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Autore: Volerofinoatoccareilcielo    08/09/2019    0 recensioni
[…] Tratto dal capitolo 1
-Conviene che ci presentiamo, io sono Amy Dalila Velasco, figlia di Eris dea della discordia e del caos- disse con aria fiera la ragazza. Percy guardò Annabeth, non capiva perché avesse fatto una domanda del genere. Se non fossero semidei allora perché erano stati inseguiti da dei mostri.
Ma allora per quale motivo il ragazzo non poteva entrare?
La risposta arrivò pochi attimi dopo quando il ragazzo si presentò, scioccando e spaventando tutti i presenti
-Io, invece, sono Andreas Arias Santiago, figlio di Crono, Titano del tempo-
[…]
La speranza è sempre l'ultima a morire, soprattutto la speranza dei mostri quando si deve prendere a calci Percy nel suo bel sederino. Quando tutti pensavano che finalmente potevano avere un minimo di respiro ecco che spunta un nuovo nemico...Questa volta riuscirà a mettere in ginocchio Percy Jackson e i suoi amici? Chi sono questi due nuovi personaggi che arrivano al campo? Passato e futuro si incontreranno e chi vincerà lo scontro? Beh, leggete e saprete. Buona lettura a chiunque voglia aprire la mia storia.
Baciusss
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Jason Grace, Nuovo personaggio, Piper McLean, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Io sono Andreas Arias Santiago, figlio di Crono Titano del tempo- disse Andreas scioccando i presenti e spaventando a morte Chirone. Come era possibile che un ragazzo potesse essere figlio del Titano del tempo. Come poteva essere possibile che lui avesse un fratello mezzo umano. Crono non si sarebbe mai unito ad una mortale e soprattutto come avrebbe potuto fare se si trovava richiuso. Dall’aspetto Andreas poteva sembrare un ragazzo di 19/20 anni, ma forse, pensò Chirone, che poteva avere più anni di quelli che dimostrava.
Il primo che si mosse fu Percy che tolse il cappuccio da Vortice e puntò la sua arma sotto il collo di Andreas che non fece neanche un passo indietro, per niente spaventato dalla lama del più forte semidio esistente
-Non mentire, non siamo in vena di scherzi- ringhiò Percy tra i denti, se era davvero così avrebbe ucciso quel ragazzo e avrebbe vendicato tutti i suoi amici morti per mano del Titano, a partire da Luke
-Non sto mentendo, sono davvero figlio di Crono- rispose il ragazzo con una calma assoluta
-Dimostralo- disse Nico e senza che nessuno se ne rendesse conto il ragazzo aveva preso la spada ed adesso era lui a puntare Vortice contro Percy
-Ma che...? - 
-Ve l’ho detto sono figlio di Crono- 
-Mi spieghi che hai fatto?!?- chiese Annabeth non trovando una spiegazione per quello che era appena successo. L’attimo prima Percy stava puntando la lama contro il ragazzo e l’attimo dopo la situazione si era capovolta
-Semplice, ho bloccato il vostro tempo e mi sono mosso- disse il ragazzo come se fosse stato una cosa da nulla. Ma non era così. Dentro di lui stava soffrendo come un cane, era davvero faticoso bloccare il tempo e ancora di più era faticoso bloccare il tempo di 6 persone contemporaneamente. Togliendo il fatto che era anche ferito, l’aver bloccato il tempo gli aveva richiesto molte più energie del normale. Ma il suo onore non lo permetteva, non gli permetteva di mostrare questo dolore e quindi da fuori era solo un ragazzo ferito che stava puntando una spada contro il grande Percy Jackson
-Sentite, non sono venuto qui per attaccarvi, abbiamo un problema e ci serve il vostro aiuto- disse Andreas ridando la spada a Percy e allontanandosi da lui così che tutti capissero che non voleva davvero fare del male. 
Il primo a riprendersi fu Will che disse
-Io, Will Solace figlio di Apollo, autorizzo Andreas Arias Santiago a entrare nei confini del campo...- poi rivolto ai suoi amici disse
-... è sera tardi, loro due sono feriti e non possiamo intraprendere adesso una conversazione di questo rango. Domani mattina parleremo alla Casa Grande con anche il Signor D presente- poi senza dire un’altra parola si girò e iniziò a camminare in direzione dell’Infermeria, se doveva curare quei due doveva preparare gli attrezzi necessari e abbastanza ambrosia per le ferite.
-Facciamo come dice. Rachel e Nico accompagnateli in infermeria, Annabeth e Percy, voi invece tornate nelle vostre case, non voglio che usciate fino a domani mattina, sono stato chiaro?!!- disse l’ultima frase guardò negli occhi Percy come a volergli intimare di ascoltarlo se non voleva avere brutte sorprese
-Chiaro- risposero in coro e seguendo le indicazioni, fecero come aveva detto Chirone. Chi doveva andare in infermeria andò in infermeria e che doveva andare a dormire andò ognuno nella sua casa per dormire. Anche se ne Annabeth ne Percy chiusero occhio quella notte, ritrovandosi a pensare a quell’orribile guerra contro Crono. Anche se intenzionalmente, Andreas, aveva riaperto una ferita che si stava richiudendo a poco a poco.
E mentre i suoi ragazzi si dividevano, Chirone corse in direzione della casa grande. Doveva assolutamente mandare un messaggio agli dei, se era vero quello che pensava allora erano tutti in grave pericolo.
 
-Non mi piace- disse improvvisamente Nico rompendo il silenzio che si era creato nell’ infermeria. Erano rimasti solo Nico e Will svegli per controllare i feriti, che dopo averli fatti distendere con l’aiuto di Rachel si erano addormentati come ghiri e la ragazza era ritornata nella sua caverna per tornare a dormire.
-Chi? Il ragazzo o la ragazza? - chiese Will, anche se sapeva già la risposta, gli piaceva parlare con Nico, sentire la sua bassa e cupa voce. Poteva parlare con il figlio di Ade per ore, se solo avesse voluto, anche se sinceramente stando in compagnia del ragazzo gli piaceva fare qualcos’altro. A quei pensieri arrossì e per cercare di non farlo vedere all’attento figlio di Ade iniziò a riordinare le garze
-Il ragazzo- rispose Nico spostando gli occhi da Will ad Andreas per fulminarlo con lo sguardo
-Perché? - 
-Ho una brutta sensazione, sono pericolosi, molto...- iniziò a spiegare Nico riferendosi anche alla ragazza. Da quando li aveva visti aveva una bruttissima sensazione, aveva percepito la morte vicino a loro e non solo perché avevano ucciso dei mostri, ma perché percepiva la morte in loro. Come quando si sente l’odore del sudore su una persona dopo allenamento, Nico sentiva l’odore della morte su quei ragazzi 
-Io non mi fido della ragazza, ha degli strani simboli- disse, invece, Will sorprendendo Nico, che lo fissò con aria interrogativa. Non capiva di che genere di simboli stesse parlando Will, allora quest’ultimo mostrò a Nico alcuni simboli sul braccio della ragazza. Dei simboli confusionari, che non avevano né un inizio né una fine, non avevano forma come se un artista avesse buttato su una tela della vernice in maniera caotica. Si, quei simboli era un caos vero e proprio.
-Sono solo dei semplici tatuaggi...forse un po’ strani con delle forme strane. Ma la capisco è come se io mi tatuassi un teschio perché mio padre è il Re degli Inferi, sua madre è Eris la regina del caos, è ovvio che siano così…caotici- aveva risposto Nico aggrottando la fronte per l’ultima parola che aveva detto
-No, ti stai sbagliando, questi non sono tatuaggi, o almeno non sono tatuaggi normali- disse Will facendo vedere a Nico che quelle forme non erano fatte con l’inchiostro. Sembravano fatte con dei marchi di ferro, come quelli che usavano i Romani per gli anni di servizio.
-Stanno nascondendo qualcosa, e non mi piace... poi che è figlio di Crono, questa storia mi puzza...- disse Nico iniziando a pensare che come suo padre aveva deciso di tenere segreta la sua presenza nel Casinò, forse gli dei avevano deciso di tenere segreto un figlio di Crono. Non era sicuro di questa storia, ma sicuro sarebbe andato a fondo... e poi Chirone non aveva vietato a lui di non uscire dalla sua cabina
-Devo parlare con mio padre- decise per poi scomparire tra le ombre. Will si girò appena in tempo per ricevere uno dei rari e fugaci baci di Nico che lo facevano bloccare sul posto per la sorpresa. Ma questa volta Will restò bloccato non perchè Nico lo avesse baciato, cosa che naturalmente era normale in quanto stavano insieme e avevano fatto altro... ma perchè Nico era penna andato negli Inferi a parlare con suo padre. Capite SUO PADRE. Will iniziò a pensare mentre rimaneva a vederlo andare via
-Aspetta non an...- cercò di dire, ma era troppo tardi. Ormai era l’unico sveglio nell’infermeria.
 
 
Nella contea di Jacksonville, in Oregon, sorge sull’anonima collina la casa del mistero, accerchiata da un’area circolare di 3 chilometri di diametro dove accadono fenomeni davvero strani. Questa casa, originariamente costruita per essere usata come magazzino all’inizio secolo scorso, in una notte del 1907 venne colpita da uno fenomeno stranissimo che ne modificò visibilmente la struttura, come se ci fosse stata una scossa di terremoto nella zona: il problema è che il terreno e tutti gli alberi circostanti erano rimasti intatti. Lo scienziato Lister, dopo 40 anni di ricerche, scoprì apparentemente qualcosa di impressionante ma bruciò tutte le prove prima della sua morte, affermando che il mondo non è ancora pronto per una scoperta del genere. 
Per dei semplici mortali questa era solo una stupida leggenda metropolitana che si raccontava durante i falò per spaventare qualcuno. Ma per qualcuno che supera, con la vista, la foschia quella non era una semplice casa/magazzino era una vera e propria base per mostri di ogni genere. Partendo dalla villa fino ad un’estensione di 3 km, tutta quella terra brulicava di mostri antichi che si raggruppavano o litigavano. Sembrava un secondo Tartaro da quante creature ci fossero. Si raggruppavano tutti attorno alla casa, come in ascolto di ordini.
All’interno la villa era spoglia, non c’erano ne mobili ne quadri, non c’era niente, a parte una poltrona dove stava seduto un ragazzino che emanava un’aria inquietante
-È arrivato il momento. Muoviamoci- la sua voce era un suono duro e freddo che ricordava le pietre taglienti o il rumore della grandine che picchia sui vetri, troppo inquietante per un ragazzino. 
-Come voi desiderate mio signore- rispose piano un uomo alto e robusto con voce roca, davvero molto roca. Poi con il suo vocione uscì dalla villa e sull’uscio della porta urlò a tutti i mostri che aveva di fronte
-Preparatevi. Domani partiremo alla volta per distruggere il Campo Mezzosangue-
 
 
Amy si ricordava la prima volta che Andreas le aveva rivolto la parola ed era stato in quel momento in cui il bellissimo rapporto tra i due era nato.
Amy era domenicana o per meglio dire suo padre era domenicano, lei era nata in America e con il padre si era trasferita nella Repubblica Domenicana quando aveva solo 1 anno. Non aveva mai conosciuto sua madre e fino agli 8 anni, non sapeva neanche come si chiamasse, suo padre non le aveva mai rivelato niente della dea, l’unica cosa che le avesse detto era che avevano gli stessi occhi inquietanti che quando lo fissavano, lo mettevano in soggezione. Eris, la dea del caos e della discordia, si era innamorata di Gonzalo Velasco o per meglio dire si era innamorata della follia di quell’uomo, adorava il caos incompleto della sua mente e adorava il fatto che i suoi occhi lo facevano impazzire ancora di più. Una volta l’uomo glielo aveva detto “i tuoi occhi sono fatti di caos puro che mi stanno facendo perdere la testa ancora di più”. Grazie a quella frase Eris si era così perdutamente innamorata di quell’uomo che aveva deciso di fare una figlia con Gonzalo Velasco e dalla loro unione nacque Amy. La bambina era identica al padre, tranne che per gli occhi, aveva gli occhi inquietanti di sua madre che facevano impazzire, e non nel senso buono della parola, l’uomo. Il padre aveva resistito, sotto quel suo sguardo così inquietante, solo per 6 anni e durante un viaggio con la sua nuova compagna, la segretaria dello psichiatra di Gonzalo, l’avevano abbandonata. Erano diretti a casa loro, nella Repubblica Domenicana, e l’aereo prima della sua destina finale avrebbe fatto scalo ad Havana in Cuba. Era successo tutto molto velocemente ed Amy si era ritrovata sola tra le strade di Cuba, senza più un padre o una madre, senza più una casa o un posto dove tornare. Era rimasta sola e abbandonata.
La pioggia picchiettava senza tregua sulla finestra e grosse gocce percorrevano il vetro, creando piccoli disegni astratti. Il vento batteva forte sulla finestra e Andreas continuava a guardare fuori pensieroso, chiedendosi se in un giorno di pioggia come quello la sua piccola Brioche non stesse avendo freddo. Pioveva ormai da alcuni giorni e gli mancava particolarmente, suo nonno gli aveva vietato di andare a giocare fuori con la pioggia e lui non poteva disubbidire a suo nonno. Brioche era una piccola gattina che aveva trovato un paio di settimane prima in una piccola soffitta in un palazzo ormai abbandonato ed era diventata uno splendido compagno per passare il tempo. Era un piccolo gatto persiano, dal manto bianco come le nuvole, con orecchie nere e due meravigliosi occhi color topazio. Il piccolo Andreas amava nascondersi i pezzi di carne, rubati al nonno nelle tasche, e portarli al gattino che lo aspettava ogni mattina in panciolle su un piccolo cuscino polveroso, regalatogli da Andreas. Sospirando uscì dalla sa camera e andò in salone dove suo nonno stava dormendo sul divano e visto che anche sua madre a lavoro, adesso aveva via libera. Sarebbe tornato prima che l nonno si svegliasse, ma adesso aveva un piccolo gattino da curare, andò in cucina prese una scatoletta di tonno e in silenzio uscì di casa senza sbattere la porta. Chiuso nel suo impermeabile verde camminò di corsa alcuni isolati e arrivò di fronte ad u vecchio palazzo malandato ed entrò da una delle finestre rotte, la pioggia continuava a cadere anche dentro il palazzo a causa del tetto rotto, ma Andreas non ci fece caso. Corse su per le scale, saltò qualche scalino rotto ed arrivò in soffitta, dove doveva esserci il gattino. Ansimando per la corsa, Andreas aveva osservato lo spazio polveroso attorno a lui, con aria interrogativa e ansiosa. Aveva una brutta sensazione, ma la scacciò spostando un ciuffo di capelli bagnati dalla fronte
-Brioche- aveva chiamato il gattino a bassa voce per paura che qualcuno potesse sentirlo, anche se quella paura era infondata, si aspettava che il gattino gli corresse incontro con la coda rialzata, attirato dall’odore del tonno. Ma questa volta non fu così, la soffitta era piuttosto silenziosa e Andreas venne attirato da qualcosa che si muoveva nell’ombra, con il cuore in gola Andreas posò la scatoletta per terra e si avvicinò lentamente al rumore. Era sempre più vicino e…niente, in quell’angolo così buio non c’era niente. Sospirando provò a girarsi e andarsene, ma una piccola figura nera gli saltò addosso atterrandolo, gli puntò quello che sembrava un coltello di plastica alla gola e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo chiuso nel suo impermeabile verde. Verde come quegli occhi che lo stavano fissando ad una distanza minima, Andreas riusciva solo a sentire i respiri affannosi di quella figura dagli occhi verdi, fino a che un altro rumore attirò l’attenzione di entrambi
-Meow- il miagolio di Brioche che si avvicinava alla scatolina di tonno fece sobbalzare entrambi i bambini che separarono i loro sguardi verdi
-Sei qui anche tu per uccidermi. Come quei mostri e quei…quei…- disse la bambina quasi scoppiando a piangere per la disperazione e, allontanandosi da Andreas, si mise le mani sulle orecchie come a scacciare rumori terrificanti e inesistenti. Andreas fissò la bambina e notò che aveva gli abiti sporchi e sdruciti, la pelle rovinata e i capelli tutti scompigliati, aveva un pessimo odore, ma sotto tutto quello sporco, il figlio di Crono, dovette ammettere che era proprio carino. Aveva corti e asimmetrici capelli neri, lineamenti ispanici e due occhi verdi che risplendevano su quella figura così piccola e sporca. Andreas ci si immerse in quegli occhi e continuò a fissarla mentre la ragazza camminava avanti e indietro preoccupata e ansiosa, si vedeva che non dormiva da molto tempo o se avesse dormito sarebbe stato male. Il bambino vide il caos nei suoi occhi e venne colpito dalla complessità che nascondevano, vide anche che quella complessità stava facendo impazzire la ragazza. Andreas conosceva quel caos, quella paura e capì che era la stessa che provava lui quando si svegliava da un incubo, ma quella volta Andreas vide che la ragazza non si era ancora svegliata, che stava vivendo in quell’incubo. Sua madre, ogni volta che aveva si svegliava urlando di notte, lo consolava e gli poggiava la fronte sulla sua, come a sostenerlo e a consolarlo. E spinto da non so che cosa Andreas bloccò la ragazza poggiando le mani sulle sue spalle e poggiò la sua fronte sulla quella della bambina
-Tranquilla…tranquilla. Io non ti farò mai del male, non posso farti del male, io voglio proteggerti- le disse Andreas per farla calmare e calde lacrime le iniziarono a scorrere sulle guance, per la prima volta da quando il padre l’aveva abbandonata si sentiva in pace e tranquilla. Quando quel bambino aveva poggiato la sua fronte sulla sua la sua mente si era placata e per la prima volta sentiva solo silenzio e nient’altro, finalmente qualcuno era riuscito a placarla e a darle pace.
Andreas ed Amy si erano conosciuti in un giorno di pioggia, in un palazzo malandato e polveroso, in un luogo che puzzava di sporco e di tonno, si erano conosciuti e non si erano più separati. Amy dopo molte peripezie giuridiche era andata a vivere ufficialmente con Andreas e la sua famiglia, non si erano separati e c’erano sempre stati l’una per l’altro, c’erano stati quando la famiglia di Andreas era morta in un incidente, ogni volta che un mostro attaccava uno dei due, ogni volta che un assistente sociale cercava di prendere uno dei due. C’erano sempre stati l’uno per l’altra, non si erano mai separati ed avevano affrontato tutto insieme. Erano legati da un sentimento più forte dell’amicizia, da un sentimento più forte di quello che legava due fratelli, un sentimento anche più forte dell’amore. Erano legati da qualcosa che nessuno sapeva spiegare, qualcosa di davvero unico e che li univa sin da piccoli.
 
 

Spazio Autrice
Buongiorno, buon pomeriggio e buona notte a tutti voi lettori.
Eccomi col secondo capitolo, spero vi sia piaciuto e che non sia una cosa così orribile. Prima di tutto mi scuso per averlo postato a così tarda sera, ma non mi è stato possibile farlo prima, non so quando lo leggerete, ma spero che comunque non vi abbia fatto attendere molto.
In questo capitolo, a parte un mini pezzo di Solangelo (una delle mie ship preferite) volevo parlarvi di Andreas ed Amy, questi due nuovi personaggi che ho inventato di mio pugno. Il racconto del loro primo incontro avevo intenzione di farlo tra un paio di capitoli, ma mi è venta voglia di parlarvene in questo capitolo. Sono davvero emozionata sapete, la loro storia è tratta (in linea generale) da una storia vera che mi è successa e quindi si…il rapporto tra Andreas ed Amy è davvero importante e spero di avervelo descritto nel miglio modo possibile.
Un’altra storia tratta da qualcosa di vero, è la leggenda della casa del mistero dell’Oregon. Ok si, non è tratta da una storia vera, ma da una leggenda metropolitana Newyorkese (me la sono fatta raccontare da una vera americana, quindi se in futuro andaste in Oregon, potete davvero trovarla). Naturalmente il “tratto da una storia vera” o il “tratto da una leggenda”, non è che ho ricopiato parola per parola la storia, ho preso solo spunto da queste due storie e le ho cambiate per farle combaciare con la storia. Comunque ho approffitatto della leggenda per anticiparvi un secondo il nostro fantomatico nemico che fa tremare anche gli dei dalla paura e niente, non vi faccio più spoiler ne anticipazioni.
Voglio concludere questo luuuunghissimo spazio autrice con 2 domande.
Quale è il vero rapporto tra Andreas ed Amy e cosa li lega davvero, a parte il tempo?
Chi è questo nuovo personaggio e come mai è così spaventoso (anche se dal capitolo non si può capire molto?  
Ora però vi lascio andare e vi ringrazio ancora per aver letto fino a qui quello che ho scritto.
Buongiorno, buon pomeriggio e buonanotte a tutti voi.
Baciusssss

   
 
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