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Autore: kishal    07/05/2005    3 recensioni
La libertà di un uomo. Esiste davvero? Forse sì. Forse anche chi ha considerato se stesso un eterno prigioniero prima o poi riuscirà a liberarsi dalle catene. Dove? Beh, questa risposta è piuttosto riste da dare. Leggete e commentate...PLEASE!!!!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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STORIA DI UN UOMO LIBERO

STORIA DI UN UOMO LIBERO

 

Seduto sul suo sdraio nel grande giardino della sua villa californiana, ripensò a quando, quasi vent’anni prima, era andato ai funerali dell’uomo che fino all’ultimo istante aveva creduto di essere suo padre, e che gli aveva lasciato in eredità tutti i suoi averi. E, in quell’occasione, aveva pensato alle sue origini, alle famiglie in cui era vissuto, a ciò che era divenuto.

 

Era nato nel Bronx, da una donna alcolista, che in seguito poi avrebbe cambiato questa sua dipendenza con un’altra ben più affascinante, la droga. Aveva tre fratelli, tutti bastardi come lui, figli di diversi uomini con cui era stata quella povera donna, la quale non si era presa nemmeno la briga di dare un’identità giuridica ai figli, che pertanto nella società americana erano solamente dei fantasmi. E perciò lui, come gli altri due ragazzini, non aveva un nome. Però, ciò di cui era sempre stato consapevole fin da allora, era più intelligente degli altri due. Tant’è vero che, aiutato da una vecchia maestra che viveva in un palazzo vicino, aveva imparato a leggere e a scrivere, conosceva la storia del suo paese, ed era un genio in matematica. Non sapeva a dove quelle conoscenze lo avrebbero portato, però si rendeva conto che fuori dal Bronx, fuori da quel mucchio di spazzature, di criminalità e di ignoranza, c’era un altro mondo. Un mondo che lui voleva conoscere. Questa situazione di disagio, di prigionia che sentiva fin da allora, andò ad accrescersi quando, una notte, il fratello più piccolo fu ucciso a bastonata da una mandria di delinquenti ubriachi e fatti. Voleva andarsene da lì, non doveva più starci.

Ma, prima che gli accadesse la buona occasione, passarono anni, durante i quali il fratello maggiore si diede alla criminalità, e la mamma si beccò l’AIDS.

Una sera era di ritorno dalla casa della vecchietta, chiamato dalla vicina di appartamento che le aveva detto che la madre aveva avuto un’altra crisi, che aveva chiamato l’ambulanza, ma probabilmente la donna non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere.

Mentre usciva, si fermò proprio di fronte alla casa una grande limousine. Ne scese un uomo, alto, elegante, ricco. Molto ricco. Quando lo vide, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Gli fece cenno di avvicinarsi. Poi gli chiese come si chiamava la madre.

“Lilia” Rispose. L’uomo divenne rosso.

“Sono tuo padre.” Gli disse.”Tua madre in passato mi ha scritto in continuazione, parlandomi di te… sei tu questo?” Gli disse, mostrandogli la foto di un bimbo. No, non era lui. Era quel fratello che anni prima era morto, pestato a sangue da quei mostri.

“Sì, sono io.”

“E tua madre…che fine ha fatto?”

“Non lo so, è scomparsa da tempo.”

L’uomo si rigirò nervosamente la foto fra le mani.

“Scusa il ritardo ma… non sono potuto venire prima. Ero sposato, e mia moglie non voleva tenere il figlio di una… un’altra donna. Lei è morta, e non ho altro figlio che te. Così, mi sono chiesto se volevi seguirmi. Avrai tutto ciò che vuoi, tutto ciò di cui bisogni, tutto ciò che non ho potuto darti prima.”

“Va bene, vengo.”

L’uomo sorrise, e per la commozione lo abbracciò. “Come ti chiami?”

“Gli amici mi chiamano Slan.”

“E tua madre come ti chiamava? Nelle lettere non mi scriveva mai il tuo nome.”

“Lei non mi chiamava affatto. Dubito anche che mi riconoscesse.”

Il signorotto lo aveva portato a casa sua, lo aveva trattato come un figlio, amato più di se stesso, e gli aveva dato davvero tutto ciò che gli aveva promesso. Gli aveva dato un’identità, un’istruzione, amici ricchi e potenti. Soldi, tanti soldi. Finalmente se ne era andato da quella gabbia in cui era nato, finalmente ora era libero di fare ciò che voleva.

Almeno, così era agli inizi. Poi le cose cambiarono. Si sentiva stretto anche in quella nuova vita. Non gli piaceva avere un’identità fissa, era come avere una palla al piede, che gli impediva qualsiasi movimento. Stava cadendo di nuovo in una gabbia, anche se questa volta d’oro.

All’età si settant’anni il padre morì, lasciandogli tutti i suoi averi in eredità. Per lui, fu come liberarsi di una di quelle catene che lo avevano di nuovo legato. Ora però era necessario liberarsi anche delle altre.

Andò al funerale del padre solo perché aveva lì fissato un appuntamento con un grosso uomo d’affari. Quello stesso giorno vendette alla concorrenza l’azienda che per generazioni era appartenuta alla famiglia del padre.

Dopo di che cambiò nome, cognome, lavoro, e si sposò, iniziando così una nuova vita. Quando però anche questa incominciò a soffocarlo, mollò tutto e scomparve nel nulla, lasciando una moglie e due figli.

Fece questo varie volte. Ogni volta che si sentiva chiuso in trappola. Ogni volta che la sua libertà veniva intaccata. Aveva figli dappertutto, legittimi e illegittimi, mogli che lo piangevano, e a lui si doveva la catastrofe finanziaria di numerosi uomini che avevano investito gran parte dei loro averi nelle sue floride aziende, le quali però, senza alcun motivo, proprio nell’acme del successo erano state da lui chiuse.

 

Ora guardava davanti a sé, la sua bella moglie e la figlia che giocavano nella piscina insieme. Nessuna di loro due era al corrente delle azioni da lui fatte. E probabilmente, nessuna di loro lo avrebbe saputo, almeno finché non le avesse fatto la stessa cosa.

Sapeva che ciò che faceva era orribile, tuttavia non se ne curava, non sentiva pesi sulla coscienza. Fin da piccolo aveva sempre avuto questo grande desiderio di libertà, desiderio che crescendo era divenuto una malattia per lui. Eppure era grazie a questa malattia che era riuscito ad andarsene dal Bronx.

Molti uomini raggiungono alte vette perché desiderano il potere. Lui aveva raggiunto tale grandezza solamente perché voleva essere libero.

Libertà e potere, sebbene siano due mondi inconciliabili, tuttavia si assomigliano. Entrambi sono due sottilissimi veli di seta che volano via alla minima brezza; bisogna dunque essere molto abili per poterli trattenere. E per riuscire in questo, ogni mezzo è accettato.

 

 

Il giorno della sua morte fu anche il giorno in cui finalmente raggiunse la libertà.

Perché, agli occhi di tutti, in quel momento lui non era più nulla. E, al contempo, era tante cose insieme.

Chi poteva dire, ora, di averlo conosciuto veramente? Nessuno.

 

Lui era tutto. Lui era nulla. Lui era libero.

 

 

 

 

 

   
 
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