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Autore: jaykayess    05/09/2019    2 recensioni
Freezer è stato sconfitto, Namecc è stato ripristinato, e finalmente Goku fa la sua rimpatriata dopo quasi un mese di assenza.
Ma qualcosa, all’improvviso, cambia nella vita del nostro eroe. E, inevitabilmente, anche nella vita di chi lo circonda.
Genere: Azione, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bulma, Gohan, Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era tornata a casa sfinita, Chichi, ma anche piuttosto rigenerata. La chiacchierata con Bulma era servita ad allentare la tensione, e non solo: a quanto pareva, la mora aveva ancora delle cose da scoprire sul conto del suo ex marito, e non avrebbe perso tempo a cercare di scoprirle.

Per un breve attimo si maledisse, perché se quella sera non avesse ceduto e lo avesse buttato fuori di casa una volta per tutte, probabilmente non si sarebbe trovata in quella situazione. Ma scacciò quasi subito quei pensieri, tornando a dedicarli a David: quell’uomo le piaceva davvero. Certo, non si poteva ancora definire amore, ma Chichi non la considerava una stupida storiella da nulla. Anzi, avrebbe lottato con le unghie e con i denti per dimostrargli che non fosse assolutamente successo nulla con Goku, dopo la loro ufficiale separazione. Lei era decisamente rimasta incinta prima che cominciasse a uscire ufficialmente con David, quello era poco ma sicuro. Di certo tra i due, quello cornuto era stato Goku, non il contrario.

Certo, non che la situazione cambiasse molto: in fondo, era rimasta incinta del marito mentre cominciava di già a provare sentimenti nei confronti dell’amante. Ma... ma non era comunque colpa sua, punto! 

Però, pensandoci bene, la donna non aveva poi tutta quest’intenzione di voler tornare con quello che era ormai diventato il suo nuovo fidanzato. Ed il motivo era semplice: voleva farsi un ennesimo giro nella vita del suo ex marito. Doveva capire cosa significassero quelle parole tanto ambigue che Bulma le aveva detto. Doveva assolutamente far venire la verità, qualunque essa fosse, a galla, e con David tra i piedi non ne avrebbe avuto la possibilità.

Così, se in un primo momento aveva preso in mano il telefono con l’obiettivo unico di chiamarlo, alla fine aveva rinunciato, cambiando improvvisamente rotta: avrebbe telefonato a Goku. E poco le importava cosa stesse facendo. In caso, avrebbe visto la chiamata e le avrebbe telefonato più tardi, no? 

 

 

 

Si era quasi svegliato urlando, al suono di quella maledetta, fastidiosissima suoneria proveniente dal telefono dell’inetto che, il principe non sapeva come, si era ritrovato a finire proprio sotto il suo cuscino. Ma era troppo stanco anche solo per urlare, o a quanto pare, anche soltanto per controllare chi fosse a telefonare perché, una volta udita la-fastidiosa, rettifichiamo-voce di quel maledetto Michael Jackson-così gli era stato detto che si chiamava, quell’inutile terrestre che tutti elogiavano-, Vegeta aveva afferrato il telefono e, con scarso interesse, aveva accettato la chiamata, portandosi poi l’apparecchio all’orecchio.

 

«Pronto?»

 

 

Chichi trasalì, sbiancando totalmente, come se avesse appena visto un fantasma.

Anzi, in questo caso, sentito.

Perché la voce che le aveva risposto al telefono non era affatto quella stridula, sempre amichevole e sempre serena di Goku, no, la voce che le aveva appena risposto al telefono apparteneva ad un’altra persona. All’ultima persona che avrebbe dovuto possedere il cellulare del suo ex marito.

Vegeta.

Non aveva avuto mai modo di parlarci troppo-anzi, non aveva avuto mai modo di parlarci e basta-, ma la sua voce, quella voce intimidatoria, annoiata, fredda, in quel momento anche rauca ed impastata, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Quella era la voce del vile assassino che aveva osato mettere le mani addosso a suo figlio, soltanto un anno prima.

 

«Go-Goku?» si limitò a chiedere la donna, deglutendo «Dov’è Goku?»

 

All’udire quella voce, quella maledetta voce stridula, fastidiosa, impertinente ed assolutamente insopportabile probabilmente alle orecchie di chiunque, il principe dei saiyan fece di tutto per non incrementare ulteriormente la sua aura, preso da un’attacco d’ira, e cominciò a digrignare i denti, ringhiando impercettibilmente.

Com’era possibile che la causa di tutti i suoi risvegli bruschi e della maggior parte dei suoi attacchi di rabbia fosse sempre e soltanto quella maledetta donna? Com’era possibile che l’ex moglie di Kaharoth, che aveva cacciato a pedate sia il marito che il figlio da quella che una volta era la loro casa, avesse ancora quel dannatissimo bisogno di sapere dove fosse il suo ex marito e cosa stesse facendo?

Accidenti, Goku stava male, e non c’era di certo lei a preoccuparsi e a dover sopportare le sue crisi. No, lei non c’era, c’era lui! Quindi che diavolo voleva ancora? 

Alzandosi dal letto, facendo anche attenzione a non svegliare il deficiente, che ancora dormiva profondamente al suo fianco-avrebbe dovuto controllarlo, sembrava star respirando un po’ male-, rispose, altezzoso: «Come vedi, al momento non c’è. Che diavolo vuoi? Quel nullafacente di tuo figlio è di sotto.»

 

Per un attimo, la donna ebbe l’impulso di attaccare, presa dall’ansia e dal panico per essere appena stata interpellata da Vegeta-proprio da Vegeta, quel saiyan spietato che si divertiva a far soffrire persone innocenti-, ma poi fece un bel respiro e si calmò, cercando di esaminare tutti i motivi per i quali quel ragazzino impertinente avesse il cellulare del suo ex a portata di mano.

E poi, un pensiero spaventoso, interessante e preoccupante allo stesso tempo, si fece spazio nella sua mente, facendola arrossire come una fragola appena colta dall’albero. Un pensiero talmente lontano dall’essere plausibile, che in quel momento lo era terribilmente.

Chichi si incuriosì. Si incuriosì così tanto che, per un attimo, dimenticò addirittura di star parlando col principe dei saiyan in persona e, puntando l’unica mano libera su di un fianco ed assumendo un’espressione carica di sfida, nonostante poi lui non potesse neanche vederla, disse: «A dire la verità, cercavo Goku, non Gohan.» 

 

«Beh, mi spiace per te.» fu la risposta seccata del principe «Ritenta. Sarai più fortunata.»

E, detto questo, senza neanche aspettare che lei rispondesse, Vegeta le attaccò in faccia, con tutta l’intenzione di andarsi ad ammazzare di allenamento nella gravity room, cercando di dimenticarsi dell’esistenza di quella strega.

Ma poi, il rumore dei passi leggeri e delicati di Bulma che salivano le scale, lo dissuase dal suo desiderio di allenamento. Oh, avrebbe interrogato quella donna fino allo sfinimento, pur di sapere qualcosa in più di ciò che era successo tra lei e l’altra oca.

Oh sì, il principe avrebbe fatto proprio così. Nessuno si doveva permettere di tenere segreto qualcosa al grande Vegeta. Soprattutto se quel qualcosa riguardava l’idiota, dato che in quel momento, a sopportarlo, era lui e lui soltanto.

Per un attimo, il principe dei saiyan si chiese se non avesse dovuto avvertire Gohan dei malanni di suo padre, ma poi si disse che non era affatto il momento. In fondo, il moccioso doveva ancora conoscere la storia dell’attacco a Neo-Namecc e di quei saiyan pericolosi che avevano ancora sua madre tra le grinfie. Ma Gohan non era stupido. Vegeta era sicuro che, nonostante preferisse mantenere il silenzio, il bambino avesse già capito qualcosa: in fondo, ormai erano giorni che Gine mancava da casa, e di certo non poteva essersi volatilizzata, e poi c’era Jinjer. Lei non aveva ancora spiegato al suo nuovo amico il motivo che l’aveva spinta a raggiungere la Terra.

Fece per uscire dalla stanza con un’alzata di spalle quando, come se si fosse appena destato da un coma, Goku iniziò a mugugnare, distraendolo da quelli che erano i suoi iniziali obiettivi.

 

«Gnhm...» fece il saiyan dai capelli a palma, contorcendosi nel letto «Vegeta...»

 

Preoccupato-purtroppo, ormai, avrebbe dovuto abituarsi a quelle sensazioni così fastidiose-, Vegeta si avvicinò in fretta al compagno, inginocchiandosi accanto al letto e portandogli una mano sulla guancia. Scottava, scottava in maniera quasi insopportabile. Era come se quel riposo non gli avesse affatto giovato. Stava peggiorando a vista d’occhio, e il principe non sapeva più quali carte giocare per riportare quell’imbecille nel regno dei vivi.

 

«Hey.» provò a dire, sferrandogli un colpo leggero sulla faccia, senza però ottenere troppi risultati «Kaharoth.»

«Vegeta...» ripeté il saiyan dai capelli a palma, sudando, rosso in viso, con il dolore che, incessante, lo attanagliava.

«Che c’è?» il principe approfittò della loro vicinanza per cambiare il panno che aveva ormai da tempo indeterminato premuto contro la fronte, cercando di imbevere il nuovo in quanta più acqua possibile.

«Male...» mugugnò Goku «Fa male...»

«Ma cos’è che ti fa male?» chiese allora il ragazzo, quasi spazientito: già, lo sapeva che stava male, lo sapeva benissimo, ma quel maledetto idiota non gli aveva ancora spiegato perché stesse male, che cosa esattamente gli facesse male. Poi, seguì con occhi freddi il movimento della mano del compagno, che andò a posarsi pesantemente sul petto, all’altezza del cuore.

Titubante, Vegeta decise allora di imitare il suo gesto ma, prima ancora che potesse anche solo poggiare la propria mano su quella dell’inetto, quest’ultimo, veloce come un puma, gliela afferrò, stringendola forte, in una maniera quasi dolorosa, facendolo arrossire come un imbecille. Certo, quello non era esattamente il momento di pensare a cose come i sentimenti, ma il principe non ne poté fare a meno: nell’esatto momento in cui la sua mano toccò il petto di Goku, nell’esatto momento in cui sentì il suo cuore battere in maniera così frenetica, un brivido percorse tutta la sua spina dorsale, mentre il suo, di cuore, era sicuro si fosse fermato per un istante. 

Si stava davvero riducendo così per il suo inutile-che poi, tanto inutile non era- rivale? Per un guerriero di terza classe? Per un traditore della sua stessa stirpe? Per colui che, soltanto un anno prima, aveva preso il suo orgoglio in una mano ed aveva iniziato a sgretolarlo?

Vegeta si sentì morire. Ma non certo perché si sentiva uno stupido, no. Ma perché in quell’istante, in quel terribile istante, quello stesso inutile rivale, quel guerriero di terza classe, quel traditore della stirpe dei saiyan, stava male, e lui non sapeva cosa fare per evitarlo. 

Se quella situazione si fosse andata a creare qualche tempo prima, probabilmente avrebbe fatto i salti di gioia. Si sarebbe liberato per sempre di Kaharoth, di Goku, e sarebbe diventato lui l’essere più potente e temibile della galassia. Lui, il solo ed il grande principe di tutti i saiyan.

Ma ora... ora era proprio sicuro che il suo desiderio di superarlo e diventare super saiyan fosse più forte di quel sentimento che, prepotente, gli martellava il cuore ed il cervello come stesse implorando di uscire allo scoperto? 

«Qui?» chiese il principe, avvicinandosi istintivamente, poggiando l’orecchio sul petto del cretino, sincerandosi del suo battito cardiaco: non era affatto un cardiologo, non ci capiva nulla di tutta quella robaccia, ma una cosa era certa. Il muscolo principale del corpo del suo rivale non stava funzionando come avrebbe dovuto «Ti fa male qui?»

Ora, Vegeta si sentì uno stupido anche soltanto a poter pensare una cosa del genere, ma nel momento in cui aveva poggiato la testa-per l’ennesima volta- sul petto di quel maledetto stupido, sembrò come se il suo respiro si fosse stabilizzato ed il battito di quel cuore impazzito si fosse improvvisamente calmato, mentre il saiyan dai capelli a forma di palma, delicatamente, gli poggiava una mano tra i capelli, prendendo a passare le dita tra alcune ciocche, tranquillizzandosi.

 

Quel dolore sconosciuto non aveva fatto altro che aumentare, in quelle ultime ore. Non era riuscito a riposarsi per bene, Goku, e anzi, il suo era stato un sonno tormentato da incubi di ogni genere. Incubi in cui era lui stesso il protagonista.

Sognava quei nemici senza volto, sognava Freezer, sognava le urla dei suoi amici, degli abitanti della Terra... sognava Vegeta. In pericolo, vittima degli attacchi di quei vili. E sognava sé stesso, lui che, nonostante gli sforzi, non era riuscito a salvare la vita dell’unica persona che, in quel momento, avrebbe potuto farlo star meglio.

Perché il principe dei saiyan, nonostante tutto, nonostante continuasse ogni singolo giorno a minacciarlo di morte e ad insultarlo, era l’unica persona che in quel momento si stesse davvero preoccupando per lui. Perché il principe dei saiyan era l’unica persona che Goku volesse al suo fianco, l’unico che sarebbe riuscito a farlo star meglio. Anche solo con uno sguardo, anche solo con uno dei suoi buffi insulti.

Sorrise, il giovane super saiyan, mentre carezzava quei capelli color ebano così simili ai suoi. Sorrise, e prese aria. Tanta aria. Facendola infine diventare un lungo respiro rilassato.

 

«Sto meglio, sai?» incalzò, con voce leggermente più allegra «Grazie.»

«Tsk.» Vegeta, imbarazzato all’inverosimile, si ritrasse da quel contatto, alzandosi bruscamente in piedi «Ovvio che stai meglio, sei un saiyan. Noi non ci facciamo buttare giù da certi malori stupidi.»

 

*

 

Dopo aver giocato a sorte ad un gioco di ruolo molto in voga tra le divinità, alla fine il gruppo di esseri superiori aveva designato l’arduo compito a Re Kaioh del Nord, di dirigersi sul pianeta dei Kaiohshin, con l’intenzione di chiedere udienza a Kaiohshin il Sommo, nella speranza che egli avesse in cantiere qualche tipo di soluzione a quel grosso problema che stava attanagliando non solo il suo universo, ma molteplici dimensioni, mettendo a repentaglio anche la sicurezza del regno dell’aldilà, i quali problemi continuavano ad aumentare ora dopo ora.

Il buffo essere dalla pelle blu non aveva mai incontrato personalmente esseri superiori come i Kaiohshin: tra loro, soltanto Re Yammer aveva avuto quel grande onore. Ma aveva sentito che fossero degli esseri dalla potenza inestimabile, delle divinità misteriose, che purtroppo, però, erano state quasi tutte fatte fuori da un essere di nome Majin Bu, milioni e milioni di anni prima.

C’erano rimasti soltanto il più giovane di loro, Kaiohshin il Superiore, e Kaiohshin il Sommo, che erano riusciti a sfuggire alla furia del mostro che li aveva attaccati millenni prima. Eppure, nonostante non fossero più al completo, tutte le altre divinità non gli privavano stima e rispetto, e anzi, li consideravano addirittura gli esseri più importanti dell’intero universo.

Accompagnato dall’indovina Baba, che era in grado di spostarsi senza problemi da una dimensione all’altra, Re Kaioh alla fine giunse su quello che doveva essere il pianeta dei Kaiohshin: molto più grande del suo, la gravità era decisamente meno pesante, ed il cielo color glicine era attraversato da nubi azzurrine simili a quelle terrestri.

Dapprima sembrò non ci fosse proprio nessuno ma poi, come se lo avessero sentito arrivare, di fronte a lui si materializzarono due esseri: uno più giovane, dalla pelle lilla ed il ciuffo bianco, ed un altro più alto, dalla pelle rossiccia, l’aspetto burbero, ma dall’aria molto pacifica.

 

«Salve.» lo salutò quello che sembrava essere il più giovane tra i due, sorridendogli cordialmente «Lei dev’essere Re Kaioh del Nord. È un vero onore fare la sua conoscenza. Io sono il Kaiohshin dell’Est.»

A quella rivelazione, la divinità dalla pelle bluastra trasalì e, schiarendosi la voce, fece un piccolo inchino, esclamando: «L-l’onore è tutto mio!»

 

*

 

Dopo aver studiato per un paio d’ore, assorti nei propri pensieri, e dopo aver fatto fuori tutta la dispensa del povero principe dei saiyan, i due bambini avevano deciso di uscire di casa, con tutte le buone intenzioni di andarsi ad allenare per un po’. Ovviamente l’idea era stata della piccola Jinjer che, dopo aver pregato per un po’ il suo amico mezzosangue, alla fine l’aveva convinto a muoversi.

Stanchi delle solite, freddissime e noiosissime gravity room, alla fine i due piccoli saiyan avevano deciso di spostarsi nei boschi dei Monti Paoz. Boschi che Gohan conosceva molto bene, e che avevano causato una forte nostalgia nel bambino, che non faceva il giro di quelle foreste da tanto, troppo tempo. Gli mancava l’aria pulita delle sue montagne, gli animali pacifici con cui si divertiva a far amicizia, la sua casetta solitaria sperduta tra i monti, il verde, il silenzio e la tranquillità. Gli mancava tutto di quella vita, ma alla fine dei conti, avrebbe potuto raggiungere sua madre sui monti Paoz in qualsiasi momento. Il problema era che Gohan, oramai, non riuscisse più a staccarsi da quell’aria cittadina alla quale aveva imparato ad abituarsi. Non riusciva a staccarsi dal suo amato papà e, nonostante tutto, anche da Vegeta.

Ma esserci tornato in compagnia di un’amica lo rese improvvisamente più felice, più sereno.

I due si allenarono nella foresta, scaricando gran parte della loro potenza, giocando ad una sorta di acchiapparella fra gli alberi, godendosi sia il divertimento scaturito da quella lotta innocente, sia la frutta fresca, sia gli animali che, allegri, gli giravano attorno. 

Era decisamente una bella giornata: certo, era autunno, e non faceva di certo caldo, ma nonostante tutto, il sole era alto nel cielo con la totale assenza di nuvole, e li riscaldava placidamente, nonostante il venticello pungente di ottobre. L’umidità non era altissima, e grazie anche a questo, i due piccoli saiyan non si stancarono affatto.

Nonostante Gohan fosse felicissimo di avere amici come Junior, al suo fianco, doveva ammettere che, avere finalmente un’amica quasi della sua stessa età, fosse sul serio fantastico. Aveva sempre pensato che non si sarebbe mai potuto rapportare ad altri bambini, ma l’arrivo di Jinjer era stata come una ventata d’aria fresca, un raggio di sole tra le spesse nuvole grigie che sovrastavano la vita del piccolo guerriero.

Giocarono quasi fino allo sfinimento, correndo felici tra gli alberi quando, ad un certo punto, un debole fascio di luce bluastra aveva attirato la loro attenzione.

I due piccoli saiyan si fermarono ad osservare quella piccola luce farsi sempre più grande, fino a diventare un vortice azzurrognolo di medie dimensioni, che girava, girava, girava, e non ne poteva sapere di fermarsi.

 

«Che diavolo è quello?» si chiese la bambina, avvicinandosi lentamente furtiva: se c’era una cosa che aveva imparato vivendo nello spazio, era di non fidarsi delle anomalie e stare sempre sull’attenti «Gohan, tu lo sai?»

«Non ne ho la minima idea...» lui la seguì, stando ben attento a dove mettesse i piedi «Dici che è qualche nemico della Terra?»

«Mh...» lei si portò un dito alle labbra, come per riflettere «No, non penso proprio. Sembra totalmente inoffensivo.»

Si scambiarono uno sguardo interrogativo, senza fiatare, chiedendosi entrambi se si sarebbero potuti avvicinare. Ma alla fine, la curiosità tipica dell’infanzia vinse sulla razionalità da guerrieri ed i due saiyan, all’inizio titubanti, decisero di avvicinarsi all’oggetto sconosciuto.

Errore madornale, perché mai si sarebbero aspettati che quel piccolo vortice dall’aria inoffensiva li risucchiasse completamente, catapultandoli in un mondo che, prima di allora, nessuno dei due aveva mai avuto l’occasione di visitare.

 

Si ritrovarono in tutto un altro mondo, i due piccoli guerrieri. 

Le loro teste erano sovrastate da un cielo scuro, ricoperto di nubi. Il sole che, debole, cercava con tutte le sue forze di farsi spazio in quella coltre quasi invalicabile; se i due non avessero saputo che le nuvole fossero incorporee, probabilmente in quel momento avrebbero pensato che fossero fatte di piombo, tanto sembravano pesanti ed intimidatorie.

Non c’erano dubbi, quella era la Città dell’Ovest. Ma c’era qualcosa di diverso, qualcosa che era impossibile non notare: non era la solita cittadina felice e rigogliosa che i due si erano abituati a vedere, no. Quella Città dell’Ovest, quella in cui si erano appena ritrovati, era ridotta in cumuli di macerie. Non c’era rimasto quasi più nulla, era come se un grosso terremoto l’avesse colpita a tal punto da distruggerla. 

Il silenzio regnava sovrano, in quella che i due bambini conoscevano come una città piena di rumori, smog, chiacchiericci, persone che correvano là e qua, bambini che giocavano e vecchiette che attraversavano la strada. Non c’era nulla di tutto ciò, di fronte ad i loro occhi increduli ed innocenti, no: lì sembrava esistere solo silenzio e desolazione. 

 

«Che...» mormorò il piccolo Gohan, tremando «Che è successo qui?»

La piccola Jinjer, però, che aveva potuto sapere da parte di sua madre che esistevano degli uomini in grado di viaggiare in dimensioni differenti, aveva immediatamente capito dove si fossero andati a cacciare. Quello non era il loro universo, forse non era neanche la loro stessa linea temporale, no: si trovavano in un’altra dimensione. Una dimensione in cui, purtroppo, la Città dell’Ovest era stata totalmente distrutta.

«Non farti intimorire, Gohan.» lo rassicurò la sua amica, alzandosi in volo «Non è il nostro mondo, siamo finiti in una dimensione differente.»

«Eh?» il bambino sembrava confuso, ma allo stesso tempo affascinato: aveva sempre sentito parlare di viaggi spazio-temporali, e li aveva sempre considerati interessanti quanto dannosi, ma mai si sarebbe immaginato di ritrovarsi lui stesso ad affrontare un’avventura del genere «Ma tu... tu ne sei sicura?»

«Che domande! Certo che ne sono sicura!» esclamò la principessa dei saiyan, assumendo, in quel momento, la stessa espressione saccente del fratello «Non vedi che è tutto distrutto? È impossibile che in un’ora di nostra assenza, sia successo tutto questo casino!»

Beh, effettivamente era un ragionamento che filava.

Rinvigorito, allora, il piccolo Son raggiunse la sua amica, chiedendo poi: «E ora? Che cosa facciamo? Come ci torniamo a casa?»

«Penso dovremo aspettare che appaia un altro di quei varchi.» fu la risposta secca di Jinjer «Nel frattempo, già che ci siamo, facciamoci un giro. Ma sarà meglio azzerare le nostre aure, non si sa mai.»

E così, spinti dal loro innato spirito d’avventura, i due bambini si librarono in volo e, facendo ben attenzione che la loro aura fosse abbastanza bassa da non farsi scoprire da nessuno, si diressero verso l’unico luogo di quella città che riconoscessero come casa: la Capsule Corporation. 

Ma, quando arrivarono sul posto, non trovarono la solita casetta semi-circolare circondata da un giardino e degli alberi, no. Quando arrivarono sul posto trovarono soltanto un edificio quasi completamente ridotto in macerie. Un edificio che, oramai, più che una casa sembrava esser diventato un rifugio poco sicuro per i sopravvissuti ad una catastrofe.

«Oddende...» esclamò il piccolo Gohan, portandosi una mano di fronte alla bocca con aria preoccupata «Pensi che ci sia qualcuno, lì dentro?»

«Beh, c’è solo un modo per scoprirlo.»

Entrarono furtivi, azzerando completamente le loro aure e cercando di rimanere bassi. All’interno, le luci a led che erano abituati a vedere brillanti e perfettamente funzionanti, ora funzionavano ad intermittenza, emettendo una fievole luce che, dall’esterno, neanche si era notata.

Il salotto era esattamente come se lo ricordavano, ma era completamente pieno di polvere e pezzettini di soffitto completamente andati a farsi benedire. Non sembrava esserci presenza di anima viva fino a quando, nell’ombra, i due piccoli saiyan non notarono una figura.

Era seduto in un angolo della stanza, con le gambe accavallate ed un’espressione indecifrabile. Era impossibile non riconoscerlo: quello era proprio Vegeta.

Li stava osservando freddo, austero, per nulla intimorito dalla loro presenza. Non proferiva parola, se ne stava semplicemente lì a guardarli.

 

«V-Vegeta?» balbettò Gohan, deglutendo, venendo immediatamente frenato da una gomitata ben assestata di Jinjer.

«Shhh, non parlare. Non è lui.»

«E chi dovrei essere, sentiamo.» la voce austera e roca del principe dei saiyan, o di quella che sembrava una sua proiezione futuristica, aveva innescato un campanello d’allarme nelle menti dei due bambini, che si erano immediatamente messi sull’attenti «Chi siete, mocciosi? Che cosa siete venuti a fare?»

«Ma come...» fu l’esclamazione del mezzosangue «Non mi riconosci? Sul serio?»

L’uomo, leggermente più invecchiato di come fossero abituati a vederlo, spostò lo sguardo sul piccolo Son, guardandolo con occhi indecifrabili. Era come se, in un certo senso, stesse cercando di ricordare, di scavare all’interno della sua mente per trovare un appiglio.

Appiglio che, infine, con grande stupore, trovò.

«Gohan?» chiese, esterrefatto «Come hai fatto? Come sei tornato ad essere così piccolo?»

Il bambino non capiva. In che senso ‘come aveva fatto a tornare ad essere così piccolo’? Forse non erano finiti soltanto in un’altra dimensione, ma anche nel futuro? 

Ora che lo guardava bene, in effetti, il principe dei saiyan era molto diverso: il suo corpo era più robusto, più muscoloso, ed il suo viso era segnato da rughe che, di certo, non esistevano sul volto del ragazzo che viveva sotto il suo stesso tetto. Sì, doveva essere per forza così: quello era il futuro. O, per lo meno, il futuro di quella dimensione.

«Non sono il Gohan che tu credi.» fu la risposta del bambino che tornò a rilassarsi, sicuro che Vegeta non gli avrebbe fatto del male «Io e Jinjer siamo finiti qui per puro caso. Abbiamo attraversato un varco e-»

Vegeta strabuzzò gli occhi, come spaventato da qualcosa, o da qualcuno, o da entrambi, all’udire quelle parole «Quindi è così che quei vili sono riusciti a raggiungere questa dimensione! Esistono dei varchi!»

«Vili?» Jinjer si avvicinò al fratello, che sembrava non riconoscerla affatto «Di chi stai parlando? Chi vi ha attaccati così?»

Il principe esitò per un istante, poi, sospirando ed arrivando probabilmente alla conclusione di potersi fidare, fece cenno ai due ragazzini di seguirlo.

Scesero in quella che, una volta, era la cantina del dottor Brief, ma che in quella dimensione sembrava essere diventata una sorta di rifugio. Ma rifugio da che cosa? Da cosa erano tanto spaventati? Perché Vegeta non aveva combattuto contro chiunque stesse attaccando la Terra?

 

«Si chiamano Paragas e Broly.» aveva detto l’uomo, raggiungendo un’altra ala della stanza dove, stremata, una Bulma molto più invecchiata di quella che i due conoscevano, dormiva poggiata su una delle scrivanie «Ma con loro, non so perché, ci sono anche Freezer e Re Cold, suo padre. Penso che tu, Gohan, te lo ricordi.»

«Chi?» chiese il bambino, confuso «Freezer o l’altro?»

Vegeta, a quel punto, inarcò un sopracciglio «Trunks non è venuto dal futuro ad uccidere Freezer, lì da voi?»

«Trunks?»

I due bambini si scambiarono un’occhiata interrogativa, per poi chiedere all’unisono «Chi è Trunks?»

Vegeta non ci poteva credere: quei due bambini arrivati dal passato-e probabilmente da tutt’un altro universo-, non stavano vivendo affatto quello che avevano vissuto loro. Molto probabilmente, nella loro linea temporale, non esisteva nessun Trunks, e questo lo spaventò: voleva forse dire che lui non era mai cambiato? Che aveva continuato a distruggere pianeti ed uccidere innocenti? 

Decise di non pensarci e, scuotendo la testa, riprese: «Non è importante. In ogni caso, questo Paragas afferma che è capace di viaggiare di dimensione in dimensione, e che lo sta facendo soltanto per liberarsi di tutti i saiyan sopravvissuti alla distruzione di Vegetasei in tutte le dimensioni. In pratica, vuole ucciderci tutti uno per uno, in modo da rimanere solo con il figlio. Il figlio che, tra l’altro, è molto più forte di lui, ma che viene controllato proprio dal padre. È lui il burattinaio, suo figlio non fa altro che eseguire i suoi ordini come un bambolotto.»

A quella rivelazione, i bambini rabbrividivano. Era davvero possibile che esistesse, nella galassia, un padre così sconsiderato da utilizzare il figlio solamente per i suoi scopi malvagi? Era davvero possibile che esistesse un saiyan così potente da riuscire a distruggere universi interi? 

A Jinjer venne in mente sua madre. Era probabile che quei due l’avessero rapita o, ancora peggio, uccisa, e probabilmente quel Vegeta, quello con cui stavano parlando, non era nemmeno a conoscenza del fatto che lei fosse sua sorella, e che Rosicheena, sua madre, fosse nelle mani di quei mostri.

«Nessuna dimensione è al sicuro.» continuò il principe, assicurandosi che Bulma, ancora addormentata, non prendesse freddo, adagiando una coperta sulle sue spalle, stupendo i due piccoli guerrieri, che non l’avevano mai visto comportarsi in quel modo nei confronti della turchina «Se la vostra non è ancora stata attaccata, probabilmente verranno presto a farvi una visita.»

«No.» fu la risposta di Jinjer «Probabilmente noi saremo gli ultimi. Loro provengono dal nostro universo, ne sono più che sicura.»

«Sono quelli che hanno rapito tua madre, vero?» le chiese il piccolo Gohan, che si era fatto raccontare dall’amica tutto quello che sapeva «Quelli da cui sei riuscita a scappare?»

La bambina annuì, ripensando a sua madre. Le faceva male il fatto di non essere abbastanza forte per poterla vendicare, per poterla salvare. Il fatto che lei fosse totalmente impotente le faceva ribollire il sangue nelle vene. Era per questo che, da quando era arrivata sulla Terra, non faceva altro che allenarsi, anche soltanto per gioco. Voleva diventare forte, voleva riuscire a raggiungere lo stesso livello di suo fratello o di Goku, voleva anche lei contribuire alla causa.

«Dove sono tutti gli altri?» chiese ad un certo punto il piccolo mezzosangue, rivolto a Vegeta «Dove sono Junior, mio padre, Crilin e il resto della squadra?»

‘E dove sono io?’ stava per chiedere Gohan, ma decise di non voler sapere che fine avesse fatto in quel futuro.

«Crilin è morto in battaglia, e Junior dopo di lui.» fu la risposta del principe «Tua madre è ancora viva, si trova ancora sui Monti Paoz con tuo nonno. Mentre tuo padre si trova ancora nell’aldilà, dopo la fine del Cell Game. Non può più tornare, ha già usato il permesso per partecipare all’ultimo torneo di arti marziali, e senza sfere del drago, non possiamo riportarlo in vita. Siamo rimasti soltanto io, Bulma, il tre occhi, e-»

«Papà!»

Di corsa, videro scendere le scale della cantina due bambini: uno dai capelli lilla e gli occhi azzurri, l’altro perfettamente identico a Goku. Da dove venissero, Jinjer e Gohan se lo chiesero fino all’ultimo, e rimasero sorpresi dal modo in cui il primo ragazzino avesse chiamato Vegeta.

Papà, aveva detto. Beh, in effetti un po’ si somigliavano. Ma quello strambo colore di capelli li aveva dissuasi dal pensare che potesse davvero essere il figlio del principe dei saiyan.

«Dove siete stati?» fu la domanda dell’uomo.

«A caccia di malvagi!» esclamò il ragazzino identico a Goku «La loro navicella è ancora qui sulla Terra, non si sono ancora mossi!»

«Non vi siete avvicinati troppo, vero?»

«Certo che no.» rispose il bambino dai capelli lilla «Abbiamo tenuto azzerate le nostre aure. Ma quella di Broly è piuttosto debole, sicuramente sta dormendo. E a fare la guardia all’astronave ci sono Freezer e quell’altro gigante che gli somiglia.»

Sembravano non essersi neanche accorti degli altri due bambini ma, ad un certo punto, il piccolo dai capelli a forma di palma si voltò in direzione di Gohan, con espressione confusa «E voi chi siete?»

«No. Voi chi siete!» esclamò Jinjer, incrociando le braccia al petto con un cipiglio piuttosto simile a quello di Vegeta «Noi veniamo dal passato! Io sono Jinjer, e lui è Gohan!»

«Gohan?» domandò di nuovo il bambino, strabuzzando gli occhi «Gohan mio fratello?»

A quella domanda, il piccolo Gohan sbiancò, come se avesse appena visto un fantasma. Fratello? Ma lui era figlio unico, non aveva alcun fratello! E poi, i suoi si erano lasciati! Com’era possibile che in quel futuro esistesse un altro figlio di Goku? 

«Ho... ho un fratello?» balbettò, esterrefatto «Ho davvero un fratello, in questa dimensione?»

«Perché, nella tua Goten non esiste?» chiese il figlio del principe dei saiyan, mettendosi in mezzo.

«A dire la verità, nessuno di voi due esiste.» fu la risposta della principessa dei saiyan «A quanto pare, qua le cose sono andate molto diversamente.»

«Ma come ci siete finiti, qui?» chiese il ragazzino dai capelli lilla, puntando le mani ai fianchi «Non avete nessun modo di tornare a casa?»

«Trunks!» esclamò Goten «In realtà, se vengono dal passato, c’è un modo di tornare!» 

«Ah, sì?» Gohan diventò immediatamente interessato: non voleva rischiare di rimanere lì per sempre, voleva tornare a casa «E quale?»

Gli occhi di Trunks si illuminarono d’intelligenza, mentre realizzava improvvisamente che cosa il suo amico gli avesse appena detto. Poi esclamò: «La macchina del tempo di Cell!»

«Mocciosi.» li richiamò tutti a sé il principe dei saiyan «Non se ne parla neanche. È troppo lontana da qui, vi esporreste troppo.»

«Ma papà!» si oppose il piccolo Trunks, gonfiando le guance «Siamo stati vicino alla navicella di Paragas! Siamo coraggiosi!»

«Ma papà niente.» il principe sembrò perentorio «Ce li accompagno io, alla macchina del tempo. Voi resterete qui con Bulma.»

«Vuoi andare nel passato, papà?» chiese Goten, stupendo a dir poco Gohan, che non si sarebbe mai aspettato che quello che doveva essere suo fratello, quindi il figlio di Goku, arrivasse a chiamare Vegeta ‘papà’ «Vuoi lasciarci qui da soli?»

Il principe dei saiyan, a quella domanda, si ritrovò a riflettere. Effettivamente, farsi un viaggio nel passato lo avrebbe aiutato a farsi anche degli alleati. Ed un po’ d’aiuto da parte delle loro proiezioni di un altro universo, forse, sarebbe stato utile per sconfiggere definitivamente quei mostri.

A pensarci bene, Goten gli aveva appena dato un’idea geniale.

 

~

 

Salve a tutti, amici!

Eccomi tornata con questo chappy, che finalmente si concentra un po’ di più sulla coppia più bella di questa storia! Andassero a quel paese Goku e Vegeta, ci sono Jinjer e Gohan in the house! xD

Amo questi due bambini, sono come le mie due personalità che si scontrano e decidono di far delle marachelle insieme. Ed ecco qua che, a causa di una marachella, sono andati a finire nel futuro. Un futuro molto simile alla linea temporale dell’opera originale... e adesso, che cosa succederà? Alla fine si alleeranno sul serio?

Beh, due Vegeta sono sempre meglio di uno, in fondo!

Goku sta ancora male, ma a quanto pare la presenza del principe dei saiyan lo rasserena. In effetti, rasserena un po’ tutti noi. 

Nel frattempo, nel regno dell’aldilà, finalmente Re Kaioh è andato a parlare con i Kaiohshin. Ma che impatto avranno queste divinità, su tutta la storia? 

Oh, lo scopriremo molto presto. Vi dico solo che i poteri del Sommo saranno molto importanti per uno in particolare dei nostri personaggi(o forse, due).

Abbiamo finalmente anche incontrato Goten e Trunks(e come ometterli). Chissà se anche loro finiranno per prendere parte alla battaglia finale!

Abbiamo anche scoperto quello che sembrerebbe essere il vero piano di Paragas, ovvero uccidere tutti i saiyan in tutti gli universi. Ci riuscirà? E perché vuole raggiungere quest’obbiettivo? E per quale motivo Freezer e Re Cold sono suoi alleati?

E Cooler? Che fine avrà fatto?

Questi particolari lo scopriremo solo più avanti!

 

Al prossimo capitolo!

 

-JAY

 

 

   
 
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