Nell'attesa tornò nella sua stanza e si accese una sigaretta, chiudendo gli occhi; inalò il fumo, lo avvertì inondare la bocca, bruciare la gola e scendere giù nei polmoni, poi lentamente, lo fece uscire con un profondo sospiro, si strofinò con una mano il capo andando verso la finestra ed osservando la pioggia venire giù con meno intensità, guardò la nebbia che si era alzata a coprire l'orizzonte dei campi e avrebbe voluto che quella coltre potesse celare quello che aveva fatto. 
Era stato uno stupido a lasciarsi andare ai ricordi in quel modo, raccontarle quelle cose che non doveva sapere da lui, che non doveva sapere e basta! 

Aspirò con ancora più voracità la sigaretta, unica fiammella a rischiarare la sua stanza, sperò che almeno quella riuscisse ad alleviare la sofferenza e la paura che stava provando per Alex. Dopo un ultimo tiro, la spense costringendosi a tornare da lei, sperando che alla fine si fosse ripresa, ma rimase ghiacciato sulla porta del bagno trovandola esattamente come l'aveva lasciata

-Cristo Alex!- proruppe, mentre lei non lo guardò rimanendo immobile, fissa, con lo sguardo basso; le si avvicinò inginocchiandosi davanti a lei

-Alex! Maledizione!- le prese il viso tra le mani e rimase di sasso a fissare il suo sguardo ricolmo di lacrime, un fiume inarrestabile, come la pioggia di quella sera 

-Ti prego- le sussurrò e lei per un attimo sembrò tornare in sé

-Io..-biascicò con un singhiozzo che le spezzò il respiro -non ....- disse pianissimo coprendosi il viso con le mani -Io..non .. - pianse, scossa da un fremito, Jason si tirò di nuovo in piedi agitato, buttando via il telo che aveva sulle spalle

-Okay, Alex- disse infine, con un nodo alla gola che sembrava stringere sempre di più -ti aiuto io- 


Prese la maglia del pigiama, se la rigirò tra le mani non sapendo davvero cosa fare, ma doveva aiutarla, così la arrotolò e con delicatezza estrema fece passare il collo sulla testa di Alex, ancora ferma, si abbassò al suo livello e con l'indice le fece scivolare le spalline dell'intimo che ancora aveva indosso, poi le prese un braccio facendolo passare nella manica, ripeté anche con l'altro e tirò la maglia coprendo l'asciugamano che abbassò fino alla vita; una volta coperto il busto gli sfilò il reggiseno, lo fece cadere a terra e rimase ad osservare il volto distrutto della ragazza

-Bene- disse, più a sé stesso per farsi coraggio che ad Alex, in realtà era terrorizzato per ciò che stava facendo e per come lei non reagisse; la fece alzare piano e con l'aiuto dell'asciugamano per non toccare nessun lembo di pelle, riuscì ad abbassare anche gli slip che caddero ai piedi di Alex. 
La fece di nuovo sedere sospirando nervoso, impedendosi di divagare con la mente e rimanere il più possibile concentrato, non poteva permettersi di lasciar andare la fantasia in quel momento! 
Prese l'intimo che aveva portato dalla sua camera, e con un profondo respiro le si abbassò davanti facendole passare prima un piede e poi l'altro, deglutì e intanto nella testa stava elencando tutte le parolacce che conosceva, le tirò appena sopra le ginocchia scoperte per poi alzarsi e prendere il pantalone del pigiama che arrotolò per far entrare di nuovo prima un piede e poi l'altro

-Okay, ci dobbiamo alzare ancora una volta, Alex - le disse con voce strozzata, la tirò a sé lentamente e lei si issò piano sulle gambe, mentre lui con un gesto rapido, le sistemò pantalone e l'intimo insieme, sfilandole il telo e facendo attenzione a non sfiorarle la pelle. Dovette lottare contro una strana e assolutamente malsana voglia, che per tutto il tempo, non era riuscito a togliersi dalla testa.

Quando finalmente finì, sospirò di sollievo sentendosi incredibilmente stanco.


-Asciughiamoci i capelli, Alex- lei si afflosciò di nuovo seduta e lui subito accese il phon e iniziò a passarlo sulla testa china della ragazza e quando finì con lei si passò un po' di aria calda anche sulla sua ormai quasi asciutta. Sistemò quello che era stato buttato a casaccio e poi guardò verso Alex sentendosi stringere il cuore perché non sapeva come poterla aiutare

-Alex- le disse piano -che devo fare?- e sembrò una supplica vera e propria, perché davvero non aveva la più pallida idea di come comportarsi, si chiese se fosse il caso di portarla in ospedale, magari poteva chiamare Liz o Mike, forse loro sapevano dargli una mano, anche se era certo che poi l'avrebbero ucciso

-Non lasciarmi- la voce di Alex uscì in un sussurrò e Jason trattenne il respiro 

-Non lasciarmi- ripetè piano -per favore- singhiozzò leggermente, lui le prese di nuovo il viso con una mano e la costrinse ad alzare la testa, i suoi occhi erano rossi e gonfi per tutte le lacrime che stava versando, il viso era stravolto; con il pollice le asciugò un'ennesima gocciolina che le stava rigando il volto

-Non lo farò- disse -mai- aggiunse accarezzandola leggermente e lei chiuse gli occhi con un ennesimo singulto spezzato.

Jason si inchinò e con estrema delicatezza la prese tra le braccia dove lei si strinse, la condusse nella sua stanza e la distese sul suo letto coprendola e le si sedette accanto sospirando amareggiato e ferito tanto quanto lei.

-Mi dispiace, Alex- riuscì a sussurrarle dopo attimi di silenzio -Se potessi tornare indietro..- chiuse gli occhi sospirando ancora una volta

-Mi dispiace per essere stato io a raccontarti di tua madre e tuo nonno, mi dispiace per tutto- detto questo si alzò sentendosi pesante come un piombo, con le gambe deboli e i muscoli indolenziti, ma una mano fredda di Alex lo trattenne per la manica. 

Sorpreso per quel gesto, si sedette di nuovo accanto a lei, ascoltando il silenzio inondare la stanza per attimi infiniti

-Avevo 8 anni quando lui ci trovò- la voce di Alex lo ridestò dai suoi pensieri, la guardò 

-Suonarono alla porta e quando aprii mi ritrovai questo uomo distinto che mi sorrise, aveva dei fiori in mano e un regalo che disse essere per me- Jason rimase immobile a fissare la figura di Alex

-Mia madre arrivò subito dopo, per vedere chi fosse e lì, per la prima volta, vidi il terrore negli occhi di lei, ma no capii- aggiunse con la voce distorta e di nuovo fu scossa dai singhiozzi

-Ha sofferto così tanto...- disse solamente tra un singhiozzo e l'altro e Jason avvertì l'angoscia attanagliarlo, sentendosi ancora una volta, impotente davanti a quel dolore

-Lui la picchiò quella volta, ma io non capii, lei mi disse che era caduta, io.. - si portò le mani sul viso e ricominciò a piangere singhiozzando, Jason rimase senza fiato per qualche istante, 
-Eri una bambina, Alex, non hai colpe- cercò di rassicurarla , sapendo per certo che se l'avesse avuto davanti, molto probabilmente l'avrebbe ucciso con le sue mani;

Seguì silenzio, l'unico a poterli assistere in quel momento.

Quando suonarono alla porta, Alex corse per vedere chi mai poteva essere, immaginandosi la Signora Rosa, del piano di sotto, ogni tanto portava loro qualche dolce fatto da lei e le sue prelibate lasagne; quando si ritrovò un uomo alto, vestito di scuro, rimase stupita. 

I capelli grigi erano tagliati corti, sistemati in maniera accurata, il suo viso era magro, così come tutta la sua figura, aveva il naso un pò aquilino e la bocca sottile, Alex sentì il buon profumo che emanava, una di quelle fragranze maschili che spesso aveva sentito nella profumeria dove lavorava la madre; rimase per un attimo a fissarlo, soffermandosi su quegli occhi chiari che la scrutavano attenti, teneva in mano un mazzo di fiori rosa e bianchi, le fece un leggero sorriso

-Tu devi essere la figlia di Emma- le disse con tono pacato -questo è per te- e da dietro la schiena le porse un pacco incartato con della carta rosa piena di fiori e un fiocco dorato, che fecero sgranare dalla curiosità gli occhi di Alex

-Per me?- chiese stupita prendendolo con mani tremanti

-Sì è per te, spero ti piaccia- le rispose l'uomo, in quel momento dal corridoio giunse la voce di Emma

-Alex, chi è?- chiese e subito si affacciò per verificare che andasse tutto bene, ma quando trovò sua figlia accanto a quell'uomo, avvertì il suo sangue gelare completamente nelle sue vene, rimase di sasso a fissarlo, mentre lui le sorrise, in quella maniera che le faceva accapponare la pelle

-Ciao, Emma- per chi non lo conosceva, poteva apparire davvero una persona distinta, con modi curati e attenti, ma lei sapeva chi fosse in realtà

-Alex, vai immediatamente in camera tua!- disse perentoria e la figlia la guardò  agitandosi un pò per il tono che aveva usato, abbozzò un sorriso

-Questo è per me- e le mostrò il bel pacco che teneva tra le mani, Emma deglutì a fatica e cercò di rilassare i muscoli che sentiva essere diventati tesi come corde, sorrise verso Alex, 

-Vai in camera, Alex, per favore- ripeté e la bambina indecisa, si girò verso l'uomo che le sorrise 

-Arrivederci e grazie- salutandolo si girò verso Emma e le si avvicinò per poi superarla e andare nella sua stanza.

Una volta sola, si mise per terra vicino al letto, non era Natale, non era in suo compleanno, eppure aveva ricevuto un regalo! Le sembrava impossibile, inoltre era così bella quella carta che le sembrò un peccato dover rovinare quel pacco, ma la curiosità le stava mordendo le mani che subito tirarono il fiocco e aprirono la carta. Rimase a guardare stupita come non mai la bellissima Barbie nella scatola. Era meravigliosa e sicuramente una di quelle da collezione. La scatola era grande, e dentro la bambola era vestita con un enorme abito da sera rosso rubino, con degli elementi che le facevano brillare la gonna, indossava pure delle scarpe dello stesso colore e una borsetta dorata. Alex l'ammirò estasiata, era bellissima. Era davvero per lei?

Un rumore sordo e il vetro di qualcosa che si rompeva, le fecero fare un salto sul posto spaventandola, avvertì poi la voce di quell'uomo, non era più gentile e uno strano brivido le percorse il corpo.

-Alex!- Emma si girò verso il corridoio, sentendo i passi della figlia accorrere, la paura per quello che poteva farle, venne completamente annientata dal terrore per quello che poteva fare alla sua Alex

-Mamma!- gli occhi di Alex erano sgranati, aveva le mani davanti alla bocca e la paura le si era impressa in quel viso da bambina, vedendo la madre a terra con vicino il vaso completamente in frantumi, i fiori erano sparsi a terra completamente rovinati

-Mamma- ripetè più piano come se non riuscisse a parlare, l'uomo abbassò il braccio che teneva alzato e si ricompose

-Non pensare che finisca qui, Emma, lo sai- la voce dell'uomo era bassa e adirata, Alex lo guardò con gli occhi ricolmi di lacrime per poi guardare di nuovo verso la madre

-M..mamma- la chiamò con voce tremante

-Alex, non è successo nulla, sono inciampata, vai in camera tua!- le disse severa tirandosi a sedere

-Ho detto: vai in camera tua, Alex!- alzò la voce vedendola pietrificata, solo allora la bambina, si girò e scappò di nuovo nella sua camera.

Non seppe quanto tempo passò, forse due minuti, forse mezz'ora, ma quando la madre entrò la trovò rannicchiata sotto la sua scrivania

-Alex, amore- la voce di sua madre era strozzata, camminava leggermente ricurva, i capelli che aveva legato quella mattina erano tutti arruffati, spettinati, Alex nascose il viso stringendosi ancora di più le gambe addosso

-Tesoro, vieni qui- le disse la madre sedendosi sul letto, la sua voce era flebile -vieni amore, quell'uomo è andato via- solo dopo qualche istante, Alex uscì dal suo rifugio e le si fiondò tra le braccia iniziando a piangere, Emma la strinse a sé e insieme si sdraiarono sul letto di Alex

-Non piangere amore, ti prego- le disse piano cercando di calmarla

-Cosa è successo? Chi era?- le chiese Alex singhiozzando e alzando il viso verso quello della madre che aveva del sangue raggrumato sul labbro gonfio così come la sua guancia

-Nessuno, tesoro, stai tranquilla- le rispose con una voce lieve -ma tu devi giurarmi che se ti capita di incontrarlo, qualsiasi cosa ti possa dire, mi devi giurare Alex, che non gli crederai mai, l'unica cosa che devi fare è scappare e chiamarmi- poi le prese il viso per farsi guardare

-Hai capito, Alex?- le chiese con gli occhi lucidi e la voce tremula, Alex aveva tirato su con il naso e le aveva fatto un cenno del capo -Te lo giuro, mamma- ed Emma aveva sorriso stringendola forte al suo petto. 
Non gli avrebbe permesso di guardarla ancora una volta, non gli avrebbe permesso di poggiare un solo dito su sua figlia.

-Dobbiamo preparare le valigie- le disse piano accarezzandole il capo sentendo che si era calmata, la bambina la guardò di nuovo negli occhi ed Emma vi lesse il suo malumore a quella notizia, sapeva che odiava spostarsi, trasferirsi; quando era più piccola, paradossalmente era stato più semplice, ma adesso che era più grande, anche per Emma stava diventando difficile spiegarle il perché dei loro trasferimenti.

-Ancora, mamma?- le chiese ed Emma sospirò facendo un leggero cenno del capo

-Ora, mentre vado a fare una telefonata, tu inizia a preparare le tue cose, così mi aiuti- le spiegò ed Alex storse il naso, sedendosi sul letto e asciugandosi il viso con la manica del pigiama

-Mi piace questa casa- disse dopo qualche attimo con la sua vocetta sottile- mi piace andare a scuola e stare con Sara, lei mi fa ridere a scuola- ed Emma sentì l'odio per quello che quell'uomo la costringeva a fare, scappare, sempre.

Lo odiò con tutta l'anima per quello che era costretta a fare alla sua Alex, ma mai, finchè era in vita, avrebbe permesso che gli si avvicinasse come era accaduto quel pomeriggio.

  
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