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Autore: Red Saintia    14/09/2019    10 recensioni
L'amore... un sentimento dalle mille sfaccettature, spesso difficile da comprendere o da definire. In Saint Seiya questo sentimento è presente in molti modi diversi; devozione, amore celato, amicizia, spirito di sacrificio e affetto fraterno. Sono tutti tasselli di un unico sentimento. Qui troverete tante storie e coppie diverse, ognuna interpretata in modo personale ma cercando di non snaturare le originali caratteristiche del personaggio. Sono tutti racconti autoconclusivi quindi semplici da leggere. Spero davvero possano piacervi.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla Challenge “Angst vs Fluff:The war” indetta dal gruppo Facebook Il Giardino di Efp.

 
Angst:Prompt 17 Raccogliere una lacrima tra le dita

 
“Sono stanco… spossato, vuoto. Come se qualcuno, non so come, fosse riuscito a trovare la mia anima persa ormai in recessi di cui non ho memoria, e l’avesse strappata con violenza dal mio corpo. Ecco… è così che mi sento, e mi chiedo ancora che senso ha per me vivere adesso.
Mi trascino a fatica da giorni ormai. Le ferite bruciano ancora, il mio corpo risente la fatica della battaglia affrontata. Ma adesso c’è qualcosa dentro di me che prima non c’era. Una nuova consapevolezza, una certezza alla quale non avevo mai pensato e che fa male…fa male dall’interno. Sono solo, e per la prima volta questa sensazione mi spaventa e mi opprime come non mi era mai successo.
Cado, inciampando volutamente o per la stanchezza tra la corteccia ramificata di un albero. Il mio viso percepisce l’odore di terra ed erba fresca… vorrei trovare pace, e per questo non mi rialzo, non ne ho la forza.”

“Dovreste riposare mio signore, non siete in condizioni di continuare. Rialzatevi e riposate all’ombra di questo albero. Poi saprete cosa fare.”

“Questa voce… ma cosa. No! Non può essere, non sei tu. Tu sei morta, io lo so per certo perché… perché…”

“Perché mi avete stretta tra le braccia regalandomi ciò che di più bello i miei occhi potessero vedere, il vostro sguardo che mi accarezzava l’anima.”

“Allora… sei davvero tu? Se sei qui, ed io sento la tua voce, vuol dire che anch’io sono…”

“No, non lo siete mio signore. Voi siete vivo, e dovete continuare ad esserlo perché non è ancora giunto il tempo che voi lasciate questa terra.”

Sollevo lo sguardo facendo forza sui miei muscoli ormai allo stremo. Io devo sapere, devo capire se questa è realtà o l’inizio di un’insana follia. Una lieve brezza muove i rami degli alberi che mi sono intorno. Così come alcuni petali di fiori volteggiano in miriadi di colori tutt’intorno mischiandosi con il nero di lunghi capelli che mi sferzano il viso e che anticipano la visione del suo volto.

Il volto della mia seconda in comando, la donna più indomita e coraggiosa che abbia mai conosciuto. La mia Violate. Il suo viso è sereno, forse come non lo era mai stato, ha fatto di tutto per compiacermi. Per assecondare i desideri di un folle che credeva di ottenere rispetto ed onore solo con la forza. Ancora non so se tu sia realtà o solo frutto della mia fantasia. Vorrei dirti tante cose, eppure le parole faticano a trovare il giusto modo per uscire dalle mie labbra.
Solo dopo interminabili minuti di silenzio, nei quali i suoi profondi occhi si perdono cercando i miei, riesco ad esternare una semplice affermazione.

“Mi dispiace, perdonami.” tu mi guardi come se avessi detto un’assurdità inconcepibile, e perdi l’iniziale dolcezza che avevi, assumendo uno sguardo che ben conosco e che rappresenta la risolutezza del tuo animo.

“Io perdonarvi? Non c’è nulla di cui io debba perdonarvi. Abbiamo compiuto il nostro dovere fino in fondo, non c’è nulla di cui io mi penta. Voi siete il mio generale, colui che mi ha fatto spiccare il volo. Mai avrei potuto alzare il mio pugno contro di voi.”

“Se l’avessi fatto forse Hades ti avrebbe concesso una seconda vita, una possibilità di rientrare tra le sue grazie.”

“E per ottenere ciò avrei dovuto ghermire la vostra vita? No mai! Non mi sarei mai macchiata di una simile vigliaccheria. La mia vita ormai era già persa… ma la vostra può ancora percorrere una strada diversa.”

“Io ero il tuo comandante, un tuo superiore. E non ti ho protetta… ti ho mandato morire. Ti ho sacrificata, come ho fatto con tutti gli uomini al mio comando. La mia crudeltà è stata la vostra rovina.”

“No, non vedetela in questo modo mio signore. Io sono una specter, un soldato, e i soldati muoiono in battaglia. E’ un rischio che tutti conoscono ed accettano di buon grado. Voi non siete stato la mia rovina. La vostra forza è stata la mia salvezza da una vita altrimenti fatta di miseria e umiliazioni. Voi avete dato un senso alla mia esistenza. Voi mi avete salvata.”

Quelle parole furono il primo istante di sollievo che provavo da giorni. Come se grazie ad esse quel senso di oppressione che soffocava il mio animo si fosse improvvisamente alleggerito. Forse avevo bisogno che fosse lei a dirmelo, forse… avevo bisogno del suo perdono.

“Guardami… sono l’ombra patetica di ciò che ero. Come un pallido spettro di me stesso che vaga senza avere un posto nel mondo. Eppure… anche adesso tu mi porti rispetto mantenendo lo stesso rigore e le stesse distanze che ci separavano in battaglia.”

“Io non ho dimenticato ciò che siete stato, e ciò che ancora sei per me, Aiacos.”

La sua mano mi sfiorò le vesti logore, soffermandosi sulle ferite che incrociavano il suo sguardo e velavano i suoi occhi. Quanta forza, e quanta sofferenza c’era in quella donna. Lo avevo sempre saputo, eppure mai una volta ho esternato ciò che sentivo realmente per lei.

“Non posso più fregiarmi di quel nome. Non appartengo più all’esercito Infernale. Sono un misero essere umano che vaga come un’ombra in un mondo al quale non sente di appartenere.

“C’è sempre tempo per trovare il proprio posto in questo mondo. Hades vi ha concesso la vostra umanità credendo di darvi la giusta punizione mortificando il vostro orgoglio. E allora voi dimostrategli che può esserci fierezza e onore anche nell’essere un semplice uomo. Non è una surplice a stabilire la misura della tua grandezza mio signore, ma quello che senti dentro di te.”

“Lo sai che stai salvando per la seconda volta, Violate?” sì, credo che in fondo lo sapesse. Come sapeva bene che non ero io la sua salvezza, ma lei la mia.

Non sapevo quanto ancora mi restasse da vivere, non sapevo neppure se ce l’avrei fatta a superare il mio passato e a guardare avanti. Ma avrei tentato, lo avrei fatto per lei e per quegli occhi che nonostante tutto riuscivano ancora a guardarmi con orgoglio, rispetto e forse… amore?
Fu in quel preciso istante che la mia mano si mosse, forse perché inconsciamente sapevo che quella malia sarebbe scomparsa di lì a poco. O forse perché raccogliere con le mie dita quell’unica lacrima sfuggita ai suoi occhi, per me aveva il sapore amaro di un silenzioso addio.

“Sarò sempre ai vostri ordini, mio generale.”

“Vorrei che tu non dovessi andare… vorrei che il tempo si fermasse, ora! Vorrei…” o sì, desideravo tante cose adesso. Cose che prima ritenevo futili e prive di significato e che invece adesso acquistano un valore inestimabile.

“In un modo o nell’altro io sarò sempre al vostro fianco. D’altronde… sono pur sempre le vostre ali.”

Già… un ricordo amaro che incurvò appena la linea delle mie labbra che si chiusero in un sorriso sghembo di rimpianto.

“Ti rivedrò un giorno?”
Lei mi guardò, spostando poi lo sguardo verso la natura impetuosa e libera che ci circondava.

“Mi rivedrai quando giungerà il tempo. Fino ad allora, ogni qual volta il vento accarezzerà il tuo viso, tu saprai che io cammino al tuo fianco…”

E così la sua voce e i suoi occhi… come quella lacrima, si persero nel vento, e lei scomparve. Sapevo che se avessi aperto gli occhi non l’avrei più rivista, ed ebbi paura. Qualcosa però mi costrinse a farlo. Avevo le mani sollevate nel gesto di afferrare qualcosa. Quando mi ridestai da quello strano torpore riuscii a capire cosa fosse.
Ero seduto, non so come, con la schiena poggiata al tronco di una quercia secolare. E tra le mani stringevo delle ciocche lunghe e lucenti di un colore che era la perfetta mescolanza del nero più intenso ed il viola brillante. Erano i suoi capelli, i capelli di Violate, l’unico ricordo portato con me dopo che spirò tra le mie braccia.

Li avvicinai al mio volto per sentirne la consistenza e cercare in essi un po’ del suo calore, della sua essenza. Poi, una folata di vento mi scosse riportando improvvisamente alla mente parole udite pochi attimi prima. Parole, che adesso, sapevo appartenere solo ad un mio flebile sogno. Allora capii che dovevo lasciarli andare… liberi, come lei era sempre stata.
Aprii le mani e un attimo fuggirono via. Non per sempre però. Li avrei ritrovati, ad ogni soffio di vento avrei avvertito la sua presenza e la sua forza.
Adesso lo sapevo, il nostro non era un addio, era solo un modo diverso per restare insieme.




Vi avevo promesso che sarei tornata presto ed eccomi con una delle mie OTP . Un giudice infernale (ex giudice in effetti, perchè in Lost Canvas Alone gli toglie i poteri di stella malefica) e Violate , unica specter donna dell'universo Saint Seiya. Ho inserito questa storia nella Challenge del Giardino perchè credo che con il tema angst calzi a pennello. Poi, ovviamente, sarete voi a giudicare. In ogni caso io questi due li adoro letteralmente! Spero quindi di avervi trasmesso un po' di quello che ho provato io nel momento in cui ho scritto di loro. Grazie davvero a chiunque avesse piacere nel leggerla. A presto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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