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Autore: WYWH    15/09/2019    3 recensioni
Una raccolta di storie su Genzo, la piccola Andrea e la loro vita insieme come famiglia. Non solo il loro punto di vista, ma anche quello delle persone attorno a loro e che partecipano a loro nuovo cammino.
[Ogni capitolo sarà a sé, ma cercherò di seguire comunque un "ordine cronologico"]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oriente & Occidente'
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Gli avvenimenti di questo capitolo avvengono un mese dopo quelli di “Kind”

 

Una delle prime cose che scoprii di Andrea, e che mi lasciò davvero sorpreso, fu che le piaceva “Sesame Street”.

Lo scoprii una Domenica mattina.

Di solito, quando giocavo in casa, io ero più pigro di mia figlia ed era lei che, ad un certo punto, mi veniva a svegliare; i primi giorni chiamandomi timidamente per poi, una volta che si era fatta più coraggiosa, saltare sul letto e cominciare a farmi il solletico; al che rispondevo e iniziavamo la battaglia di cuscini. Dopo ci calmavamo, andavamo a fare un pranzo veloce e ci preparavamo per uscire.

Il più delle volte la portavo dai nonni, alcune volte erano loro a venire qui a casa a tenerle compagnia.

Quella mattina, però, mi ero svegliato prima del solito senza apparente motivo, e avevo deciso che avrei fatto colazione con lei, scendendo dal letto e dirigendomi verso la sala da pranzo.

La prima cosa che mi colpì fu sentire rumori, voci e musica, e rendermi conto che la televisione era accesa: di solito era sempre spenta, pertanto lo stupore di udirla mi svegliò ulteriormente, facendomi scendere le scale. A metà scalinata mi resi conto che tutti quei rumori erano tipici di un programma per bambini, e non potei fare a meno di sporgermi in silenzio, per vedere senza disturbare.

Andrea stava indossando il suo pigiama rosa chiaro, i capelli erano spettinati sulle spalle e sembrava non essersi accorta di nulla; vedevo le immagini sullo schermo e, per quanto non conoscessi il programma, la faccia di Elmo era per me internazionalmente nota come “uno dei muppet”.

Era una delle rare volte che vedevo Andrea concentrata su qualcosa che non fosse il calcio o lo studio e mi affascinò, tanto che mi appoggiai allo stipite dell'uscio a guardarla, incrociando le braccia e notando ogni suo movimento: vidi così che ondeggiava le spalle a ritmo della musica e cercava addirittura di canticchiare le canzoni, con voce bassissima e roca; si sporgeva quando facevano vedere i lavori fatti con la carta e i colori e il loro angolo educativo, quella volta credo che riguardasse i numeri.

Era molto serena, e questo rasserenava anche a me.

La lasciai guardarsi la puntata fino alla fine, sentendola canticchiare la sigla finale, per poi spegnere la televisione e, solo a quel punto, muoversi sul divano e alzarsi, girandosi e accorgendosi della mia presenza.

-Buongiorno tesoro.-

Rimase davvero sorpresa, e la vidi arrossire mentre abbassava lo sguardo imbarazzata, rispondendomi.

-B-Buongiorno papà.-

Di fronte a quella sua reazione mi sentii imbarazzato anch'io, come se l'avessi beccata in un momento molto intimo e personale, e cercai di stemperare il nostro disagio riprendendo la parola e offrendole la mano.

-Facciamo colazione, ti va?-

Lei mi guardò sempre con quella sua aria stupita, annuendo e prendendomi la mano, o quanto meno due delle mie dita; quando faceva così era terribilmente tenera e dovevo appellarmi a tutte le mie forze per non prenderla in braccio.

In quei primi mesi era come un cucciolo nella sua nuova casa, e la psicologa che ci seguiva mi aveva consigliato tanta pazienza, lasciandola adattarsi con i suoi tempi a quella nuova vita, senza insistere in eventuali gesti d'affetto o sue manifestazioni di contentezza. Quelli sarebbero arrivati con il tempo.

Accompagnai Andrea in sala da pranzo, facendola sedere mentre io andavo a recuperare le cose per far colazione, la casa era immersa in una silenziosa tranquillità: quello era il giorno libero di Isolde e Friedrich, e prima dell'arrivo della piccoletta la casa era sempre risultata molto più grande e vuota del solito.

Ora invece, mentre prendevo il succo di frutta e la marmellata, la vedevo abituarsi agli spazi e ai rumori, guardarsi attorno con meno timore e riempire la casa con la sua presenza mentre dondolava le gambe sopra la grossa sedia.

-Vuoi le brioche con la marmellata? O preferisci altro?-

-Brioche.-

-Me ne prepari una anche a me per favore?-

Il suo sguardo s'illuminò e annuì decisa, facendomi sorridere mentre mi preparavo il caffè e lei armeggiava con il barattolo di marmellata, il coltello senza lama e la brioche davanti a lei già tagliata a metà.

La successiva mezz'ora trascorse nel nostro quotidiano silenzio: dopo i primi momenti d'imbarazzo ci eravamo abituati al fatto che, spesso, l'insicurezza di Andrea o il mio essere orso davano spazio a lunghi momenti senza chiacchiere.

Poi mi tornò in mente la scena di mezz'ora prima e decisi di provare ad investigare, ora che...mia figlia era più tranquilla. All'epoca mi agitava ancora definirla “mia”.

-Allora, ti piace molto Sesame Street?-

Lei alzò lo sguardo sorpresa, un po' di marmellata le macchiava il mento e glielo indicai con un dito, lasciandola pulirsi da sola mentre aspettavo che mi rispondesse; annuì con il capo, masticando il boccone e ingoiando con un sorso di succo.

-La Domenica lo guardavo all'orfanotrofio con gli altri bambini.-

-E c'è qualche personaggio in particolare che ti piace?-

La testa annuì di nuovo.

-A...Abby Cadabby…-

-Davvero? Ed è una maga?-

-Una fata, sa anche volare.-

-E che magie fa?-

-Beh, sa apparire e scomparire, vola e trasforma le cose in zucche. E' piccola, pertanto non sa fare tante magie.-

-E come mai ti piace? Perché è una fata?-

Quello mi avrebbe davvero sorpreso, ma Andrea scosse la testa.

-Lo so che Abby è un pupazzo, che non è vera. Però quello che mi piace è che per lei sono cose magiche saper fare i conti in matematica o scrivere sulla carta; poi vola quando è felice ed è molto buffa.

...mi piacerebbe essere come lei.-

-Sicura di te?-

Annuì guardandomi con aria imbarazzata, sulle labbra tratteneva uno dei suoi sorrisi; le accarezzai la testa.

-Ho capito.-

La lasciai finire la sua brioche mentre la mia testa ripensava alle sue parole e mi rendevo conto, ancora una volta, che questa bambina era uno strano miscuglio di insicurezza e maturità precoce...e che ora era mia figlia.

La psicologa pediatra, quando la conobbi la prima volta, mi disse subito che sarebbe stato un percorso molto lungo e lento, dato che non si trattava solo di creare un legame tra me e lei, ma di aiutare Andrea ad accettarsi per quello che era.

-Per ora si limiti ad osservarla e ad intervenire solo quando è necessario; pian piano la piccola comincerà a mostrarle le sue abitudini e quello che le piace.-”

-Dai Andrea, finiamo la colazione che oggi vengono i nonni.

Visto che non ho partita ti va di andare da qualche parte con loro?-

Annuì con gli occhi pieni di entusiasmo e finì con grandi bocconi la sua seconda brioche, aiutandomi a spreparare la tavola e correndo in camera a cambiarsi.

 

Quel giorno mia madre propose di fare una passeggiata lungo la Kaufingerstrasse perché, mi disse sottovoce per non farsi sentire da Andrea, voleva comprare “assolutamente” qualcosa per la sua nipotina; la cosa mi fece sorridere divertito e, per cercare di “coprire” mia madre, proposi a mia figlia di andare a Marienplatz e fare quattro passi per il centro storico.

Quel pomeriggio la giornata era molto limpida e, chiaramente, non eravamo gli unici ad aver avuto la buona idea di andare in centro, tanto che nelle strade era quasi difficile camminare con tranquillità senza rischiare di incrociare il passo con qualche estraneo.

Andrea, inizialmente, si aggrappò alla mia mano intimidita dalla gente, cercando rifugio dietro la mia schiena mentre i suoi nonni cercavano di aprirci la strada; poi, anche per assicurarmi che non rischiasse di scontrarsi con qualcuno o, peggio, perdesse presa sulla mia mano, la spinsi a tenere la mano ai nonni e a mettersi in mezzo a noi tre adulti, con io che chiudevo il gruppo.

Ovviamente mia madre era elettrizzata all'idea tanto quanto la bambina era incerta, ma cercò di non darlo a vedere, sorridendole e offrendole la mano, camminando al suo passo; inizialmente Andrea si voltò verso di me più volte, assicurandosi che io non scomparissi all'improvviso, per poi abituarsi e cominciare a guardarsi attorno, soprattutto quando iniziammo a percorrere la Kaufingerstrasse.

La via, completamente pedonale e piuttosto ampia, aveva un'ampia e varia umanità: da famiglie a gruppi di ragazzetti, a coppie, a diverse compagnie di persone di varia età; queste ultime, in alcuni casi, si avvicinarono per chiedermi un autografo o una foto.

Di solito rifiutavo, anche perché non volevo coinvolgere Andrea, ma in quel caso sapevo che era vicino ai miei genitori, pertanto ero abbastanza tranquillo e accettavo le richieste, facendo però capire di non esagerare.

Ad un certo punto notai che solo mio padre mi stava aspettando, e ammetto che mi allarmai leggermente mentre lo raggiungevo.

-Mamma e Andrea?-

-Sono entrate in negozio, vieni.-

Le trovammo mentre mia madre stava mostrando ad Andrea qualche capo, più che altro magliette, e la bambina le guardava poco convinta.

Le accarezzai la testa, sollevato di vedere che stava bene e al sicuro, lanciando un'occhiataccia a mia madre.

-Mi avete fatto venire un colpo, non vi ho visto più.-

-Scusaci Genzo. Che ne pensi?-

Mi mostrò le due magliette, entrambe con dei colori piuttosto discutibili nonostante il modello fosse carino.

-Penso che le starebbero male quei colori. Tu hai visto qualcosa che ti piace?-

La vidi guardarsi intorno, per poi avvicinarsi a delle magliette grigie con dettagli gialli, mostrandone una con le pieghe sul fondo e le maniche a tre quarti. Decisamente più nel suo stile.

Ovviamente mia madre, quando la vide con quel capo nuovo, ne fu entusiasta, e silenziosamente Andrea le fece capire lo stile e i colori che preferiva, lasciandosi però anche consigliare dalla sua nuova nonna per quanto riguardava cose come gonne e giacche.

Mi ero accorto subito che la bambina non era una grande chiacchierona, nemmeno quando eravamo in giro, tanto che la presi da parte per capire se era disagio verso i suoi nuovi nonni o c'era altro, inginocchiandomi alla sua altezza.

-Andrea tutto bene? Sei molto silenziosa.-

Lei mi rispose a bassa voce, come a non volersi far sentire dai suoi nonni.

-...è che non ho mai fatto queste cose.-

-Non uscivi a fare compere con tua nonna o tuo padre?-

-No intendo...non ho mai comprato cose da femmina.-

Si teneva strette le mani e aveva gli occhi bassi con aria imbarazzata.

Certo, che scemo: mi sembrava una situazione così normale e tranquilla che mi stavo scordando quel dettaglio.

-...E ti piace farlo assieme alla tua nuova nonna?-

Mi guardò negli occhi e la vidi arrossire leggermente, stavo pian piano imparando a capire tutti i vari livelli di felicità di Andrea: quando annuiva tranquillamente si sentiva tranquilla, quando arrossiva era felice o contenta, quando la vedevo rispondermi con leggero entusiasmo era emozionata, e quando mordicchiava le labbra o arrivava a trattenere i sorrisi voleva dire che era davvero molto felice.

-...si, molto.-

Annuì decisa con la testa; a quel punto le accarezzai la testa e le parlai ancora una volta a bassa voce, per mantenere il nostro “segreto”.

-Secondo me, se lo dici alla nonna, le dai un grande piacere. Ci tiene che ti diverti con lei.-

Andrea si voltò verso mia madre, guardandola mentre stava pagando, assieme a mio padre, i vestiti che avevano scelto assieme; poi si voltò verso di me e annuì, aspettando che la coppia tornasse verso di noi.

-Eccoci, possiamo andare.-

-N...nonna!-

Mia madre la guardò sorpresa, la bambina aveva le guance rosse.

-G...Grazie. Mi sono divertita.-

Mia madre si morse le labbra, inginocchiandosi verso sua nipote e facendole una carezza, sorridendo con un'aria così felice che pensavo si sarebbe messa a piangere di gioia.

-Figurati tesoro. Nonna è qui per questo. Dai, facciamo merenda, ti va?-

E le offrì la mano, accompagnandola fuori dal negozio mentre mio padre mi si avvicinava, tenendo in mano le buste e dandomene una.

-E a noi tocca fare i portantini.-

Ridacchiai, seguendolo fuori dal negozio. E in quel momento la notai, proprio davanti a noi.

Beh, non proprio lei, più che altro notai il rosso mantello e i grandi occhi di Elmo, sistemato nella vetrina del negozio di giocattoli.

-Genzo, vieni?-

Mi girai verso mia madre, raggiungendoli mentre si stavano dirigendo ad una pasticceria lì vicino per prendersi qualcosa da mangiare.

Decisi di cogliere l'occasione al volo.

-Ehi, devo prima passare da un negozio, vi raggiungo lì, va bene?-

-Che ne dici Andrea? Aspetti papà con noi?-

Notai subito che mia figlia non era per niente entusiasta all'idea, e annuì un po' incerta, continuando a tenere la mano alla nonna mentre io davo il sacchetto a mio padre. Mi piegai verso di lei.

-Cinque minuti e torno. Promesso. Tu prenditi pure quello che ti piace.-

Le accarezzai una guancia, e questa volta annuì un po' più tranquilla, facendosi quasi trascinare dei suoi nonni in pasticceria mentre mi dirigevo al negozio di giocattoli.

Dovetti chiedere al negoziante se ne aveva una e mi portò nel settore dedicato a Sesame Street, indicandola con un cenno del capo.

Vidi Abby Cadabby guardarmi in un angolo con i suoi giganteschi occhi azzurri, le sue codine rosa e viola e il vestito azzurro, con le alucce aperte dietro la schiena e, in mano, quella che doveva essere una bacchetta magica; era assieme ad altri pupazzi del programma, e sembrava guardarmi come a dire “Finalmente! Mi hai fatto aspettare, sai?!”.

C'erano altre sue varianti grandi e piccole, persino una bambola parlante, ma preferii quella più morbida e, soprattutto, silenziosa: mi hanno sempre inquietato le bambole parlanti.

Il negoziante mi chiese se era un regalo, per incartarla, ma preferii che mettesse una semplice fiocco sulla busta, pagando e uscendo per strada con un certo imbarazzo: il grande SGGK che entrava in un negozio di giocattoli per prendere una bambola. Mi faceva fare robe strane mia figlia.

La trovai subito in pasticceria, seduta con i suoi nonni su delle poltroncine con davanti un Krapfen, e le si illuminò lo sguardo non appena mi vide; quando poi vide la busta subito i suoi occhi espressero sincera curiosità mentre mia madre dava voce ai suoi pensieri.

-E quella?-

-Un regalo.-

-Ah, e per chi?-

-Per Andrea.-

Lei mi guardò sbalordita, con la bocca socchiusa.

-...Per me?-

Annuii, porgendogli la busta; se la mise sulle gambe e, delicatamente, sciolse il fiocco aprendo e guardando dentro. Vidi sul suo viso un enorme stupore, seguito da una gioia trattenuta dal suo mordicchiarsi le labbra mentre le mani, caute, tiravano fuori la bambola; si voltò a guardarmi, gli occhi così contenti che erano sul punto di piangere, tanto che mi venne un groppo in gola a mia volta.

-Davvero è per me?-

Dovetti fare qualche colpo di tosse per riuscire a parlarle mentre m'inginocchiavo verso di lei, accarezzandole la testa.

-Ma certo tesoro. E' la tua preferita, giusto?-

Lei annuii, guardandola ancora, toccandole i codini e la bacchetta magica, per poi stringerla a sé.

-E' bellissima. Grazie papà.-

Allungò un braccio e mi abbracciò il collo mentre io continuavo ad accarezzarle la testa, felice.

Si tenne in braccio Abby per tutto il resto del pomeriggio senza mai lasciarla andare, molto fiera di quel suo pupazzo nonostante avesse 10 anni e, probabilmente, fosse un po' grande per le bambole; eppure era felice, si vedeva mentre teneva la mano un po' a me e un po' ai suoi nonni durante la passeggiata.

Anche in macchina continuò a tenere la bambola in braccio e solo a cena se ne separò, lasciandola in camera da letto ad aspettarla.

-Allora, ti è piaciuto il giro con i nonni?-

-Si, molto!-

Silenzio. Poi parlò di nuovo, timidamente.

-Papà?-

-Dimmi tesoro.-

-Possiamo...uscire di nuovo con loro?-

Sorrisi divertito, annuendole.

-Ma certo, basta chiederglielo. A loro farà di sicuro molto piacere.-

La vidi trattenere, come al solito, un sorriso contento, mangiando la cena con gusto.

Quando andai a darle la buonanotte la vidi stringersi a sé la sua bambola, guardandomi con aria felice.

-Grazie papà.-

-Prego. Buonanotte tesoro.-

Le feci una carezza e poi mi alzai per lasciarla sola, quando la sua voce mi chiamò di nuovo.

-...papà!-

Mi voltai e la vidi agitarsi, fino a nascondere la faccia dietro il corpo di Abby, parlando con voce sottilissima e, probabilmente, la faccia viola come quella della sua nuova bambola.

-...ti voglio bene.-

 

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