Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: hikaru83    06/09/2019    8 recensioni
La storia di Sherlock e John, il modo in cui si sono incontrati, tutto ciò che hanno vissuto, la conosciamo bene. Molti di noi avranno rivisto la serie abbastanza volte da citare le frasi senza che le altre persone riescano a capire, ma neanche ci importa, noi sappiamo (e se il nostro interlocutore abbassa la media di intelligenza dell'intero quartiere non è nemmeno colpa sua). E molti di noi hanno avuto problemi con il modo con cui l'hanno conclusa (per ora). E allora che fare? Allora ho deciso che la storia provo a scriverla come vorrei fosse andata, magari grazie a qualcuno che ha sempre osservato ma non abbiamo mai visto. Qualcuno che come noi era sempre con loro, ma al contrario nostro ha potuto cambiare le carte in tavola.
Rivivremo la storia, e basterà cambiare una cosa, per cambiare un sacco di cose.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Altra fuga al mare, e mi sono premunita anche questa volta. Chi l'avrebbe detto!

So che lo scorso capitolo vi ho fatto soffrire, ma purtroppo i Moffits hanno deciso che saper resistere al dolore doveva doveva essere una caratteristica dei fan della loro serie,

In questo particolare capitolo sarà incentrato su Mycroft e sulla nostra protagonista, e chissà non riescano a togliervi qualche domanda.

Buona lettura!





Dalla tua parte




2014
Londra
Estate

 

«Credi che c’è da fidarsi di questo... Wiggins?» Le chiede Mycroft, scettico.

«Beh, Sherlock sembra fidarsi, per quanto la cosa possa essere rassicurante.»

Mycroft alza un sopracciglio. In effetti, la cosa non lo è per niente, lo sa anche lei, ma non ha altre rassicurazioni da dare al suo capo.

«Sei sicura non abbia ricominciato con le droghe?» le chiede.

«Sicura... Con Sherlock non è che possa esserlo. Diciamo che è abbastanza in sé,» risponde lei, senza alcuna intonazione particolare nella voce.

Lo segue da talmente tanto tempo che oramai è perfettamente cosciente di quando diventa pericoloso per sé stesso o per gli altri e quando invece è, nonostante tutto, affidabile.

«Credo sia il massimo che possa aspettarmi, dopo...» Holmes si interrompe e sospira. Suo fratello gli toglie le energie. Ultimamente più di quanto lei abbia mai visto.

«Dopo che il suo migliore amico si è sposato?» conclude lei, mentre mescola lo zucchero – due zollette, per addolcirsi la giornata – nella tazza di finissima porcellana in cui le è stato servito il tè. È tentata di aggiungerci il limone solo per dar fastidio a Mycroft, ma l’uomo pare già abbastanza provato così. «Già,» prosegue con tono affabile, come se stesse parlando di argomenti di poco conto. «Chi non sembrerebbe finito sotto un treno dopo il matrimonio del proprio miglior amico?» domanda, guardando Mycroft direttamente negli occhi e finendo in una risata amara.

«Mi fa piacere che la cosa ti faccia ridere,» ribatte lui.

«Myc, se dovessi piangere per tutte le stronzate che stanno facendo quei due e i guai in cui si stanno cacciando, a quest’ora il livello del mare si sarebbe alzato di parecchio. E parlo al plurale perché lo sai chi sta frequentando tuo fratello, vero?» replica lei.

«Avrà sicuramente un piano.»

«Non lo dubito,» conviene lei. «Ma voi fratelli Holmes sembrate non riuscire a capire che i vostri machiavellici piani vi si possono ritorcere contro.»

«Sappiamo quello che facciamo.» La voce dell’uomo è ferma e sicura.

A lei questa sicurezza però dà sui nervi. Ha davanti agli occhi a cosa si è arrivati grazie a uno dei loro “piani”. Piani di cui ha fatto parte anche lei, senza far nulla per cambiarli, cosa che la fa sentire ancora più in colpa per quanto succederà a John e non solo a lui. «Ohhh, ma certo! Non siete quelli che credevano di poter fregare Moriarty per poi scoprire che anche con la sua morte vi ha costretto a dover in ogni caso rischiare la vita per distruggere la sua rete criminale, che tra l’altro non è ancora del tutto distrutta?» controbatte.

«Però devi ammettere che in gran parte è lo stata.»

«Se non fosse che il membro più pericoloso vive a stretto contatto con tuo fratello e aspetta un figlio da John, rendendomi particolarmente complicato farla fuori... Sì, siete stati bravi. Avete sconfitto i cattivi,» si complimenta con sarcasmo. Avrebbe anche quasi voglia di battere le mani in un applauso, ma si limita a guardarlo dritto negli occhi senza alcun timore. Non l’ha completamente perdonato per come sono andate le cose, ma ha sempre imparato ad affrontare i problemi, non a lamentarsi.

Per calmarsi, prende un bel sorso di tè che finalmente è arrivato alla temperatura che preferisce.

Proprio in quel momento, Mycroft prende di nuovo parola: «Oh, lo so che volevi che li fermassi, ma che dovevo fare? Sbucare da sotto il letto nel momento clou vestito da clown?»

Lei lo sa che l’ha fatto apposta a dire una cosa del genere, per farla soffocare. Ha aspettato il momento in cui le sarebbe stato impossibile non farlo. Quindi la doccia di tè che gli riversa addosso con uno spruzzo della bocca, se la merita tutta. «Oddio, Myc!» riesce a dire tra un colpo di tosse e una risata. «Bisogna ammettere che la cosa avrebbe bloccato la libido di John probabilmente a vita.» Dopo un secondo aggiunge­: «La libido di chiunque, a pensarci bene.»

«Potremmo non parlare della libido del dottore? Non è esattamente un argomento che vorrei toccare.»

«Oh, beh, non è che sia qualcosa che vorrei toccare io, figurati!»

«La vuoi smettere? Perché voi donne mettete dei doppi sensi ovunque?»

«I doppi sensi esistono solo se l’interlocutore li riesce a leggere; quindi forse la giusta domanda è: com’è che tu li capisci?»

«Adesso basta!» sbotta lui. «Non si può parlare con te!» la accusa, col tono petulante di un bambino.

«Ohhh, ho vinto un dibattito con il grande Holmes? Me lo devo segnare sull’agenda,» lo prende in giro ancora un po’. «E comunque devi smetterla tu. Sono arrabbiata con te. Non mi puoi far ridere.»

«Ammettilo che mi hai perdonato. Sono riuscito a farti ridere, su. Ammettilo!»

«Mai!» nega lei. «Ho riso, è vero, ma è stata una disattenzione del momento. Sono ancora mortalmente arrabbiata con te.» Ritorna completamente seria.

Ovviamente la rabbia è sparita, cacciata in un angolo fino a quando non si consumerà da sola, ma non è una cosa che è costretta ad ammettere a voce alta.

«Cercherò di farmene una ragione; e troverò il modo di farti ammettere che mi hai perdonato,» risponde lui, senza nessuna inflessione nella voce; ma gli occhi azzurri la guardano molto più sollevati di prima.

«Pffft! Voi uomini siete così infantili,» sbuffa lei.

«Io non sono infantile,» ribatte lui, dimostrando proprio il contrario. Quindi si corruccia e domanda:
«Chi altro lo sarebbe, comunque?»

«Chi? Seriamente?» Lo guarda davvero sorpresa.

Considerando l’espressione del maggiore degli Holmes, non sta scherzando. Non l’ha capito per davvero. «Sono curioso.» In effetti la osserva interessato. Le mani giunte come fa il fratello quando sta pensando.

Lei si chiede se ne è cosciente, se si rende conto di quante cose lo legano al suo fratellino impossibile.

«Okay,» concede. «Quanti posti ci sono a Londra dove i tossici si radunano per drogarsi?» domanda, cambiando momentaneamente discorso.

Mycroft la osserva cercando di capire dove vuole andare a parare. «Beh,» inizia lentamente. «Il numero esatto si aggira sui... Fammi pensare...»

Lei sventola la mano, bloccandolo. «Lascia perdere,» taglia corto. «Ci sono un mucchio di posti. Tra l’altro tu ne conosci alcuni direttamente, perché sei andato negli anni a recuperare tuo fratello fin lì, giusto?»

«Purtroppo sì,» sospira lui.

«E quello dov’è andato ora era tra quelli conosciuti?» chiede, già intuendo la risposta.

«No, mai sentito. Non per lui almeno.»

«E non ti sembra strano che con tutti i posti del genere che esistono a Londra, tuo fratello è andato a infiltrarsi proprio in quello dove va abitualmente il figlio della vicina di casa di John? Non è il più grande, non ci vanno gli spacciatori, non può avere chissà che informazioni in un posto del genere, né può avere chissà quale visibilità per crearsi una facciata per la trappola verso Magnussen. Eppure, guarda caso, Sherlock lo ha scelto.»

Dopo la sua rivelazione, il silenzio scende denso nella stanza per qualche istante. Lei sorride aspettando la risposta del suo capo.

«Non ci avevo pensato,» riesce a dire.

«Io parto avvantaggiata,» lo consola. «Seguendo entrambi, ho la visione d’insieme della faccenda, mentre tu ne hai solo una parte,» si schernisce. «Non credo nelle coincidenze, Myc, e tu neanche. Tuo fratello spera che John lo trovi.» Non può fare a meno di sorridere un po’ prima di aggiungere: «La cosa è davvero evidente.»

«Giuro, ragazzina, mi metti i brividi.»

«Esagerato! E poi ho imparato dal migliore.»

Un breve sorriso in risposta. «Visto che l’abbiamo nominato... Di John che mi dici?» le chiede poi.

«John si sta trascinando nella finzione della sua vita perfetta, ma non credo che reggerà tanto. Fra non molto la vita da marito devoto e futuro padre gli starà troppo stretta.»

«Mary...» attacca di nuovo Mycroft, poi si interrompe e chiede: «Ti spiace se la chiamo così? Vorrei evitare lapsus. Non che abbia l’intenzione di finire a pranzo da loro la domenica, ma capisci che potrei doverci avere a che fare.»

«Fai pure.» Non importa il nome con cui la chiama, per lei resterà comunque una serpe. Persino Jim l’aveva accostata a quei simpatici e adorabili animaletti.

«Mary, dicevamo, doveva essere davvero legata a Moriarty per fare tutto quello che sta facendo per vendicare la sua morte.»

«Legata? Quella donna non si è mai legata a nessuno se non a sé stessa. Jim mi ha raccontato un po’ di come l’ha trovata, e da quello che ho capito non ha la capacità di provare sentimenti verso qualcuno, se la cosa non le porta un certo vantaggio.»

«Jim?»

Si accorge subito della voce infastidita del suo capo. Persino lo sguardo si è assottigliato.

«Sì. Aveva un nome, sai?» continua lei imperterrita, come se non avesse notato nulla. «Anche a te chiamo per nome,» insiste, divertendosi un po’ alle sue spalle.

«Beh, cosa centra? Io sono io.»

Com’era? “Io non sono infantile”? Si lascia sfuggire un sorriso.

«Oh, non mi diventi geloso, ora, vero? Su, su! Sei tu il mio capo preferito, va bene?» ridacchia lei.

«Smettila di prendermi in giro. Mi basta una telefonata e ti mando al polo sud a giocare con i pinguini.»

«Ma guarda il mio capo geloso, che carino!»

«Stai tirando troppo la corda. Dimmi piuttosto quello psicopatico che ti ha detto.»

«Jim – cioè quel cattivone di Moriarty – mi ha raccontato che Moran - Mary, chiamala come ti pare – faceva parte di una squadra paramilitare. Ha lavorato anche con il governo inglese, ma evidentemente non con te.»

«No, non mi pare di aver mai visto il suo fascicolo. Proverò a cercare. Sai qualcosa di più su questa squadra? » domanda, aprendo il suo portatile e iniziando a digitare.

«No, solo che erano in quattro e che l’ultima missione, a Tbilisi in Georgia, era andata uno schifo. Moriarty l’ha trovata piuttosto messa male e ha capito il suo potenziale. Credo che in realtà la tenesse d’occhio da tempo, perché sarebbe davvero strano che casualmente si trovasse proprio in Georgia, proprio in quella città, proprio nel vicolo dove si era nascosta. Davvero troppo strano per poterlo credere. Comunque, dopo quell’incontro, per la prima volta lei ha avuto una vita stabile. È per questo che si vuole vendicare. La morte di Moriarty le ha distrutto in un secondo un lavoro che la faceva divertire e la vita in mezzo ai suoi simili.»

«Perché non mi hai detto nulla di questa cosa di Mary?» le chiede, allontanando le mani dalla tastiera e osservandola attento.

«Perché non potevamo parlare quando ero sotto copertura, e le volte che potevo farlo dovevo essere telegrafica e decidere bene cosa dirti.» Una scusa del tutto plausibile, che lei sa perfettamente non convincerà il suo capo.

«E perché hai pensato che io sapessi chi era e te lo tenevo nascosto,» aggiunge infatti lui, come continuazione alla frase detta da lei, sbugiardandola immediatamente.

«Per quale motivo dovrei credere che tu mi tenga nascosto qualcosa?» chiede lei sarcastica.

«D’accordo, chiudiamo la parentesi. Cercherò informazioni. Dimmi un po’... Ci sono altri segreti di cui non sono a conoscenza?»

«Se te li raccontassi, che segreti sarebbero?» Mentre pronuncia quelle parole, la lettera di Moriarty nascosta in una tasca segreta della fodera della sua giacca le sembra quasi stia diventando incandescente. Non ha mai trovato il coraggio di parlarne a Myc per un sacco di motivi. Primo fra tutti aveva paura che potesse credere che fosse stata scoperta anche dagli altri, e quindi potesse in qualche modo allontanarla dalla missione. In fondo, aveva solo la parola di Jim che non aveva raccontato la cosa a anima viva, e per quanto lei avesse una strana fiducia nel fatto che fosse la verità, non poteva sperare che per Myc sarebbe stato così semplice avere la stessa fiducia.

«Non riesci proprio a fidarti di me, eh?» Mycroft continua a guardarla. Gli occhi sembrano ghiaccio, ma lei di certo non si lascia mettere in soggezione.

«Ho dormito sull’aereo con te accanto. Credi lo faccia spesso?» gli ricorda, sorridendogli.

«Allora diciamo che ti fidi un po’,» concede.

«Sì, diciamo che mi fido un po’, ma non montarti la testa!»

«Poi non si è più fatta sentire per essere aiutata nella vendetta?» le chiede, riportando il discorso sui binari.

«Non dopo quello che ti avevo già detto. Ci siamo sentite pochissimo. Quando ero dietro a Sherlock l’ho sentita solo una volta, e mi è bastato per capire che non riusciva a tenere in mano l’organizzazione. Moriarty era un regista, come te. Lui la mente, lei il braccio. È brava a tessere la tela, ma non ad alto raggio come lui. Credo che sia stato relativamente semplice distruggere l’organizzazione anche per quello. Non è fatta per rimanere dietro le quinte. È come me: è fatta per uccidere.»

«Non siete uguali, ragazzina.»

«E perché no? È un’assassina, io anche. Esegue qualsiasi ordine, io pure. In cosa ci distinguiamo?» domanda piccata.

«Tu sai quando fermarti, non uccidi per divertimento, e saresti disposta a rinunciare a tutto per proteggere John Watson. Ecco in cosa, ragazzina.»

«Sai, Myc, che io e te non abbiamo chissà quanti anni di differenza? Ho una decina di anni meno di te, suppongo, anche se non ti ho mai chiesto quanti ne hai per davvero. Ma comunque non mi pare che tu possa chiamarmi ragazzina.»

«Perché no? Io praticamente sono uno sbarbatello.»

«Ti piacerebbe, Signor Governo Ombra,» ride lei, e l’uomo la segue subito dopo.

«In realtà no, nel mio lavoro superare indenni ogni anno di vita è un traguardo di cui andare fieri. Comunque... Stavamo dicendo: dopo quella volta l’hai sentita una volta tornata a Londra?»

«Sì, come mi hai detto tu. Le ho detto che ero tornata in patria, avevo sentito dei problemi dell’organizzazione e che ero ancora dalla sua parte se avesse avuto bisogno di aiuto.»

«E lei se non sbaglio non ti ha chiesto aiuto.»

«No. Mi ha ringraziata, dicendomi che si era creata una buona copertura e che sarebbe stato troppo pericoloso se ci avessero viste insieme.»

«Già, e non sa quanto...»

«Infatti! Mi ha rassicurata che aveva un piano – probabilmente fare arrosto John – e mi ha detto di rimanere nell’ombra e pronta, che se avesse avuto bisogno mi avrebbe contattata.»

«E da allora niente?»

«Niente. Ma ho la sensazione che presto mi chiamerà.»

«Mi raccomando: appena ti contatterà chiamami, giorno e notte.»

«Lo farò, paparino, promesso.»

«Sono serio. Non fare nulla senza dirmelo. Se agisci senza che io lo sappia, non potrò proteggerti.»

«Myc, se non ti conoscessi direi che sei preoccupato per me.»

«Lo sono.»

«Ahi ahi ahi! Non eri tu quello che aveva messo in guardia Sherlock sul non lasciarsi coinvolgere?»

«Cosa ti devo dire? Evidentemente ognuno ha i suoi punti deboli. Tu e John siete i nostri.»

«I sentimenti non fanno per noi, Myc.»

«Hai ragione, ma sono un fratello maggiore. Evidentemente ho nel DNA questa mancanza.»

«La “mancanza” di provare sentimenti? Non solo i fratelli maggiori li provano, sai?»

«Quella di volervi al sicuro, a te e Sherlock.»

«Ehi, tu sei il regista, ricordi? Tu sei il campione di scacchi e noi le tue pedine.»

«Questo è uno dei motivi per cui tu devi essere al sicuro. Se fanno scacco matto alla Regina, la partita è perduta.»

«Sei consapevole che io non ho idea di cosa tu stia dicendo, vero?»

«Mai giocato a scacchi?»

«Non è esattamente il mio passatempo preferito,» ammette. «Anche da bambina non ero capace di stare ferma e buona per più di un minuto. Persino nel sonno mi agitavo.»

«Non mi hai mai parlato del tuo passato.»

«Il passato è passato, Myc.»

«A volte però i fantasmi del passato tornano.»

«Già!» esclama lei, fingendo un’allegria che non prova.

«Non hai mai pensato di dire tutto a John?»

«Ho capito di aver sbagliato a tenergli nascosto tutto quando mi sono resa conto del perché ero arrabbiata con te e Sherlock. Ho fatto la stessa cosa. Per anni. Per proteggerlo, certo, ma non hai idea di quante bugie ho creato... O forse sì, lo puoi immaginare. Ora non posso andare da lui, suonare la porta e dirgli: “Ehi, ciao, ti ricordi di me? Ho un paio di cosette da dirti!”. Non posso farlo, perché se quella donna mi vede con John, potrebbe ucciderlo senza pensaci due volte. Non posso farlo perché ho manovrato la vita di John come avete fatto voi, come fa lei. Non posso farlo.» Le sue stesse parole le lasciarono un sapore amaro in bocca, ma era la verità, e lei non era abituata a raccontarsi menzogne. Agli altri? Ne raccontava molteplici. Ma con se stessa era sempre stata sincera.

«Ovviamente non puoi finché c’è lei, ma quando tutto sarà finito...»

«Hai ancora la speranza che finisca bene per me?» domanda con un misto di malinconia e affetto.

«Qualcuno dovrà farlo, e visto che tu non sembri disposta a crederci, ci penso io. »

«E tu che dici di non avere un cuore...» lo blandisce, con tono affettuoso.

«Chissà... Forse dovrà esserci, qui da qualche parte,» dice lui, indicandosi il petto.

Lei sorride. Quell’uomo di ghiaccio, che prende decisioni molto sgradevoli per il bene della nazione, le mette tenerezza. Per quanto tempo ha dovuto fingere di non provare nulla? Per quanto tempo ha dovuto far buon viso a cattivo gioco? Abbastanza da convincersi che i sentimenti non sono altro che un difetto e un peso, tanto da insegnare anche al fratello più piccolo a evitarli con tutto sé stesso. Ma non è questo un altro modo per dimostrare quanto tenga a Sherlock? Insegnarli l’unico modo che ha appreso con il tempo per soffrire il meno possibile. Non è forse anche questo amore?

«Sono certa ci sia, e dovresti permettere a Sherlock di vederlo di tanto in tanto.»

«Non esageriamo,» dice lui, con uno sbuffo irritato. «Non crederai che mi interessino certe quisquilie, vero?»

«Ovviamente no, Iceman.» Spera che l’ironia non sia troppo udibile nel suo tono.

«Ecco, bene, e ora torniamo al lavoro,» taglia corto lui, con tono rigido e imbarazzato.

«Sì, Capo!» esclama lei, avendo pietà di lui.



Continua...



Note: Come vi ho detto questo capitolo è incentrato sul rapporto Mycroft-protagonista misteriosa. Come ho già spiegato nelle risposte ad alcune recensioni (grazie davvero per tutte, mi rendono felice) questo rapporto è molto importante per me, ci ho lavorato parecchio e nella storia ha la sua rilevanza. Sul fatto che sia romantico... quello lo vedremo fra un po'. A prescindere da questo dettaglio è comunque un rapporto molto importante per entrambi. Detto questo grazie per continuare a seguire questa storia, e ci vediamo settimana prossima!
  
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