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Autore: __roje    03/09/2019    0 recensioni
Ren Tomomi è popolare, è il capitano della squadra di calcio della Kuromiya e si è fatto un nome. E' conosciuto da tutti, ha degli amici fidati e vive la sua vita scolastica in maniera normale ma un giorno, finito il campionato interscolastico, incontra un ragazzo dal profumo buonissimo e ne diventa ossessionato, Nao, il quale sarà un suo nuovo compagno di classe. Ma la conoscenza tra i due sarà tutt' altro che semplice, proprio perchè Nao disprezza i ragazzi come Ren, essendo lui riservato e secchione, ma dovrà affrontare la tenacia di Ren che le proverà tutte per diventare suo amico.
違い [chigai] significa letteralmente differenze. La storia ruota appunto intorno alla differenze sociali nell'ambito scolastico, ma cosa accade se due mondi diversi, due caratteri all'opposto si incontrano?
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo [13]

Dopo l’uscita tornai a casa di buon umore, e nel ripulire i resti del gelato notai allo specchio che avevo le guance arrossate. Che fosse dovuto al freddo? Quel lieve rossore stonava tantissimo col lieve rossastro dei miei capelli, ma faceva risaltare ancora di più gli occhi color miele. Non ci pensai oltre, e una volta ripulitomi dal gelato mi gettai sul futon cadendo in un sonno profondo.
Il pomeriggio del giorno dopo avevo gli allenamenti di calcio, e come capitano doveva assistere e accertarmi che tutti dessero il loro massimo. Una volta finiti gli allenamenti dovevo poi correre a casa per le ripetizioni con Nao, tutto ciò era estenuante ma se volevo potevo farcela.
“Ren stai bene? Sei un po’ arrossato” notò Take mentre riprendeva fiato dalla corsa.
“Certo. Devo aver preso solo un po’ di freddo ieri sera.”
“Forse dovresti sederti e startene a riposo, non fare l’allenamento per oggi.”
Il suo suggerimento non era una cattiva idea. Mi sentivo un po’ stanco, ma proprio in quel momento si avvicinò a bordo campo anche Urie che aveva finito il suo riscaldamento, e come al solito, con aria divertita ci raggiunse per punzecchiare. Ormai quello era il suo hobby.
“Wow capitano, ora sì che sembri sul serio una Fiamma!” mi derise.
“Edojima torna in campo!” lo riprese Take, e Urie parve obbedire ma prima congedarsi mi lanciò un occhiolino, “Quel ragazzo se le cerca proprio.”
“Ignoralo, è quello che faccio io.”
Take mi parò una mano in fronte, senza preavviso “Hai la febbre lo sapevo” osservò, ma immediatamente mi liberai dalla sua presa allontanandomi, “torna a casa, per oggi ti sostituisco io.”
“Sono il capitano Take, non posso prendere e andarmene.”
“Vuoi sentirti male stupido?!”
Non ebbe il tempo di rimproverarmi che dal nulla comparve Yuuki, sorridente e con le mani nascoste dietro la schiena. Sembrava un bambino spensierato.
“Come stanno i miei due atleti preferiti?”
“Non è il momento Yuuki!”
“Oh è io che volevo farsi una sorpresa, specialmente a qualcuno” e mi lanciò un occhiata strana, subito dopo di lui comparve chi meno mi sarei aspettato, era Nao, “l’ho beccato per i corridoi, stava tornando a casa così l’ho trascinato qui con me.”
I miei occhi erano spalancati. Nao non era mai venuto ad un mio allenamento, non mi aveva mai visto in divisa da calcio e un po’ mi sentii in imbarazzo sapendo cosa ne pensava di tutto ciò.
“Non farò tardi alla lezione, promesso” dissi per sbloccare la situazione.
“Lo so. Ma visto che comunque devo venire da te dopo, ho seguito qui Yuuki” spiegò brevemente.
Yuuki si intromise tutto contento “Allora noi ci sediamo qui buoni e vi guardiamo mentre vi allenate!” e invitò Nao a prendere posto sulla panchina a bordo campo.
E io dovevo allenarmi con Nao che mi guardava? Improvvisamente il cuore cominciò ad accellerare, la testa mi girava e una strana ansia si impadronì di me. Cosa mai successa prima, giocare a calcio mi aveva sempre portato serenità e ora invece era l’esatto opposto, sentivo il freddo sguardo di Nao su di me.
“Allora capitano! Si comincia o no?” gridò da lontano Urie con tono di scherno.
Insicuro, e debole diedi via alla partita di allenamento. Compagni conto compagni, io attaccante dei blu e Urie dei rossi, Take mio centro campista come sempre.
Notai che la mia concentrazione era pari a zero, il mio sguardo non faceva che cadere verso il bordo campo, dove c’erano Yuuki e Nao, e quest’ultimo se ne stava immobile ad osservare proprio nella mia direzione. La cosa mi provocò un sussulto, sentivo le mani sudate e il fiato corto. La testa era leggera, sentivo stranamente caldo e forse Take aveva ragione, ero raffreddato.
“Attento che sta arrivando Urie all’attacco!” mi avvertì Take preparandosi e andando incontro all’avversario.
Ma il suo avvertimenti risuonò vago nella mia testa, tutto era ovattato. La mia concentrazione era tutta per uno spettatore inaspettato, ma più tentavo di riportare la concentrazione verso l’allenamento più sentivo le forze venire meno.
Quando Urie fu abbastanza vicino, sapevo che era il momento per me di bloccato prima che arrivasse alla difesa ma non appena scattai per placcarlo ogni parte del mio corpo smise di funzionare, ci fu come un black out e tutto divenne improvvisamente buio. L’ultima cosa che ricordo era la voce di Take che mi chiamava forte.
Ebbi un sonno tranquillo, senza sogni. Tutta la stanchezza accumulata fu smaltita da quei pochi minuti di sonno profondo, e quando riaprii gli occhi mi accorsi di essere riversato su una panchina fuori dal campo. C’era un grosso vociare intorno a me, e la prima faccia che mi trovai davanti fu quella di Yuuki che aveva un espressione in pena.
“Fate spazio, fatelo respirare un po’!” intanto gridava Take agli altri che preoccupati o forse curiosi si avvicinavano per dare un occhiata.
Lentamente cominciai a mettere a fuoco, avevo riaperto gli occhi ma mi sentivo ancora male.
“C-cosa è successo..”
“Hai la febbre Ren! Devi tornare subito a casa, ti sei sentito male” mi spiegò Yuuki preoccupato.
“Nao..” borbottai nel delirio della mia febbre.
Yuuki si zittì di colpo dopo avermi sentito pronunciare il suo nome, si morse le labbra “Non so dove sia andato. Dopo che sei svenuto è sparito.” Di cosa mi stupivo. Non doveva essere una sorpresa per me quella, eppure mi ferì così tanto che mi sentii doppiamente più debole di prima. Era la febbre forse, ma sentivo di voler piangere per quella sensazione di abbandono che sentivo nel cuore. “Ora ti portiamo a casa, d’accordo?”
Annuii nascondendo il volto sotto al braccio. Quella era una pessima giornata, e ogni volta di sorridere era sparita.
Appena fui in grado di rimettermi in piedi, sia Yuuki che Take mi accompagnarono a casa. Fui premurosi, prima di arrivare a casa passammo per un supermercato e comprarono una zuppa precotta che potessi mangiare più tardi, sapendo che sarei stato da solo. Una volta rientrato si occuparono di mettermi a letto, di spogliarmi, Yuuki mi mise un impacco di ghiaccio in fronte ed entrambi restarono fino a sera per accertarsi che almeno un po’ la febbre scendesse. Furono degli angeli, e visto che stavo male non avevo parole per dirgli grazie ma qualcosa riuscirono a capire dai miei tentativi.
Da solo non riuscii a dormire, preferii mangiare la zuppa preparata dai ragazzi che trovai deliziosa. Quando stavo così male mi rendevo conto di quanto silenziosa fosse la mia casa, papà sempre fuori a lavorare e mi accorgevo di quanto la mamma mi mancasse. Mi tornarono in mente scene del passato, di quando ero piccolo e spesso mi ammalavano e la mamma era sempre li a coccolarmi, dormiva con me. Mi accarezzava la testa per farmi addormentare e con la sua dolce voce mi cantava una ninna nanna.
Quel ricordo mi fece sprofondare nella più assoluta malinconia. Di solito non mi lasciavo mai così andare, e volevo sempre mostrarmi sorridente verso la vita e il prossimo, ma in quel momento mi sentivo così debole da sembrarmi di essere tornato bambino.
Il suono del cellulare mi riportò alla realtà, mi sollevai un po’ per prenderlo e un po’ immginavo chi potesse essere. Yuuki certe volte sapeva essere troppo apprensivo nei miei confronti, ma quando lessi il nome sul display ogni mio pensiero cessò di colpo.
Lessi rapidamente il contenuto: – Apri la porta stupido. Sto bussando da un ora. –
Mi ero addormentato senza rendermene conto. Dopo aver letto il breve messaggio mi catapultai verso la porta, sconvolto e incredulo che potesse sul serio essere lui!
Andai ad aprire la porta, e la scena che mi si presentò davanti fu inverosimile. C’era Nao, seduto contro la ringhiera a pochi metri dalla porta, le mani nelle tasche del giubbino e una busta poggiata accanto a se.
Sollevò lo sguardo per guardarmi “Finalmente.”
Non aveva senso. Era anche quello uno strano sogno dovuto alla febbre? Probabilmente mi sarei svegliato da un momento all’altro, e sarei tornato nella mia stanza, solo e malato.
Nao si rimise in piedi afferrando la busta e si avvicinò per entrare, il silenzio lo lasciai fare e lo vidi mentre si toglieva le scarpe e senza indossare le pantofole si inoltrava nel mio piccolo appartamento guardandosi in giro con attenzione come sempre.
“Nao che ci fai qui? Non posso studiare oggi, non sto bene.”
“Lo so” e allungò il braccio offrendomi la busta che aveva con se, “sono delle medicine dell’infermeria, qualcosa per far abbassare velocemente la febbre.”
Guardai all’interno della busta e c’erano due confezioni di pasticche. Improvvisamente cominciai a collegare i puntini, quando Yuuki aveva detto che Nao era sparito era perchè era andato in infermeria.
“Prendine uno la mattina e uno la sera per cinque giorni e tornerai a tirare calci velocemente..”
Delle sue parole non stavo ascoltando niente. Ero colpito dal piccolo gesto, dal fatto che fosse venuto fino a casa per portami quelle due scatole. Il petto mi si riempì di un dolce tepore che mi fece chiudere lo stomaco da una sensazione strana, quasi come se volessi vomitare ma non avevo quello stimolo.
Senza più ragionarci, e andando contro le regole di distanta imposte da Nao mi gettai contro di lui stringendolo a me. Era la prima volta che potevo sfiorarlo così da vicino, ingenuamente avevo anche pensato che sarei riuscito a catturarlo tra le mie braccia immaginandolo esile ma in quel momento mi accorti che la sua corporatura era robusta, e non gracile come avevo immaginavo e fui inebriato dal suo docle profumo.
“Ren... che fai?” domandò pietrificato per tutto ciò.
“Grazie Nao, davvero.”
“Sì, ok ma ora lasciami andare stupido..”
Feci come ordinato. Lasciarlo andare fu quasi triste per me, la sensazione di averlo tra le mie braccia fu nettamente differente rispetto a quando lo facevo con Take o Yuuki. C’era qualcoda di diverso che non capivo bene, e guardai le mie mani per un istante chiedendomi cosa ci fosse di strano.
“Bene ora torno a casa” chiuse così la cosa, ma non mostrò irritazione per quell’abbraccio anzi lasciò correre ignorando completamente la cosa.
Lo accompagnai fino alla porta, anche se avrei sperato si trattenesse di più ma non volli insistere. Gli ero grato del gesto, e poi ero ancora un po’ stranito dalla sensazione di prima.
“Grazie di essere venuto Nao. Ci vediamo appena starò meglio e mi dispiace per la lezione di oggi” sorrisi.
Nao mi osservò con un espressione indecifrabile “Ci vediamo. Prendi le medicine come ti ho detto.”
Annuii e Nao andò via.
Due giorni dopo ero già di ritorno a scuola e la mia guarigione miracolosa sorprese Take, che si stupì di rivedermi in caffetteria e con il solo appetito esagerato. Sia lui che Yuuki mi fissarono confusi, anche se quest’ultimo lo diede meno a vedere e mi sorrideva contento.
“Come hai fatto a riprenderti così velocemente? Avevi una febbre da cavallo due giorni fa.”
“Le medicine di Nao sono state miracolose!” risposi col boccone in bocca.
Take mise il broncio “Nao di qua, Nao di là.. ormai hai solo lui in bocca..
Scoppiai a ridere “Sciocco! Sono grato anche voi, senza le vostre cure non mi sarie ripreso così in fretta.”
“Sono felice di questo Ren” commentò invece Yuuki.
In lontananza intravidi Nao che aveva appena comprato qualcosa alla caffetteria, e d’istinto scattai in piedi per chiamarlo, “Ehi Nao siamo qui!” urlai sventolando un braccio, e oltre attirare la sua attenzione attirai anche gli sguardi tutti li dentro, che risero mentre Nao mi fissò con disgusto facendo finta di nulla filando via, “Non capisco perchè è andato via..”
Take si toccò la fronte sconfitto “Che imbarazzo...”
“Ahahah almeno Ren è tornato in forma.”
Quel pomeriggio potevo riternermi ancora libero visto che ero stato poco bene, così pensai di fare un salto prima al teatro e guardare come stavano andando le riparazioni. Cho mi informò che tutto andava a gonfie vele e che entro la fine della settimana il teatro sarebbe tornato a posto. La notizia mi rese contento, e dopo quel piccolo controllo ebbi l’idea di comprare una delle merendine che tanto piacevano a Nao e di fargli visita in laboratorio. Sicuramente mi avrebbe rimproverato per la cosa, ma quello era il bello e l’idea della sua espressione irritata non faceva che farmi ridere.
Da fuori la porta del laboratorio però sentii un tono di voce diverso da quelli che conoscevo. Non era Momoka e nemmeno Nao, allora pensai che fosse di nuovo Hyobe tornato all’attacco. Ero pronto ad intervenire ma quando mi affacciai per darvi uno sguardo trovai un’altra persona accanto a Nao. Era un ragazzetto, indossava la nostra divisa scolastica portando semplicemente camicia e giacca, era minuto, magro e un po’ più basso rispetto a me e Nao. Aveva un viso delicato, ovale e la carnaggione bianca come la neve, bocca rosea, naso piccolo e due occhietti azzurri dal taglio tirato e le folte ciglia scure. I capelli però, divertamente erano biondi ma quasi a sembrare bianchi e portati mossi. Ai lobi delle orecchie spiccavano due orecchini piccoli e neri, se non avesse indossato i pantaloni lo avrei scambiato per una ragazza.
Restai immobile a guardare qualcosa che non avevo ancora visto. Nao che parlava con qualcun altro che non fossi io, ma come sempre sembrava irritato dalla presenza dell’altro e cercava di mandarlo via. Il ragazzo invece gli sorrideva e si avvicinava sempre di più invadendo i suoi spazi. La cosa mi provocò una tale irritazione che senza accorgermene strinsi più del dovuto la merendina comprata, quando me ne accorsi sentii di nuovo quella sgradevole sensazione allo stomaco.
Fu in quel momento che Nao parve notarmi accanto alla porta, e distolsi lo sguardo abbassando gli occhi.
“Cos’è sei diventato educato improvvisamente?” commentò pungente come sempre.
L’altro ragazzo mi gettò un occhiata incuriosito. Visto che Nao mi aveva rivolto la parola dovetti entrare, lo feci gettando un occhio verso il nuovo personaggio che avevo davanti, e questo sfoderò un sorrisetto malizioso e si rivolse nuovamente verso Nao cingendoci il braccio.
“Non sapevo che avessi altri amici oltre me.”
Amico?
Nao insofferente sospirò “Non hai nulla da fare Haruno?” gli domandò senza però rifiutare quel tocco. Continuavo ad avere gli incollati sulle mani di quel ragazzo di nome Haruno che stringeva il braccio di Nao, e quest’ultimo non faceva come suo solito, non metteva le giuste distanze come aveva fatto quella volta al bowling con la ragazza.
“Sai quanto ami stare assieme a te. E poi sono tornato ieri, volevo assolutamente vederti!”
Sembravo essere di troppo. Invisibile. Strinsi i pugni preso ancora da una sensazione di sofferenza interna, eppure la febbre mi era passata ma allora perch mi sentivo così male.
“Che hai in mano?” Nao si rivolse ancora una volta a me.
Sfoderai un sorriso, che però mi sembrò finto “Niente ti avevo preso un panino dolce, uno di quelli che ti piacciono tanto ma vedo che sei impegnato. Ci vediamo dopo..”
“Aspetta. Haruno stava andando via, vero?”
Il ragazzo mostrò un espressione basita per quella domanda ma nascose la cosa dietro ad un finto sorriso, “Si infatti, ho ancora le valigie da disfare a casa e poi devo sistemare le ultime carte del mio trasferimento” spiegò sempre sforzandosi di sembrare normale, ma nelle sottili pieghe del suo viso perfetto leggevo la stessa amarezza di tutte le volte che Nao mi aveva cacciato via. Haruno raccolse la sua borsa, salutò Nao con un sorriso e mi superò lanciandomi ancora una volta un occhiata sfuggente e sparì.
Nao si avvicinò senza che me ne accorgersi e afferrò il panino dalle mie mani, lo aprì e cominciò a mangiarlo mentre si sistemò gli occhiali sul naso.
“Nao ultimamente sei diventato popolare o cosa? Qui dentro viene sempre più gente” ridacchiai nervoso.
“Era solo Haruno, a parte voi due nessun pazzo ci mette piede.”
Perchè pronunciava così facilmente il nome di quel ragazzo. Erano passati tre mesi, eppure a stento mi chiamava per nome, invece in meno di mezz’ora quel ragazzino lo aveva già chiamato per nome usando un tono confidenziale. Una sensazione irritante si fece strada dentro di me, sapevo di dovermene andare, che non ero in grado di affrontare una conversazione come mio solito ma volevo sapere.
“Chi era?” domandai finalmente.
Boccone dopo boccone Nao mandava giù il suo panino dolce, poggiato al bancone da lavoro “Haruno? Nessuno, un amico di famiglia più che altro.”
“Capisco.. bè vedo che sei ancora impegnato. Ci vediamo oggi pomeriggio per la solita lezione!”
Nao mi fissò in silenzio smettendo di mangiare ma non disse altro e accettò che me ne andassi. Probabilmente era un sollievo che me ne fossi andato prima senza stargli tra i piedi, e lo era anche per me. Avevo bisogno di allontanarmi, di schiarirmi le idee, e di capire. Volevo trovare l’origine di quel disagio che sentivo, il perchè qualsiasi cosa avesse detto Nao mi avesse aumentato quell’irritazione che sentivo.
Un amico di famiglia. E io della sua famiglia non conoscevo nulla. Non sapevo doveva viveva, se aveva fratelli o sorella, e che tipo fossero i suoi genitori. L’immagine di Haruno così in confidenza con lui, e l’idea che fosse andato spesso a casa sua mi tamburellò nella testa come un martello facendomi sentire insignificamente.
Immerso in quei pensieri non mi ero accorto di non essermi mai mosso dalla porta del laboratorio, e vi ero rimasto davanti senza andarmene per davvero. Una mano fredda mi sfiorò la fronte, e quel toccò mi risvegliò da quegli strani pensieri. Ruotai gli occhi e vi trovai Nao, mi aveva sfiorato la fronte per davvero.
“La febbre è andata via” constatò ritraendo la mano.
“Nao..”
Mi fissò severo nuovamente “Blocchi la porta fermo qui fuori” sospirò arreso guardandomi meglio, “aspetta qui, chiudo tutto e andiamo.”
“Andiamo?”
“Sì, da te.”
Quell’affermazione così diretta mi fece diventare di fuoco, e sentii caldo alle guance. Che mi prendeva. Lentamente stavo perdendo la testa, quelle curiose sensazioni stavano diventando sempre più strane e senza rendermene conto, e guardandomi nel riflesso delle finestre del corridoio notai di essere diventato tutto rosso ma ormai non avevo più la febbre.
Come aveva detto Nao si occupò di chiudere il laboratorio, e inaspettamente tornammo da scuola insieme. Un’altra novità dopo la faccenda delle medicine. Mi camminava accanto silenzioso, lo zaino sulla spalla. Potevo guardarne il profilo perfetto, la sua espressione enigmatica e come gli occhiali gli cadevano perfettamente sul naso senza coprirgli il bel volto che aveva.
Bel volto? Stavo sul serio definendo bello il volto di un ragazzo? Dovevo ammettere di aver sempre considerato Nao perfetto, sapeva fare ogni cosa e lo ammiravo per ciò. Era stato il motivo che mi aveva spinto a conoscerlo, il suo modo di fare e di essere mi avevano intrigato, e affiscinato. Ma la mia era ammirazione, semplicemente quella.
Incrociai lo sguardo di Nao che si voltò per un attimo a guardarmi, e di scatto distolsi lo sguardo guardando nella direzione opposta. Ero seriamente in imbarazzo, e mi rendevo conto di non star parlando. Dalla comparsa di Haruno mi stavo comportando in maniera molto strana.
Inaspettatamente cominciò a piovere molto forte, e non avevo l’ombrello.
“Accidenti ma il meteo non portava pioggia!” esclamai cercando di ripararmi con lo zaino. Nao fece lo stesso ma non lasciò trapelare alcun espressione di stupore, nè di disagio e cominciammo entrambi a correre in cerca di riparo che però non trovammo. “Casa mia dista ancora troppo da qui uffa!”
“Seguimi.”
Feci come disse, lo seguii correndo nella direzione che stava prendendo. Imboccò strade che non conoscevo e non riuscii a capire dove stesse andando, sicuramente non era alla ricerca di un riparo visto quanti ne avevamo superati tanti. Capii quale fosse la nostra meta quando entrammo in un quartiere residenziale dove si susseguivano enormi ville una dietro l’altra, con davanti immensi giardini con tanto di cancello privato. Una dopo l’altra, e poi Nao si fermò davanti ad un cancello alto e di ferro, bussò al citofono posto di lato e qualcuno aprì permettendoci di entrare.
Avevo un brutto presentimento ma lo seguii comunque.
Percorremmo rapidi l’immenso giardino curato, dove in lontananza vidi anche un piccolo garaga con due auto sportive parcheggiate. La vista di ciò mi lasciò perplesso, di chi era quella casa?
L’enorme porta in legno antico ci fu aperta da una figura anziana, un uomo dai capelli brizzolati e i folti baffi gli incoriciavano le labbra. Indossava un abito elegante e portava dei guanti bianchi. Lo fissai confuso.
Nao entrò come se nulla fosse, gli mollò lo zaino e il cappotto bagnati.
“Bentornato signorino” disse l’uomo accennando un inchino col capo.
Restai immobile sulla soglia della porta, sbigottito la tutta quella scena. Spalancai gli occhi, mi sembrò di trovarmi in qualche strano drama ma quella era la realtà, era la casa di Nao.
Nao si voltò verso di me “Che fai ancora li? Entra prima che si bagni il pavimento.”
Feci come aveva detto “Permesso e scusate dell’intrusione.”
Il vecchio, che sembrava essere il maggiordomo, mi si avvicinò invitandomi a lasciarmi la mia roba. Ero un po’ restìo a farlo, ed esitai un attimo.
“Lasciagli la tua roba, ti asciugerà tutto. George fa pure” e sotto l’ordine del suo padrone il vecchio mi strappò letteralmente di mano zaino e cappotto sparendo in qualche stanza di quell’immensa casa.
Restai di stucco. Più mi guardavo in giro e più mi rendevo conto di non sapere nulla di Nao. Persino il pavimento di quella casa sembrava brillare come un diamante pregiato, e davanti a noi si ergeva una grossa e larga scala centrale che portava ai piani superiori.
L’arredamento era povero, pochi quadri e statue e qualche vaso di piante sparso qua e là ma tutto trasudava lusso sfrenato. Mi ero addirittura scordato di essere bagnato fradicio.
“Vieni andiamo di sopra, prima di prenderci un raffreddore.”
“Nao questa è casa tua?”
Mi guardò con biasimo “No sono entrato in casa d’altri... che dici?”
La mia era stata una domanda idiota ma non potevo crederci che fosse figlio di una famiglia così ricca. Sentivo che oltre alle nostre differenze di carattere si stava ponendo un altro ostacolo, ed era uno stile completamente differente dal mio.
Mi condusse lungo la rampa di scale. Non so dire quanti gradini salii, parecchi forse e mi condusse dopo un lunghissimo corridoio fino alla sua stanza che era grossa quanto il mio appartamento se non di più. Ero nella stanza di Nao però, e profumava come lui.
Nella sua camera non c’era una piccola finestra come nella mia ma ampie vetrate che davano ad un piccolo balcone. Entrava tantissima luce, e diversamente da come me la sarei immaginata quel luogo trasmetteva serenità e pace, le parecchi erano di un tenue azzurrino, c’era un grosso letto nell’angolo, con accanto un comodino e su di esso una pila di libri poggiati. Classico di lui pensai, così come la scrivania e la libreria dall’altra parte della stanza brulicavano di libri, tra i più vari ma c’era anche una tv e la cosa mi stupì, e una pila di dischi posti in ordine di lato, con un piccolo impianto stereo.
Quello era il suo mondo, e la vista di ciò fece svanire ogni brutto pensiero che mi portavo dietro da quando era apparso Haruno. Tornai finalmente a sorridere.
Mi arrivò addosso qualcosa che riconobbi essere un asciugamano. Lo spostai dal viso, e trovai davanti Nao che si stava asciugando “Asciugati prima di riprendere la febbre.”
“Grazie. Hai una stanza bellissima sai” sorrisi nel guardarla ancora.
Nao lasciò cadere l’asciugamano a terra fregandosene, si tolse la giacca della divisa e restò solo con la camicia, sembrò non sentire il mio commento.
“Penso che oggi studieremo qua.”
Sussultai per quella notizia “Qui?!”
“Non ho voglia di andare e venire, e fuori piove quindi ora siediti.” Non seppi dove così mi sistemai sul pavimento e la cosa lasciò di stucco Nao e si parò una mano sul viso scuotendo la testa in segno di sarregnazione. Dove avevo sbagliato? “Dietro di te c’è una scrivania. Non ti piace?”
La guardai e scoppiai a ridere “Scusa! L’abitudine sai” e andai a sistemarmi li. Era così grande, e di qualità buona. C’era una grossa lampada, e tutto profumava di pulito. Di lato c’era una piccola cornice con dentro una foto, e in essa vi erano raffigurati una ragazza e un bambino dai folti capelli neri, e lo stesso sguardo che avrei riconosciuti tra mille. Era Nao da bambino, e sorrideva, cosa che non gli avevo mai visto fare quando lo avevo conosciuto ed in quella foto sembrava essere così sereno, abbracciato stretto ad una ragazza dai lunghi capelli color oro.
Bussarono alla porta e comparve nuovamente il maggiordomo George, silenzioso e con i nostri zaini già asciutti. Me lo restituì geltilmente e lo ringraziai per il lavoro, dopo se ne andò chiudendo la porta.
Tornai in possesso dei nostri zaini potemmo riprendere con lo studio, fu piacevole. Nao se ne stava in piedi accanto a me, controllando ogni mio procedimento e quando cominciò a farsi sera accendemmo la grossa lampada della scrivania e nella stanza si creò un gioco di ombre che rendeva la cosa più intima, costruì del tepore come se in quella stanza ci fossi già stato altre mille volte.

  
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