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Autore: cartacciabianca    29/07/2009    3 recensioni
Desmond le viene strappato via all'improvviso e Giorgia non sa di che rispondere alle minacce dei misteriosi rapitori, i quali la costringono al silenzio attraverso una messaggistica segreta: e-mail, telefonate anonime, bigliettini nei posti più impensabili... Non resta alto che aspettare, aspettare che nessuno venga a prendere anche lei o minacci oltremodo di uccidere il suo ragazzo.
Otto mesi più tardi la sparizione del suo amato, gli stessi strambi tizi la contattano annunciandole che Desmond tornerà presto a casa.
Su di loro cadde un silenzio pieno di sottintesi. C’erano tanti punti da chiarire, tante domande da farsi prima di abbandonare le proprie speranze nelle mani altrui.
Desmond dipendeva da Altair e Altair dipendeva da Desmond. Ognuno nel tempo dell’altro, se la sarebbero vista con i problemi quotidiani di due vite l’una molto differente dall’altra.
-E così- rise Altair. –Me la ritrovo nuda, la tua ragazza…- bofonchiò.
Desmond sorrise. –Qualcosa mi dice che non ti dispiace affatto!-.
L’assassino condivise la sua gioia. –Vedrò di… trattenermi- fece malizioso.

Gli effetti collaterali al trattamento possono assumere diverse sfumature su ciascun paziente. Il soggetto 17 soffre di "sdoppiamento di personalità". La coscienza del suo antenato si capovolge alla propria nei momenti meno opportuni così da creare situazioni drammatiche ed imbarazzanti. Ma quando il gioco diventerà una triste realtà ci sarà un ultimo viaggio, e poi i tasselli del puzzle resteranno scambiati per molto allungo. Comincia la caccia ai farmaci che l'Abstergo custodisce nei suoi laboratori, unici medicinali che possono riportare tutto alla normalità. Giorgia, accompagnata dalla coscienza di Altaïr che ha preso piede nel corpo di Desmond, dovrà vedersela con un addetto alla sicurezza senza scrupoli e i suoi scagnozzi. Alex Viego farà di tutto per proteggere la segretezza del progetto, ma Giorgia lotterà con le unghie per riavere il suo Desmond. [CONCLUSA]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Desmond Miles , Lucy Stillman , Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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In fuga da tutto, parte 2°


La permanenza a casa di Lucy si faceva estenuante.
Mattina e sera ciondolavo dalla camera da letto alla cucina, dalla cucina al salotto, dal salotto al corridoio, dal corridoio al bagno e dal bagno alla camera da letto. Un circolo vizioso che mi stava portando molto velocemente alla follia precoce, quella duratura anzi. Impazzivo, mi sentivo scoppiare: la pressione a mille, l’ansia, lo stress, e poi i miei sentimenti sovrastanti che a mala pena riuscivo a contenere. Le notti facevo sogni assurdi, la maggior parte delle volte riguardanti ciò che probabilmente stavi passando tu nel passato, nella vita del tuo antenato, ma in minor parte, non riuscendo a controllarmi, ritornavo a quella sera, a quel bacio con Altaïr e tutto il resto… e perdevo la cognizione del tempo, ritrovandomi delle volte in piedi davanti all’ingresso della cucina a fissare il vuoto davanti a me per ore.
Mi era successo più di una volta, e questo cominciò a preoccupare le persone che mi circolavano attorno. Ma la verità era che in me stava terribilmente cambiando qualcosa, qualcosa che non sarebbe mai cambiato se tutto questo gran casino con l’Abstergo e i loro maledetti farmaci non mi fosse mai successo. Un’altra triste verità era l’emerito fatto che non riuscivo a capire se ciò che stava cambiando mi stesse tramutando in meglio o… in peggio.
Non riuscendo a dare delle risposte alle mie domande, ed essendo certa che nessun altro avrebbe potuto farlo… passavo gran parte del tempo in silenzio, immobile, a guardare un punto indistinto davanti ai miei occhi sbarrati per delle ore. M’incantavo come fa la televisione con un DVD graffiato, o quando la play station non ne vuole più sapere di te e getta la spugna.
Aspettavo qualcosa… aspettavo il momento in cui la mia vita sarebbe stata travolta ancora da nuove emozioni e nuovi avventi. Certo, non era rassicurante starsene ore ed ore ad immaginarsi in che modo quei bastardi si sarebbero sbarazzati di me, che per loro ero inutile e sarei diventata solo un peso.
Mi consolava il pensiero che probabilmente, una volta rinchiusi come cani in quei laboratori, ti avrei rivisto, ma… neppure questo pensiero era più puro come lo era stato una volta. E lentamente comprendevo cos’era che cambiava di attimo in attimo la mia vita, cos’era che mi stava passo dopo passo accompagnando fianco a fianco fino alla meta. Mi facevo un’idea sempre più dettagliata, riuscendo quasi a definire quel mio stato di smarrimento e incertezza di fronte al futuro, di fronte alle scelte e di fronte ai pericoli della mia esistenza. Lentamente diventavo io il vero pericolo, che con certi monologhi mentali rischiavo davvero che qualcuno mi sbattesse in un manicomio prima del tempo.

La data fu fissata, il piano venne attuato, rivisto e rivisto dozzine di volte, fin quando quasi non conoscevamo a memoria le battute. E quella sera stessa (era un mercoledì) lasciammo l’appartamento tutti e tre. Guardando le scale, sentii Lucy chiudere le serrature della porta, mentre Altaïr mi venne vicino.
-C’è qualcosa che non va?- mi chiese preoccupato.
-No, nulla… perché?-.
-Ti vedo pallida- commentò lui. –E stai tremando- aggiunse squadrandomi dalla testa i piedi.
Piegai i gomiti e mi guardai le mani, che effettivamente stavano tutt’altro che ferme. Strinsi i pugni e mi voltai verso di lui con un falso sorriso. –Sto bene, davvero, sono solo un po’ stanca…-.
-Allora dovremmo rimandare- disse voltandosi. –Non vale la pena rischiare-.
-NO!- scattai in avanti e lo afferrai per un braccio. –Cioè…- indietreggiai, inciampai su uno scalino e mi sbilanciai troppo all’indietro. Sentii la terra mancarmi sotto le suole delle scarpe e il vuoto oltre le mie spalle, quando Altaïr, con un gesto fulmineo mi cinse la vita stringendomi a sé, e in quell’istante, aggrappandomi a lui ancora scioccata, percepii tutto il calore del suo incarnato.
-… sei anche parecchio fredda- mi sussurrò all’orecchio; il mio cuore batteva all’impazzata, i miei nervi tesi erano appena stati sconquassati da una scossa come quella di un terremoto; già rischiavo di impazzire per i miei vari monologhi mentali che mi stavano friggendo il cervello, e ora ci si mettevano pure certi banali incidenti che mi sarebbero costati la vita. Dovevo stare più attenta, e me lo disse anche il tuo antenato.
-Sta’ più attenta: non ammazzarti proprio adesso- ridacchiò sciogliendo la presa salda di un suo braccio attorno ai miei fianchi.
Lucy ci raggiunse sulla tromba delle scale.
-C’è qualche problema?- domandò.
-Giorgia non sta bene- la informò lui, e di tutta risposta gli lanciai un’occhiata cagnesca.
-Cos’hai?- Lucy mi guardò stupita.
-Nulla, avanti, andiamo- cominciai a scendere i gradini primi che qualcuno potesse avvicinarsi abbastanza da fermarmi.
Una volta all’ingresso dell’edificio aspettai che Altaïr e Lucy mi ebbero raggiunta; uscimmo dalla portineria e c’incamminammo sul marciapiede.
L’aria fresca della sera m’inebriò i polmoni dell’abituale smog cittadino. Le luci dei grattacieli attorno a quella zona della città erano quasi accecanti. Non ero più abituata a girare la notte, con tutto quel trambusto di motori e clacson che mi annebbiarono la mente. Rischiavo davvero di collassate, avvertii la nausea salirmi dalla bocca dello stomaco e risalire tutta la gola.
Stavo per morire. Era il minimo che mi sentissi così, no?
Altaïr ovviamente si accorse subito delle mie condizioni e accelerò il passo. Quando lo vidi comparire alla mia destra, sentii subito il calore del suo braccio, che mi circondò delicatamente le spalle. –Devi resistere, avanti…- mi mormorò serio, quasi preoccupato.  
Mi appoggiai a lui, camminandogli affianco debolmente. –Non ce la faccio… non me la sento-.
-Ah!- rise lui. –Un minuto fa eri così sicura di te- mi derise guardando dritto davanti a sé. Attraversammo sulle strisce e non appena fummo sul lato opposto della strada, mi strinsi maggiormente a lui.
-Tutto questo è strano…- sussurrai abbassando lievemente le palpebre. –È come se… come se non lo volessi-.
D’un tratto ci fermammo e  Altaïr mi fissò allungo negli occhi. –Come se non volessi cosa?- mi chiese. –Che Desmond torni? È questo che non vuoi?-.
Restai stupita del modo in cui lo disse, c’era qualcosa nella sua voce che lasciava intendere  che ne fosse felice all’ascoltatore. Ed io inizialmente non potei crederci che ad Altaïr potesse davvero far piacere rinunciare al suo mondo per poter restare nel mio. Credevo che quest’epoca non gli piacesse, che la detestasse, che sentiva non appartenergli… ma invece mi sbagliavo, perché il luccichio dei suoi occhi neri, infiniti, in quell’istante mi fece capire molte cose. Forse troppe, più di quante non ne avrei volute sapere.
-Perché vi siete fermati?- Lucy ci venne accanto. –Avanti, siamo quasi arrivati. Giorgia, tutto ok?- domandò.
Non risposi subito, continuando a guardare l’assassino che avevo davanti, quasi non mi fossi accorta che lei era lì, che ci scrutava ansiosa, preoccupata, in attesa di una mia… risposta.
Annuii debolmente, riscuotendomi dai miei pensieri, scostandomi dal tuo antenato e riprendendo a camminare da sola.
Qualche isolato più avanti, come Lucy aveva previsto, mi accorsi dell’auto nera parcheggiata davanti all’ingresso di una vecchia villa. Ne incontrammo altre lungo tutto il marciapiede, e all’inizio non pensai che potessero davvero essere tutte di loro proprietà.
D’un tratto colsi un movimento dal buio del vicolo alla mia sinistra e m’irrigidii. M’immobilizzai del tutto, e Lucy e il tuo antenato fecero lo stesso.
-Poco saggio girare di notte da queste parti…- disse una voce che riconobbi subito.
-Alex…- mormorai.
-Che memoria ammirevole, signorina- Alex emerse dell’ombra, mostrandosi alla luce del lampione lì vicino, e si fermò a pochi passi da me, guardandomi dritto negli occhi. –Mi lusinga sapere che si ricorda di me. Ah, Lucy, è un piacere rivederti così presto. Ti trovo in forma- sorrise.
-Zitto, cane!- fu la risposta della donna.
-Non sei cambiata di una virgola- commentò malizioso il signor Viego.
-Neppure i livelli del trattamento dei soggetti sono variati tanto, vedo!- eruppe Lucy, avanzando dalla sua posizione. –Li trattate come bestie, fregandovene della loro umanità. Sono contenta di non farne più parte-.
Un brivido mi scosse il corpo. Ma che diavolo stava facendo quella lì? Perché mai avrebbe dovuto dire una cosa del genere? Si sarebbe dovuta mostrare interessata al progetto, invece stava facendo la sua esatta controparte! Dannazione, Lucy stava mandando a puttane il nostro piano!
-È davvero questo quello che pensi, Stilman?- domandò stupito Alex. –Allora Warren si sbagliava rassicurandomi di aver avuto affianco un assistente sempre meritevole di tale incarico…- disse facendo un altro passo avanti.
-Adesso basta…- pronunciò Altaïr con calma, parandosi davanti a me e nascondendomi dietro la sua schiena. -Lasciaci in pace e nessuno si farà del male…-.
Alex soffocò una risata, mentre alle sue spalle comparivano altri due uomini vestiti di nero e avvolti in dei corvini e lunghi cappotti da pioggia. –Ma come? Mi sorprendi, assassino. La tua perspicacia diminuisce ogni ora che passi in quest’epoca- ridacchiò malvagio.
-Che intendi?!- ruggì Altaïr.
-Suvvia, lo sai benissimo di cosa sto parlando. Non è la ragazza che vogliamo, qui mettila da parte e lasciaci lavorare- sottinse Viego.
-Che cosa le farete?- domandò Lucy, come copione voleva e finalmente lo rispettava.
Alexander si strinse nelle spalle. –Assolutamente nulla- poco credibile. –verrà scortata in un luogo dal quale non potrà nuocere ai nostri scopi- mentiva.
-Bugiardo- ribatté il tuo antenato.
-Ops, sono stato smascherato!- Alex fece un passo avanti verso di noi. –Ma che peccato…- alzò gli occhi al cielo. –Non sono io che detto legge, qui. Se hai delle lamentele parlane coi nostri clienti o col sindacato, chiaro?!- sibilò. –Non possiamo abbassarci ai livelli di tutti. Abbiamo delle scadenze, dei piani da rispettare. Perciò, adesso, senza ulteriori “complicazioni”, consegnatevi- disse.
-Vi prego…- mormorai impaurita per davvero, stringendomi al braccio del tuo antenato.
Alex abbassò d’un tratto la guardia, guardando a terra. –Mi duole ammetterlo, ma… è come avete detto voi: di umanità ce n’è rimasta ben poca in noi, e questo non ci spaventa. Inoltre, frase conosciuta quella che dice: si vuole il sacrificio di pochi per il bene di molti…- mormorò profetico.
Altaïr s’irrigidì nell’ascoltare quelle parole che un tempo disse qualcuno che sembrava conoscere.
-D’altro canto…- riprese Viego. –Non credo che abbiate scelta-.
In quell’istante sentii la suoneria di un cellulare nokia e rimasi piuttosto spaesata. Vidi Alexander afferrare dalla sua giacca il portatile e avvicinarsi a me per passarmelo.
-E’ per lei…- sghignazzò porgendomi il telefonino; lo afferrai, me lo rigirai in mano e guardai sullo schermo il numero segnato come anonimo. Scambiai una fugace occhiata col tuo antenato che sembrava stupito, confuso almeno quanto me.
Ma in fine, risposi.
-Pronto…- balbettai.
La voce incerta e spaventata di una donna mi rispose: -… Giorgia, sei tu?-.
Sbiancai letteralmente, non riuscendo a crederci. –Mamma, che succede?!-.
La ragazza singhiozzò al telefono. –Giorgia, tu… tu devi dargli quello che vogliono… ti prego, piccola mia, fa’ quello che ti chiedono di fare…-.
-Mamma…- farfugliai. –Mamma, dove sei? Che è successo?!-.
-Ti voglio bene, piccola, ma questi ci ammazzano a me e tuo padre se non farai quello che ti chiedono!…- fece una pausa, ed io con lei, smettendo di respirare. –Giorgia, dimmi tu che sta succedendo, chi sono questi signori?-.
-Non lo so, mamma…- dissi guardando Viego dritto negli occhi. –Non lo so chi sono-.
La telefonata si estinse lì, e il tu-tu-tu del telefono mi rimbombò nell’orecchio.
-Stronzo!- sbottai lanciandogli addosso il telefono, ma Alexander lo afferrò al volo con un movimento fulmineo. –Bastardo, sei solo un mostro!- continuai rabbiosa, staccandomi dal tuo antenato e andandogli incontro con nient’altro in volto che non fosse rabbia. Il mio tentativo di avventarmi contro di lui venne soffocato da un paio di braccia che mi bloccarono a mezz’aria, tirandomi indietro con uno strattone.
Mi ritrovai addossata ad Altaïr, che mi tenne incollata a sé mentre mi dimenavo impazzita. –Giorgia, devi calmarti- mi sussurrò all’orecchio.
-No! Questa volta no, dannazione! No! Questa volta la pagherai, stronzo! Hai capito?! Questa volta morirai!- gridai, e finalmente riuscii ad allontanarmi dall’assassino, tornando alla carica verso il male della mia vita.
Alzai un pugno, stavo quasi per colpirlo, ma Viego fu più svelto di me…
Come la puntura di una zanzara, l’ago mi penetrò all’altezza del fianco, passando attraverso i vestiti e infilzandomi dolorosamente.
Mi sfuggì un gemito, chiusi gli occhi e fui inghiottita dall’oscurità.



   
 
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