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Autore: Il cactus infelice    08/09/2019    3 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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WEASLEY-POTTER-GRANGER

 

Una voce squillante ma piuttosto familiare, sicuramente femminile, arrivò alle orecchie di Sirius mentre scendeva le scale della casa di Harry e Ginny e capì  che doveva provenire da una donna che - per quanto la ringhiera gli permettesse di vedere - stava in piedi di fronte al suo figlioccio sprofondato nel divano, le braccia appoggiate allo schienale e le gambe divaricate in posizione di riposo.
La chioma di capelli ricci e castani, tenuti legati in uno chignon spettinato, era però inconfondibile.
Sembrava piuttosto impegnata in una conversazione animata e importante con Harry. Quest’ultimo invece la guardava piuttosto divertito a giudicare dal sorrisetto sulle labbra. 
Sirius si fermò dietro ad Hermione - l’aveva riconosciuta in un attimo - senza che questa se ne accorgesse, almeno finché non vide gli occhi di Harry spostarsi alla sua destra. Con sguardo curioso si voltò anche lei in quella direzione e spalancò occhi e bocca sorpresa nel trovarselo lì davanti, anche se era stata ben informata del ritorno dal regno dei morti di alcune persone. 
“Sirius!” 
“Hermione! Non sei cambiata poi così tanto”. 
I due rimasero a guardarsi per qualche istante, indecisi su cosa dirsi o come salutarsi appropriatamente. Qualsiasi parola ad Hermione sembrava poco consona o fuori luogo. Cosa si poteva dire a qualcuno che tornava dalla morte? 
Fu Sirius a togliere entrambi da quell’impiccio, aprendo le braccia in una muta richiesta di abbraccio; Hermione si lasciò accogliere senza opporre resistenza e lo strinse forte ricordando quando, anni e anni prima, quell’uomo le aveva fatto provare un po’ paura, un po’ soggezione ma anche tanto rispetto. 
Un tossicchiare dietro di loro annunciò che anche James e Lily si erano uniti alla scena e ora li stavano guardando piuttosto perplessi. 
I due si staccarono di colpo e la donna poggiò subito gli occhi sui nuovi arrivati, esitando su James con sorpresa nello sguardo. 
“Lo so, la somiglianza con Harry è quasi inquietante”, disse Sirius divertito. 
“Direi più con l’altro James”, rispose Hermione. “Comunque, io sono Hermione Granger”, si presentò poi porgendo la mano ai due. 
“Oh porco Salazar!” esclamò all’improvviso Black con in mano una piccola spilla rotonda trovata sul tavolino da caffè che fissava come fosse un oggetto più unico che raro. “Ti candidi a Ministro della magia?” 
“Be’, sì… quella è l’idea”, rispose Hermione leggermente in imbarazzo. 
La spilla che Sirius teneva in mano recitava infatti Granger, Ministro della Magia. 
Anche Lily e James le guardarono, più curiosi che altro, ma anche consapevoli di starsi trovando di fronte a una figura importante in quel momento. 
“E quando succederà?” 
“A dicembre ci saranno le elezioni”. 
“La cena è pronta!” li interruppe in quel momento la voce di Ron che aveva aiutato la sorella a preparare da mangiare. 
Anche quella sera la cucina, nonché la tavola della casa Weasley-Potter, era affollata perché si erano nuovamente aggiunti Remus, Tonks e Andromeda e in più c’erano anche i figli di Hermione e Ron. 
Quando Sirius aveva posato gli occhi su Rose era rimasto esterrefatto; scoprire poi che la ragazza aveva solo quattordici anni lo aveva quasi destabilizzato. Non è che la ragazza portasse male la sua adolescenza, erano il portamento, il modo di vestire, di atteggiarsi, di parlare e anche il trucco - ombretto, eyeliner, mascara - tutto l’insieme, per quanto fosse elegante e perfettamente curato, bello da vedersi e persino sexy, le dava un’aria eccessivamente matura e costruita. 
Hugo, invece, era un bimbo timido di undici anni e, anche se aveva solo un anno in meno della piccola Lily, sembrava decisamente più giovane. Quindi, il contrario della sorella. Come lei aveva i capelli rossi - eredità del ramo paterno - e piccole lentiggini che gli costellavano il naso e parte del viso, dandogli quell’aria innocente, adorabile e dolce, accentuato ancora di più dai grandi occhi color cioccolato. 
Nè Rose né Hugo somigliavano ai genitori, indice che alle volte la mela può cadere lontano dall’albero - anche se invece ciò non riguardava i figli di Harry e Ginny. 
“Jim, metti via il telefono”, disse Harry rivolto al figlio intento a scrivere a qualcuno. 
Il ragazzo non disse niente limitandosi a riporre il telefono quando la cugina, seduta accanto a lui, gli afferrò la mano per guardare lo schermo. 
“Chi è Veronica?” chiese canzonatoria. 
“Non sono affari tuoi”, le rispose l’altro senza scomporsi minimamente. Bloccò il telefono e lo ripose in tasca. “Dovresti imparare a non ficcare il naso nelle cose altrui”. 
“Lo faccio solo perché mi preoccupo per te. Non vorrei mai fosse un’altra Shannen”. Il tono preoccupato di Rose non poteva risultare più fasullo eche  lei faceva apposta a marcare. 
Si beccò un’occhiataccia da parte della madre che venne ignorata totalmente. 
“Che c’è, cugina, sei gelosa?” ribatté allora James senza scomporsi, portandosi le braccia dietro la testa e guardando l’altra malizioso. 
Tutti si ricordavano la storia di Shannen, una delle poche cose che aveva sconvolto James Sirius un paio di anni addietro. Non sarebbe stata facilmente dimenticata. 
“Ti piacerebbe”. 
Gli altri presenti, specialmente i Malandrini, assistevano a quella scena divertiti, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. 
C’era un’aria allegra, e quel siparietto non faceva che alleggerire l’atmosfera. Solo una cosa stonava, si percepiva l’assenza dell’unica persona che avrebbe dovuto trovarsi lì quella sera. Ma Teddy ancora non si presentava e nessuno osava nominarlo. 
“Comunque, davvero, la situazione della campagna elettorale sta diventando pesante…”. 
“Hermione, possiamo parlarne dopo cena?” 
C’erano solo due cose che Harry odiava si facessero a tavola: usare i telefoni e parlare di politica. 
Perciò la sua famiglia e gli ospiti si premuravano di non farlo mai. Anche se per Hermione era difficile uscire dal suo ambiente che respirava circa ventiquattro ore su ventiquattro.
“Harry, lo sai vero che quest’anno tocca a te organizzare la grigliata degli Auror?” si intromise Ron servendosi del purè. 
A quel punto Harry sbiancò. “Ah”. 
“Te lo eri dimenticato?” 
“Certo che no!” mentì il moro con un sorriso di circostanza. 
“Che cos’è la grigliata degli Auror?” chiese Tonks con la migliore espressione da bambina curiosa che poteva avere. 
“È una grigliata che organizziamo tutti gli anni, in estate”, spiegò Ron pazientemente. “Facciamo a turno, per estrazione. Sostanzialmente stiamo tutto il giorno a mangiare e bere birra. Quest’anno tocca a Harry”. 
“Perché queste cose non le facevano ai nostri tempi?” si lamentò James guardando verso Lily e Sirius. 
“Perché eravamo troppo impegnati a combattere Vold…”, fece per rispondere Lily bloccandosi tutto d’un tratto con la bocca ancora aperta nell’intento di finire la frase e, raggelata, passò lo sguardo su tutta la tavolata; i più piccoli la osservavano più con curiosità che altro, ma Harry teneva lo sguardo basso con Hermione che cercava di osservarlo di sottecchi come per accertarsi che stesse bene. 
“Buono questo arrosto, Ginny! Dove lo hai preso?” si intromise a quel punto Andromeda, interrompendo il silenzio che si era venuto a creare e cercando di riportare l’atmosfera alla normalità. Lily gliene fu grata, ma si beccò un’occhiataccia da parte di Remus. 
“Comunque non capisco perché non posso sottrarmi a questa cosa. Non dovrei avere dei vantaggi visto che sono il capo?” si lamentò Harry, tornando a parlare della grigliata degli Auror. 
“Le regole sono regole, amico. Nessuno si sottrae. Comunque, ti darò una mano, non ti preoccupare”. 
“Avrei preferito non avere trenta persona che bazzicano per casa mia”. 
“Ma sono i tuoi sottoposti!” 
“Appunto! Ho una dignità da mantenere”. 
Ron sghignazzò. “Dignità! Certo, come no”. 
Harry effettivamente non poteva dare torto all’amico; la dignità l’aveva persa diversi anni prima quando aveva fatto la cazzata più grossa della sua vita. Ma non era quello il momento di rivangarlo. 
Piuttosto cercò di godersi la cena e le chiacchiere degli altri, provando a calmare la tensione che sentiva dentro da ormai qualche giorno; da quando Sirius e i suoi genitori erano tornati in vita ad essere precisi. 

 

 

It's just another night
And I'm staring at the moon
I saw a shooting star
And thought of you

 

Teddy prese una vecchia coperta dal bagagliaio della macchina - quella che teneva sempre lì dentro per ogni evenienza - e la distese per terra, sul prato fresco d’estate.
Vicky vi si sedette sopra piegando le gambe e aspettò che l’altro si sistemasse accanto a lei. Il ragazzo si sedette a gambe incrociate e prese la chitarra che aveva lasciato appoggiata a terra.
Lui e Vicky qualche volta andavano su quella collina, soprattutto d’estate, si sedevano sulla vecchia coperta che Teddy teneva sempre in macchina - trovata nell’armadio di nonna Andromeda - e restavano lì per un po’, abbracciati a guardare le stelle. Era il loro modo per isolarsi, per fuggire dal caos delle loro case, dalle famiglie, dai pensieri, dagli impegni e godersi la natura, il canto dei grilli, il silenzio, le stelle. Quella sera il cielo aveva deciso di regalare loro tante stelle, la luna probabilmente andata in sciopero perché non si vedeva nemmeno uno spicchio.
Teddy poi si portava sempre dietro la sua chitarra per cantare insieme, una cosa che adoravano fare fin da bambini. 
Vicky aveva una voce bellissima - le diceva sempre il suo ragazzo. In realtà glielo dicevano tutti, ma quando lo diceva lui era diverso. 
Quindi Teddy prese la chitarra e punzecchiò qualche corda, il primo accordo della canzone che voleva suonare per Vicky, quella canzone un po’ triste che parla di stelle e di lunghe distanze, di mondi diversi in cui due amanti non si possono mai incontrare. 
“You were lying next to me / I looked across and fell in love / So I took your/ hand / Back through lamp lit streets I knew”. 
Teddy aveva una voce calda e dolce, perfettamente intonata. Non si sarebbe mai stancata di ascoltarlo cantare, o di cantare insieme a lui. Ma quella era la canzone di Teddy e lei lo lasciava cantarla guardandolo con gli stessi occhi con cui lo aveva guardato quando aveva capito che se ne era innamorata, anni fa. 
All’improvviso gli toccò la mano, leggermente, un tocco quasi impercettibile, e lui si fermò. Osservò la mano bianca della ragazza con le unghie curate e poi spostò gli occhi sul suo viso. Vicky lo guardava con due occhi castani che sembravano volergli sondare l’anima. 
“Teddy…” lo chiamò la ragazza. Teddy le prese la mano e aspettò che continuasse a parlare. “Non abbiamo più parlato di quello che mi hai scritto l’altro giorno”. 
Teddy sapeva a cosa si riferiva e non gli serviva la sua mente geniale per capirlo. 
“Perché non sei ancora andato a conoscerli?” 
Il ragazzo spostò la chitarra e sospirò guardando la coperta le cui decorazioni geometriche erano diventate improvvisamente interessanti. 
“Non… non lo so. Io-io non me la sento”. 
“Perché, Teddy? Non mi dicevi sempre tu che alle volte ti mancavano? Anche se non li avevi mai conosciuti, ti mancavano e avresti dato qualsiasi cosa per stare almeno cinque minuti con loro”. 
Era vero, da piccolo lo aveva detto. Poi, crescendo, si era auto-convinto che non fosse così, che lui non aveva bisogno dei genitori. Non poteva mancargli qualcuno che non aveva mai conosciuto. Ma era solo l’illusione che usava per stare meglio perché mai e poi mai era riuscito a superare quella mancanza. Nemmeno ora. 
“Ho paura, Vic. E se non gli piacessi? Se rimanessero delusi?” 
“Teddy!” esclamò la ragazza stizzita. Prese entrambe le mani del ragazzo e gli si avvicinò di più guardandolo negli occhi. “Che cosa stai dicendo? Come potrebbe mai succedere? Sono i tuoi genitori e scommetto che non aspettano altro che vederti. E poi, guardati, sei fantastico! Sei bellissimo e sei intelligente e studi una cosa che li renderà sicuramente orgogliosi. Ma anche se lavorassi in un negozio di Nocturn Alley, a loro andrebbe bene lo stesso. Sono i tuoi genitori, Teddy”. 
Vicky aveva ragione e Teddy sapeva di sbagliare a pensare quelle cose e di essere anche un po’ sciocco, eppure era fatto così: si faceva paranoie inutili. 
“Che razza di Grifondoro sei?” lo prese in giro lei. 
“L’ho sempre detto che sono un Tassorosso mancato”. 
Teddy si stese a terra allungando un braccio per far accomodare la ragazza che non aspettò altro che di potersi stendere tra le sue braccia. 
“Lo so, hai ragione. In ogni caso questo weekend devo andare a un convegno a Cardiff per cui ci penserò appena torno”. 
“Promesso?” 
“Promesso”. 
Teddy si girò verso Vicky e rimase incantato a guardarla. Nella fioca luce delle stelle riusciva a vederla poco, ma anche con quella poca illuminazione si poteva notare quanto fosse bella. Semplicemente e genuinamente bella. 
La ragazza - che fino a quel momento era rimasta con lo sguardo rivolto al cielo - si accorse che Teddy la guardava e si voltò anche lei verso di lui. E gli sorrise. 

 

 

La giovane donna si sistemò i lunghi capelli neri e ricci dietro le spalle, riflettendosi nello specchio ovale posto all’ingresso della casa povera e dalle pareti sporche e consumate. 
Sorrise al proprio riflesso che le mostrava un volto cinereo su cui spiccavano due occhi scurissimi, intensi e un paio di labbra spesse e leggermente arrossate. 
Per ora le cose sembravano procedere bene, stava seguendo il piano alla perfezione e non c’erano stati intoppi. Tutto nella norma. Il procedimento però richiedeva ancora diverso tempo, diverse cose da fare e non poteva distrarsi nemmeno un attimo. 
Attraverso il riflesso dello specchio vide Patrick avvicinarlesi e circondarle la vita con le braccia. Il ragazzo affondò il viso nell’incavo del suo collo, aspirandone il profumo. 
Aveva voluto seguirla a tutti i costi, persino in quella topaia di Little Hangleton. Patrick poteva anche avere l’aspetto, il volto di un uomo, ma dentro era rimasto sempre quel ragazzino incapace che le correva appresso come un cagnolino perché da solo non riusciva a fare nulla. Ma forse in qualche modo ne avrebbe ricavato qualche utilità. 
Lei però non ricambiò in alcun modo quel suo slancio d’affetto. Rimase a fissarsi allo specchio, sorridendo con soddisfazione. 

 

***

 

E qui entrano in scena anche Hermione e i piccoli Weasley. Se qualcuno è rimasto deluso da come ho deciso di caratterizzare Hugo e Rose, mi dispiace, ma non mi andava di fare delle piccole copie Weasley-Granger. Chiedo scusa anche a Johanne per aver deliberatamente e grandemente sputt*nato i suoi personaggi XD 

Ah sì, c’è anche Vicky. Vicky come ve la siete immaginata leggendo il settimo libro? 
Per il resto, non aggiungo altro perché rischio di parlare troppo. Fatemi sapere voi cosa ne pensate. 

Un bacio,
C.

NOTA: la canzone che canta Teddy (e i versi scritti all'inizio di quel paragrafo) è di Ed Sheeran, si intitola All of the stars. Presumo la conosciate tutti ma vi metto il link lo stesso perché è bellissima. 

 

   
 
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