Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady R Of Rage    01/09/2019    14 recensioni
"La miglior agalmatolite del Nuovo Mondo, e anche addosso a lui brilla come zaffiro. Quella sarà la loro uniforme mentre procederanno nella vergogna fino al porto, impotenti e spogli, perché tutta l’isola e i capitani possano vedere. Degna famiglia di colui che li ha portati in cima al mondo.
[...]
Se la sua famiglia resterà leale al Padroncino, se anche solo ci sarà un Padroncino dopo che la camminata sarà compiuta e i loro piedi avranno sanguinato sui sampietrini di Dressrosa, è al massimo improbabile. Re Riku non l’avrebbe voluto, né sua figlia e sua nipote, ma non saranno là per vederlo. In quel momento è la folla ad essere re, e regina, e giustiziere, e la loro rabbia e vendetta saranno l’arma dell’atto."
La famiglia Donquixiote è nelle mani del popolo di Dressrosa, che sfoga su di loro la rabbia di anni di oppressione imponendogli una camminata della vergogna alla loro mercè. Doflamingo, dal palazzo, li sta a guardare in attesa del suo turno.
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Baby 5, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Pica, Violet
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La Leva Cala
"The sky was falling, why you make it so hard 
The air was shaking I was falling apart 
And it cuts me like a knife 
But its brings me back to life
"
[Rain Jewels, Hard]


Non ha senso.
-Portateli fuori! Portateli fuori!-
Nemmeno le robuste mura del Palazzo Reale di Dressrosa sembrano più un luogo sicuro dove nascondersi. Dalle finestre aperte – senz’altro lasciate così di proposito, in modo che nessuna goccia dell’umiliazione in arrivo possa sfuggire alle sue orecchie – le grida della popolazione riunita suonano più forti degli strepiti di un Re del Mare.
-Siamo pronti! Portateli qui e fategliela pagare!-
-Devono soffrire, dopo quello che ci hanno fatto.-
-La pagherete, assassini!-
È l’equilibrio del potere: della cui esistenza Donquixiote Doflamingo ha sempre saputo, ma che non avrebbe mai immaginato sbarrargli la strada. Non succede. Non a lui.
Ahimé – quando qualcuno siede in cima al mondo, è difficile vedere cosa c’è al di sotto.
E quando la leva si sposta, è chi sta in cima a cadere.

Un collare attorno al collo, unito da una catena alle manette che stringono i polsi dietro la schiena, incatenati a loro volta alle pastoie ai piedi. E dai piedi un’altra catena, fino al collo dello spettacolo seguente. La miglior agalmatolite del Nuovo Mondo, e anche adesso a lui brilla come zaffiro. Quella sarà la loro uniforme mentre procederanno nella vergogna fino al porto, impotenti e spogli, perché tutta l’isola e i capitani possano vedere. Degna famiglia di colui che li ha portati in cima al mondo.
Il re ha dei privilegi, tuttavia: l’agalmatolite è stretta alle sue braccia, polsi ben fissi ai braccioli, e una catena sottile come un cavo serrata in mezzo alle dita. Un anello al collo, una serie di giri sulle caviglie, e una corazza di catene che gli fa bruciare i polmoni a ogni respiro. Il suo cappotto di piume è stato portato via, e Doflamingo vede ancora il filo di fumo di quando l’hanno bruciato assieme alla sua camicia contro il cielo nuvoloso: così le catene premono contro la sua carne, e piccole strisce rosse scorrono già sulla sua pelle.
Se la sua famiglia resterà leale al Padroncino, se anche solo ci sarà un Padroncino dopo che la camminata sarà compiuta e i loro piedi avranno sanguinato sui sampietrini di Dressrosa, è  improbabile come minimo. Re Riku non l’avrebbe voluto, né sua figlia e sua nipote, ma non saranno là per vederlo. In quel momento è la folla ad essere re, e regina, e giustiziere, e la loro rabbia e vendetta saranno l’arma dell’atto.

-Eccoli!-
Delle morse sono strette allo stomaco dell’ex re, bruciano quasi quanto le catene sui suoi polmoni. La mia famiglia. La mia unica famiglia. Portati al mio stesso livello.
-Ci sarà tutta l’isola là fuori.- Una guardia il cui volto non riconosce morde una pesca e si lecca le labbra. -Dov’è adesso, il loro Padroncino?-
Doflamingo scuote la testa. È quassù, e lo sanno. Quando la loro camminata della vergogna sarà conclusa avrà inizio la sua. Non proprio una camminata, poiché non camminerà: siederà sul trono, incatenato ad esso, e verrà portato per le strade da lassù. Se a coloro che lo reggeranno in spalla fregherà qualcosa del ridicolo, delle urla e della vasta quantità di cibarie di cui il suo corpo verrà insozzato, rimarrà un mistero anche per lui.
-Senti come urlano?-
La folla occupa la maggior parte dello schermo, e mentre il cancello si apre e il primo Ufficiale d’Elite si fa avanti, è come se mille pugni si sollevassero alla volta, e mille voci ruggiscano di odio e rabbia e vendetta.
-Assassini! Mostri!-
-Dressrosa non dimentica!-
-Ve la siete cercata!-
La massa tremante delle gambe di Trebol pare alta come una torre alla luce dell’alba. Dita medie sollevate, lingua già di fuori, il primo pomodoro che gli arriva in faccia mescolato ai suoi capelli unti e quasi svanito nei boccoli spessi della sua barba. Ormai anche il suo naso sembra asciutto, e le sue narici sono rosse per il sangue incrostato. Ma anche senza il suo guscio, ora che l’ex-Ufficiale di Fiori si è appena rivelato per il vecchio raggrinzito che è sempre stato, Trebol si bilancia sulle gambe scarne, e avanza alla camminata della vergogna come fosse alla guida di una parata d’onore.
-BEHEHEHE! Nee, non fatemi ridere!-
Una delle morse strette allo stomaco di Doflamingo si allenta. Come il muco che lo faceva, Trebol non permette a nulla lungo la sua via di cambiare la sua forma. Nemmeno le palle di fango che si accumulano sul suo petto, o l’uovo spiaccicato sulla sua fronte assieme a una goccia di sangue bastano a cancellare il suo ghigno.
-BEHEHE!- Trebol scatarra, e sputa una palla di muco e saliva verso gli spettatori. Un altro uovo si frantuma sul suo ginocchio piegato. -Dategli fuoco!- urla qualcuno. -Che schifo!-
-Buttategli un fiammifero!-
C’è un piccolo Drago Celeste in tutti noi. Che si divincola per uscire, ruggendo d’orgoglio appena qualcuno più debole di noi ci sbarra la strada.
-ECCO L’ASSASSINO!-. Trebol si volta, un sorriso teso sul volto.
-Nee. Pubblico tosto stasera, Diamante.-
-Schta chitto.-
Impiega cinque secondi a pronunciare quelle parole. Con addosso null’altro che i suoi pantaloni rossi – con due buchi sulle ginocchia e sangue che si riversa sulla stoffa dalle ferite aperte – l’ex-Ufficiale di Quadri sembra nudo. La schiena è piegata in avanti, un filo di bava sfugge dalle labbra e penzola sopra il collare cervicale. Una delle guardie che l’aveva condotto al trono aveva detto a Doflamingo che il suo famoso mantello d’acciaio fosse stato gettato sul fondo dell’oceano, ma così com’è, Diamante non potrebbe indossarlo a prescindere.
La sua spina dorsale è danneggiata, recita Doflamingo nella testa. I tremori alle mani lo accompagneranno per tutta la vita. Non potrà mai più maneggiare una spada.
Non che agli spettatori paia importare qualcosa.
-Evviva l’Eroe del Colosseo!-
Ogni passo di Diamante è accompagnato da un concerto di sferragliamenti. Le sue mani tremano nelle manette, dita che vibrano come foglie, e un balbettio frenetico e fuori posto ha preso il controllo dei suoi denti.
Un uomo fortunato, avevano detto i medici della marina: un colpo del genere al collo, e soltanto un tremore alle mani e un lieve impedimento nella parlata. Qualcuno lassù gli voleva bene, pensa disgustato Doflamingo. Anche il suo rossetto è sbavato, e la sua testa sembra deforme senza il suo berretto.
-Ecco Di-Di-Diamante!-. Il pubblico esplode dalle risate mentre il gladiatore inciampa nella strada dissestata e atterra di faccia nella spalla di Trebol. -Te lo sei meritato! Vendichiamo Scarlett-sama!-
-Beccati l’applauso, Diamerda!-
-Viva il grande guerriero!-
Si dice che la compianta principessa Scarlett fosse una pacifista, ma è difficile immaginare nulla di ciò dalla folla dei presenti. Sarebbe così delusa – un sorriso sottile spunta sulla bocca di Doflamingo, ma sparisce immediatamente appena una palla di fango grande come un cocomero si frantuma in faccia a Diamante, gocciola dal suo collo e sul suo petto.
-Assassino! Assassino!-
Diamante non può sorridere. Le sue labbra tremano, i denti tambureggiano. Eppure i suoi occhi si perdono nel cielo, e i suoi passi sono regolari nonostante le ginocchia che fremono. Era un grande spadaccino, un uomo di spettacolo fatto e finito. Nemmeno il suo fascino al Colosseo della Corrida basterà a salvarlo da questo. Come se in lui non vi fosse mai stato nulla da ammirare.
Ecco cosa fa la gente. Ama sfogare le sue mancanze su chiunque trovi. Perché è divertente, in fondo, e a tutti piace una bella risata.
E mentre un’ombra si leva dalla porta, alta e larga come una montagna, un’ondata di risa erutta dagli spettatori, più forte a ogni passo del nuovo arrivato.
No. Non lui. Non questo.
Quando il primo “guardate, c’è il soprano” lo raggiunge, Pica scuote la testa – e Doflamingo lo benedice, poiché nemmeno lui è abbastanza idiota da attaccare in quello stato. I suoi occhi brillano di rosso, tuttavia, e i polsi scampanano miseramente nell’aria, tirando contro la catena che li serra, incapaci di coprire ciò che sta arrivando. Una mano giace nell’altra contro la sua schiena, in un teso abbraccio da e per lui.
Come la roccia contro le onde, non può scappare.
-Soprano! Soprano bastardo! Vocetta!-
-Tirategli i capelli, fatelo squittire un po’!-
-Guardate, il frutto Castrazione Castrazione!-
-Ehi, soprano, ti sei chiuso le palle nella porta?-
-Pikyah-pikyah-pikyahrara!-
Imitano il suo timbro, la sua risata, mentre le loro fanno tremare le pareti. Non ridono solo perché lo trovano buffo, realizza Doflamingo distogliendo gli occhi dallo schermo – il labbro di Pica vibra, e le sue gigantesche braccia tremano in modo bestiale nei legami. Gocce di succo rosso già scorrono lungo la sua fronte, negli occhi e nel naso, nelle labbra serrate come il sangue dopo un cazzotto.
Vogliono ridere perché sanno cosa significa per noi – quanto ti sale quel falsetto, Peek-yah? – e soprattutto per lui.
-Vi ammazzo tutti!- Pica ci prova, oh se ci prova, ma anche una voce tradizionale non suonerebbe intimidatoria se l’uomo che parla avesse succo di pomodoro che gli cola sulla faccia e una buccia di banana incastrata sulle spalle. E le catene, come dimenticare quelle. Hanno rimosso tutta la sua armatura dorata – inclusi i suoi stivali, come le scarpe di tutti, e i gemiti e lamenti che gli scappano a ogni passo sul pietrisco sono coperti solo dalle risa scroscianti – e solo i suoi short viola proteggono la sua pelle dalla pioggia rancida che lo bombarda.
-Smettetela di ridere!- ringhia, o almeno prova. -Adesso! Io vi…-
-Che ci fai? Ci strilli a morte?- chiama qualcuno. -Peep! Cheep! Non farci ridere, Picastrato!-
-È ridicolo!-
-Non respiro, la sua voce mi fa morire!-
-STATE ZI…-
Li farebbe a pezzettini, pensa Doflamingo quando un pesce grande come una spada si fracassa sulla faccia dell’ex-Ufficiale, frantumandosi in melma sul suo collo e sul suo petto. È quello che ha sempre fatto. Ma per lui, ora, la pietra è solo pietra: immobile e indifferente. Cosa può fare un uomo come Pica se reso completamente impotente, contro una folla che non vuole che ridicolizzarlo, non è qualcosa che Doflamingo vuole sperimentare. I denti del guerriero sprofondano nelle sue labbra, abbastanza a fondo da sanguinare.

Quando Sugar compare fuori dal cancello, piccola come un citello nell’ombra larga di Pica, un rumore di fischi colma le orecchie di Doflamingo. Troppo forte, anche da lassù. A malapena riconosce il suo primo piano sullo schermo, poiché anche la sua mantella è scomparsa, probabilmente bruciata da qualche parte assieme al suo cappotto – e a tutte le tele e i pennelli di Jora, e ai libri di Gladius, e alle scarpe di Dellinger, e alla collezione di spade antiche di Pica, e ai cappotti e cappelli di Diamante, e tutte le cose che li hanno resi chi sono.
Come un brutto ricordo di cui liberarsi.
La faccia di Sugar si contorce a ogni passo, anche se non trema come il colosso che la precede. Forse è perché ha le sembianze di una bambina, ma anche con quello che sanno di lei e come ha usato il suo potere, la rabbia che la circonda non si solleva più di prima. Tuttavia un sacco di farina le viene gettato in faccia alla prima curva, e un coro di “mostro” accompagna ogni suo passo. Forse c’era effettivamente un limite, ed è già stato toccato.
-Andate via, mostri!-
-Assassini! Maledetti assassini!-
-Marcite all’inferno!-
Un gruppo di adolescenti stanno ricoprendo la faccia di Machvise di patate marce, poltiglia gialla già pende dalla sua barba e dai peli sul suo petto. Dalle finestre mele marce, pesci, palle di carta e tutti gli ingredienti di un’insalata nutriente piovono sui loro capelli e sui loro corpi scoperti.
-Mama!-
-Sono qui, Dellyino!-. Succo e fanghiglia gocciolano dai capelli di Jora come pioggia, e un pesce marcio è rimasto impalato su uno dei corni di Dellinger. Quando l’olio gli scivola in faccia, il ragazzo lo lecca con avidità. La sua risata risuona nella piazza, e un’altra morsa nello stomaco di Doflamingo è scomparsa.
-In fondo è divertente.- commenta Dellinger. -Cibo gratis dal cielo!-
-Fai solo attenzione, caro. Non sai dov'è stato, zamazu.-
Il sorriso di Jora è teso, ma pare abbastanza onesto. È in sottoveste, già fradicia e appiccicata al suo corpo. Fischi seguono ogni suo passo, e la gonna bagnata è rossa e gialla e verde. La fissa con un altro, affaticato sorriso – probabilmente la trova artistica – ma un’altra palla di fango dritta in faccia lo cancella in fretta.
-Insubordinati!-. Lao G pesta i piedi. -È grottesco! Con la “G”!-
-Sta zitto, vecchiaccio!-. Da come rabbrividisce, le sue orecchie hanno cominciato a suonare. Un urlo risuona dalla piazza – una voce femminile, e familiare – e il vecchio combattente serra i denti.
-Fatemi passare!- ripete la donna di prima. -Stai indietro!- dice una guardia; subito dopo il suono di un pugno, e un grido da parte dell’uomo. La donna ha capelli arancioni, spessi e ricci, e indossa una giacca a vento magenta sopra un costume da bagno bikini.
-Sono qui per Señor Pink! Señor! Sono Charlotte, ti ricordi di me?-
-Stammi lontano!-. Un’altra donna, e il suo trench coat – di nuovo, sotto nient’altro che un bikini – sventola mentre allunga le braccia verso l’uomo dei suoi sogni. Kari, ecco come si chiamava, e la sua faccia è un chiaro promemoria di cosa l’abbia condotta laggiù. L’uomo che si faceva chiamare Señor Pink è a malapena sé stesso – i suoi occhi sono rossi, e il fango che gli hanno tirato si è incastrato nei suoi capelli neri. Cuffietta, sciarpa e ciuccio sono scomparsi. È scomparso il Señor Pink che Doflamingo conosce: che l’amore di queste donne fosse onesto, se restano con lui anche ora che non c’è più nulla?
-Señor! Prendi questa coperta!-. Kari spinge un uomo via da sé e scuote l’oggetto in direzione del suo vecchio compagno. Un’altra donna – e questa come si chiamava? – accorre nella mischia, rossa di capelli, un capello da cowboy in testa e un ombrello nelle mani sottili. -Señor! Nasconditi dietro questo!-
-Joanna. Kari. Charlotte.-. La voce di Señor è fredda come ghiaccio. -Non ho richiesto la vostra presenza.-
-Cammineremo con te, Señor!-
I capelli di Kyuin sono sciolti attorno alla faccia tonda. Si toglie la cravatta e la getta per terra. Una quinta donna, bionda come lei, sbircia da dietro la sua spalla. -Lascia che veniamo con te, Señor! Saremo le tue guardiane.-
-Questa cosa riguarda me e la mia famiglia, Emily.- dice Señor, ma il suo tono è meno freddo. Gladius si divincola alle sue spalle, il tuorlo di un uovo che scorre lungo il suo collo. -Prendi la dannatissima coperta, Pink. Non cambierà niente.-
Neanche a farlo apposta, una delle guardie gli strappa la coperta di dosso. Kari e Joanna urlano, Kyuin lo fissa furiosa. -Sta venendo punito. Non interrompete.-
-Ci ha protette molte volte!-. Charlotte gli tira addosso gli occhiali da sole. La guardia la afferra per i ricci, e lei lo colpisce con una ginocchiata bassa con riflessi inaspettati. -Lascia che siamo noi a proteggerlo, ora. Señor!-
Un uomo solleva un pomodoro pronto al lancio, ed Emily lo placca a tutta forza, fango che si sparpaglia nei suoi capelli biondi. Kyuin le porge la mano per farla alzare.
-Lo dico per il vostro bene, sapete.- Señor Pink scuote la testa nel collare per allontanare il succo di un altro pomodoro. -Passerottine come voi potrebbero farsi molto male.-
-Che c’importa?- Joanna quasi grugnisce, e colpisce con il cappello la faccia di una donna con una borsa piena di uova.
Un milkshake si frantuma sulla faccia di Gladius, e la sua pelle pallida sembra farsi verde e malaticcia.
-Finiscila, va bene? Lasciaglielo fare. È loro prerogativa farsi male come gli pare. Non gli andrà peggio che a noi.-
-Esatto. Tanto è finita. Camminiamo e finiamola, dasuyan.-
Dopo Buffalo, ultimo della fila e irriconoscibile senza il soffice cappotto, solo uno squadrone di guardie segue la processione. Al loro passaggio, le grida di rabbia si mutano in applausi. Le telecamere non li mostrano a lungo, tuttavia, e Doflamingo ne è lieto.

È Buffalo il primo ad accorgersene, e allunga curioso il corto collo. Un urlo, un’altra voce familiare. Doflamingo scuote la testa nel torpore. Non può essere.
-L’abbiamo trovata sul pontile.- dice una guardia. -È dei loro.-
-Lasciami! Mi fai male! Questa è la mia famiglia!-
Lo è ancora? C’è quasi sollievo sul volto di Buffalo, mentre lei viene spinta nella piazza, in ginocchio, il calcio di una pistola che sprofonda nei suoi capelli. Baby 5 si ripulisce le ginocchia dal sangue e prende un respiro profondo.
-Non se n’era andata?-. Johanna si calca il cappello sulla testa. Non raggiungerà mai Señor Pink – né Emily, Charlotte, Kari o Kyuin – ma nulla di ciò le impedirà di provare. Kyuin la spinge da parte. -Dovremmo aiutarla. È della famiglia.-
La guardia che tiene Baby 5 serra la presa sulla sua schiena. -Ha tentato di prendere degli ostaggi. Si è trasformata il braccio in una mitraglietta. Ci sono voluti venti di noi per tenerla ferma.-
Baby 5 sorride imbarazzata. -Gli ostaggi per la mia famiglia, questo era il patto. Mi spiace che non abbia funzionato. Ma siamo tutti insieme, almeno.-
-Che ci fai qui, traditrice?- sputa Gladius. Lao G si scuote nelle manette. -Tu non sei più dei nostri. Sloggia, con la “G”.-
La ragazza si sposta all’indietro, ma i suoi occhi brillano di determinazione. -Io sono della famiglia. Lo sono sempre stata. Solo ora vedo chi ha più bisogno di me.-
Scuote freneticamente la testa, per liberarla dai capelli. -Se non posso liberarvi, mi unirò a voi.-. Colpisce la guardia che la tiene con una gomitata e lo fissa con una rabbia imprevista.
-Tu! Dammi delle manette e lascia che mi unisca alla mia famiglia nella camminata della vergogna.-
Si può tagliare la tensione con un coltello. Baby 5 non attaccherà, non con la sua famiglia in un tale stato. E non se ne andrà: nessuno può farci nulla, e Doflamingo non può credere di essere l’unico a vederlo. Il mondo è grande, e anche una guerriera formidabile ha diritto ad averne paura. Lui la avrebbe. L’ha avuta. E capisce già che in futuro accadrà di nuovo.
In verità, se ci fosse mai stato un famigliare di cui si sarebbe aspettato il tradimento, non sarebbe mai stata lei – la ragazza le cui lacrime hanno bagnato per mesi il suo cappotto mentre chiamava una madre che non ci sarebbe mai stata. Ma se pensa che tornare indietro ora significhi tornare a ingozzarsi con le torte di Jora, farsi insegnare il trucco dall’esercito di ammiratrici di Señor Pink e intrecciare i soffici capelli lilla di Pica come se nulla fosse cambiato, è una donna scema e loro hanno sbagliato qualcosa nel crescerla.
Lao G scrolla le spalle. -Scappa via col tuo bel fusto e fine della storia.-
-Un’altra donna ha più bisogno di lui di quanto ne abbia io. Lasciatemi tornare indietro. Sono una Donquixiote, e mi rifiuto di abbandonare la mia famiglia.-
-Questo spettacolo fa pena-in.- Machvise strofina la sua guancia macchiata sulla sua spalla. -Non aggiungerti anche tu.-
Ma Jora si torce nelle catene abbastanza da guardarla. -Tutti sbagliamo, bambina. E anche tu hai delle mani da pulire.-
Gli occhi di Baby 5 luccicano: -Ne avete davvero bisogno?-
-No.- Dellinger si dondola sui piedi come se avesse ancora i tacchi. -Ma mi pare che tu lo voglia, e chi siamo noi per fermarti?-
Poi un cavolo le si frantuma in faccia, e lei strilla, ma non cambia posizione. Come se fosse appena stata fatta passare una sentenza.
-Prendetela e basta! È colpevole come tutti!-
-Puttana assassina!-
-Legatela con gli altri!-
Quando le catene sono posate, e il suo collare unito alle pastoie ai piedi di Buffalo, Doflamingo vede i suoi occhi farsi umidi. Baby 5 deglutisce, aggiustandosi, e guarda avanti.
-È bello riaverti nonostante la circostanza, dasuyan.- dice Buffalo mentre spesse gocce di succo gli scendono dai capelli. -Bentornata.-
Baby 5 leva il volto al cielo e sorride, come se tutto quello che avesse mai voluto fosse là di fianco a lei.

Quando la parata arriva nella piazza del mercato si sente il colpo. Deve essere quasi un’ora che vanno avanti, e i loro piedi lasciano impronte di sangue spesso e scuro. La sottoveste di Jora è tutto fuorché bianca, i capelli di Baby 5 hanno acquisito massa propria, Trebol sembra essere di nuovo ricoperto di moccio, il petto di Machvise è viscido come melma, e nemmeno Dellinger riesce più a sorridere. Persino Emily, la bionda seguace di Señor Pink, si è in qualche modo beccata un occhio nero. Cos’era quel rumore? Sono le risate che salgono improvvisamente ad annunciare tutti i dettagli.
-Cosa c’è, stupido soprano? Non ce la fai più?-
-Avete sentito che urlo?-
-Vorrai dire squittio!-
Sparsi sul cemento attorno alla sua testa, i capelli di Pica sono bagnati come alghe. La guancia giace sui sampietrini, una pozza di rosso che si allarga al di sotto. Pochi secondi dopo, Doflamingo realizza di avere la bocca aperta.
È caduto. Un passo troppo largo verso una delle innumerevoli facce ridenti, la catena che si tende tra le caviglie, e tanti saluti al suo equilibrio. Con le mani legate dietro la schiena, la prima parte di lui a raggiungere i sampietrini è stata la sua faccia. Per la prima volta nella sua vita, la pietra gli ha fatto male. Fronte, guancia, naso e mento sanguinano contro il nero dei lividi.
-Che botta.- dice una guardia alle spalle di Doflamingo. -Spero si sia fatto molto male. Ha ucciso mio fratello per aver riso di lui.- La sua voce trema, e l’altra guardia gli appoggia una mano sulla spalla. -Che razza di mostro uccide qualcuno per una risata?-
-Ho perso un amico così. Ha detto…-. Ma qualunque cosa abbia detto l’amico dell’altra guardia non conta, perché solo allora Doflamingo nota che il suo Ufficiale di Picche, l’uomo di pietra in persona, sta piangendo come un bimbo contro i sassi insanguinati.
-Smettete… di ridere…-
Un cavolo lo centra dritto in bocca. -Ridete più forte! Non può farci niente!-
-Perché non possiamo ridere? La tua voce fa spaccare!-
-Piangi, Picastrato! Piangi!-
Con un corpo così enorme solo un idiota lo mancherebbe, anche adagiato per terra come un elefante in attesa della morte. Il sangue scorre dalla sua guancia e dal suo mento mentre si volta sullo stomaco, e le torce accese dei presenti fanno brillare le lacrime sulle sue guance come argento.
Le facce bagnate dell’Esercito di Dressrosa, che singhiozza e urla mentre i fili tirano, lampeggiano di fronte agli occhi di Doflamingo per un momento al posto di quella di Pica. Tutto si connette. Deve esserci qualcuno di loro, là in mezzo, a godersi il momento come il migliore degli spettacoli.
Ma erano deboli, e sotto il controllo di un altro. Nessuno fa piangere la mia famiglia. Nessuno ride della mia famiglia. Ma lui è lassù, e loro sono laggiù, e Pica – Pica! – sta singhiozzando di fronte alla folla di chi un tempo lo temeva, che ora ride alla sua miseria come un branco di iene.
E le catene risuonano, mentre passi irregolari lasciano tracce storte sul pietrisco.
Per via del collare cervicale, Diamante è l’unico ad avere il collo libero dalle catene, che passano invece sotto il suo gomito e verso la schiena, dove le mani sono legate. Piega le gambe e incurva la schiena, goccioloni di sudore che scorrono lungo la fronte, sovrastando l’uomo a terra come una grazia dai cieli.
-G-Guarda me.-
L’ex-Ufficiale di Picche singhiozza sollevando la testa. Un rumore soave, un uccellino che cinguetta per la prima volta, ma il seguente è completamente coperto dall'onda anomala di risa che lo segue.
Diamante storce la bocca, disgusto in bella vista sul largo ghigno.
-Alshati e cammina. Queshto non shei tu. Queshto non sta shuccedendo.-
-Didi…- un altro singhiozzo taglia a metà la frase, seguito da un’altra eruzione di risate. Diamante scuote la testa, accarezzando con i capelli le guance bagnate di Pica.
-Alshati, ragassho mio.-
-No… no…-
Si guarda intorno nel panico, e china la testa perché i capelli nascondano le lacrime. Diamante gli solleva il mento col ginocchio piegato.
-She la puoi fare. Tirati schu.-
-Fallo smettere!- Singhiozzo. -Ti prego. Fallo smettere.-
La faccia di Diamante si fa pallida. Che Pica supplichi è familiare a loro e solo a loro, nella maniera cauta che hanno tutti i segreti ben tenuti. Pica svergognato, insudiciato e dileggiato, che supplica anno dopo anno un corpo allo stesso tempo cresciuto troppo e non abbastanza. Pica che è forte e brutale, e ammira solo la forza bruta, perché mai potrà ricevere un’altra arma.
Ed ora è in pubblico. A nudo come l’uomo stesso, sulla cui schiena sono state frantumate almeno sette uova. Avrebbe potuto chiedere in qualunque momento di modificare la sua voce e renderla più accettabile, aveva i mezzi e il denaro. Ma non è mai stato il suo timbro, il problema – erano gli altri, sempre loro. Un uomo potente può trasformare le risate in paura, ma un uomo indifeso deve tenersi le risate.
Diamante si lecca la bava via dalle labbra, rabbrividendo.
-Volevi la roccia? Shii roccia. Shegui me. Fai come she non esisteschero.-
-Io… la m-mia voce…-. Singhiozzo.
-Cammina, pietruzza. Cammina e bashta. È sholo voce, nulla più. Tutto quanto finirà preshto.-
No affatto. Anche lui dovrebbe saperlo. Non è mai finita, e probabilmente non è mai iniziata. È sempre stata così, per Pica. Una costante nella sua vita quanto l’aria e l’acqua.
Non che serva dirlo a Diamante: lui c’è stato sin dal primo giorno, a sollevarlo dalla polvere e custodirlo anche prima di ottenere il suo famoso mantello. Se Jora è stata capace di accogliere immediatamente Dellinger, con tanto di pinna e corna, è altrettanto possibile che un gigante distruttore che non può parlare senza essere ridicolizzato possa trovarsi una specie di genitore. Diamante ha visto qualcosa di speciale in un sasso da niente, e dopo anni e anni si ritrova ad asciugargli le lacrime.
-Guardateli, Diamerda e Picastrato!-
-Vai a frignare da papino!-
-Hai trovato qualcuno con una voce più ridicola della tua?- si sente da più vicino, mentre un secchio di liquido marrone è gettato sulle loro facce. Si mischia alla bava sul mento di Diamante e al sangue sulla bocca di Pica – dal naso spaccato e dalle labbra che lui stesso si è morso – e scorre spesso e lucido lungo i loro petti.
-Alzati, Pica!-
Doflamingo non ha idea di come abbia fatto Baby 5 a urlare così forte. Pica volta la testa, capelli incollati alle guance. -Avanti! Siamo tutti dietro di te! Puoi farcela!-
-Alzati, ragazzo! Ignorali! Non contano niente, zamazu!-
-La mamma ha ragione! Lascia che si spancino! Non ti meritano!-
-Avanti, Pica! Vali mille volte tutti loro!-
-Tirati su! Ce la puoi fare, ragazzone – con la “G”! -
-Lasciali ridere. Nulla di ciò che dicono conta qualcosa, dasuyan.-
Gli spunzoni sulle spalle di Pica tremano mentre si tira sulle ginocchia e si pulisce il naso contro la scapola. La traccia delle lacrime fresche taglia attraverso la sua faccia sporca, la schiena enorme trema ad ogni singhiozzo.
-Un pascho alla volta.- Diamante si tira su, le ginocchia che tremano come se il suo corpo pesasse come tutto il palazzo. -Loro non eshishtono, pietruzza. Tu shei roccia, e non puoi andare a pezzi.-
-Io-, singhiozzo, -non mi…-
Improvvisamente è come se fosse di nuovo una montagna. Anche in quella forma non era immune dal ridicolo, ma per la prima volta, della montagna, sembra avere la forza. Cammina nei piccoli passi impostigli dalle pastoie, attraverso le rape e le melanzane che si frantumano contro la sua faccia e il coro di “soprano” e “castrato” e tutto il resto che hanno che risuona da ogni direzione.
Mentre tutti procedono verso il pontile, accarezzati dal mare limaccioso anche più forte delle urla, i loro passi sono più regolari e le loro schiene più dritte. Come se i loro piedi stessero accarezzando soffice erba anziché pietrisco scabro, e le loro impronte non fossero rosse di sangue.
Famiglia, si trova a ripetere Doflamingo. È chi ha il potere a decidere cosa è bene e cosa è male, e i suoi strani accoliti useranno il poco potere che hanno per prendere tutte le decisioni possibili. Anche per gli altri. Quando Gladius abbatte con una testata un uomo che aveva allungato la mano verso le natiche di Baby 5. Quando Jora si prende del tempo per baciare la guancia di Dellinger, anche dopo che tre uova di diverso grado di marciume sono state frantumate proprio là. Quando Machvise usa il suo corpo per fare scudo a Kari e Charlotte da un improvviso lancio di formaggio marrone. E l’ultima morsa al suo stomaco svanisce come niente quando Pica – con le lacrime che ancora scorrono giù dal suo mento, il suo petto un mosaico di cibi diversi – apre le mani ammanettate a ventaglio, formando un tetto protettivo sopra la piccola figura di Sugar alle sue spalle.
È per Monet. Il debito è pagato. Appena aveva scoperto del frutto Neve Neve l’aveva immediatamente pregata di congelargli la gola. Non gli aveva arrochito la voce, e la tremenda laringite che si era buscato dopo era un incentivo sufficiente a non provare una seconda volta. Ma Monet ci era stata, e Sugar è sola e piccola in un mondo molto, molto grande.
No, non da sola. Mai sia. Sugar sussurra un grazie che i microfoni sentono a malapena, e le dita di Doflamingo si rilassano sui braccioli.
È solo una passeggiata, in fondo. Lui non dovrà nemmeno camminare. Sarà il capitano e comandante che deve essere. Ci sono stati molti re caduti in passato, ma loro non erano lui.

-Datevi una mossa! Tu, di qua. Separate questi due! E non sbavarmi sui piedi, Diamerda!-.
Doflamingo non si era nemmeno accorto che avessero finito. Dalla posizione del sole sono passate più di due ore dall’inizio della camminata della vergogna. Un palco di legno è stato arrangiato di fronte alla nave della marina, ed eccoli là, piedi sanguinanti e volti sfiniti. 
-Señor!-. Emily, Charlotte, Kari e Joanna – le ultime due sedute sulle spalle di Kyuin – scuotono le mani verso il palco. -Siamo qui, Señor! Sei stato bravissimo! Sodo come sempre!-
-Lo siete stati tutti!- dice la capo operaia. -Presto finirà. Siete stati tutti fantastici!-
Famiglia. Jora con la sua sottoveste multicolore e Dellinger, le cui corna non sono più bianche allo stesso modo. Il petto nudo di Lao G tappezzato di lenticchie e succo, Machvise con la sua barba gocciolante, le gambe di Baby 5 arrossate da getti e getti di succo di pomodoro, e il corpo discinto e tremante di Buffalo. Le guance rubizze di Señor Pink e la schiena di Gladius, marrone e lucida. Sugar che scuote la testa per liberarsi della salsa di soia che la ricopre. E proprio al centro, in ginocchio: moccio scorre lungo la faccia di Trebol come da programma, mentre il mento di Diamante sgocciola sudore e bava, e quello di Pica è così rosso di sangue da sembrare quello di un Uomo Pesce.
-Ne, Doffy!-. Trebol scuote la testa per liberarla dai capelli. -Mi senti? Ti aspettiamo! Non è tanto male una volta che ti abitui.-
Il trono si solleva, la porta si apre, e la folla è là per lui.
-Eccolo!-
-Portate qui l’assassino!-
-Fatelo soffrire!-
-Assassino! Mostro!-
-Sono proprio io.- Doflamingo rilassa le labbra in un sorriso e si accomoda sul trono. Un refolo d’aria fredda gli accarezza le guance.
-Ho sentito varie storie su quest’uomo.- Una voce alle sue spalle, un olezzo di pesca verso il suo naso. -Su come è nata la Famiglia Donquixiote.-
In qualche modo, le parole della guardia gli danno un brivido. Stupido. È solo il freddo. Quanto gli manca il suo cappotto.
-Qualcosa successo anni fa…-
Le dita di Doflamingo tornano a serrarsi ai braccioli. Come se avesse paura, o roba simile. Perché faccio così? È solo una passeggiata, e non dovrò nemmeno…
E poi è buio.
Sbatte le ciglia nell’oscurità e sente della stoffa contro la sua faccia. Spessa, ruvida, probabilmente un pezzo di sacco. Buio. Troppo buio. Non è mai stato così buoio da un giorno passato da tanto, tanto tempo.
Allora non c’era alcuna Familia. Nessuna Numancia Flamingo, nessuna Dressrosa, nemmeno un frutto Filo Filo.
Solo lui, e un mondo che lo odiava.
-Che cos’è? Toglietemela!-
-Sapevo che ti sarebbe piaciuta. Ora vai. Questa è la vendetta per il dolore di Dressrosa.-
La pelle di Doflamingo è improvvisamente fredda. -No…- biascica, ma il trono si solleva di nuovo e qualcosa di bagnato e molliccio è appena atterrato sulla sua faccia. La sua casa va a fuoco, Padre e Rocy piangono di dolore, e lui li ucciderà tutti, tutti, tutti.
-Toglietemela, ho detto! Non ci vedo! Dove siete finiti?-
Ora non sente neanche più la sua pelle. Il tintinnio delle catene lo informa che sta tremando. La benda è spessa e pesante e lui suda al di sotto. Rocy è da qualche parte e prega di morire, eppure anche lui è morto. E lo è anche Padre. Ma Padre è qui, e le sue lacrime gli bagnano il petto. E brucia.
-Vendetta! Mostro!-
-Draghi Celesti!-
-Mostri!-
-Riprendiamoci ciò che ci è stato tolto!-
Lasciatemi andare. Lasciatemi vedere. Le catene si serrano al suo petto ad ogni respiro e gli strappano la pelle di dosso. Non è vero, lo sento e basta, non mentire a te stesso. Ma come può essere altrimenti, se brucia così tanto? Non ci vede. Potrebbero benissimo avergli davvero dato fuoco. Che ne sa?
-Toglietemela, adesso!-
Perché ha paura del buio, poi? Il nero è un colore come tutti. È quello del cappotto di Rocy, no? Cosa farebbe Rocy se lo vedesse? Non importa, è morto, morto, morto. E lo è anche Padre. Ma li sente urlare, e un uomo sta parlando tra le lacrime di come gli sono stati strappati gli occhi quando era uno schiavo.
-Toglietemela! Non ci vedo!-
I giocattoli non portano occhiali da sole, però. Che succede? Qualcosa si spiaccica sulla sua faccia, freddo e viscido e in qualche modo bollente come il sole stesso. Le sue orecchie fischiano per le urla. Mostro. Assassino. Traditore. Muori. Homing e Zoraida e Rocy stanno urlando da qualche parte assieme a loro. Perché non lo aiutano? Lui è la loro famiglia. Fratello e figlio. La sua famiglia ha camminato nella vergogna e nel sangue fino al porto, e nessuno è lì per aiutarlo. Anche i più grandi equipaggi cadono dalla grazie. La sua pelle si scioglie. Le sue dita sono rigide. La sua bocca è colma di polvere e cenere. I suoi occhi sono scomparsi nel buio.
Mostri. Draghi Celesti. Feccia. Riprendiamoci Dressrosa.
-CAZZO, TOGLIETEMI DALLA FACCIA QUESTA ROBA!-
Il suo urlo scompare assieme agli altri, e la sua faccia va a fuoco sotto i legami.

-…droncino?-
-Doffy?-
-Respirate, Padroncino.-
-Siamo qui. È finita.-
Ma dov’è “qui”? La sua bocca mastica l’aria, le sue dita stringono i braccioli. Respira. La benda è ancora là, e i suoi pantaloni sono pesanti di sudore. Una goccia scorre sul suo petto, fredda come un coltello. Quanto tempo è passato?
-Cosa…-
-Doffy?- È Trebol. Segui lui. Andrà tutto bene. -Doffy? Sei al porto. C’è la marina. È finita. Respira.-
-Padroncino, sono Gladius. Prendete respiri profondi. È…-
Ma non scoprirà mai che cosa fosse. È tutto silenzioso, adesso, e il legno cigola per i passi di qualcuno. Doflamingo si rattrappisce nel seggio, e lo odia. Mani accarezzano le sue tempie e strappano via la benda in un solo, rapido gesto. Vede delle rughe, e del grigio, e una corona.
-Re Riku! Siete tornato!-
-È tutto vostro! L’usurpatore, Doflamingo!-
Re Riku Dold III regge la benda come una spada strappata da un nemico e la getta per terra. Da dove diavolo è uscito? Ed ecco anche Violet, no, Viola, e Kyros con Rebecca appresso, sguardi che potrebbero bruciare l’intera città.
Apre la bocca, ma la sua lingua è immobile. Respira e parla. Riprova.
-Questo s-spettacolo è di vostro gradimento, Re Riku?-
È sorpreso che l’abbia anche solo sentito, suonava così rauco, come se avesse fatto gargarismi di chiodi arrugginiti per tutta la durata della camminata. Riku lo guarda con pietà, e mai Doflamingo ha voluto così tanto indietro i suoi fili da quella che pare un’eternità.
-Nulla di ciò è uno spettacolo. Questa non è la mia Dressrosa.-
È mia, infatti, o almeno lo era. Viola serra i pugni, Kyros circonda la spalla di Rebecca con un braccio. Doflamingo ansima nell’aria gelida, il petto che trema e le catene che bruciano sulla sua carne. La faccia del re si contorce dalla rabbia.
-Coprite immediatamente queste persone. E portategli dell’acqua.-
Delle bottiglie sono passate tra i presenti, versate nelle labbra in attesa della sua disgraziata, sfigurata famiglia.
-Co-, respira e parla, respira e parla, -cos’è questo?-
-Non rifiutarla. Sappiamo entrambi che ne hai bisogno.-
A che gioco gioca? Sentire il sapore delle sue stesse lacrime svanire lungo la sua gola è da solo una benedizione, eppure è difficile guardare la faccia di Riku. Né quella di chiunque altro. Nemmeno i volti della sua famiglia sembrano familiari, così sporchi e scompigliati. Il re passa la bottiglia a un marine e drappeggia una coperta sul suo corpo tremante.
-Non posso credere di dover chiedere scusa a voi. Ce ne siamo andati per tre giorni. Non avrei mai immaginato che succedesse questo.-
Prima che Doflamingo riesca a concepire una risposta, assieme alla capacità vocale di pronunciarla, Riku Dold III si è fatto avanti sul palco di fortuna.
-La vergogna… la vergogna usata come punizione. Tortura, il castigo del codardo. È questo che Dressrosa è diventata? L’isola del sadismo, della vendetta e dell’umiliazione?-
Improvvisamente la piazza è silenziosa, ed è come se la voce del Re fosse emersa dal cielo stesso, più forte del tuono e ancor più uno spettacolo. Viola appoggia il proprio mantello sulle spalle di Sugar e si incammina al suo fianco.
-Hanno perso.-. La principessa avanza di fianco al padre e scuote la testa, boccoli corvini che danzano di fronte al suo volto. -Che la legge si occupi di loro.-
-Pagheranno!-. È una voce solitaria, e in qualche modo suona più forte.
-Sono dei mostri!-
-Avremmo potuto fargli di peggio!-
Lo credo. Lo faceste molto tempo fa, e c’ero anche allora, nello stesso stato. Riku scuote la testa mentre si volge di nuovo verso i condannati. -Ora, tu e la tua famiglia partirete per Impel Down. Verrete condannati in modo giusto e legale. Questa umiliazione non è ciò che siamo.-
-Facili parole,- Doflamingo alza la voce, e la sua gola brucia, -per uno che non c’era.-
-È stato perché non ero presente che è successo tutto questo. Non lo permetterò mai più.-
-Cosa state aspettando? Sono tutti vostri! Strappategli le teste!-
Qualcuno dalla folla, di nuovo. Viola appoggia la mano sulla spalla del padre.
-Sia condotto qui il signor Diamante.-
Le sue gambe tremano come canne: ci vogliono cinque marine per tirarlo su. La sua faccia è così sudata che la sua pelle sembra luminosa, e le catene scampanano furiosamente alle sue mani tremanti. Anche ora, di fianco alla famiglia reale, qualcuno ha il fegato di tirargli una mela.
-Diamerda!-
-Assassino!-
-Prendetelo, Principessa Viola e Re Riku!-
Viola cammina in cerchio attorno all’uomo legato, evitando il suo sguardo ogni volta che le si posa addosso. È il collare al suo collo che lei fissa. Sa perché è là: il suo prezioso cognato deve averle raccontato tutto delle sue eroiche gesta. Diamante non dovrebbe essere una larva, per cui ogni parola e gesto è una fatica, e Doflamingo a malapena riesce a guardare il suo volto violato mentre si sbava impotente addosso.
-Questo è l’uomo che ha ucciso mia sorella.- dice Viola. -Ogni giorno piango la sua fine, e prego che il suo riposo sia silenzioso e pacifico.-
Diamante biascica un grugnito, la bava si frantuma sul pavimento ai suoi piedi.
-Ora guardatelo. Mai più potrà combattere, o ballare, o anche solo parlare senza fatica.-
-Tale padre, tale figlio!-, strilla una donna. Viola prende un respiro profondo, Pica si fa indietro, come se gli avessero dato uno schiaffo.
-Porterà questo fardello tutta la vita, mentre langue in carcere assieme ai suoi pari, a riflettere su ciò che ha fatto e le sue conseguenze. Questa sarà la sua eterna camminata della vergogna.-
-Shono commosho, Voschtra Graschia.- Diamante ride, ma suona freddo. -Lo shiamo tutti, vedete?-
Scocca uno sguardo a Kyros e Rebecca. Il guerriero allarga il braccio davanti alla figlia, ma lei lo allontana.
-Non ho paura, padre-sama. Quest’uomo miserabile non merita che pietà.-
E come a farlo apposta, un altra goccia di bava scivola dalle labbra di Diamante e sulle assi. Viola tira fuori un fazzoletto e gli tampona il mento.
-Portateli via e basta. Mai più metteranno piede quaggiù. E questo sarà tutto.-
Diamante piega la gamba. Un momento dopo è di nuovo in ginocchio, i capelli che si afflosciano davanti alla faccia e un gemito di dolore che gli sfugge dalle labbra.
-Uhah… ginocchia deboli.-
I capelli sono appiccicati alle guance imperlate di sudore, le labbra tremano. Doflamingo gli direbbe di far finta di niente, ma è come se un intero sacco di gesso fosse stato versato nella sua gola. -Il dottore mi aveva detto di non fare schforzi.-
Le assi cigolano. Riku Dold III si fa da parte mentre Pica zoppica fino al prospetto. Rebecca rabbrividisce, e non è difficile capire perché: il lato sinistro della sua faccia è blu per i lividi, e bolle di moccio insanguinato si sono raccolte sotto il suo naso.
Il colosso si inginocchia al fianco di Diamante, porgendogli una spalla spinata. Anche allora risatine e sogghigni si levano dalla folla mentre si muove, e dalle prime file risuona chiaro un “soprano”. Le labbra insanguinate di Pica tremano, come se stesse cercando di non urlare mentre gli viene disinfettata una ferita. Le manette sono aperte, poi richiuse in modo che le sue mani si trovino sul davanti.
-Graschie, pietruzza.-. Diamante reclina la testa sul petto di Pica, sospirando di sollievo. -Ti ho creshiuto bene.-
In quel tremante abbraccio di agalmatolite è tirato su e portato via, nelle fauci in attesa della nave per Impel Down. L’uno non può nemmeno sollevare un cucchiaio, men che meno una spada, e l’altro probabilmente non parlerà per un lungo periodo. Ma un parricida come Doflamingo non può sapere niente di cosa significhi essere padre e figlio: tanto vale decidere che i due sono fatti l’uno per l’altro e lasciarli essere ciò che sono.
-Sembra che siamo stati qui un po’ troppo.- Trebol si tira su e lascia che i marine gli mettano addosso le mani. -È giunta l’ora di andare. Succede. Ma non sarà la fine, behehehe.-. E scatarra orgoglioso agli ultimi passi. Sugar segue a breve distanza, a testa alta.
-Ti aspettiamo, Señor.-. Charlotte si soffia il naso e saluta con la mano. -Avrai sempre una casa, con noi!-
-Lo giuriamo!-. Kyuin abbraccia Kari ed Emily.-Abbiamo trovato il tuo ciuccio! Lo terremo per te!-
-Dovresti dirgli addio, Pink.- Gladius riesce a voltarsi per un attimo prima di essere di nuovo trascinato via. L’uomo più anziano annuisce. Prende un profondo respiro mentre le guardie sollevano anche Machvise.
-Cercate di non marcire, senza di me. Trovatevi un lavoro. Fatevi una vita. Fatevi crescere le piume.-
-Com’è sodo.- Joanna tira su la zip della giacca e tiene la mano di Emily. -Anche noi dobbiamo essere sode, adesso.-
-Vi insegnerò a lavorare in fabbrica. Seguitemi. Saremo sode in onore di Señor.-. E appresso a Kyuin, scappano nella folla.
-Ciao ciao, Dressrosa! È stato bello!- chiama Dellinger, e saltella sul posto tra Jora e Gladius. Poi Lao G dietro di loro, e Buffalo e da ultima Baby 5. Lacrime scendono lungo il suo volto, ma i suoi passi sono calmi – come se non avesse mai voluto voltarsi.
Adesso sono da solo. Riku e Viola camminano verso di lui, con calma, come se stessero facendo un giretto.
-Tutto questo non doveva succedere, ma non pensare per un momento che ciò che tu e la tua famiglia avete fatto verrà perdonato.-
-Trai orgoglio dalla tua pietà, Re Riku.- Doflamingo prende un respiro profondo, riempiendo di nuovo i suoi polmoni di gradita aria. -Non è stata forse questa la tua caduta?-
-La tua crudeltà è stata la tua. Cosa farai mai, ora che è tutto finito?-
-Rifletterò, penso. Mi troverò un nuovo passatempo.-
Riku aggrotta la fronte. -Non trattare le mie parole come uno scherzo, Doflamingo. Sai benissimo quanto il dolore inflitto da te e dalla tua famiglia a tutti noi è stato.-
Se si aspettava una risposta, non la riceverà. Mi ci vorrebbe del vino. Il sole tramonta: il cielo è rosa, come il cappotto che gli hanno tolto, e il sole è rosso come i suoi occhiali ora in pezzi. Anche il mondo stesso sa da che parte stare.
-Eppure io ho scelto la pietà, perché in essa ho fede. Ciò che tu e la tua famiglia avete patito non è il nostro modo di fare. Ti prego di riflettere su di questo durante la tua pena. Sei un uomo capace. Saresti potuto essere uno dei grandi.-
-Non lo sono forse stato?-
Stuzzicare l’uomo che ha avuto pietà di lui, incatenato, ancora tremante sotto il mantello di sporcizia e quello di stoffa che lo avvolgono: così è diventato, e per la prima volta la sua stessa pelle pare scomoda. Riku si strofina una mano sulla fronte.
-La mia dolce moglie Iris insegnò a tutti noi la bellezza del pacifismo. Perdonò un uomo che aveva rubato il suo anello di famiglia. Aveva fame, e non pensava correttamente. Ciò che avete fatto ridicolizza questo gesto, eppure vedo che anche tu hai fame. Qualunque sia, è stata quella a portarti qui. Sarebbe potuto essere fatto qualcosa per placarla?-
-Non danno da mangiare bene ai prigionieri come me.-
-Da quest’uomo non otteniamo niente.- dice Viola, e serra le labbra per il fastidio. -È come se non fosse successo nulla. Non merita che la prigione.-
-E l’avrà.-
Riku guarda di nuovo la folla, la fronte accigliata nella delusione. La Dressrosa di fronte a lui non è la sua Dressrosa, e non la riavrà mai. Appoggia la mano sulla spalla di Viola, come un vecchio in cerca di un bastone.
-Adesso vattene, Donquixiote Doflamingo. Che questa sfortunata esperienza schiarisca la tua mente e ti permetta di vedere il tuo errore.-
Nulla di tutto questo succederà. Rimane un povero e sciocco vecchio, se lo pensa. Doflamingo ha passato di peggio, e nulla di lui è stato rotto. Tutti loro hanno passato di peggio. Mentre il trono cui è legato è sollevato fino alla nave, reclina la testa sullo schienale e lascia che il suo sguardo segua il cielo rosso e rosa. Anche il suo nuovo mantello è macchiato di sangue, e pare pesante come piombo.
Tante cose perse. Tanto sofferto. Eppure sembra già un ricordo, da seppellire dentro di lui assieme al resto del materiale dei suoi incubi. Nella nave, si ricorda, attendono dodici tracce di confortante familiarità.
È stata davvero solo una passeggiata. E dove li condurrà può dirlo solo il tempo.

A.A.:
Mi piace il Found Family Trope. Mi piace l'angst. Quindi eccoci qui.
Il bello dei personaggi cattivi è che puoi farli soffrire e probabilmente se la saranno cercata. E allo stesso tempo potete consolarli, perché essendo cattivi l'autore non lo farà. 
Ho avuto questa idea in modo casuale, e ho davvero amato svilupparla. Spero che valga qualcosa come primo tentativo in questo – non necessariamente l'ultimo, ma tutto sta a come andrà l'ispirazione.
Alcune precisazioni: 
- Le groupie di Señor Pink sono forse OOC ma capitemi, mi sarei insultata da sola se non le avessi cambiate un po'. Ho dato loro dei nomi – Kari, capelli neri e paraorecchi; Charlotte, capelli arancioni e occhiali scuri; Joanna, capelli rossi e cappello da cowgirl; Emily, capelli biondi e rosa – e un ruolo attivo oltre che sospirare appresso a Pink. Nel canone non hanno neanche provato a portarlo via dalla marina, rimanendo a piangere finché non sono arrivati a prenderlo. Almeno qui si sa che hanno un'altra vita oltre al pervertito. Assieme a Kyuin, perché le voglio davvero tanto bene. 
- So bene che Diamante non è e non può essere il padre di Pica, dato che hanno cinque anni di differenza. Non che a loro importi qualcosa, sono "famiglia non convenzionale" fino in fondo. I soprannomi "Didi" e "pietruzza" ("pebbles") e l'episodio della mano gelida di Monet sono di mia headcanonizzazione. 
- Kyros non ha battute perché mi sta abbastanza antipatico. Anche Rebecca, ma per lo meno doveva evolvere oltre al farsi prendere a botte da Didi e piangere. Invece adoro Viola, e un giorno vorrei sviluppare il suo rapporto con la defunta sorella. 
- Ho chiamato "Zoraida" la mamma di Doffy: doveva essere un nome "a tema" e trovavo "Dulcinea" troppo banale. "Santa Zoraida" suona fichissimo, secondo me. Invece Iris, la defunta moglie di Riku Dold III, ha uno dei nomi scartati da Oda per Rebecca. Lo dico dal cuore: basta madri morte senza scopo. Almeno gente come Sora Vinsmoke e Bellemere ha un nome, queste disgraziate sono solo facce. 
- L'handicap di Diamante è ispirato al film Million Dollar Baby. In altre storie sulla Family che potrei fare, il povero Didi può finire anche peggio, nelle condizioni di Maggie nel film stesso, cieco o direttamente in stato vegetativo. Ciò che non impiegherò è invece il finale abilista del film stesso: Diamante non chiederà mai di morire e sarà sempre membro di diritto della famiglia. 
- Ho completamente retconnato l'arco di Baby 5. Lo so. A me non piace e non sono la sola a pensarlo. 
Alla prossima.
Lady R
  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Lady R Of Rage