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Autore: Iaiasdream    08/09/2019    2 recensioni
Davide Campana è un nobile proprietario terriero, dal carattere arrogante ma ambizioso. Deluso dalla sua vita che lo ha messo a dura prova dall’età di diciotto anni, passa le sue nottate fra bordelli, pretendendo da ogni donna solo piacere fisico, fino a quando non incontrerà Rebecca, una semplice cameriera che nasconde un amaro passato. Quando le loro vite si incrociano, nessuno dei due sa che l’una lavora per l’altro, e per uno strano scherzo del destino, la loro relazione verrà inghiottita da una turbinosa odissea.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 7


 
 
Il circolo frequentato dai nobili e dai ricchi commercianti ospitava, ai piani superiori, un piccolo ma elegante albergo. Davide e Rebecca si recarono lì per ripararsi dalla pioggia che non accennava a placarsi.
La ragazza rimase nella sala d’attesa, mentre Davide, alla portineria, ordinava due stanze.
Quando la signora Filomena, seduta dietro al bancone, gli consegnò le chiavi, il giovane andò verso la ragazza porgendogliene una e aggiungendo << Per fortuna c’erano ancora due camere. Andiamo? >>
Rebecca annuì e, permettendo al giovane di prenderla per mano, lo seguì al piano di sopra. Prima di entrare nella sua camera, la ragazza guardò per in attimo la chiave e sorrise dicendo: << Sono stata proprio una stupida a non fidarmi di te >>.
<< Perché dici questo? >> chiese il ragazzo incuriosito.
Rebecca rispose mostrandogli la chiave, facendola ciondolare fra le mani.
Davide sorrise, le si avvicinò e prendendole il volto tra le mani le diede un bacio sulla fronte sussurrando << Te l'ho già detto, non farò mai qualcosa contro la tua volontà, buona notte. >> le lasciò il volto e si girò recandosi verso la porta della sua camera.
Rebecca lo fermò afferrandogli un lembo della manica. Davide, trasalendo, le volse lo sguardo accorgendosi del suo imbarazzo, sentì quella presa tremante e, chinato il capo a un lato, le chiese che cosa avesse. Lei esibì un volto dolcemente arrossato.
<< Davide... io, non ho mai provato mai niente di tutto ciò, prima d'ora. Credo di amarti >> mormorò tutto d'un fiato, stringendo la presa.
Davide la guardò per un po', poi tirò a sé la mano che manteneva il lembo della camicia e avvolse il corpo della ragazza in un abbraccio, la strinse a sé e le sussurrò in un orecchio << Io ne ho la certezza... ti amo, Rebecca >>.
Contro il suo petto, la ragazza sorrise e ricambiò l'abbraccio.
Dopo di ciò i due innamorati si congedarono e ognuno entrò nella propria stanza.
Rebecca, spogliatasi, si accorse che sul letto c'era l'occorrente per asciugarsi e per la toeletta serale. Prese un telo di cotone e si strofinò i capelli, poi indossò una vestaglia di seta profumata e preparò il letto per coricarsi, mentre lo faceva, qualcuno bussò alla porta, andò ad aprire e una minuta cameriera in uniforme fece capolino dall’esterno.
<< Il signore mi ha ordinato di prendere il vostro abito per asciugarlo >> disse a voce bassa. Rebecca non se lo fece ripetere due volte, consegnò il vestito alla ragazza, ringraziandola; quest'ultima si congedò augurandole la buonanotte.
La giovane chiuse la porta e si guardò intorno, sorrise, non riusciva ancora a credere a quello che era accaduto.
Davide l'amava, in quel momento si trovava a due passi dal suo cuore, soltanto una parete li divideva ma lo sentiva talmente vicino da ascoltare il suo respiro, il suo caldo abbraccio e il tocco di quelle bollenti ma dolci labbra. Si accarezzò con le dita le sue, sorridendo al pensiero, poi incapace di abbandonarsi al sonno, andò alla finestra e, apertala, si accorse che la pioggia era cessata; tirò un lungo respiro e rabbrividendo sospirò.
<< Non vai a letto? >> sentì a un tratto. Si affacciò e girando lo sguardo verso destra vide Davide seduto sul bordo in pietra del balcone con in dosso una camicia sbottonata al collo e le braccia conserte. Le sorrideva, i suoi occhi erano illuminati dalla fioca luce delle candele donandogli un colore e un'espressione diversa. Rebecca ricambiò il sorriso, si appoggiò al balcone e con voce serena rispose: << Sto già dormendo, tutto questo per me è un sogno >>.
<< Ma io sono qui >> mormorò Davide << Non credo che possa essere un sogno >>
Rebecca volse un sorriso al cielo e disse: << Sai, ho sempre odiato la pioggia, ma adesso mi rattrista il fatto che si sia fermata. La sento parte della mia vita >> poi voltandosi verso di lui aggiunse << è stato grazie ad essa se ci siamo conosciuti >>.
Davide ricambiò lo sguardo, fissandola a lungo. Guardò i suoi capelli che danzavano al gelido vento, il viso sorridente, il collo nudo e la vestaglia che si muoveva aderendo al petto fiorente. Si sentì fremere, il respiro farsi più pesante e il cuore bruciare in petto. Tossì imbarazzato, poi alzandosi le disse di rientrare se non voleva prendere freddo e, augurandole la buonanotte, rientrò, chiuse la finestra e, appoggiatosi di spalle a essa, sospirò dandosi due colpetti sul petto, poi girò la testa a un lato e sorridendo disse << Che sortilegio mi hai fatto? >>.
Ancora non riusciva a credere di aver detto quelle parole, di aver esposto ciò che sentiva davvero per quella ragazza. Che cosa gli aveva colpito di lei? Forse quegli occhi malinconici e misteriosi ma che rispecchiavano purezza, o quel viso casto e sincero? Possibile che quei piccoli dettagli, dall’apparenza poco importanti avevano infranto la sua freddezza verso le donne?
Con quell’ultimo pensiero, andò a letto addormentandosi dopo qualche ora.
Quando si destò, si accorse che il cielo si stava colorando delle prime luci dell'alba, si alzò e si recò alla finestra, si stiracchiò. Rimase a fissare l'esterno per un po', aspettando che la cameriera gli portasse i suoi abiti asciutti, non aspettò molto, dopo poco tempo, la minuta cameriera bussò alla porta, porgendo all'uomo tutto l'occorrente per fare toeletta e, prima che si congedasse, Campana le ordinò di preparare la colazione per la signorina che dormiva nell'altra stanza e, recatosi ad una scrivania, prese un foglio, scrisse qualcosa, poi lo porse alla ragazza dicendo di consegnare anche quello.
La donna acconsentì, salutò e uscì. Dopo qualche ora, ritornò a quel piano trasportando un carrello e si fermò vicino alla porta della stanza della giovane donna, bussò aspettando che qualcuno le desse il permesso, sentì un lieve avanti e, aperta la porta, vide davanti a se la ragazza che guardava fuori dalla finestra. Trasportò il carrello al centro della stanza.
Rebecca si girò e le si avvicinò.
<< Sapete se il signor Davide si è già svegliato? >> chiese speranzosa.
<< Il signore è già andato via, ha lasciato questo biglietto >> rispose l’altra porgendoglielo.
La giovane lo prese e lo aprì. Prima lesse velocemente, poi rilesse sorridendo:
 
"Dolce amore,
mi dispiace doverti lasciare in questo modo, purtroppo ho un lavoro urgente da svolgere, spero che la domenica arrivi presto, i miei occhi hanno bisogno della tua immagine. Non posso più fare a meno di te, ti amo."
 
Rebecca portò il bigliettino al petto e tirò un lungo respiro di sollievo. Non riusciva ancora a credere a ciò che le era accaduto e una forte ansia la sovrastò, anche lei non vedeva l'ora che arrivasse la domenica per poterlo rivedere. Ritornò a guardare la finestra: i raggi del sole penetravano le soffici macchie di nuvole che si distaccavano accompagnate dal vento gelido.
 
***
 
La masseria del signor Roselli, come ogni mattina, era tutta in subbuglio, molti operai erano indaffarati a riempire le sacche di olive e caricarle sui carri e, quando Davide Campana arrivò, alcuni di loro interruppero le faccende per accoglierlo. Davide scese da cavallo e si avvicinò a loro chiedendo del signor Roselli; gli fu indicato il magazzino della masseria.
Il ragazzo ringraziò e si recò dall'uomo. Lo vide indaffarato a dare ordini su dove posizionare le sacche.
<< Come va il lavoro? >> chiese Davide poggiandogli una mano sulla spalla. L'uomo si voltò e sorrise.
<< Signorino Campana, come mai siete qui? Non avete ceduto gli affari al marchese Castelli? >>
<< Sono venuto per un'altra ragione... Avete per caso assunto altri braccianti a mia insaputa? >>
<< Signorino Davide, sapete che non mi sarei mai permesso. Chi vi ha detto una cosa del genere? >>
<< Nessuno. Ieri, quando feci vedere le terre al marchese, intravidi degli sconosciuti, ma se voi mi state dicendo che non ne sapete niente, può darsi che ho visto male >>.
Il signor Roselli non diede risposta, allargò solo le braccia ignorando l'accaduto, poi lo accompagnò fuori e lo salutò seguendolo con lo sguardo fino a quando non lo vide scomparire all'orizzonte.
Ruggero Roselli lavorava per la famiglia Campana da molti anni, come già avevano fatto prima di lui suo padre e suo nonno. Era un uomo molto affidabile, volenteroso, ubbidiente e generoso con tutti. Talmente generoso, da non accorgersi che le persone che aveva intorno a sé si approfittavano, senza scrupoli, della sua bontà. Uno fra tutti: suo figlio Eugenio. Un ragazzino di diciassette anni, totalmente diverso da suo padre. Non amava lavorare, era invidioso di tutto e di tutti e si lamentava sempre della vita che conducevano, assillando quella povera donna della madre e finendo sempre per litigare.
Ogni qual volta lo faceva, scappava di casa e andava in giro per locande e per bordelli, ritirandosi molte volte, o ubriaco, o malridotto da una delle tante risse che era solito scaturire. Quando il padre lo rimproverava, lui lo aggrediva brutalmente, dicendo che se si conciava in quella maniera, la colpa non era altri che la sua. A quel punto la madre contribuiva a rafforzare quell'inspiegabile odio che il figlio teneva in corpo, elogiando sempre Davide Campana, dicendo che lo avrebbe desiderato come figlio al posto di quello che aveva. In questo modo, Eugenio Roselli aveva indirizzato il suo instancabile odio verso il datore di lavoro di suo padre, arrivando al punto di tradire la fiducia di quest'ultimo, per saziare la sua collera e accaparrarsi qualche soldo in più.
Tutto ebbe inizio il giorno in cui fu trasportata l'uva nell'azienda Acquaviva.
Eugenio, che guidava il carro, si recò nello studio di Gabriele per avvisarlo che il lavoro era stato compiuto. Quando si avvicinò alla porta, sentì Davide Campana parlare dell'arrivo di suo zio Nicola Giuliani, ed essendo questi una persona che Eugenio tanto ammirava decise di dare una svolta alla sua vita, approfittando dell'arrivo dell'uomo in casa Campana, per chiedergli di prenderlo a lavorare per lui.
Quello che il ragazzo sperò giunse dopo che questo aveva promesso che avrebbe contribuito alla rovina di Davide Campana.
Eugenio iniziò a riferire, a Nicola Giuliani, tutti i movimenti del giovane Campana, aggiungendo anche nei minimi particolari tutto ciò che accadeva e si discuteva nella masseria.
Il piano ebbe inizio il giorno della raccolta delle olive.
Davide, infatti, non aveva visto male, quei due estranei erano, appunto, amici di Eugenio Roselli e tirapiedi di Nicola Giuliani, e avevano in mente qualcosa di losco, qualcosa che ben presto avrebbe danneggiato Davide Campana, ma anche tutti i suoi braccianti, compresa la famiglia Roselli, ed Eugenio, accecato dai soldi, ignorava quest'ultimo problema.
Davide all'oscuro di tutto questo, non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe accaduto, aveva altri pensieri per la testa, uno dei quali invase la sua mente nel momento in cui ritornò a casa.
Nel soggiorno, seduti su due poltrone, una di fronte all’altro, trovò Gabriele Acquaviva e Clara Giuliani che sembravano aver discusso di qualcosa di così strano da avere una reazione alquanto imbarazzante quando videro entrare il giovane in casa: Gabriele si strofinò le gambe con le mani accennando un sorriso forzato, mentre Clara si alzò di scatto raggiungendo il figlio per accoglierlo, dicendo con voce tremante: << Davide, finalmente sei tornato! Ma dove hai passato la notte? Eravamo tutti in pensiero. >>
<< Ho... ho avuto un contrattempo, sono stato al circolo, ho dormito là >> rispose senza togliere lo sguardo dal suo amico Gabriele il quale continuava a guardarsi in giro smarrito, e trasalire nel momento in cui Davide lo richiamò.
<< Ch-che succede? >> balbettò.
<< C'è qualcosa che non va? >> chiese Davide sospettoso.
<< Certo che no! >> rispose Gabriele sorridendo e alzandosi dal divano << Cosa dovrebbe esserci? >>
<< Vi vedo strani >> ribatté Campana.
Clara e Gabriele si guardarono smarriti, e fu quest'ultimo a rispondere che erano solo preoccupati per lui che non era ritornato a casa la scorsa notte.
Davide non rispose, non ci fece più caso, invitò l'amico a pranzare con loro. Gabriele non accettò dicendo che aveva del lavoro da svolgere in azienda. Salutò e se ne andò, ma Davide si accorse di un atteggiamento alquanto strano: Gabriele, prima di chiudere la porta, aveva lanciato un'occhiata alla donna la quale guardandolo per un po', aveva abbassato subito il capo, rattristata.
<< Dubito che Gabriele fosse veramente preoccupato per me >> mormorò Davide guardando sottocchio la madre, vedendola trasalire << Sa benissimo che quando non torno a casa significa che ho passato la notte all’hotel del circolo >> continuò senza cambiare tono della voce.
<< Era davvero preoccupato… >> balbettò la madre << è tuo amico è normale che sia preoccupato. Con permesso >> se ne andò senza aggiungere altra parola. Davide rimase solo nella grande stanza e continuava a fissare nel vuoto, cercando di capire che cosa poteva essere successo a quei due. Concepì che non voleva pensarci, perché in quello stesso momento, la sua mente aveva figurato l’immagine della sua amata Rebecca, facendogli dimenticare tutti gli altri pensieri.
 
***
 
La porta della piccola camera, che ospitava i due letti e quei poveri mobili delle due cameriere, si aprì lentamente. Da fuori, un viso allegro fece capolino sbirciando all'interno della stanza, assicurandosi che la fulva cameriera stesse dormendo. Quest'ultima non accontentò le sue aspettative. Seduta sul letto rifatto, con le braccia conserte e il viso rivolto verso la porta, com'era plausibile, stava aspettando impaziente e arrabbiata il ritorno della sia amica. Quando la vide entrare, si alzò di scatto dal letto e facendo cadere le braccia penzoloni, mormorò a denti stretti rivolgendole un'occhiataccia: << Si può sapere dove diavolo sei stata? >>
Rebecca non rispose, sorrise soltanto, poi si buttò sul letto rimanendo di faccia all'aria e sospirando felice.
<< Che significa questo? >> continuò Marina fissando l'amica allibita e incuriosita << Che vuol significare la tua fuga di ieri? Anna e Gina mi hanno detto che prendesti la corriera. Dove andasti e a quell'ora per giunta! >>
<< Non preoccuparti >> rispose Rebecca << Non scappai, dovevo solo incontrare una persona >>
<< E potrei sapere di chi si tratta? >>
<< Non ha importanza >> rispose l’amica alzandosi dal letto e andandosi ad aggiustare l'acconciatura.
<< Ma come non ha importanza? Per essere scappata via in quel modo doveva essere molto importante... E poi mi hai fatto preoccupare >>
Rebecca si voltò verso la fulva, le fu vicina e poggiò le mani sulle sue spalle << Non preoccuparti, io so badare a me stessa >>
<< Rebecca >> continuò Marina afferrandole una mano << io non ti farò altre domande, ma tu devi promettermi che starai attenta, perché non voglio che ti accada qualcosa di male. >>
<< Sta’ tranquilla >>
Marina l'abbracciò, facendo scivolare qualche lacrima che si dissolse sulla spalla dell'amica.
Quando andarono in cucina, trovarono Anna e Gina molto curiose di sapere dove si era recata Rebecca a quell'ora tarda e così di fretta.
La nuova capocuoca rispose che aveva avuto un imprevisto per cui non poteva dare spiegazioni, e dopo averle messe a tacere avevano ripreso le loro faccende.
Quella giornata passò molto in fretta, e in fretta ne susseguì un’altra e un’altra ancora. Il lavoro di Rebecca e delle altre era sempre lo stesso, soltanto il giovedì successe qualcosa che fece accendere di felicità gli occhi della cuoca.
Quel giorno la ragazza, per ordine del maggiordomo, doveva recarsi in paese per aggiornare il magazzino. Subito pensò a Davide, immaginando di poterlo incontrare. Ad accompagnarla fu Anna e il figlio del custode che guidava il carro.
Quando furono giunti in paese, passarono davanti al circolo, dove quella domenica sera, i due amanti avevano passato la notte. La ragazza rivolse subito lo sguardo a quel posto sentendo in cuor suo un po’ di malinconia. Per sua fortuna il negozio dove dovevano rifornire il magazzino era lì vicino, così pensò che dopo avrebbe potuto fare un salto per vedere se il suo amato Davide si trovasse lì, ma quando vide uscire un gruppo di nobiluomini cambiò idea rendendosi conto che il solo pensiero rivolto a quel ragazzo le stava facendo perdere il lume della ragione.
Con fare mogio, entrò nel negozio. Quando terminarono il servizio, Anna chiese speranzosa se potevano fermarsi a fare un giro per i negozi.
<< Anna, sai che non è possibile. Dobbiamo ritornare per preparare il pranzo >>.
<< Ti prego >>
<< E va bene, però solo un negozio >>.
A quella risposta Anna fu molto felice, la ringraziò e andò avanti, Rebecca la seguì con passo lento e con la coda dell'occhio sempre rivolta verso il circolo. Qualcuno, però, alle sue spalle catturò i suoi pensieri, lei si voltò trasalendo e vide davanti a sé Sergio Valli, il medico del paesello.
<< Rebecca, che ci fate qui? >>
<< Sergio, sono venuta qui per rifornire il magazzino dei padroni >>
<< È stata una fortuna avervi incontrata, dovevo passare da voi nel pomeriggio per sapere le condizioni di salute di Marina... come sta? >>
<< Direi meglio, anche se alle volte la vedo giù di morale >> rispose Rebecca, sospirando.
<< Mi chiedo cosa le sia veramente successo >>.
La ragazza non parlò, aveva promesso alla sua amica che avrebbe mantenuto il segreto e, anche se conosceva molto bene Sergio e sapeva che poteva fidarsi di lui, non parlò per rispettare la sua promessa.
<< Sergio, io non so cosa sia accaduto, ma vi prego di una cosa: con gli altri, non accennate al tentato suicidio, sapete… tutti sanno che è stato un incidente >>
Sergio la guardò allibito, poi sorridendo rispose che non doveva preoccuparsi. Prima che Anna ritornasse dai suoi affari, Rebecca e Sergio rimasero a parlare del più e del meno, quest’ultimo, però, si accorse che la ragazza non era affatto attenta al ragionamento, aveva gli occhi fissi sulla porta del circolo. Il giovane le chiese che cosa avesse e lei trasalendo accennò un sorriso scuotendo la testa per dire niente; poi il medico se ne andò, e Rebecca rimase bloccata con un unico pensiero nella mente: andare nel circolo con la speranza di incontrare Davide. Fece due passi, poi esitò, alla fine prese tutto il suo coraggio e si diresse verso l’entrata.
Quando vi entrò rivide la sala d’attesa dove, quell’indimenticabile sera, Davide aveva ordinato due camere; rivide la minuta cameriera che trascinava a fatica un carrello contenente piatti e bicchieri.
<< Signorina, per favore… >> la chiamò, fermandola << Sapreste dirmi se il signor Davide è qui al circolo? >>
La minuta cameriera all’inizio non capì, poi riconobbe la giovane alla quale aveva asciugato gli abiti e con un sorriso disse << Mi dispiace signorina ma oggi non l’ho visto >>
Il sorriso di Rebecca svanì nel nulla, la ragazza ringraziò la cameriera e mogia si diresse all’uscita.
A qualche metro da lei incontrò Anna che si guardava in giro smarrita e che quando volse lo sguardo verso di lei, le andò incontro dicendo: << Rebecca, pensavo te ne fossi andata >>
<< Ero solo andata a dare un’occhiata a quelle vetrine >> balbettò lei cercando di mantenere ferma la voce << Possiamo andare? >>
<< Certo >> rispose Anna contenta.
Ritornarono a casa, Rebecca si recò con Marina nel magazzino per riordinare la merce comprata e lì, la fulva si accorse della sua tristezza. Le si avvicinò chiedendo se stava bene.
<< N-non ho niente, Marina. Non preoccuparti >>
<< Perché non mi dici la verità? Sai che puoi contare su di me >>
<< Lo so >> rispose Rebecca, ma non voleva raccontarle la sua situazione, poiché non voleva riaprirle quella brutta ferita << Mi è successa una bella cosa, e ancora adesso non riesco a credere che la felicità questa volta abbia scelto me >>
<< E perché? >> esclamò seria Marina << Tutti abbiamo il diritto di essere felici, anche se siamo delle semplici cameriere. >>
<< Lo so, ma non mi sembra ancora vero >>
<< Posso sapere come si chiama? >> chiese Marina volgendo lo sguardo verso gli scaffali.
<< Chi? >> ribatté Rebecca facendo finta di non capire.
<< Il giovane che ti rende felice >>
<< Ma… come… >>
<< Si vede lontano un miglio che si tratta di questo! Quindi non fingere con me soltanto perché non vuoi ferirmi. >>
Rebecca sorrise, poi appoggiando l’ultima scatola sullo scaffale disse: << Si chiama Davide >>. Le raccontò tutto e, mentre lo faceva, i suoi occhi si riempirono di gioia e serenità.
Marina l’ascoltava sognante e, quando l’amica si interruppe lei sorrise dicendo: << Sono contenta per te, Rebecca, davvero, ma voglio solo che tu stia attenta a non farti ingannare come ho fatto io. Dai miei errori ho capito che non devo assolutamente fidarmi degli uomini, soprattutto di quelli ricchi. Vederti soffrire non è tra le cose che voglio. Io ho sofferto, e non nego che lo faccio tutt’ora, e ti posso assicurare che è una cosa davvero straziante >>.
Rebecca le accarezzò la spalla, dicendo che non doveva più pensarci, e che sapeva cavarsela. D'altronde, si disse, da quando era nata, la vita l’aveva messa a dura prova contro la sofferenza, e lei ne era uscita a testa alta anche nei momenti di sconfitta. Certo, non voleva ritornare a lottare, è per questo che si era allontanata dal suo passato, ma non riusciva a non pensare a quel ragazzo dagli occhi meravigliosi, non riusciva a dimenticare il suo primo bacio, lo sentiva ancora appoggiato sulle sue labbra, non poteva liberare il suo cuore di tutte le emozioni che Davide le stava facendo provare.
Per quale motivo avrebbe dovuto ancora soffrire? Non era forse vero che la felicità questa volta aveva scelto lei, donandole l’amore di quel ragazzo? Lei lo aveva accettato sicura che non avrebbe più sofferto.
 
***
 
La domenica giunse colma di nuvole bianche e sopraffatta dall’aria fredda. Rebecca andò presto in paese e rimase ad aspettare alla fontana in compagnia di Anna, alla quale, decise di raccontare il motivo della sua felicità. Anna ascoltò stupefatta non riuscendo a credere che anche il cuore gelido di Rebecca poteva sciogliersi per amore.
Mentre parlavano di questo, si fece avanti Davide, salutandole come un perfetto cavaliere.
La giovane cuoca trasalì di gioia nel vederlo e Anna rimase allibita e accecata dalla sua bellezza, poi riprendendosi, si congedò raggiungendo un gruppetto di fanciulle, sue amiche. Rebecca la vide allontanarsi e ad un tratto si sentì catturare le mani da quelle calde e ben curate del giovane, gli volse lo sguardo trasalendo, incrociando quei rari occhi sorridenti.
<< Ti ho fatta aspettare molto? >> chiese lui con voce dolce. Lei scosse la testa arrossendo. Davide tirò la mano invitandola a seguirlo, fecero una passeggiata per il parco, più in là videro un fotografo intento a scattare delle fotografie a una famigliola. Il giovane ebbe un’idea, disse alla ragazza di aspettarlo e raggiunse l’uomo. Rebecca lo vide mentre gli parlava e la indicava. Vedendosi osservata, arrossì abbassando la sguardo, poi rivolgendolo un’altra volta ai due, si accorse che Davide la stava raggiungendo.
<< Vieni, facciamo un ritratto >> esclamò lui contento.
<< No, aspetta… >> cercò di fermarlo lei, imbarazzata.
<< Avanti, non voglio che la tua immagine sia impressa soltanto nella mia mente >>. A quelle parole Rebecca sentì il cuore gonfiarsi di un’emozione indescrivibile, concesse la sua mano e insieme raggiunsero il fotografo, si misero in posa, Davide dietro di lei abbassò il viso avvicinandolo a quello della fanciulla e, prima che la polvere da sparo potesse scoppiare per imprimere la loro immagine nella camera oscura, le sussurrò in un orecchio << Ti amo >>.
 
***
 
<< Quando vedrò quella fotografia, penso che scoppierò dalle risate >> affermò Rebecca mentre continuavano la loro passeggiata per il parco.
<< Per quale motivo? >> chiese scettico Davide.
<< Perché vedrò l’immagine di due persone molto vicine, che si amano ma che in realtà non sanno niente l’uno dell’altra >>
<< Possiamo sempre rimediare >> esclamò Davide << inizierò io >> disse invitandola a porgergli la mano. La ragazza esitò non capendo cosa, il giovane, intendesse fare, poi gli concesse il gesto e lo seguì fino ad una carrozza scura. Davide fece entrare prima lei, poi imitandola, disse al cocchiere che poteva partire. Durante il tragitto, Rebecca cercò di vedere l’esterno dove la carrozza li stava portando, ma Davide gentilmente glielo impedì, dicendole che era una sorpresa.
Dopo pochi minuti, la ragazza si accorse che erano usciti dal paese, poiché non si sentiva più il vocio delle persone, poi il mezzo si fermò.
Il giovane fu il primo a scendere, aiutandola ad imitarlo. Quando Rebecca fu finalmente fuori dalla carrozza ciò che vide davanti a sé fu indescrivibile.
Un ampio paesaggio si estendeva all’infinito ricco di fiori e di alberi da frutto.
Rebecca volse lo sguardo verso Davide, e vide i suoi occhi brillare senza che il sole li potesse colpire.
Il ragazzo si inoltrò nel campo aprendo le braccia << Adesso mi conosci! >> esclamò ridendo << Tutto questo è Davide >>
La giovane sorrise guardandolo con dolcezza, lo vide avvicinarsi prenderla per i fianchi, sollevarla, farla girare, rimetterla giù e abbracciarla; l’allontanò dolcemente e la guardò negli occhi
<< Guarda bene, Rebecca. Tutto ciò che vedi rappresenta ciò che sono. Questa è la mia terra, e io che ti sento a due passi dal mio cuore, voglio che tu faccia parte di essa. Voglio aprire gli occhi al mattino e vedere che prima di questo paesaggio accanto a me ci sia tu, voglio riempire la mia vita del futuro che per me rappresenti, per congelarla del passato che ha dovuto vivere prima di conoscerti. So che è troppo presto, che non ci conosciamo ancora, ma io… voglio sposarti >>.
Rebecca trasalì, sentì un formicolio attraversarle la spina dorsale, e quando vide che il ragazzo stava per baciarla lo fermò.
<< Cosa c’è? >> chiese il giovane incuriosito.
<< Queste parole che hai appena detto mi hanno davvero resa felice. In tutta la mia vita, sono le prime parole che il mio cuore abbia accetto… ma adesso tocca a me farmi conoscere. Da quello che ho potuto capire, tu sei un nobile proprietario terriero, e io sono una… >>
<< Cameriera! >> rispose Davide al suo posto << E allora? Che importanza ha? >>
<< Davide, in passato io non sono sempre stata una cameriera… sono diventata tale a causa di alcune circostanze… >>
<< Non m’importa! >> la interruppe ancora il giovane stringendola al suo petto << il passato non conta, io voglio vedere al presente e al futuro, e in quest’ultimo, so che non si può prevedere, ma sono certo che tu ci sarai! >> detto questo si chinò ancora una volta per baciarla, ma non chiuse gli occhi, rimase a guardarla aspettando una sua reazione. Rebecca non la ebbe, ricambiò solo il suo sguardo e, perdendosi in quel colore così penetrante, offrì liberamente le sue labbra accettando di essere travolta da quei sensi mai provati prima d'ora.
Quando rientrarono nella carrozza, il tragitto sembrò lungo e fu silenzioso. Davide guardava la sua amata e la vedeva triste e pensierosa, non riusciva a capirne il motivo. Lui era molto felice, invece lei non tralasciava neanche un briciolo dei sentimenti che in quel momento stava provando.
<< Cos'hai? >> le chiese con dolcezza.
<< Non lo so >> rispose continuando a guardare il paesaggio in movimento.
<< Le mie parole ti hanno turbata? >>
<< Non sono le tue parole a turbarmi, è questa felicità che si è intromessa nella mia vita >>
<< È per questo che non hai ancora risposto alla mia proposta? >>
<< La verità è che ho paura ad accettare. Per la prima volta ho paura ad affrontare il mio destino. In passato non avevo timore di quelle che potevano essere le conseguenze, ma adesso... >>
<< Non devi preoccuparti, non voglio che tu mi risponda adesso, io posso aspettare >>.
Non ne capì il motivo Rebecca, ma quelle parole la rassicurarono.
Il resto della giornata la passarono in tranquillità, Davide la portò a pranzare in un posticino tranquillo, poi a sera l'accompagnò alla fermata della corriera e prima di lasciarla ebbe qualcosa da darle.
<< Posso aspettare una tua risposta, ma non posso aspettare per questo >> disse mentre la girava di spalle. Rebecca cercò di guardarlo incuriosita; vide le mani mettersi davanti al suo petto e poi avvicinarsi ad esso, allargarsi, accarezzarle il collo e unirsi dietro la nuca. Sentì qualcosa penzolarle sul petto, guardò verso il basso e vide luccicare un piccolo ciondolo, lo prese tra due dita e lo avvicinò al suo sguardo.
Questo era un piccolo medaglione argentato di forma circolare con al centro un cuoricino di zaffiro. Rebecca lo guardò meravigliata e allo stesso tempo incantata.
<< Volevo dartelo dopo la tua risposta, ma desideravo vedere come ti stava >>
<< Davide, è bellissimo >> balbettò lei con voce di pianto.
<< Sapevo che ti sarebbe piaciuto >> rispose lui accarezzandole il viso. La ragazza sentì il bisogno di abbracciarlo e, inconsapevolmente, lo fece, ignorando le buone maniere. Davide sentì il calore di quel corpo invadergli il suo, si sentì pervadere da un sentimento indescrivibile, ricambiò quell'abbraccio stringendola forte a sé.
Ben presto però l'incanto fu spezzato dall'arrivo della corriera, i due amati si salutarono, Rebecca salì sul mezzo, gli diede un ultimo sorriso e poi la corriera partì. Davide rimase lì fermo a guardare mentre si allontanava, chiuse gli occhi sospirando profondamente, quando li riaprì la corriera non c'era più, lo sfondo che si estendeva davanti a sé era buio e vuoto, guardò il cielo e capì che presto avrebbe piovuto, si voltò per raggiungere la carrozza, ma ad un tratto fu fermato da una voce in lontananza che lo chiamava, si voltò incuriosito e allo stesso tempo incredulo: da lontano una la figura di una persona correva verso di lui esclamando il suo nome.
<< Ma che... >> mormorò cercando di focalizzare.
<< Davide! >> esclamò ancora una volta la figura che si faceva più vicina.
<< Re-Rebecca? >> balbettò il giovane non credendo ai propri occhi.
La ragazza gli fu davanti, aveva il respiro affannato, ma sorrideva.
<< Rebecca, ma che fai? La corriera... >>
<< Non m’importa! >> esclamò lei facendo spallucce << anch'io non posso aspettare. La mia risposta è che non posso più stare senza di te. Tu sei dovunque, sei nell'aria che respiro, sei la prima immagine che vedo quando apro gli occhi la mattina, sei la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita. Voglio stare con te Davide, voglio essere nel tuo futuro. Ti amo Davide >> detto questo si avvicinò più a lui offrendogli le labbra.
Davide sorrise, le accarezzò dolcemente il viso e poi finalmente poggiò le sue labbra su quelle di lei assaporando quel ormai insaziabile bacio.
La pioggia, ancora una volta, fu loro complice e la prima goccia cadde proprio sulle spalle del giovane avvisandolo della sua entrata in scena.
Per la seconda volta, i due amati passarono la notte nell'hotel del circolo, ma quella volta fu occupata un’unica stanza.
Ad entrare per prima fu Rebecca la quale rimase al centro della stanza ad osservarla, dietro di lei, Davide chiuse la porta e le si avvicinò guardandole le spalle, pian piano le cinse i fianchi e avvicinò la bocca ai suoi capelli appoggiandosi ad essi per poi scendere lentamente sulla nuca e sfiorarla, sotto il suo tocco la sentì fremere, poi portò le mani alle spalle accarezzandogliele, le sbottonò il corpetto e aiutò a farlo scivolare giù, rivelando la nuda spalla. Rebecca si voltò verso di lui rivelando due occhi luminosi e un lieve rossore sulle guance, portò le mani ai capelli togliendosi le forcine che li mantenevano e, facendoli cadere lunghi fino ai fianchi, la ragazza scosse lentamente la testa per permettergli di prendere il loro posto, poi guardò Davide, i suoi occhi erano più penetranti, la luce dell'unica candela accesa riusciva a farli risplendere come diamanti immersi nell'acqua cristallina. Il ragazzo la vide allungare le mani sul suo petto e seguì i suoi movimenti.
Rebecca, un po' intimidita, iniziò a sbottonargli la camicia, poi insinuando le sue mani sotto di essa, sentì la pelle nuda e calda, scostò la seta per rivelare il petto ben fatto del giovane e lasciò che questo si liberasse del bianco indumento. Davide la prese in braccio e la poggiò supina sul letto, le fu di fianco chinandosi su di lei la quale gli prese una mano e la portò sui lacci del corsetto. Davide   iniziò a slacciare l'intimo della ragazza facendo fuoriuscire i due tondi e ben fatti seni. Quando anche l'ultimo laccio fu allargato, scostò i lati dell'intimo liberando finalmente la pelle, rimase a guardarla sentendosi pervaso da un fremito di piacere, le poggiò la mano su un seno morbido e le labbra sul petto. Rebecca le sentì ardere la pelle fresca e mentre quel veemente tocco scendeva più giù, sentì il suo corpo fremere di piacere. Vide Davide allontanarsi e avvicinarsi al suo viso, si baciarono con passione, la ragazza sentì una mano percorrerle l'addome e fermarsi sulla molla dell'indumento intimo; gemette di piacere, sentendo ormai le gambe libere e intrecciate a quelle del ragazzo. Volse lo sguardo verso la candela con la cera consumata e la fiamma, che compiva una danza seguendo i movimenti dei due amanti, si spense per lasciare segreta la loro idilliaca passione.


NDA: Ciaooo... vorrei scusarmi per i miei mancati commenti ad ogni capitolo che pubblico. Ormai dovreste sapere che (anche se è il colmo) sono di poche parole... ^^
Cosa ne pensate di questa storia? Mi raccomando fatemelo sapere.
Vorrei, inoltre, ringraziare chi ha aggiunto la mia storia fra le seguite e preferite. Grazie di <3
Alla prossima!

 
   
 
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