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Autore: Ghost Writer TNCS    06/09/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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33. Punto di non ritorno

Persephone e Leonidas avevano incontrato diversi tipi di mostri nelle ultime settimane, ma era la prima volta che si trovavano ad affrontare quelle creature. Non erano imponenti come gli altri predatori della foresta – la loro stazza era appena superiore a quella di un grosso cane – ma dalla loro avevano la forza del numero: il branco che li stava attaccando contava almeno una dozzina di esemplari, e potevano essercene altri, celati tra le ombre della notte.

I due militari stavano con le armi in pugno, pronti a coprirsi le spalle a vicenda, ma attenti anche a non lasciare troppo allo scoperto i due demoni: dopo tutta la fatica che avevano fatto per raggiungerli, non avevano intenzione di farseli fregare da sotto il naso.

Il primo attacco di quegli strani cani era stato bloccato da una barriera di Persephone, così il branco aveva ripreso a girare in tondo, in cerca di un’apertura. La caratteristica più evidente di quei predatori erano le grandi orecchie da pipistrello, simili a quelle di Zabar, ma anche gli artigli e le zanne aguzze non passavano inosservate. Ora che avevano rivelato la loro presenza, gli esemplari avevano rinunciato al silenzio e avevano cominciato a scambiarsi rapidi versi, a dimostrazione della loro capacità di lavorare in gruppo.

D’un tratto uno degli animali emise un suono più forte degli altri e tutti quanti si immobilizzarono. Perfettamente coordinati, abbassarono all’indietro le orecchie e spalancarono le fauci. Un frastuono improvviso esplose dalle loro gole, come una sirena impazzita. I quattro vennero investiti in pieno dall’attacco, provarono a coprirsi le orecchie, ma il rumore era talmente forte che le loro teste sembravano sul punto di scoppiare. Persephone perse la concentrazione e la sua cupola magica si dissolse. Gli animali ne approfittarono e alcuni smisero di urlare per passare all’attacco. I due militari si difesero come poterono usando le spade, riuscirono a respingere i loro aggressori, ma altri puntarono ai due demoni. Si avventarono su di loro cercando di farli cadere per azzannarli al collo, approfittando del fatto che avevano le mani legate.

Nonostante il frastuono, Persephone riuscì ad accorgersene e li colpì con un raggio di luce: la sua potenza era limitata, ma quei cani non erano particolarmente resistenti e si ritirarono guaendo.

Fallito l’attacco, gli altri animali smisero di urlare e ripresero a girare loro intorno, in attesa di una nuova occasione. La metarpia evocò subito un’altra barriera e finalmente lei e Leonidas poterono riprendere un attimo fiato. Le orecchie facevano ancora male, in particolare quelle del felidiano, ma dovevano resistere.

«Ehi!» Il primo richiamo di Tenko si perse nel nulla, ma dopo un po’ di tentativi finalmente i due le lanciarono uno sguardo.

«Lasciate che vi aiuti, insieme possiamo respingerli!» urlò per coprire il torpore alle orecchie.

«E darti modo di fuggire?» ribatté l’inquisitrice. «Non se ne parla!»

Di nuovo il branco attaccò: prima li stordirono con gli urli, poi – appena la barriera svanì – alcuni esemplari si avventarono su di loro, adesso più numerosi di prima.

I due militari strinsero i denti e si difesero con decisione. Persephone riuscì a ferire gravemente un paio di animali e Leonidas ne uccise addirittura uno con un fendente alla nuca, ma erano ancora troppi.

Tenko respinse un cane con un calcio, ma altri due le afferrarono il vestito e cominciarono a strattonarla. Gridò per chiamare aiuto, ma il frastuono era troppo forte e i due militari erano troppo impegnati a difendere loro stessi.

La demone perse l’equilibrio e cadde a terra, vide le fauci aprirsi su di lei, ma un raggio di luce colpì in pieno i due cani, facendoli indietreggiare. Una sagoma apparve su di lei: era Leonidas, che con un colpo deciso uccise uno dei predatori e ferì l’altro.

Tenko guardò verso Zabar e vide che Persephone era andata a salvarlo, scacciando gli ultimi aggressori.

Appena le grida dei cani si attenuarono, Persephone evocò un’altra barriera e Tenko ne approfittò per afferrare Leonidas per un braccio. «Ti prego, ci ammazzeranno tutti se non vi aiuto.»

Leonidas esitò, e dal suo sguardo era chiaro che la pensava come lei. Si voltò verso Persephone. «Dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo resistere tutta la notte.»

La metarpia passò in rassegna un’ultima volta i predatori che si muovevano intorno a loro. Ne restavano meno di una decina, ma purtroppo aveva perso di vista il capobranco.

«Quando ve lo dico, copritevi gli occhi.»

L’inquisitrice cominciò a caricare la magia di Horus sulla mano sinistra, creando un piccolo globo luminoso.

«Ora!»

Dissolse la barriera, sollevò il braccio e rilasciò l’incantesimo. I raggi accecanti esplosero in ogni direzione, mandando in confusione i mostri. Approfittando del momento, Persephone li colpì uno dopo l’altro con i suoi raggi di luce, abbastanza forti da bruciare la loro pelliccia ispida e scoprire la carne. I cani guairono di dolore, per alcuni secondi rimasero fermi, confusi e spaventati, poi il capobranco lanciò un verso acuto e tutti insieme corsero via.

I quattro osservarono il branco perdersi tra le ombre, quasi trattenendo il respiro, poi finalmente si concessero di allentare la tensione.

«Credo ci lasceranno in pace per un po’» affermò Leonidas.

«Voi due, siete tutti interi?» chiese Persephone.

I demoni annuirono.

«Grazie» aggiunse Zabar, quasi tra sé e sé.

L’inquisitrice osservò i cadaveri dei cani che avevano ucciso, tre in tutto.

«Te ne occupi tu?» chiese a Leonidas.

Il felidiano annuì e, senza smettere di tenere d’occhio i dintorni, cominciò a macellare gli animali.

Una volta cotta la carne, i quattro poterono finalmente mangiare a sazietà, e rimase anche qualcosa da mettere da parte.

I due militari rimasero in allerta per tutto il tempo, Tenko invece aveva altri pensieri per la mente. La determinazione di Leonidas e Persephone nel proteggerli l’aveva sorpresa, ma dentro di sé continuava ad aspettare l’arrivo di teriantropi. Era sicura che si sarebbero fatti vivi quella notte stessa, ma forse qualcosa li aveva costretti a rimandare il salvataggio, magari proprio l’attacco dei cani.

Come se non bastasse, a farla stare in pensiero era anche la freddezza di Zabar nei suoi confronti. Poteva immaginare come si sentiva, ma una volta tornati al villaggio si sarebbe fatta perdonare. Il chierico aveva ragione a essere arrabbiato con lei, però non era il tipo di persona in grado di tenere il broncio troppo a lungo. Per fortuna in questo erano diversi.

Passarono i giorni, il freddo divenne se possibile ancora più pungente, ma l’abilità di Leonidas nel destreggiarsi nella foresta riuscì almeno a tenerli al sicuro da nuovi attacchi. Ogni sera Tenko si guardava indietro, sperando di distinguere ombre familiari, ma ogni mattina le sue attese venivano puntualmente deluse.

Dopo una settimana, la sua fiducia nei teriantropi era scemata quasi del tutto. Si sentiva tradita, un sentimento che non credeva di poter provare di nuovo. Probabilmente si era fatta l’idea sbagliata di loro: li avevano aiutati, d’accordo, ma lei e Zabar restavano comunque degli estranei.

Dunque toccava di nuovo a lei trovare un modo per tirarsi fuori dai guai, come sempre. Era disarmata e denutrita, tuttavia anche i due militari non se la passavano molto bene. L’inquisitrice era un avversario fuori dalla sua portata, ma forse poteva cogliere di sorpresa Leonidas.

«Questa notte ce ne andremo» sussurrò a Zabar. «Stai pronto.»

«Fa’ come vuoi» mugugnò il chierico, ancora ostile nei suoi confronti.

La demone marciò tutto il giorno senza fiatare, in attesa che calassero le tenebre. Mangiò la sua misera parte di avanzi e si coricò, le orecchie tese per carpire cosa facevano i due militari.

«Faccio io il primo turno, tu riposati pure» disse l’inquisitrice.

La demone continuò ad attendere con pazienza, cercando di riposare il corpo e allo stesso tempo di non farsi sommergere dai pensieri. Doveva fuggire a qualsiasi costo: una volta usciti dalla foresta sarebbe stata condannata.

Finalmente i due militari si diedero il cambio, ma lei attese ancora: doveva essere sicura che l’inquisitrice si fosse addormentata.

Continuò ad aspettare e aspettare, al punto che ormai le sembrava di essere immobile da giorni. A un certo punto udì dei rumori provenire dalla foresta: sembrava un branco di animali di passaggio. Aprì leggermente un occhio, quando bastava per vedere Leonidas che si alzava per controllare: era la sua occasione.

Liberò le mani dalla corda, allentata pazientemente nel corso della giornata, dopodiché si tirò su molto lentamente, cercando di non fare rumore. Il felidiano era ancora di spalle, l’arco in mano, concentrato a osservare la foresta.

La demone si mosse di soppiatto, un passo dopo l’altro. Ovviamente non poteva perdere tempo a recuperare le sue armi, così raccolse un ramo dall’aria robusta: non era il massimo, ma grazie alla tecnica appresa dai teriantropi era convinta di riuscire a renderlo abbastanza resistente.

Ormai a un passo dal felidiano, era pronta colpire. Lui la sentì e si voltò di scatto. Tenko colpì con tutta la forza che le era rimasta, ma Leonidas si difese con le braccia. Il soldato cadde a terra, dolorante e sorpreso dalla potenza dell’impatto. La demone sollevò il ramo, ma lui fu più rapido: «Persephone!» chiamò, «Vogliono scappare!»

Il bastone impattò sulle braccia del felidiano, riuscendo solo a strappargli un grugnito di dolore.

Nel frattempo l’inquisitrice si era svegliata, vide i due che lottavano e ci mise un istante a bloccare la demone con una delle sue barriere.

Guardò verso Zabar, anche lui sveglio, ma seduto e immobile, come se quello che stava accadendo non lo riguardasse minimamente.

Persephone prese la sua spada e si piazzò davanti a Tenko, ora disarmata e inoffensiva. «Ti avevo detto cosa sarebbe successo se provavi a scappare.»

La demone cercò di mantenere un’espressione decisa, ma dentro di sé stava tremando. Aveva paura che questa volta la metarpia le avrebbe davvero cavato un occhio, o peggio, poi però rammentò quello che le aveva detto l’inquisitrice dopo averla catturata.

“Se non fai quello che dico, il tuo amico ne pagherà le conseguenze.”

«Leonidas, prendi il prigioniero.»

«No, aspetta» implorò Tenko. «È stata una mia idea, lui non c’entra!»

«Ti credo, ma non mi interessa» ribatté la metarpia, gelida.

«Persephone, cosa volete che faccia?» chiese il felidiano.

«Ti prego, non farlo!» implorò Tenko. «Fammi ciò che vuoi, ma lui non c’entra.»

«Avresti dovuto pensarci prima!» la zittì Persephone. Detto ciò le voltò le spalle e smise di ascoltarla, preferendo concentrarsi su Zabar. Una parte di lei avrebbe voluto dargli una punizione esemplare, qualcosa che avrebbe spezzato per sempre la resistenza della demone, dall’altra però sapeva che quello che stava facendo era sbagliato: quel chierico era un eretico, ma per quello avrebbe pagato una volta al cospetto degli dei. Qualsiasi punizione stava per infliggergli, sarebbe stata del tutto immeritata. Come se non bastasse, l’aria rassegnata del demone non faceva che farglielo apparire ancora più innocente.

Fece appello a tutta la sua freddezza e poi agì. Gli prese l’orecchio sinistro e tagliò la metà superiore, rapida, così da non farlo soffrire più del necessario. Il malcapitato venne ugualmente sopraffatto dal dolore e lanciò un urlo strozzato, andando a coprire la ferita con le mani.

Anche Tenko urlò, di rabbia e dispiacere. Provò a liberarsi dalla barriera, ma era tutto inutile.

«Leonidas, fai qualcosa per quella ferita.»

Mentre il felidiano si preoccupava di cauterizzare il taglio, Persephone tornò a fissare la demone.

«Te la farò pagare! Ti giuro che te la farò pagare!» gridò Tenko, gli occhi lucidi.

«Cosa credi, che mi faccia piacere tutto questo?! Credi che mi diverta a far soffrire il tuo amico?!» Serrò i pugni. «Ogni volta che ti guardo devo sforzarmi per non cavarti un occhio, ma tu cerchi sempre un modo per farmi infuriare! Sarebbe molto più facile per noi se ti tagliassi le mani, ma non lo faccio, e lo sai perché? Perché ho degli ordini, delle regole: qualcosa che evidentemente tu non riesci a capire.»

«Quello che non capisco è perché tu ti ostini a seguirle, quelle cazzo di regole! Gli dei vi stanno ingannando! Stai solo facendo il loro gioco!»

«Smettila!»

«Se noi collaborassimo, potremmo vivere liberi! Tutti quanti! Non abbiamo bisogno degli dei!»

«Ho detto smettila!» Il corpo di Persephone si accese di un rapido bagliore. «Un’altra parola, e ti taglio la lingua.»

Tenko capì che l’inquisitrice non stava dicendo tanto per dire e si sforzò di tacere.

«Questo era l’ultimo avvertimento» affermò Persephone. «La prossima volta te le taglio davvero le mani, e lo stesso vale per il tuo amico.»

I due militari legarono nuovamente la demone e la lasciarono insieme al chierico.

Tenko avrebbe voluto scusarsi con Zabar, ma non sapeva cosa dirgli.

«Ti prego, smettila» esalò il demone. «Peggiori solo le cose.»

La giovane non ribatté. Sapeva che lui aveva ragione, ma ciò che la ferì davvero fu ciò che il chierico aggiunse poco dopo, a bassa voce, tra sé e sé: «Avrei fatto meglio a cercare qualcun altro.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Lo scontro con il branco di mostri è stato duro, ma in un modo nell’altro se la sono cavata. I due militari avrebbero potuto pensare solo a loro stessi, ma hanno messo a rischio le loro vite per tenere al sicuro i demoni (e avere così la possibilità di assicurarli alla giustizia).

Nonostante ciò, Tenko ha deciso di provare ugualmente a scappare. Doveva farlo: non poteva starsene buona mentre la portavano a morire, ma purtroppo il suo velleitario tentativo è andato male. E quel che è peggio è che Zabar ne ha dovuto pagare le conseguenze. Cosa ne sarà adesso del rapporto tra i due demoni? E Tenko avrà ancora la forza per cercare di salvare la sua vita e quella del chierico?

A presto ^.^

PS: ringrazio la mia beta Hesper che ha lavorato anche d’estate per rileggere i miei capitoli :D TNCS non va mai in vacanza XD


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