Libri > Good Omens
Segui la storia  |       
Autore: Nao Yoshikawa    14/09/2019    10 recensioni
Crowley e Azraphel si erano trovati a metà strada fra il buio e la luce, nel confine dove entrambi potevano coesistere. E poi era successo. Era successo che la luna si era innamorata del calore del sole e che il giorno aveva ceduto alla bellezza della notte. Nel momento in cui entrambi lo aveva realizzato, avevano anche capito che un grave peccato era stato commesso. Aleggiava sulle loro teste la disperazione, ma la consapevolezza non era bastata. Sapevano che prima o poi sarebbero stati separati.
Cap 2:
Come faceva la luce ad esistere nel buio? Demoni ed angeli erano rispettivamente cattivi e buoni, senza eccezioni. Ma Azraphel sapeva che come in Crowley esisteva uno spiraglio di luce, in lui esisteva una punta di oscurità. L’aveva capito nel momento in cui si erano incontrati. Forse loro erano l’eccezione. Forse erano la frase sbagliata scritta nella storia del mondo, che qualcuno avrebbe poi cercato di cancellare.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Crowley sentiva ancora chiaramente sulle labbra il sapore di quel bacio. Persisteva, eppure sentiva che non era una sensazione nuova. Tutta il contrario, gli appariva così familiare e nitida da lasciarlo senza parole. Ma soprattutto, lui, loro, erano vivi. Fino a quel momento si era trattenuto, nel timore che se si fosse avvicinato troppo, se avesse osato oltrepassare il confine, allora sarebbero morti entrambi. Eppure erano ancora lì. Ciò lo aveva piacevolmente sorpreso, ma non era servito a dissipare del tutto i suoi dubbi e le sue paure.
«Angelo, sto bene. Non c’è bisogno che ti preoccupi così.»
Azraphel lo aveva avvolto in una coperta e gli aveva intimato di non muoversi. Quel pazzo, camminare sotto la pioggia battente, per di più ubriaco!
«Certo, in fondo mi hai solo fatto prendere un colpo!»
Crowley alzò gli occhi al cielo.
«Ho solo un po’ esagerato con l’alcol, tutto qui. Non è la prima volta, quando ci siamo incontrati ero messo peggio.»
«Questa non è una giustificazione», con tono duro, ma palesemente preoccupato, Azraphel si avvicinò, porgendogli una tazzina ricolma di tè caldo e zuccherato. «Bevi qui.»
«Ah, non mi va», Crowley fece una smorfia. «E poi ci hai messo troppo zucchero, odio la dolcezza.»
«Bevilo e basta», sospirò. Non poteva credere di averlo davvero baciato. Non che fosse pentito, ma il solo ripensarci lo faceva arrossire totalmente, e di sicuro Crowley non se ne sarebbe stato zitto.
Dopo aver mandato a fatica qualche sorso di tè caldo, infatti, prese a parlare.
«E così mi hai baciato. Pensavo sarebbe toccato a me compiere il primo passo.»
«I-io l’ho fatto, ma tu mi hai chiesto di continuare!»
«Certo che sì, sono tanto stupido da allontanarti? L’hai fatto perché eri in panico o perché realmente volevi?» domandò, divertito.
Azraphel fece una smorfia. Anche volendo mentire, non sarebbe stato credibile.
«… Entrambe le cose…» mormorò. «Tu… tu mi piaci, d’accordo? Molto più di quanto posso esprimere a parole. Ma non è di questo che dobbiamo parlare adesso. Vuoi spiegarmi piuttosto cos’è successo? D’accordo che eri mezzo ubriaco, ma hai iniziato a dire cose strane e…»
«So molto bene cosa ho detto», lo interruppe Crowley, premendosi una mano sulla testa dolorante. «Non volevo farti spaventare. È solo che… non lo so… è successa una cosa strana. E allora mi sono ricordato e… ahi», si lamentò.
«Cosa? La testa fa tanto male? Vuoi qualcosa?»
«Dubito servirà. Cristo, finirò con l’impazzire», si piegò leggermente su se stesso. «Finirò con l’impazzire davvero.»
Azraphel sentì che adesso poteva forse capirlo meglio. Anche lui aveva avuto una sensazione simile nel momento in cui si era ritrovato quell’uomo davanti. Qualcosa non andava, adesso ne aveva la certezza.
«Sai il tipo di ieri? È tornato di nuovo e… io credo ti conosca.»
«Se davvero l’ho conosciuto, non voglio ricordare, perché mi inquieta parecchio», borbottò. «Ti ha importunato?»
«Importunato? No…  assolutamente», lo rassicurò.
Direi più che altro che mi ha… confuso.
«Meglio così», Crowley si sentì un po’ meglio, al che riuscì anche a sorridergli e a sollevarsi. «Beh…?»
«Beh cosa?» sussultò Azraphel agitato.
«Ma come? Mi hai baciato e adesso ti vergogni se ti sto così vicino? Non va bene…»
Più che agitazione vera e propria, Azraphel sentiva quella cosa che assai raramente aveva provato, ovvero eccitazione e desiderio. Proprio per questo, non riuscì a spostarsi quando Crowley gli si avvicinò piano, posandogli dei leggeri baci sul collo, facendolo tremare. Gli venne istintivo stringere il tessuto umido dei suoi vestiti, annaspando.
«Crowley… perché ti desidero tanto? Perché la mia ragione si azzera totalmente? E perché io sento di provare qualcosa di così profondo, pur conoscendoti da poco?»
«Io a queste domande posso dare un’unica risposta. Ovvero che ciò che credo sia vero, che in qualche modo io e te dobbiamo essere legati da molto più tempo di quanto crediamo», lo guardò e Azraphel ebbe l’impressione che le sue iridi fossero più luminose del solito. «C’è una cosa che non ti ho detto. Ho incontrato una donna, che forse ho già visto, ma non ricordo. Sicuramente lei sapeva chi sono, e nel momento stesso in cui ha iniziato a farmi domande, mi è venuto alla mente quello che credo fosse un ricordo.»
Si zittì un attimo, distogliendo lo sguardo. Parlarne gli veniva difficile.
«Che ricordo?»
«È un po’… assurdo. Ricordi quando a casa mia parlavamo, e dicevamo che io e te dovevamo essere stati sicuramente un angelo e un demone, in una vita passata? In questo ricordo noi lo eravamo. Ma venivamo scacciati via e le nostre ali venivano strappate e…», il respiro gli si mozzò. «E faceva male, faceva male da morire. Faceva male perché tu… tu morivi. E io insieme a te. Non riesco neanche a parlarne senza provare angoscia.»
Azraphel indietreggiò appena. La testa aveva preso di nuovo a pulsare e aveva iniziato a farsi strada in lui una sensazione dolorosa e lacerante.
Ma tutto ciò era ridicolo. Anche troppo.
«Te lo sarai… solo immaginato.»
«Non me lo sono immaginato!» rispose Crowley piccato. «Era tutto vivido qui, nella mia testa! Lo è il dolore e lo sei tu! Pensi sia così strano?»
«Crowley, non volevo dire questo. Credo al fatto che in qualche modo siamo legati, ma questo… questo è troppo…»
«Troppo? Allora cosa pensi, che io sia pazzo? Non che avresti torto, tanto continuando così sono a buon punto.»
«Io… no! Non travisare quello che dico, non sei pazzo. Sono io quello pazzo, sono io quello che non capisce perché sente che c’è qualcosa che non so. Non è una fortuna, questa.»
«Fortuna? Probabilmente lo è molto di più che essere nel mio stato. Insomma, sai com’è… nessuno prende sul serio un pazzo che parla di vite passate e angeli e legami, e tutta quella roba lì. Mi chiedo se effettivamente io non abbia già perso la ragione e sia diventato vittima di me stesso.»
Crowley aveva preso a parlare piano, come se si fosse lasciato andare ad un monologo. Azraphel non pensava fosse pazzo, ma ancora, alle volte, non sapeva come reagire a certe sue affermazioni. Forse ne aveva paura, perché tutto aveva così maledettamente senso.
 
Seimila anni prima, Giardino dell’Eden.
 
Azraphel stava cercando di non pensare alle conseguenze, atteggiamento forse irresponsabile, ma necessario affinché non impazzisse. Nessuno sospettava ancora di loro, ma sperare che le cose rimanessero invariate sarebbe stato illudersi.
Non ho fatto niente di male. E non l’ho neanche scelto. Semplicemente è successo. Mi sono innamorato di un demone, è un delitto così grande?
Forse non per me, ma per il resto del mondo… lo è.
Sollevò lo sguardo, scorgendo il sole alto nel cielo. Non sapeva dire se fosse rassegnato all’idea di poter morire in caso fosse stato scoperto. Bruciare tra le fiamme di un fuoco dannato, era quella la fine che aspettava agli angeli che non stavano al loro posto.
Gabriel ultimamente gli stava non poco addosso. Si divertiva spesso a importunarlo e a rompere la sua quiete, ma ultimamente aveva preso a fargli strane domande. Domande che gli facevano capire che probabilmente lui sapeva.
«Sei solo, a quanto vedo.»
L’Arcangelo era comparso alle sue spalle e Azraphel non si era mostrato sorpreso, non si era neanche disturbato di guardarlo in viso.
«Certo che lo sono. Perché te ne sorprendi?»
Gabriel si avvicinò. L’angelo evitava accuratamente di incontrare il suo sguardo.
«Io vedo tutto, Azraphel. Ti ho visto spesso in compagnia di quel demone, com’è che si chiama? Ah, sì, Crowley, uno dei ribelli che è stato cacciato dal Paradiso. Questo non è un bene.»
«Noi non facciamo niente di male», si difese subito. «Siamo solo…»
«Amici?» fece scettico. «Chissà perché, ma non riesco a crederti. Dovresti scegliere meglio i tuoi amici. Lo sai che se fai qualcosa che non devi, Lui ti punirà.»
Solo allora Azraphel sollevò lo sguardo.
«Stai cercando di mettermi in guardia? Come faccio a sapere che non tenterai tu stesso di incastrarmi? Dopotutto sto facendo qualcosa che non dovrei.»
Adesso era l’Arcangelo ad aver distolto lo sguardo.
«Non avevi detto che non facevi niente di male? Allora non ho motivo di incastrarti. Ma sì, diciamo pure che ti sto dando un avvertimento. Cammini su una fune sottile, potresti cadere così facilmente. Non temi la morte perché sei convinto che non soffrirai Ma non puoi averne alcuna certezza.»
«Che cosa vuoi dire?!» domandò immediatamente. Ma Gabriel era rimasto in silenzio. Lo aveva avvertito e se fosse stato saggio, forse gli avrebbe anche dato retta. Azraphel era tante cose, ma in momenti come quelli, di certo non era saggio.
 
Inferno
 
C’era un motivo se Crowley sgattaiolava sempre in superficie: l’Inferno non gli piaceva, era un ambiente troppo tetro e oscuro a cui non si era ancora abituato. Non si vedeva il cielo, né il sole da lì, era l’oscurità continua. Ed era giusto così.
«Guardate chi è tornato dopo ore. Crowley, sei andato di nuovo lassù?» lo aveva fastidiosamente accolto Hastur, a cui aveva risposto malamente.
«Cosa c’è, mi aspettavi forse? Non devo renderti conto e ragione di quello che faccio.»
«Non a lui. Ma a me sì».
Belzebù era l’unica che temesse almeno un po’, almeno rispetto agli altri demoni. Dopotutto lei era pur sempre a stretto contatto con Satana.
«D’accordo, calma, ho soltanto fatto un giro», sbuffò Crowley annoiato, nella speranza che non gli venissero fatte altre domande.
«Sei andato di nuovo lì sopra, non è vero? Un demone non dovrebbe, né dovrebbe familiarizzare con gli angeli. Siamo stati cacciati, devo ricordartelo?»
«No… ma c’è da dire che forse un pochino lo abbiamo meritato. Ci siamo tutti ribellati contro di Lui, dovevamo aspettarcelo.»
«Ora li difendi anche?» si intromise Hastur. «È per il tuo amichetto lì, com’è che si chiama? Azraphel?»
Crowley assottigliò lo sguardo.
«Non puoi pronunciare il suo nome.»
«Demone Crowley, t’inganni se pensi di poter continuare a comportarti come vuoi. Il Nostro Signore ti punirà», disse Belzebù.
«E cosa potrebbe succedermi? Sciogliermi nell’acqua santa? Sono preparato a questa evenienza.»
Hastur lo guardò sorpreso.
«Moriresti per un angelo. Ma cosa è lui per te?»
«Qualcosa che non ti riguarda. E che non puoi capire», gli si rivolse nervoso. Come poteva un demone comprendere l’amore? Non lo capiva nemmeno lui, dopotutto.
«D’accordo, adesso dateci un taglio», concluse Belzebù, con una certezza: Crowley era davvero un illuso, se sperava di poter sfuggire al dolore.
 
-
 
Azraphel si rendeva conto di non essersi comportato nel modo migliore con Crowley. L’ultima cosa che voleva era infierire sul suo dolore e sul suo delicato stato mentale, ma in verità nemmeno lui sapeva come dover reagire. Qualcosa nella sua testa, come una voce, gli ripeteva “Svegliati”, “svegliati”, eppure ancora non si svegliava, rimaneva bloccato nel suo sonno che durava da seimila anni.
Svegliati, maledizione. Svegliati. Si portò una mano sul viso, cercando di scacciare via tutto. Crowley si era ripreso. Dalla sbornia, quanto meno, perché per quanto riguardava il resto, sembrava star soffrendo parecchio.
«Io adesso vado…» mormorò.
«Dov’è che vuoi andare? Fuori non ha ancora smesso di piovere.»
«Sento il bisogno di andare a casa e riposare. Sicuramente… dopo mi passerà.»
C’era qualcosa che non andava in lui, sembrava assente.
«Crowley…»
«Angelo, sto bene. Non preoccuparti per me», lo rassicurò, atono. Ma chiunque si sarebbe accorto che bene non stava per niente. Non aveva detto una bugia a quella donna. Al suicidio ci aveva davvero pensato tante volte, ed in continuazione era rimasto in bilico tra il cedere e il resistere. Adesso si sentiva cadere, più verso una scelta che sull’altra. Ma ad Azraphel voleva risparmiare quest’altro peso.
Oh, Dio. Perché mi odi così tanto? Se non ci fossimo conosciuti, forse nulla di tutto questo sarebbe successo. Forse lui sarebbe felice, ed anche io. Se adesso la facessi finita, potrei smettere di sentire tutto ciò che sento? Potrei liberarmi dei frammenti di ricordi che tormentano il mio animo spezzato?
Dopotutto… cosa può esserci peggio della morte?
Se Azraphel avesse saputo cosa gli passava per la testa, forse gli sarebbe corso dietro e stretto disperatamente. Ma in verità lui non sapeva ancora nulla, rinchiuso nella sua sfera di cristallo.
 
Crowley era sempre stato l’ombra di se stesso, ma adesso, che si aggirava sotto la pioggia silenziosa, era più evidente che mai.
Belzebù lo sapeva, oramai mancava poso affinché tutto finisse e ricominciasse un’altra volta. Gli stava andando dietro, per quale motivo non lo sapeva neanche lei, ma Gabriel, che forse in fondo lo aveva intuito, la afferrò saldamente.
«Cosa stai facendo?»
«Lasciami subito, Arcangelo. Ho io la responsabilità di controllarlo, tu svolgi il tuo compito», rispose acida il demone.
«È quello che sto facendo. Ma tu invece? Vuoi forse impedirgli di suicidarsi?»
«Come se fosse possibile. Io non ho questo potere. E nemmeno tu. Ma scusa se dopo tutto questo tempo, forse ne ho anche abbastanza. E lo sto dicendo io, io al servizio di Satana, io che dovrei provare piacere nella sofferenza altrui. Non giustifico, ma forse sto iniziando a comprendere meglio ciò che Crowley prova. Perché tutti e due, io come lui, da seimila anni, camminiamo al fianco di un angelo senza poter avere scelta.»
Gabriel sgranò gli occhi, stringendo ancora il polso del demone. Perché stava succedendo tutto questo? Lui e Belzebù non erano come Crowley e Azraphel. Giammai. Non c’entrava proprio niente.
Fece per rispondere, ma entrambi furono sovrastati da un’altra sensazione. Qualcuno era arrivato. Qualcuno che con i suoi occhi vacui e trasparenti stava osservando Crowley.
«Amon?» sussurrarono insieme. Nel sentirsi nominare, il demone si volse a guardarli, privo d’espressione o di qualsivoglia emozione.
«Gabriel, Belzebù, da quanto tempo. Scusate, ma sapete che non posso resistere al dolore che un suicidio causa. Ed io qui, sento proprio odore di sofferenza.»
 
Nota dell’autrice
Devo dire una cosa, questa storia sta prendendo una piega più particolare di quanto pensassi, ma oramai ho capito che sono le storie a guidare noi autori, non il contrario. Ad ogni modo ci siamo, il prossimo sarà un capitolo di svolta. Parto subito dalla fine dicendo che ho inserito un nuovo personaggio, che sarà fondamentale e spiego anche il perché: facendo ricerche, ho scoperto che il demone Amon è colui che si nutre della sofferenza suicida (ecco perché sta dietro a Crowley), ma è anche colui che conosce il passato e il futuro, quindi non credo dovrei aggiungere altro. Crowley si trova in uno stato mentale terribile, oramai è arrivato al punto di non ritorno, ma Azraphel ancora non lo intuisce, non del tutto almeno. Poi ho scoperto che amo scrivere di Gabriel e Belzebù, difatti la loro storyline [?] sta avendo un risvolto molto più romantico di quanto avessi in mente. Entrambi avevano provato ad avvertire Azraphel e Crowley, non tanto perché sapessero effettivamente il COSA avrebbero vissuto, ma perché se lo sentivano che una semplice morte non sarebbe bastata. Ora non parlo più, perché tutto sarà spiegato nel prossimo capitolo, intanto spero che questo vi sia piaciuto nonostante l’angst grande quanto una casa.
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Nao Yoshikawa