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Autore: heliodor    16/09/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Nato per caso
 
“Se vuoi il mio parere” stava dicendo Kallia. “Lascia perdere quella dannata donna. Però su una cosa ha ragione.”
Joyce rimase in attesa che continuasse.
Kallia sedeva sulla sua sedia, dietro una scrivania ingombra di pergamene arrotolate e altre carte.
“Basta noci. Stai mettendo su peso e non ti fa bene.”
“Non è vero” disse Joyce. “Ne ho perso tanto prima di arrivare qui. Non sai che cosa ho passato.”
“C’ero anche io” disse la donna. “E stai recuperando in fretta il peso, ma devi imparare a gestirlo. Devi trasformare in muscoli quella carne flaccida che tra poco ti si accumulerà addosso.”
Joyce sbuffò. “Farò attenzione.”
“Non ti sto dando un ordine, sia chiaro” disse Kallia. “Lo dico solo per darti una mano. È chiaro che non ti hanno mai insegnato certe cose e io le do per scontate.”
“Mi allenerò” dichiarò solenne.
“Se vuoi sono a disposizione. Ormai la gamba è quasi guaita grazie alle pozioni di quei dannati guaritori.”
Joyce esitò. “In verità, avrei già trovato una compagna di allenamento.”
“Chi?” fece Kallia incuriosita.
“Joane” disse.
La strega annuì. “Stai attenta a quella donna.”
“Ti ho già detto che non è pericolosa.”
“Ma lo è. Forse adesso sembra docile e rassegnata, ma non è come sembra. Tu non l’hai vista quando è arrivata in città. La battaglia è cambiata da allora e le cose hanno cominciato ad andare molto male per noi.”
“Ha sbagliato e sta cercando di rimediare al suo errore.”
“Ti sto dicendo che è una maledetta assassina” disse Kallia alzando la voce. “Scusa” aggiunse subito dopo con calma. “Ma quando ripenso a quegli eventi non riesco a restare calma. Non ho il diritto di dirti quello che devi fare e con chi puoi o non puoi allenarti. Sei una strega adulta e puoi fare le tue scelte da sola. Ti chiedo solo di essere prudente e di non fidarti totalmente di lei.”
“Non mi fido di lei” disse Joyce. “Voglio solo che alleni Bardhian e lo aiuti a risvegliare il suo potere di Erede.”
Kallia annuì. “A proposito di questo. Credi sia una buona idea? Voglio dire, non sappiamo cosa potrebbe succedergli se ci riuscisse. Di solito chi supera il limite fa una brutta fine.”
Joyce lo sapeva bene. Era sopravvissuta a due sigilli di morte.
“Spero che tu sappia cosa stai facendo” aggiunse la strega.
Vorrei tanto saperlo, si disse.
“Joane ci serve” si limitò a dire.
Kallia annuì. “Allora vai e tienila d’occhio. E da oggi basta noci. Ho dato ordine alle cucine di non mettertele da parte.”
“Non è giusto” protestò.
“Un giorno mi ringrazierai.”
 
Joyce atterrò nel vicolo, eseguì una rapida capriola e si rimise in piedi. Un’ombra saettò alla sua destra.
Ruotando il bacino puntò i dardi magici nella stessa direzione e li lasciò partire, quindi balzò verso la parete opposta e con un altro balzo raggiunse il tetto della casa.
Bardhian atterrò a una decina di passi da lei, facendola sobbalzare.
Da dove è uscito? Si chiese mentre si chinava di lato. Non l’ho visto saltare.
Bardhian le puntò contro i dardi magici. “Presa.”
“No” gridò rotolando sul tetto. Pensò alla formula dell’invisibilità un attimo prima di rialzarsi. “L’ho trovato” gridò.
La testa di Bardhian scattò verso l’alto. “È una trappola?”
“Tu che dici?”
Joane si avventò su di lui alle spalle, la lama di energia ben visibile tra le sue mani.
Bardhian si chinò di lato e la spada gli sfiorò i capelli folti e neri. “Potevi colpirmi” protestò il principe.
Joane ghignò. “È lo scopo di questo allenamento. Insegnarti a evitare attacchi del genere.”
Bardhian alzò all’indietro ed evocò i dardi magici. Una pioggia di proiettili volò verso Joane. Lo scudo magico assorbì i colpi.
Il principe di Malinor giunse le mani con i palmi rivolti all’esterno ed evocò il raggio magico.
Joane si piegò sulle ginocchia, l’espressione concentrata. C’era solo lo scudo magico tra lei e quell’attacco.
“Che ne diresti di unirti alla festa?” le chiese la strega.
Joyce non vedeva alcun motivo di festeggiare, ma fece quanto Joane le chiedeva. Pensò la formula del raggio magico e lo scagliò verso Bardhian.
Lo scudo del principe arrestò la corsa del suo attacco, assorbendola e creando una cascata di scintille che si dispersero nell’aria.
Joane si mosse di lato e Bardhian la seguì. “Tienilo impegnato. Così.”
Non c’è bisogno che me lo dica tu, pensò Joyce.
Negli ultimi sei giorni aveva duellato più di venti volte con Bardhian e ogni volta aveva perso in maniera umiliante.
Quella era una buona occasione per restituirgli parte della frustrazione che aveva provato.
“Non ti distrarre” l’ammonì Joane.
Joyce sbuffò.
Nonostante i suoi sforzi, Bardhian sembrava reggere il suo attacco senza alcuno sforzo. Con una mano dirigeva lo scudo magico verso di lei, deviando il suo raggio. Con l’altra evocava i dardi che Joane faticava ad assorbire.
È davvero un Erede, pensò Joyce. Nessuno, forse nemmeno Bryce, potrebbe arrivare a tanto.
Bardhian si accigliò. “Sei già stanca? Il tuo attacco comincia a indebolirsi.”
Joyce aumentò i suoi sforzi, ma c’erano dei limiti che nemmeno lei poteva superare. Ogni volta doveva evocare un nuovo raggio magico perché quello precedente si esauriva dopo pochi secondi. Ripeteva a mente la formula decine di volte e questo le toglieva la concentrazione per fare altre cose.
Non aveva idea di come funzionasse per gli stregoni e aveva paura di chiederlo a Joane e Bardhian. Per loro sembrava una cosa scontata e forse lo era davvero, ma per lei che attingeva i poteri dalle formule magiche era una questione complessa. Ancor prima di pensare a una formula doveva essere certa che fosse quella giusta. Anche il minimo errore poteva far fallire l’incantesimo.
Proprio come in quel momento.
Il flusso magico del raggio si interruppe per un istante, quello necessario per pensare alla formula.
Bardhian ne approfittò per annullare il suo scudo e lanciarle contro il suo raggio magico.
Joyce reagì d’istinto e pensò allo scudo magico. Una barriera d’energia si frappose tra di lei e l’attacco del principe, fermandolo.
Sotto l’impeto del raggio magico, lo scudo si increspò formando onde di luce che si espandevano in tutte le direzioni.
Joyce era sempre affascinata da quello spettacolo mortale.
Con lo scudo evocato aveva il tempo di riflettere su cosa fare. Quell’incantesimo durava più del raggio magico e sarebbe rimasto attivo per qualche minuto.
“Gli hai lasciato troppo spazio” gridò Joane. “Sapevo di non potermi fidare di te. Sei un’inetta, strega rossa.”
Joyce arrossì. “Mi sono distratta per un attimo.”
“Un attimo può costarti la vita.”
“Vi arrendete?” chiese Bardhian esultante. “Posso andare avanti a lungo se lo desidero.”
Joane grugnì.
Più tardi, mentre Joyce sedeva sul bordo del tetto, la strega le si avvicinò. “Mi spieghi che cos’hai strega rossa?”
Joyce si strinse nelle spalle. “Ti ho detto che mi sono distratta.”
“Ti distrai sempre” disse Joane alzando la voce. “Sembra quasi che tu non riesca a mantenere attivo un incantesimo per più di qualche secondo.”
“A volte è proprio così” disse cercando le parole giuste.
Forse può aiutarmi, vale la pena correre qualche rischio, pensò.
Joane si accigliò. “Sei seria? Non riesci a evocare un incantesimo per più di qualche secondo?”
“Non tutti. Lo scudo magico dura anche cinque o sei minuti prima di doverlo evocare di nuovo.”
“È più o meno il tempo che dura il mio” disse lei sedendole accanto. “È una questione di resistenza. E pratica.”
Joyce attese che proseguisse.
Joane sospirò. “Sei veramente una strega selvaggia.”
“Te l’avevo detto” disse Bardhian.
Quante cose le ha detto di me? Si chiese Joyce.
“Più usi un incantesimo, più diventi brava” disse Joane. “Questo almeno lo sai, no?”
Elvana non le aveva mai spiegato certe cose. La strega le dava per scontate e lei aveva cercato di non farle capire che ne sapeva pochissimo.
“Sì” mentì.
Ed era vero, lo sentiva. L’incantesimo che usava di più era la trasfigurazione e ormai aveva raggiunto una tale abilità da riuscire a farlo durare ore intere. A volte si addormentava e quando si svegliava era ancora trasfigurata. Ogni tanto usava la formula per rinnovare l’incantesimo, ma non aveva idea di quanto potesse durare.
“Se sai questo, allora sai anche che cosa devi fare.”
“Allenarmi, immagino.”
“Allenarti è solo una parte” disse Joane. “Devi scoprire che tipo di strega sei. Quali sono gli incantesimi che ti riescono meglio e ti stancano di meno? E quelli che durano più a lungo? Quali si adattano al tuo modo di combattere e quali possono esserti utili in altre occasioni? Devi trovare la risposta a ciascuna di queste domande.”
“Da che parte comincio?”
“I poteri comuni, quelli che tutti gli stregoni possiedono” disse Bardhian. “Si comincia sempre da quelli.”
Elvana le aveva insegnato a usare quegli incantesimi, ma non ne avevano approfondito nessuno in particolare. Non c’era stato il tempo di farlo.
Forse se fosse partita con lei per il nord avrebbe continuato ad allenarsi perfezionando la sua tecnica, ma aveva scelto di seguire una strada diversa.
Ed eccomi qui, si disse. Una maga incapace che si finge una strega incapace.
“Non dovresti pensare a Bardhian?” chiese per cambiare discorso. “È lui che deve imparare a superare il limite, non io.”
Joane sospirò. “Chi ti assicura che ne sia davvero capace?”
“Ce la farò” disse Bardhian battendosi il petto con la mano. “Sento di potercela fare.”
“Tu lo senti?” fece Joane ironica. “E cosa ti rende così sicuro, principe di Malinor?”
“Lo so. Sono nato per questo.”
“Tu sei nato per caso” disse Joane dura.
Bardhian fece per dirle qualcosa, ma sembrò ripensarci e si voltò di scatto, allontanandosi. Lo vide saltare giù dal tetto.
Joane ghignò. “È un ragazzino. Non è ancora pronto per diventare un vero stregone.”
“Se lui è un Erede, sarà capace di superare il limite” fece Joyce cercando di non mostrarsi preoccupata. “Non è così?”
“Lo chiedi a me sperando che io abbia una risposta?”
“Immagino che tu ne abbia parlato con Gladia prima di accettare la sua proposta.”
“Chi ti dice che la sua fosse una proposta?”
“Non lo era?”
“Era più un inganno. Quella dannata inquisitrice mi fece credere che Alion era il compagno giusto per me. Sapeva benissimo che non lo era, ma in quel momento voleva solo che io facessi la cosa giusta. Quella che lei riteneva fosse la cosa giusta. Maledetta donna.”
“D’accordo, ma un Erede può superare il limite, no?”
Joane trasse un profondo sospiro. “Non ne ho idea, strega rossa. Per quanto ne so tutti quelli che sono andati oltre il loro limite sono morti. Molti ci hanno provato ed erano più esperti e abili di Bardhian. O di me. Girano un mucchio di racconti su streghe e stregoni che erano convinti di poter andare oltre e controllare quel potere. E sono tutti morti in maniera orribile.”
“Ho visto due volte il sigillo di morte.”
Joane annuì seria. “E come sono andate a finire?”
“Male. Entrambe le volte.”
“Questo dovrebbe insegnarti che non è saggio giocare con certe leggi della natura. Se noi stregoni abbiamo un limite non è un caso, c’è un motivo preciso.”
“Quale?”
“E chi lo sa? Però c’è e dobbiamo tenerne conto. Chi lo supera, muore. E, cosa ancor peggiore, diventa un pericolo per quelli che gli stanno attorno. Vuoi che Bardhian diventi una minaccia?”
“Voglio che vinca la guerra” disse Joyce decisa.
“Vincere la guerra, certo” fece Joane. “Solo questo conta per te, strega rossa? Non ti importa niente che moriranno a migliaia per farti vincere?”
“Se Malag vince moriranno a milioni” disse stringendo i pugni. “Lui ha giurato di distruggere il mondo.”
Joane annuì di nuovo. “E di costruirne uno nuovo. Sì, l’ho sentita anche io questa storiella. C’erano dei monaci del Culto che andavano in giro a raccontarla quando combattevo per l’orda. Non ci ho mai creduto davvero. Nessuno può distruggere il mondo. È troppo grande, più di quanto possiamo immaginare, se vogliamo credere a certe storie che girano.”
“Quelli che seguono Malag ci credono davvero.” Ripensò a Marq e alle sue ultime parole prima di lasciare Malinor.
“Lascia che credano in quello che vogliono. La verità è diversa.”
“E quale sarebbe?”
Joane si strinse nelle spalle. “Malag non vuole distruggere tutto il mondo. Vuole distruggere il nostro mondo.”
“Dove sta la differenza?”
“Per nostro mondo intendo quello delle streghe. E degli stregoni, ovviamente.”
“Non capisco.”
“Nemmeno io.”
“Dimmi almeno perché vuole distruggere il nostro mondo.”
“Immagino che solo lui lo sappia. Quando lo incontri, chiediglielo.”
“Se lo incontrerò, lo ucciderò” disse decisa.
“Prima impara a usare il tuo potere, poi penserai a sistemare l’arcistregone.”
Bardhian non tornò e Joane decise di tornare nella sua cella. “Ha un pessimo carattere” disse mentre si allontanava scortata dai soldati e dagli stregoni. “Proprio come suo padre.”
Joyce tornò al palazzo dove Kallia l’attendeva, ma non la trovò. Al suo posto c’era Caldar, l’esploratore. Non lo vedeva da giorni.
“Dove sei stato?” gli chiese.
“Qui attorno. Mi sono assicurato che ciò che restava dell’orda si fosse ritirata.”
“Sono andati via?”
“Così sembra. Ma troviamo sempre qualche sbandato e li portiamo qui. Di solito diventano dei saccheggiatori e con il poco che è rimasto nelle campagne, possono essere un problema. Proprio stamattina ho trovato una donna.”
“Una donna?”
Caldar annuì. “Una strega. Non sembra una dell’orda, ma chi può dirlo? Dice di chiamarsi Lindisa. Chissà se è il suo vero nome.”
Joyce trasalì. “Lindisa hai detto? Ne sei sicuro?”
“Sì, perché?”
“Dov’è ora?”
“Nei sotterranei. Kallia vuole interrogarla.”
Joyce marciò verso le scale che portavano nel sottosuolo.
“Dove vai?”
Non lo stava più ascoltando.

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