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Autore: _Bri_    04/09/2019    7 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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DISCLAIMER
Questo capitolo contiene scene di violenza e linguaggio scurrile che potrebbe urtare la sensibilità di chi legge.
 
CAPITOLO XII
La pallida luce della paura
 
Madeline Boxton era chiusa nel suo ufficio da più di 5 ore. Un paio di volte avevano provato a bussare alla sua porta, ma il solo ringhio sputato dalle sue labbra era bastato per far desistere chiunque avesse tentato di distrarla. Cinque mesi, cinque lunghi mesi erano passati dall’inizio delle indagini su quel gruppo di maghi e streghe scomparsi nel nulla, da un momento all’altro; cinque mesi in cui i progressi erano stati ben pochi e Madeline cominciava a soffrire la situazione. Erano 17 anni che svolgeva quel lavoro ed era la prima volta che avevano deciso di metterla a capo di un’indagine. La strega aveva deciso che avrebbe risolto il caso in quattro e quattr’otto, per dimostrare di essere valida tanto quanto i suoi supervisori, se non di più; purtroppo le sue rosee previsioni erano andate ben presto all’altro mondo. L’unico elemento che aveva in mano era un documento recuperato al Ministero, direttamente nella Stanza del Tempo. Per ottenere la suddetta documentazione, Mad aveva dovuto metterci tutta se stessa. “Stupidi idioti, galoppini del Ministro.”, masticò fra sé e sé, mentre fumava con nervosismo. Con la sigaretta stretta fra le labbra e gli occhi semichiusi per evitare che il fumo le ustionasse le cornee, il capo auror passava lo sguardo dal documento al dossier contenente i nomi degli scomparsi. Persino un babbano sembrava essere coinvolto nella questione, un certo e più che anonimo Alistair Gordon. Sfogliò l’intero dossier con nervosismo eccessivo; se avesse continuato a passare più ore in quell’ufficio muffito che nel suo comodo appartamento, probabilmente l’avrebbero presto trasportata al San Mungo per sedare una crisi isterica.
- Lucas Heathcote… un gran bravo ragazzo e un valido auror, spero che tu sia vivo. -
Mad proseguì nello scandagliare i nomi, fino a soffermarsi, rigida, sulla foto di William. Spense quel che era rimasto della sua sigaretta, abbandonò il documento del Ministero ed infine, con presa rigida, strinse la foto del mago, che la guardava sornione, al solito particolarmente scapigliato.
“Tu guarda il destino che cosa mi ha combinato. “  Per Madeline pensare a Gideon fu inevitabile. Ricordava quel William, di qualche anno più piccolo di lei, occupare la stanza degli ospiti di Gideon e Fabian.
Mad pensava di averla superata; ormai era molto tempo che non pensava a Gideon con costanza, ma evidentemente avere a che fare con quella sorta di fratello adottivo, aveva scatenato nella strega un atavico malessere.
- Al diavolo, ho bisogno di farmi una bevuta. – Dichiarò a voce altra. Abbandonò sulla scrivania l’intera documentazione, afferrò il mantello e con un colpo di bacchetta spalancò la porta:
 
- Hestia! – gridò con voce acuta. Poco dopo l’auror apparve sul ciglio della sua porta; allacciate le braccia sotto il seno, accennò un lieve sorriso verso la collega.
 
- Hai deciso di uscire da questo tugurio? Godric sia lodato! -
 
- Tu scherzi, ma io ho assoluto bisogno di… -
 
- Berti una birra. – Hestia Jones portò dietro l’orecchio una ciocca ramata, con fare vago: - Si dia il caso che io abbia appena staccato. Andiamo forza, ho scovato un pub niente male: brutte facce ma ottima birra per te e gin di qualità per me. -
 
Madeline lanciò un ultimo sguardo alla foto di William Lewis, prima di avvicinarsi alla collega:
 
- Brutti ceffi… è esattamente ciò di cui ho bisogno. – La strega infilò il mantello e a seguire guardò l’altra con cipiglio: - Non sarà mica un’altra delle attività di mister Murray, spero. -
 
A quella domanda, Hestia si apprestò a cambiare argomento. Sorvolare sarebbe stata la cosa più giusta da fare.
 
*
 
Adrian non era mai stato uno di molte parole. Aveva sempre preferito i fatti, in modo da essere in grado di esternare ciò che la sua bocca non riusciva a dire; parlare, confrontarsi, specialmente spiegarsi gli avevano procurato sempre non pochi problemi e il più delle volte otteneva il contrario di quanto avrebbe voluto. Con Elyon ad esempio era sempre stato così. Fin da quando non erano che ragazzini, era sempre stata lei a parlare per entrambi, dando fiato a quella bocca larga quanto più possibile e dimostrando, per altro, di essere munita di un’acutezza e un’intelligenza che, Adrian, di certo non sentiva di possedere. Fin quando i due erano stati in rapporti più o meno sereni, il povero bastardo aveva tratto giovamento dalla capacità della strega. Ma quando qualcosa si era incrinato fra di loro (colpa di lei, quella stronza), non aveva saputo mutare l’amaro nella bocca in forma verbale. Così il risentimento nei confronti di Elyon era aumentato a dismisura ed era iniziato un logoramento tale che Adrian, incapace, aveva coltivato a dismisura.
Specialmente in quel contesto, il mago non sapeva come comportarsi: troppe e ingarbugliate informazioni erano arrivate a lui e se inizialmente aveva pensato di essere in grado di affrontare il suo compito di carceriere con distacco, in quel momento non ne era più sicuro. Sentiva puzza di marcio, ma Adrian non riusciva a capire realmente da dove provenisse quell’olezzo; da una parte c’era Elyon, che non gli aveva mai fornito una sola certezza nella vita ma che, a detta sua, si era mossa in direzione ostinata e contraria soltanto per salvaguardarlo. Dall’altra c’era Robert, per lui un fratello maggiore, quasi un padre, che però stava dando prova di mettere in discussione ogni tipo di affetto in favore della causa. Inizialmente Adrian era riuscito a non sbottare, sapendo che una delle celle di quel macchinoso laboratorio era riservata ad Elyon e questo solamente perché Robert gli aveva fatto credere che la strega fosse una facinorosa ribelle, che di certo non teneva a nessuno di loro, tantomeno a lui.
Ma poteva davvero fidarsi di Robert Steiner? No, Adrian non ne era più sicuro. Aveva visto sua madre avvizzire nella sua pazzia senza che quel suo cugino avesse mai mosso un dito per intervenire in suo favore. Bonnie non era più in sé da un pezzo, ma a Robert questo con ogni evidenza non importava. Come non importava dello stesso Adrian, probabilmente. Tutte le volte che il dottore lo aveva tirato fuori dai guai, forse lo aveva fatto solamente per avere un proprio tornaconto. Alla fine Adrian gli serviva, perché era lui che spesso faceva tutto il lavoro sporco; Roxanne era la mente e per lei si che Robert mostrava di provare un affetto speciale ed era chiaro che non permetteva alla collega Mangiamorte di immischiarsi in affari troppo loschi con la volontà di salvaguardarla. Ma con Adrian, Steiner non si faceva mai alcun problema.
Con quei pensieri che ormai da un po’ ronzavano nella testa, Adrian si avviava all’ufficio del dottore nel cuore della villa. Si accese una sigaretta, fottendosene delle ammonizioni di Robert a tal riguardo.
 
- Ti aspettavo… oh mein gott, è necessario fumare? -
 
Adrian sedette su una sedia e poggiò le braccia sullo schienale rivolto verso il dottore: - Mi sono rotto i coglioni di questo posto. – Il Mangiamorte allungò la sinistra con la sigaretta trattenuta fra indice in medio in direzione di Robert: - Sono mesi che stiamo lavorando su questo progetto e i risultati si contano su una mano. Cazzo Robert, se solo mi dicessi un decimo di quello che vuoi ottenere magari riuscirei ad aiutarti davvero! –
 
Robert Steiner, seduto compostamente dietro la sua scrivania, si alzò con calma e, portate le mani dietro la schiena, si voltò verso la finestra; gli occhi, glaciali e reattivi, puntavano oltre la siepe di cinta del Giardino.
 
- Questo è il motivo per cui non mi fido di fornirti troppe informazioni. Sei irrequieto e imprevedibile Adrian e questo, purtroppo, va a discapito del nostro progetto. -
 
- Me ne fotto! – Adrian si alzò di botto; non sopportava che Robert gli desse le spalle: - Incomincio a credere che questo tuo fantomatico progetto non sia che tutta una messinscena! Ti annoiavi, non è vero? Ed hai pensato bene di tirarci in mezzo a questa storia, questo… ridicolo giochetto! – Adrian riprese fiato, prima di tornare ad alzare la voce: - Questi maledetti sfasamenti temporali… non ce n’è stato uno davvero rilevante, se non quando quel damerino di Selwyn e la ragazzina Montague si sono dati agli scambi di lingua… e noi a fare il pubblico! Ogni volta che li faccio incontrare mi sento un fottuto guardone pervertito… maledetto Salazar, come mi sono ridotto. – concluse poi, affondando di nuovo sulla sedia.
 
- È qui che ti sbagli… - Il volto di Robert si dipinse di un tetro sorriso. La sua mano estrasse la bacchetta, che ondeggiò con movimento lento verso la finestra. – Fino ad ora abbiamo supposto che le emozioni forti siano causa di sfasamenti temporali, non convieni con me? Abbiamo provato con la paura… come nel caso di Lucas Heathcote e la dolce Martha, ma non abbiamo avuto risultati. -
 
Adrian seguiva, ora più calmo, la bacchetta continuare a muoversi; sembrava una danza buia e solenne.
 
- Ma per nostra fortuna, abbiamo capito che un sentimento ben più forte della paura ha causato uno sfasamento molto, molto potente. Secondo te lascerei l’Eroe e l’Incantatrice fare quello che vogliono senza un ben preciso scopo? Valutando attentamente la situazione, alla luce di quello che successe il trentuno dicembre, sospetto che se dovesse crescere un sentimento di forte amore fra i due, potremmo ottenere grandi cose. -
 
Qualcosa di simile a un grugnito uscì dalla bocca di Adrian, segno che stesse, sebbene malvolentieri, seguendo il ragionamento.
 
- Ebbene, stiamo andando per tentativi ragazzo mio, lo capisci? Le mie sono solo ipotesi, non ho nulla di certo in mano. Necessito, per quanto possibile, di una prova empirica. Ora… ponendo in essere che un sentimento tanto potente quanto l’amore sia in grado di causare uno sfasamento temporale, sai dirmi per caso quale altro sentimento potrebbe riuscirci? -
 
Adrian fece ancora un tiro, prima di rispondere senza davvero riflettere: - Che vuoi che ne sappia. Magari il rancore, o l’odio. –
 
- Ben detto. La tua risposta è corretta. – Robert compì un ultimo movimento con il legno e, con quello, lo sguardo di Adrian si indirizzò automaticamente su quella bolla che racchiudeva il Giardino. Si alzò con impeto e si affiancò a Robert con celerità. Il dottore sorrise ancor più, mentre il cielo del labirinto mutava rapidamente: il sole che risplendeva incessantemente in quella gabbia stava tramontando, lasciando posto al crepuscolo.
- L’odio può rivelarsi il detonatore ideale. Ma per azionarlo mi sono servito di elementi esterni alla situazione, altrimenti avrei potuto fallire. -
 
- Ma cosa… si sta facendo notte. Non capisco dove vuoi arrivare. -
 
- Sono sicuro che riflettendoci puoi arrivarci, mio caro ragazzo. -
 
Gli occhi di Adrian correvano da una parte all’altra, alla ricerca di un piccolo dettaglio, in mezzo alla debole luce crepuscolare, che lo aiutasse a comprendere. Poi li vide: erano distanti, molto distanti, ma fu comunque in grado di riconoscere due esseri umani che discutevano con animosità. Un dettaglio, seppur ridicolo, lo fece sussultare; una chioma lunga, che riverberava di fuoco persino al crepuscolo. Adrian sentì il cuore saltare nel torace.
 
- Elyon… - sussurrò con timore, come se a pronunciare quel nome, fosse lui stesso ad innescare il detonatore di quell’orribile espediente.
Non perse un solo secondo in più: senza aggiungere altro, Adrian Reed si fece indietro, per poi correre via, con la volontà di raggiungere la strega il prima possibile.
E Robert lo seguì con lo sguardo, per poi tornare di nuovo a guardare il Giardino dall’alto, con le mani congiunte dietro la schiena ed un sorriso soddisfatto in volto.
“ Sbrigati Adrian, la luna sta sorgendo. “
 
*
 
Elyon stava per impazzire. Lo sentiva, erano vicini a scoprire qualcosa di molto grosso, qualcosa che, forse, li avrebbe fatti uscire da quel posto; ma se persone come la Dagenhart erano decise a non collaborare, allora sentiva sarebbero morti prima ancora di tentare una fuga. Camminava stizzita, non sapeva nemmeno lei dove stesse andando. Quel Giardino cambiava forma ogni volta e mai una sola occasione le era sembrato che un luogo corrispondesse a un altro.
 
- Ma guarda guarda chi si vede… riconoscerei la tua camminata nervosa a miglia di distanza. -
 
Non poteva essere. Elyon si immobilizzò nel momento esatto in cui quella voce arrivò alle sue spalle. La conosceva bene quell’inflessione spocchiosa e sempre divertita; come il tono baritonale, inconfondibile. Sudore freddo cominciò a imperlarle la fronte; Elyon sperò con tutta se stessa si trattasse solo di un incubo, uno dei tanti che infestavano la sua testa da quando era stata catturata.
 
- Questo non è… possibile. Robert non arriverebbe a tanto. -
 
Una risata roca, quella di Fenrir Greyback: - E invece guarda un po’… il tuo dottorino alla fine dei conti ha punito te e premiato me, dolce Ellie. –
 
La strega si voltò, furibonda; i suoi occhi verdi, sottili come una lama, puntarono in quelli di Fenrir. Era lui, lo era davvero.
 
- Non permetterti di chiamarmi così… che diavolo ci fai qui? -
 
- Ritrosa come tuo solito; non mi stupisce tutta questa rabbi , non deve essere semplice essere rinchiusi qui. – L’uomo si guardò intorno, accennando un sorriso: - Non sei contenta che qualcuno ti sia venuto a trovare? Ti starai annoiando a morte qui, tutta sola. -
 
- Vai via! – L’urlo di Elyon coincise con un fremere della terra sotto i piedi di Fenrir Greyback, che alzò subito le mani e ridacchiò appena: - Ehi, calmati bambina… non stiamo giocando ad armi pari, non ti pare? Vedi di fare la brava ancora un po’, sono venuto qui per farti sfogare. -
 
 Tutta la rabbia di Elyon si espresse con il movimento convulso del suolo, che dava l’idea di spaccarsi da un momento all’altro. Ma qualcosa la distrasse, qualcosa che non si sarebbe mai aspettata e che la trasse in contropiede: per la prima volta da quando aveva messo piede nel Giardino, il cielo stava mutando ed il sole, prima alto e caldo, cominciò a tramontare.
 
- Non è possibile… - sussurrò la strega, agghiacciata, mentre guardava quello spettacolo della natura. Sapeva bene cosa sarebbe presto accaduto.
 
- Di un po’, non ti mancava la luna? -
 
- Io… Steiner è impazzito! Non… non ho più preso la pozione antilupo… non ho… -
 
In pieno stato confusionale, Elyon neanche si accorse che Fenrir si era fatto vicino e con un gesto troppo sciolto, le alzò il mento e la guardò, ghignando: - Oh, non ti servirà, bambina: fra poco ci divertiremo da matti, proprio come ai vecchi tempi. –
 
*
 
Martha schiuse gli occhi con grande fatica. Probabilmente aveva perso per qualche secondo i sensi, visto che scontrò lo sguardo con la faccia preoccupata di Alistair, chino su di lei:
 
- Martha… p-per fortuna… ci hai f-fatti preoc-c-cupare! -
 
Spostando lo sguardo alla sua destra, riconobbe anche Alon e Jules, aggrappata tenacemente al collo del ragazzo. Qualcosa non andava, ne era più che certa.
 
- Sto… bene; Al, per piacere aiutami…
 
Il babbano aiutò la strega a rimettersi in piedi e le permise di aggrapparsi a lui.
 
- Cosa è successo? Come mai sei svenuta? – Pigolò con preoccupazione Jules.
 
- Qualcuno… qualcosa… - Martha portò le dita a stringere l’incipit del naso e prese a massaggiarsi con delicatezza; un forte mal di testa era arrivato in concomitanza di quella percezione negativa a cui non aveva saputo far fronte.
 
- Calma, non agitarti… Al, falla sedere, recupero le scarpe di Jules. -
 
Mentre Alon si allontanava con la tassorosso, Alistair trovò un piccolo masso su cui fare accomodare Martha. La strega lo ringraziò, poi gli afferrò il polso e lo fissò con gli occhi sgranati, cosa che lo mise in soggezione:
 
- Ascoltami… credo che qualcuno sia entrato nel Giardino, qualcuno con pessime intenzioni e… -
 
Il tramonto improvviso zittì Martha, che sussultò assieme a tutti gli altri. I quattro alzarono lo sguardo verso il cielo e osservarono il sole farsi rosso e tiepido.
 
- Ma cosa diamine… non è possibile! -
 
- Merda… forza, andiamo! – Martha, nonostante la spossatezza, si alzò; aggrappata ad Alistair ordinò ai tre di seguirla: il suo sguardo puntava un punto ben preciso del Giardino, con la certezza che sarebbe stata quella, la via giusta da seguire.
 
*
 
- Il sole sta tramontando… questa è una cosa impossibile! -
 
No, niente era impossibile, non per Robert Steiner. Questo pensò Joshua nel sentire l’esclamazione di Lucas. La prima sensazione che trasse dall’inaspettato tramonto, fu di sollievo. Qualcosa in lui gli stava dicendo che la sua vita stava tornando alla normalità; ma quella piacevole sensazione passò immediatamente, lasciando invece il posto al terrore dovuto a quel cambiamento. C’era un motivo, se il sole stava lasciando spazio alla notte, un motivo legato ai malvagi piani del dottore.
 
- Steiner… starà escogitando qualcosa. – William tolse le parole di bocca a Joshua, il quale annuì: - E sospetto non sia nulla di buono. Come potrebbe, del resto? -
 
- Dici che c’entra Steiner? Non è che finalmente qualcosa ha compromesso il meccanismo magico di questo posto? -
 
Lucas era abituato agli imprevisti. La sua, seppur breve, carriera da auror, gli aveva permesso di entrare a contatto con realtà molteplici e a prendere in considerazione ogni tipo di eventualità.
 
- Non credo… voi non lo conoscete bene come… come lo conosco io. – Cora si aggiunse al coro; nella sua voce un’amarezza dettata dalla consapevolezza che quell’uomo era davvero capace di ogni cosa. Ci aveva messo del tempo per realizzarlo, ma ormai era ben consapevole che ognuno di loro non era che un pezzo della sua scacchiera e Cora, purtroppo, non faceva eccezione.
 
- Sono d’accordo. La notte… c’è un motivo. – William non perse lo sguardo del sole, ormai giunto al crepuscolo. Poi qualcosa lo portò a schiudere la bocca e sgranare appena gli occhi: - E se… Elyon… -
 
Joshua fu l’unico a cogliere al volo i pensieri di William. Senza pensarci su afferrò il braccio teso di Lucas, con la volontà di attirare la sua attenzione: - Luke… Elyon è un licantropo. Capisci cosa vuol dire questa cosa? –
 
Dapprima interdetto, Lucas assunse un’espressione di terrore quando si rese conto cosa volesse dirgli Joshua. Se stava arrivando la notte, con ogni probabilità sarebbe sorta la luna piena. Se fosse sorta la luna piena, allora…
 
- Merda! Dobbiamo andare subito da lei! – Gridò Lucas. Si era ormai affezionato a quella sua vicina di cella, nonostante quella fosse risultata una strega irascibile e piena di storture. Ma anche lei era nella loro stessa condizione e con il passare dei mesi, Lucas si era reso conto di quanti meravigliosi pregi nascondesse quell’agitata e sboccata donna. Avrebbe quindi fatto di tutto per far si che non le capitasse qualcosa di male, a lei e a nessun altro.
 
- Siamo d’accordo quindi… forza, andiamo. –
 
Fu William ad aprire la fila, camminando verso il punto in cui, non troppo tempo prima, avevano visto sparire Elyon. Cora fu pronta a stargli al passo: - Senti Will… e se dovessimo, ecco… se al nostro arrivo fosse già trasformata? Non credi che questo è esattamente ciò che vorrebbe Steiner? Magari vuole fare in modo che Elyon ci attacchi. Non so se questa sia una buona idea. –
 
Cora aveva perso il suo fare tipicamente algido e distaccato e William colse la paura nel suo sguardo; le poggiò una mano sulla spalla, prima di rivolgersi a lei con tono conciliante: - Ascoltami Cora, non accadrà nulla di male, o almeno faremo in modo sia così. Però Elyon è una nostra compagna, abbiamo il dovere di sostenerla. Sono sicuro lei farebbe lo stesso per noi, nonostante apparentemente potrebbe non sembrare. –
 
Cora era titubante, ma decise di assecondare William.
Ma qualcosa impedì loro di proseguire oltre: fatto un passo più del necessario, il Giardino cambiò repentinamente forma ed un imponente muro di pietra grezza si issò fra il gruppo e il sentiero che avevano deciso di seguire.
 
- Credo che il Giardino non abbia intenzione di farci proseguire. – Dichiarò Joshua, gli occhi cristallini puntati su di esso. Era evidente che Robert Steiner non voleva che si mettessero in mezzo; tentarono di girare intorno al muro, di scovare un punto fragile, o uno squarcio nelle siepi che li circondavano, ma fu impossibile proseguire oltre.
Rimasero isolati, con la sola luce della luna piena, ora alta in cielo, ad illuminare i loro volti sconvolti.
 
*
 
Odette fu testimone di quel voto infrangibile, senza proferire parola. Roxanne Borgin, inaspettatamente, le aveva permesso di leggerle la mente, così che il medimago non ebbe bisogno di alcuna spiegazione aggiuntiva. Nell’ispezionare la mente di quella Mangiamorte, Odette si scontrò con dubbi, supposizioni e paure; possibile che il dottore non si fosse fatto un benché minimo scrupolo a raggirare anche una sua fedelissima? Odette non era mai entrata a contatto con una mente così: una volta avuto il via libera da Roxanne stessa, la strega aveva tentato di leggerla quanto più possibile, senza però riuscire a capire quali piani nascondesse per loro Robert Steiner. Evidentemente Roxanne aveva su di sé un potente incantesimo scherma, che aveva fatto in modo di celare quella parte dei pensieri che cucivano il misterioso motivo per cui si trovavano rinchiusi lì.
Ma Odette fu comunque in grado di leggere tanto altro: percepì la Roxanne bambina, poi quella adolescente. Vide con nitidezza il volto di un bel mago dal sangue Black e si commosse nell’apprendere della sua improvvisa scomparsa. Apprese, sgomenta, di quando colui-che-non-deve-essere-nominato pose il marchio nero sul suo braccio candido, un braccio di ragazzina e fu lì che provò orrore. Arrivò infine a quella sera in cui Roxanne Borgin realizzò di essere stata obliviata, con ogni probabilità. I segni dell’oblivion erano per Odette più che scontati: enormi buchi oleosi aveva riscontrato nella testa della Mangiamorte, buchi che lei stessa non era riuscita ad ispezionare; essi coincidevano con il viso arrogante di un uomo molto maturo e con quell’amore che Roxanne aveva perduto per sempre.
Quando riemerse da quella difficile lettura, Odette aveva gli occhi lucidi. Era vero, Roxanne Borgin era la loro carceriera e si era dimostrata perfida, in più di un’occasione. Ma se la sua vera natura fosse stata un’altra? C’era la possibilità effettiva che la strega avesse perseguito un tale percorso in quanto forzatamente (e segretamente) obbligata. Per questo acconsentì, infine, di fare da testimone al patto tra Roxanne e Yann; quest’ultimo, ne uscì non poco provato.
 
- Cos’hai? Qualcosa non va? – sussurrò Odette, mentre Roxanne riponeva la bacchetta e si apprestava a fare un brevissimo giro perlustrativo sotto forma di falco pellegrino, per accertarsi che occhi indiscreti non avessero assistito a ciò che era appena avvenuto.
 
- Sono sempre stato abituato a scappare per mettermi in salvo; a fuggire dalla paura. – Yann prese una pausa ed osservò il proprio polso, sul quale poco prima corde invisibili si erano strette, per sugellare il voto fatto con Roxanne. – Ho sempre creduto nel mio spirito di autoconservazione e ti assicuro che è proprio quello ad avermi salvato la pelle in più di un’occasione. -
 
Odette ascoltava ed annuiva, silenziosamente. Quando gli occhi scuri di Yann seguirono il volo del falco, Odette fece altrettanto, continuando ad ascoltarlo: - Ma ora un sacco di certezze si sono sgretolate e ti confesso che sto tornando ad avere paura. –
 
- Ma ora abbiamo una possibilità; con la Mangiamorte dalla nostra, noi… -
 
- È proprio lei che mi fa paura, ma non nel senso che intendi tu. – Poi Yann alzò una mano e tornò a spostare lo sguardo su Odette : - Per piacere non farlo, non leggermi la mente. Ho bisogno di tenermi questa cosa per me. -
 
La strega annuì nuovamente, rispettando la volontà di Yann, recluso nella Stanza del Padre. La rapidità con cui il falco pellegrino tornò da loro e riprese la forma di Roxanne, li lasciò stupiti. Yann inarcò un sopracciglio, mentre la strega correva nella loro direzione, più agitata che mai. Ma non sembrava rivolgersi propriamente a loro: agitata e tremante tirò fuori quel suo orologio.
 
-  C’è qualcosa che non va… cosa diavolo sta combinando? – disse, quasi fra sé e sé. Il motivo di quel comportamento fu presto chiaro ai due; con il calare del sole, l’agitazione raggiunse alti livelli.
 
- Venite con me, dobbiamo muoverci. – Ordinò lapidaria Roxanne ai due. Nel frattempo poco distante da loro, Victor ed Evie si erano alzati dal loro letto d’erba ed entrambi passavano lo sguardo freneticamente dal solo al gruppo dei tre.
 
- Borgin! – gridò Victor, mentre si avvicinava a loro, - Cosa cazzo sta… -
 
Ma la domanda del magigiornalista rimase sospesa a metà: una grande e folta siepe si frappose fra loro, creando un muro impossibile da scavalcare.
 
- Cosa sta succedendo?! Parla, presto! - Yann scosse Roxanne per le spalle; la strega lo guardò quasi impaurita: - Io non lo so… non lo so! – Poi la paura mutò presto in rabbia: la Mangiamorte sguainò la bacchetta e cominciò a lanciare molteplici incantesimi contro la siepe; nemmeno uno di quelli andò a buon fine.
 
- Merda! – stridulò infine, sconfitta. Il Giardino, o meglio Robert, non aveva nessuna intenzione di farla spostare da lì.
 
*
 
Per Maze fu come tornare nell’incubo che era stata la sua vita prima del Giardino. Quel sole che tanto aveva amato stava tramontando, di nuovo. D’improvviso provò freddo, anche se sapeva non essere possibile; da quando era stata morsa, tutte le sensazioni e le funzioni vitali si erano annullate e la sua temperatura corporea era rimasta a qualche grado sopra lo zero.
Vide Victor agitarsi e correre verso la Mangiamorte, Yann e Odette. Vide Evangeline tallonarlo con aria turbata. Quando decise di alzarsi anche lei, un grande muro verdeggiante si era issato fra loro tre e gli altri, un muro contro cui le grida di Victor Selwyn si infransero, inutilmente.
 
- Che cosa facciamo?! Cosa sta succedendo?! Vicky… Vicky che ti succede?! -
 
Evangeline sembrava molto preoccupata. Come non esserlo, del resto? Il sole se ne stava andando e al suo posto, lenta, perfettamente sferica e luminosa, la luna. Victor inizialmente apparve non reagire. Era immobile, davanti a quella siepe ed Evangeline poteva percepire il respiro affannoso. Quando la ragazza gli cinse il braccio con la mano, Victor si girò di scatto:
 
- Dobbiamo metterci al riparo, il dottore starà organizzando qualcosa di grosso. -
 
Davanti lo spaesamento di Evie, Victor provò un moto di rabbia: - Andiamo, ti ho detto! Non dobbiamo perdere tempo. –
 
La ragazza lo guardò con quegli occhi luminosi e sgranati; era strano: per la prima volta Victor la guardava alla luce della luna, così tanto simile a lei. Pallida, fragile e maestosa allo stesso tempo, bella come mai l’aveva percepita tanto bella. Si morse il labbro, pentito di quel suo scatto d’ira; era paura, quella di Victor Selwyn. La paura lo aveva fatto reagire così. Con tutta la delicatezza di cui era capace, alzò le mani per prendere il viso di Evangeline e su di lei si incurvò: - Scusami non volevo gridare, ma non è il momento di farci prendere dal panico, lo capisci? Andiamo, rimaniamo vicini e non ci accadrà nulla di male, te lo garantisco. -  
 
Evangeline annuì, rabbuiata. Quel cambiamento repentino l’aveva terrorizzata; aveva capito anche lei che ad accompagnare il sorgere della luna doveva esserci qualcosa di terribile. Si voltò cauta verso Mazelyn rimasta fino a quel momento ad attenderli e nei suoi confronti fece un segno d’assenso: - Andiamo, seguiamo il sentiero. –
 
Un sentiero obbligato, il loro. Ad ogni passo dei tre quello si modificava, come sempre. Al buio era tutto più complicato, visto che rischiarono di inciampare in più di un’occasione, ma anche avessero voluto prendere un altro percorso, magari meno ostico e più illuminato, non avrebbero potuto. Si arrestarono all’improvviso, tutti e tre col cuore in gola, quando sentirono un vociare sommesso. Poi un calpestare di foglie e rametti, un lieve fruscio. Maze si mise subito all’erta con la volontà di ampliare i propri sensi e Victor ed Evie tentarono di imitarla, purtroppo con scarsi risultati.
 
- Vicky! -
 
La voce di Jules li fece sussultare, ma anche tranquillizzare; il sentiero si apriva in un piccolo spiazzo che, a sua volta, si apriva su altre quattro stradine. Era da una di queste che videro spuntare la piccola tassorosso, che fece cenno loro di seguirla e di fare piano.
Qualche passo dopo arrivarono da Martha, Alon ed Alistair. Martha e Victor si guardarono con estremo sollievo.
 
- Non dovevi andare da sola. – Alon fu pronto ad ammonire Jules; le era stato chiesto di rimanere ferma al suo posto, ma la ragazzina aveva, al solito, fatto di testa sua.
 
- Qualcuno di voi sa cosa sta succedendo? – Bisbigliò Evie, intimorita. Purtroppo scossero tutti la testa. Victor si avvicinò a Martha e la osservò a lungo: - Cosa ti è successo? -
 
- Non ti sfugge niente, vero Selwyn? – rispose Martha, accennando un mite sorriso. -
 
- Sei pallida come un canovaccio appena smacchiato, direi che anche un cieco se ne accorgerebbe. -
 
Martha afferrò il polso dell’amico e con stanchezza gli raccontò di ciò che aveva percepito. Il sorriso di Victor scomparve d’improvviso. Parlò quindi a quel gruppo allargato, dichiarando che sarebbero dovuti rimanere uniti e si sarebbero dovuti guardare le spalle a vicenda. Nessuno doveva allontanarsi o prendere iniziative; dicendo questo fissò con preoccupazione Jules, la quale annuì controvoglia.
Mentre decidevano come procedere, un frastuono assordante catturò la loro attenzione: strappi, grida, ringhi. Era tutto vicino, troppo vicino.
 
*
 
Elyon aveva sperato con tutta se stessa che la sua trasformazione non sarebbe mai più avvenuta. Ormai detestava prendere quella forma, che tanto dolore aveva causato sia a se stessa che a tanti altri esseri umani. Ma senza la pozione antilupo e con la luna piena alta in cielo, la strega non poteva fare niente. Puntò lo sguardo in quello di Fenrir, caricandosi di tutto l’odio che spingeva dentro di lei; lo osservò sorridere vittorioso, poi cominciare a trasformarsi e mentre lo osservava, sentiva la ragione abbandonarla. Anche il suo corpo stava reagendo alla luna, esattamente come quello del licantropo dinanzi a lei. I vestiti si lacerarono in fretta e le ossa si deformarono, così come una folta pelliccia fulva andò a ricoprirle tutto il corpo. Spalancò la bocca per gridare qualcosa, ma quella era ormai diventata altro: fauci affilate e ingombranti ne presero il posto, fauci pronte ad attaccare e squarciare il nemico che, davanti a lei, era diventato la bestia che conosceva bene.
Aveva lavorato a fondo, Elyon, per mantenere la lucidità anche in fase di trasformazione. C’era riuscita in più di un’occasione, perché con lo sforzo era riuscita ad ottenere grandi risultati; ma quello era un caso diverso. In primis era passato molto tempo dall’ultima volta che si era trasformata; inoltre con quel repentino mutare del cielo, non era riuscita a prepararsi adeguatamente alla notte che sarebbe arrivata. La natura del licantropo stava prendendo il sopravvento su di lei ed Elyon stava perdendo.
Così la testa si annebbiò totalmente e l’unico pensiero che rimase, vivido, a gridare in lei, non era che attaccare e distruggere qualsiasi cosa si fosse messa in mezzo al suo cammino.
 
*
 
- Avete sentito?! – Alon raramente provava paura, ma in quell’occasione in cui si sentiva più braccato che mai, quella era arrivata ad ammantarlo; con la paura, però, sopraggiunse anche l’enorme senso di protezione nei confronti dei compagni che gli stavano accanto e che con lui si stavano, lentamente, avvicinando al punto dal quale provenivano i rumori prima, gli ululati poi. Pensò che in quel momento avrebbe volentieri voluto la sua bacchetta, quella che qualche anno prima aveva gettato in mare con la volontà di non reperire mai più, ma che sua sorella aveva recuperato per lui. Ora quella bacchetta gli era stata requisita e, con ogni probabilità, distrutta per sempre. Ma avevano comunque il vantaggio di possedere ognuno di loro delle doti speciali che altri maghi non possedevano; un piccolo pensiero positivo in una melma di tetre considerazioni.
Quello che apparve al gruppo, però, smontò totalmente la sua vena positiva: erano licantropi, senza alcun dubbio, che ululavano e giravano in tondo aspettando che uno dei due facesse la prima mossa. Uno era più grande e con il pelo molto scuro, venato di grigio in alcuni punti adiacenti al muso, l’altro era più piccolo, dal folto pelo fulvo, ma sembrava più agile anche se senza ombra di dubbio più guardingo. Alon e gli altri rimasero immobili, ma il povero Alistair non riuscì a risparmiarsi un singulto:
 
-Q-q-q-que-que-quelli s-so-so… -
 
Se qualcuno fra di loro era più attanagliato degli altri dalla paura, quello era senz’altro Alistair. Ebbene il babbano ormai ne aveva viste di cotte e di crude e tra bacchette, poteri speciali, trasformazioni in animali, vampiri e chi più ne ha più ne metta, quasi era arrivato a ritenere tutto quello “normale”. Ma i licantropi no. Alistair non riuscì proprio a trattenersi. Jules, meno impaurita di lui ma pur sempre tremolante, si mosse nella sua direzione e gli diede una lieve gomitata, poi sussurrò: - Fanno paura… ma devi stare calmo e, possibilmente, zitto. –
Già. Perché i licantropi sembravano non essersi accorti della loro presenza, o almeno non davano prova di essere interessati a loro, visto che continuavano a misurare l’altro, pronti ad attaccare. Però era meglio non sfidarli, visto che di vie di fuga non ne avevano più: il Giardino era mutato ancora, chiudendo il gruppo in una sorta di radura assieme a quei mostri.
Poi accadde.
Fu il licantropo più piccolo, ad attaccare per primo. Quello partì con ampie falcate, scuotendo la terra ad ogni zampata; mirò subito alla gola del più grosso il quale, di tutta risposta, con una spallata respinse il nemico senza alcuno sforzo.
 
- È Elyon… è Elyon Yaxley, sicuramente! – Sussurrò con veemenza Martha a Victor, che annuì: - Hai ragione, deve essere lei. Ora cosa facciamo? Non possiamo lasciare che… -
 
-Fermatevi! –
 
Un urlo roco arrivò a sorprenderli. Poi un’intensa luce rossa, scagliata contro il licantropo più grande che guaì dal dolore.
Con l’arrivo di Adrian Reed, la bestia fulva per un momento si immobilizzò e guardò nella sua direzione, ma quella distrazione si rivelò quasi fatale, in quanto Fenrir Greyback, mostruosamente reattivo, si riprese subito dal colpo inferto dal Mangiamorte e fu proprio contro di lui che cominciò a correre.
 
- Posso provare a persuaderli! – Al diavolo le raccomandazioni; in tutto quel trambusto non c’era più tempo da perdere. Evie non aveva mai provato ad usare la propria persuasione verso qualcosa di… inumano, ma avrebbe dovuto tentare.
 
- Non se ne parla! Non sono esseri umani quelli lì, i tuoi occhioni dolci e la tua voce suadente saranno totalmente inutili! -
 
- Ma così finiranno per ammazzare qualcuno, probabilmente uno di noi! – Evangeline si sentiva impotente. Impaurita, terrorizzata in realtà ed impotente. Che Victor fosse preoccupato per lei era una cosa legittima, ma sapeva che se non avesse agito presto, probabilmente si sarebbe fatta fagocitare dal terrore e avrebbe finito per essere attaccata senza essere in grado di difendersi. Evie era una che si difendeva sempre molto bene, ma tolta la sua arma più tagliente, nulla le rimaneva in mano.
Intanto lo scontro fra i licantropi imperversava furioso; appena Greyback aveva provato ad avvicinarsi ad Adrian, Elyon si era scagliata su di lui senza alcuna pietà. Un primo morso andò a fondo: i canini affondarono sulla schiena dell’altro, che guaì ancora una volta e tentò di scrollarsi di dosso Elyon. In quel momento Adrian, a pochissimi metri di distanza da loro, cominciò a gridare, la bacchetta nuovamente puntata:
 
- Spostati! Non potrò colpirlo con te sopra! -
 
Quelle parole furono inutili. Probabilmente Elyon aveva perso totalmente la ragione. Rimaneva aggrappata alla schiena di Greyback che si dimenava forsennato, fino al punto di riuscire a disarcionarla e scagliarla esattamente davanti Adrian. Il Mangiamorte a quel punto osservò il licantropo fulvo; era ferito, probabilmente l’altro l’aveva colpita a dovere. Ma tentò comunque di rimettersi celermente in piedi, anche se Greyback aveva già guadagnato terreno.
 
- Ellie… lo so che sei tu, lo so che mi ascolti… ti prego, lasciami fare! Fatti salvare la vita una fottuta volta! -
 
Elyon guaì, se di dolore o per tentare di rispondergli, Adrian non sapeva dirlo. Poi Greyback attaccò di nuovo: saltò con un balzò sull’altra, che si trascinò dietro anche Adrian.
 
- Basta, dobbiamo fare qualcosa! – Alon si mosse in avanti, ma proprio mentre stava per richiamare i propri poteri, Martha lo bloccò: - Fermati Alon! Rischieresti solo di ferire Elyon! Non possiamo intervenire! -
 
- Come puoi pensare di rimanere a guardare?! Elyon è una nostra compagna, ha bisogno di sostegno! -
 
- Appunto per questo non è bene interagire! -
 
- Ci penso io. -
 
Il gruppo si voltò in direzione di Mazelyn, rimasta fino a quel momento in disparte. Jules fu la prima ad andare verso di lei: - Che vuol dire che ci pensi tu? No, è troppo pericoloso persino per te! –
 
- Jules ha ragione, nessuno di noi può nulla in questo momento. – Evie si aggiunse, stringendosi al fianco della compagna di scuola. A quel punto su Alistair a marciare verso il vampiro. Spostava freneticamente gli occhi dai suoi, al suolo: - Io… io s-so di voi g-giusto attraverso l-la l-le-letteratura ecco. Ma se q-qualcosa di vero c’è in q-quei ro-romanzi beh… v-vampiri e li-licantropi sono nemici n-naturali e c’è una po-possibilità che tu, che tu… - Ma Mazelyn li sorprese con un sorriso. Scrollati i lunghi capelli neri, diede un buffetto sulla guancia di Alistair, che assunse una riconoscibile sfumatura rosso fuoco nonostante il buio della notte: - Stai tranquillo cocco. So quello che faccio e poi beh… credo sia il momento di fare davvero qualcosa per il gruppo. -
 
Inutili furono le rimostranze degli altri. Quello, per Maze, era davvero il modo per ripagare tutti loro e per riscattare se stessa. Da quando si era ritrovata chiusa in quel giardino, il vampiro aveva provato tutta una serie di emozioni che aveva dimenticato. Era stata aiutata, supportata, compresa. Per la prima volta dopo tanto tempo, Mazelyn aveva capito di essere ancora in grado di legarsi a qualcuno, nonostante la morte di suo fratello l’aveva portata a credere il contrario. Con passi lenti, fluidi e fare seducente, il vampiro si avvicinò ai licantropi e al Mangiamorte, semi svenuto dopo il coinvolgimento con l’impatto brutale.
 
- Ehi, cucciolotto! Che ne dici di giocare un po’ con me, ora? -
 
Fenrir Greyback, pronto a sferzare l’ennesimo colpo nei confronti di Elyon, sempre più sofferente ma instancabile nel tentare di porsi a barriera di Adrian, si immobilizzò ed annusò l’aria. Gli occhi di brace scattarono verso Maze, che lo guardava con le mani poggiate ai fianchi ed un sorriso malandrino: - Allora? Quanto vuoi farmi aspettare? –
 
Fenrir Greyback amava poche cose; tra queste la sfida e le forti emozioni erano sicuramente sul podio. Fu dunque chiaro per quale motivo, nonostante avesse la sconfitta definitiva di Elyon a portata di mano, decise di cambiare il proprio obiettivo. Ringhiò sommessamente e prima di scattare nella direzione del vampiro, ululò alla luna, colei che aveva reso possibile quell’epico scontro.
Mazelyn era munita di una forza sovraumana, per questo resistette in più di un’occasione ai colpi violenti del licantropo, che continuava ad attaccare senza pietà.
I reclusi del Giardino osservarono lo scontro con fiato sospeso, terrorizzati alla sola idea di pensare ad un esito diverso, rispetto a una vittoria da parte del vampiro. Fra tutti Alistair era il più coinvolto; ammonì se stesso quando pensò che c’era dell’incredibile in quello che stava guardando, come se una pellicola cinematografica avesse preso vita davanti ai suoi occhi. Guardava terrorizzato il licantropo allargare le fauci per strappare via la testa di Mazelyn. Osservava meravigliato lei, che si spostava come stesse danzando.
Ma un mugugno, poi una luce verde, la distrassero. Adrian Reed aveva ripreso i sensi, nonostante il sangue colasse copiosamente dalla propria testa; aveva tentato di attaccare Greyback, scagliando contro di lui una maledizione senza perdono, ma aveva fallito. Quell’imperdonabile distrazione si rivelò fatale.
Un unico, feroce morso. Poi sangue, troppo sangue, cosparse il corpo di Mazelyn, che si afflosciò a terra e lì rimase, immobile.
 
- No…. Non… -
 
- Maze! -
 
Urlarono tutti il nome del vampiro, ma lei non si mosse.
 
- Non è p-possibile, n-non… no! – Alistair spostò Jules che aveva cercato di trattenerlo e d’impulso cominciò a correre verso il corpo privo di vita di Maze.
 
- Fermati Al! – Gridò Alon. Ma Alistair non voleva ascoltare. Era sempre stato molto solo e non aveva mai avuto dei veri amici; ma da quando era entrato nel Giardino, l’infermiere aveva scoperto il sentimento d’amicizia; prima Joshua e Yann, poi Mazelyn. Lei era una sua amica e lui non le avrebbe voltato le spalle.
 
- Ricordati del tuo potere! – gridò ancora Alon, che gli stava correndo dietro, - Tu hai… hai toccato Jules, non sappiamo cosa potrebbe accadere, ma io non posso permetterti di mettere in pericolo la vita di Jules! -
 
Fu a quel punto che Alistair si arrestò. Se avesse toccato Mazelyn, forse lei sarebbe tornata in vita, ma a discapito della tassorosso, l’ultima persona con cui era entrato fisicamente a contatto. Fu così che Alistair rimase coi pugni stretti, a guardare da lontano il corpo inerme del vampiro. Avrebbe potuto arrivare a toccare Greyback per poi passare a Maze, ma le probabilità di sopravvivere al contatto diretto con il licantropo erano davvero infinitesimali, se non addirittura nulle. Sentì calde lacrime salate sgorgare dagli occhi, mentre la mano di Alon si posò sulla sua spalla:
 
- Mi dispiace amico. -
 
Ancora un ululato, poi un lamento. Il licantropo fulvo aveva guadagnato tempo ed energie ed era tornato ad attaccare. Greyback si trovava in evidente stato di difficoltà, stremato dallo scontro appena avvenuto con Mazelyn e in quel momento era Elyon ad essere in vantaggio; quella gli fu addosso, la bava che colava dalle fauci sguainate.
Poi un forte tremore scosse il terreno e gli alberi; persino il cielo sembrò perdere qualche stella.
Per qualche secondo, si era tutto fermato, come cristallizzato. Adrian Reed sembrava una statua di cera, piegato dietro di Elyon e con la bacchetta puntata verso di loro, un grido inciso sul volto.
Greyback pietrificato sotto il peso di Elyon, con la bocca aperta ancora sporca del sangue di Maze.
 
- Cosa… come è possibile? Victor, dimmi che non sono l’unica a… -
 
- Il tempo… il tempo si è fermato, ma solo per Reed e il licantropo; noi altri… -
 
Mentre i presenti si scambiavano veloci occhiate perplesse successero due cose: Alistair, cercando di sfruttare la situazione, corse verso Greyback con la volontà di toccarlo, mentre Elyon, dapprima immobile, scrollò il testone e puntò poi alla gola scoperta di Fenrir.
Infine un fischio, assordante, costrinse tutti in ginocchio. Un suono acuto, che penetrava la testa.
E poi il buio.
 


Buonasera a tutti. Come promesso, con Settembre sono arrivata anche io con la pubblicazione del nuovo capitolo. Non vi nego, però, di essere molto triste e amareggiata. Come avrete potuto notare, ho dovuto eliminare un personaggio e personalmente, arrivata a questo punto della storia, è stato davvero difficile. Purtroppo le regole sono ben chiare: dopo tre capitoli di totale assenza, l’oc dell’autore scomparso sarebbe stato eliminato. Beh, sono passati più di tre mesi e i famosi tre capitoli dall’ultima volta che l’autrice di Maze si è fatta viva; io ho pubblicato lentamente ed ogni volta ho sperato in un cenno, che purtroppo non è arrivato, nemmeno in forma privata.
So che avere a che fare con la morte di un personaggio non è facile per nessuno, nemmeno per chi legge; ma come voi ben sapete questa è una storia a sfondo horror e questa ne è la conseguenza.
Detto questo, spero che in generale il capitolo vi sia piaciuto. State capendo cosa succede? Avete supposizioni riguardo a ciò che vuole ottenere Robert Steiner dai nostri poveri reclusi? Sarei felice di sapere la vostra, mi dareste la giusta carica per proseguire dopo ciò che è accaduto con questo capitolo.
Infine volevo aggiungere un paio di cose: il capitolo inizia con Madeline Boxton, già apparsa in precedenza; lei è la capo auror che dirige le indagini sugli scomparsi. Con lei appare Hestia Jones, che io ho in mente in un certo modo da sempre. Ai più attenti (e specialmente per chi ha seguito “Di Ghiaccio e Tempesta”, o partecipa all’interattiva della Signorina Granger “The vengeance of Sins”) non sarà sfuggito un altro nome: Madeline allude ad un certo signor Murray e Hestia fa la vaga. Ebbene si, quel signor Murray è un cammeo dedicato al mio personaggio Louis Murray, a cui dedicherò una mini long appena chiuderò questa interattiva e “Sex Education”. Niente, mi andava di rendervi partecipi. Vi lascio con le immagini di Mad, Hestia (si, per come la immagino io Hestia ha i capelli rossi) e di quel figlio di… buona donna di Greyback (quest’ultimo prestavolto già lo pubblicai e mi fu fornito da Mademoiselle Anne). Devo purtroppo lasciarvi i link perché il sito che utilizzavo non permette più di caricare gratuitamente le immagini. Se avete il mio stesso problema e avete una soluzione alternativa a TinyPic condividetela con me, ve ne prego!
Spero di avervi risolto un po’ di dubbi, ma ancor più spero che non sparisca nessuno di voi!
Ah, mancano 4 capitoli alla fine della storia, ve la butto lì.
Un abbraccio, a presto.
Bri
 
Madeline Boxton (prestavolto Veronica Moral)
 
http://es.web.img3.acsta.net/r_1280_720/pictures/17/05/11/09/59/550085.jpg
 
 
Hestia Jones (prestavolto Rose Leslie)
 
https://www.telegraph.co.uk/content/dam/women/2016/06/04/98049121_Rose_Leslie_for_DT_Features_portal_trans%2B%2BtM3ZXxV42fQENILgObxjOFzt7SZsQQ7h3oKyATfgi0w.jpg
 
 
Fenrir Greyback (prestavolto Jeff Bridges)
 
https://www.goldenglobes.com/sites/default/files/articles/cover_images/jeff_bridges_20081.jpg
   
 
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