Capitolo
II
Le
preoccupazioni di una madre
(dal
punto di vista di Judy)
Sapete
cosa mi piace di questo lavoro?
Assolutamente
nulla.
Sono
una coniglia di quarantadue anni, non ho un compagno e sono il capitano
del
Dipartimento di Polizia di Zootropolis. Anni fa, tutto ciò che
desideravo era
fare la differenza. Cambiare le cose. Rendere il mondo un posto
migliore. Sono
sempre stata più brava a fare il mio lavoro per le strade piuttosto che
bloccata dietro una scrivania.
Eppure,
eccomi qua. Sono a capo del Distretto in cui diciotto anni prima ho
iniziato a
lavorare come ausiliaria del traffico costantemente messa sotto torchio
dai
suoi superiori.
Ora
tutto questo non ha più alcun senso.
Okay,
non è del tutto esatto. E neppure giusto. Ma ho trascorso molti anni a
tentare
di correggere gli errori che ho commesso in passato.
Sulla
scia della partenza di Nick, ho fatto tutto il possibile per tentare di
rintracciarlo in modo da potergli spiegare tutto. Non sono orgogliosa
del modo
in cui ho fatto precipitare le cose. Aveva avuto ragione: avrei dovuto
parlare
con lui. Ma era andato troppo oltre con quello che mi aveva detto quel
giorno.
Avevo intuito che fra noi si era come spezzato qualcosa d’importante.
Volevo
disperatamente sistemare tutto e rimettere a posto le cose. Non era
stata la
prima volta in cui Nick si era allontanato da me, eppure non sono stata
capace
di rintracciarlo; sembrava sparito dalla circolazione. Sua madre e il
suo amico
Finnick si sono rifiutati categoricamente di dirmi dov’era diretto.
Dal
momento che ero troppo sconvolta dopo il litigio con Nick, dovetti
spostare
l’appuntamento per la pratica abortiva di qualche giorno. Non riuscivo
né a
dormire né a mangiare in modo adeguato. Probabilmente tutto questo
avrebbe
potuto uccidere il cucciolo che portavo in grembo. In ogni caso, decisi
di
fissare un nuovo appuntamento per l’operazione.
E
accadde l’impensabile.
******
Qualcuno
bussò alla porta.
“Avanti.”
Judy staccò lo sguardo dalla sua scrivania e si tolse gli occhiali da
lettura.
La porta si aprì e l’agente Stan Fangmeyer entrò nell’ufficio. Di
solito la
tigre aveva sempre un’aria divertita stampata sul volto, ma non questa
volta.
Dietro di lui c’era…
Non
è facile descrivere il mammifero in sua compagnia. Aveva la pelliccia
di un
marrone chiaro. Un paio di occhi color lavanda come quelli di Judy. Un
paio di
orecchie appuntite come le sue, ma più corte. Un muso allungato. Aveva
una
corporatura più alta e dinoccolata. Indossava un paio di jeans e una
maglietta,
con una giacca appoggiata sulle sue spalle.
Aveva
stampata sul volto un’espressione arrabbiata, tipica di chi ce l’ha con
sé
stesso per essere stato colto con le zampe nel sacco.
Di
nuovo.
“Grazie,
agente Fangmeyer.” esclamò Judy con un sospiro rassegnato. “Puoi
lasciarci soli
per un momento?”
“Certo,
capitano.” Fangmeyer lasciò la stanza dopo aver chiuso la porta dietro
di lui.
Judy si alzò dalla poltrona e si avvicinò al giovane mammifero,
nonostante
fosse costretta ad alzare lo sguardo per fissarlo negli occhi. Incrociò
le
zampe e lo fissò severamente.
“Allora?”
domandò Judy.
“Allora
cosa?” esclamò l’interrogato di rimando.
“Non
rispondermi in questo modo!” lo sgridò Judy con un tono tagliente.
“Dimmi che
hai combinato questa volta. Hai rubato qualcosa? Sei rimasto coinvolto
in una
rissa? Non hai la pelliccia arruffata e non hai le manette ai polsi,
perciò
dimmi che non hai fatto nulla di illegale, per favore!”
“Perché
ti interessa?” chiese il giovane mammifero in un impeto di ribellione.
“Forse
ti sto mettendo in imbarazzo, capitano?”
“Mi
interessa perché sono tua madre, Nicholas!”
******
Ebbene
sì, sono una madre. E lui è… beh, nessuno è mai
riuscito a capire come chiamare questo miracolo della genetica. Alcuni
lo hanno
definito ‘voniglio’ o ‘conilpe’. Due termini più appropriati potrebbero
essere
‘leponide’ o ‘caniride’. In realtà, neppure i medici che lo hanno fatto
nascere
e che si sono presi cura di lui nelle prime ore di vita avevano avuto
idee
precise a riguardo.
Comunque
sia, Nicholas Hopps è il figlio che avevo provato a non far nascere.
Ammetto di
esserci andata vicina. Ma quando ero in ospedale, avvenne qualcosa. Non
so
spiegare che cosa sia successo, ma fui vittima di un violento attacco
di
panico. Più tardi il dottore mi disse che, in qualche modo, il cucciolo
che
portavo in grembo aveva provocato un incremento dell’attività ormonale
nel mio
corpo. Disse anche che, a causa dell’accresciuta condizione di stress,
non
sarebbe stato prudente procedere con la pratica abortiva finché non
avessi
avuto la certezza che attacchi simili non si sarebbero ripetuti. I
conigli
hanno un battito cardiaco estremamente accelerato e il dottore temeva
che la
tensione causata dall’intervento, insieme all’avvenuto episodio di
panico,
avrebbe potuto causarmi un arresto cardiaco.
Non
ci avevo mai neppure pensato.
Non
so se sia stato proprio quell’episodio a farmi cambiare idea, o il
fatto che la
mia famiglia da Bunnyburrow sia riuscita a convincermi. Forse, in
qualche modo,
il mio cucciolo non ancora nato aveva capito cosa stessi per fare ed è
riuscito
a fermarmi. Probabilmente è stato l’effetto combinato di tutte e tre le
cause.
Lui
è un sopravvissuto.
Lui
fa parte della famiglia Hopps.
Ed
è mio figlio. Nostro
figlio.
******
“Hai
quattordici anni, per l’amor del Cielo.” esclamò Judy esasperata con le
zampe
incrociate. “Non m’importa nulla del fatto che tu possa mettermi in
imbarazzo
nella mia posizione; sono preoccupata per l’aspetto della tua natura di
volpe.”
Judy
si appoggiò sulla scrivania.
“Ho
cercato in ogni modo di comprenderlo.” esclamò la coniglia, “Ho cercato
di
convincerti ad aprirti con me e a confidarti su quello che ti passa per
la
testa. Se continui così, finirai in galera.”
O
peggio.
“E
sarai proprio tu a sbattermi dentro? Bella madre che sei.” la provocò
Nicholas
in tono canzonatorio sul punto di andarsene.
“Torna
indietro, Nicholas. Non abbiamo ancora finito.” ringhiò Judy.
Nicholas
tirò fuori uno sbuffo dal naso e tornò sui suoi passi. “Che cosa hai
intenzione
di fare? Mettermi in punizione?” domandò beffardo.
“Farò
di peggio.” esclamò Judy in tono accigliato. “Ti manderò da tua nonna.”
Dopo
aver udito quelle parole, gli occhi di Nicholas si alzarono leggermente.
******
Nicholas
sa bene che non avrebbe mai potuto scherzare con sua nonna Bonnie. Non
chiedetemi come faccia, ma è in grado di incutere il timore di Dio
anche nel cuore
del mammifero più spavaldo. Non ha esitato a farlo con papà le poche
volte in
cui aveva oltrepassato il segno.
Il
suo comportamento è peggiorato da quando avevamo saputo che l’altra sua
nonna
stava morendo. Lo so, lo so: perché non ho interrotto ogni legame con i
Wilde
dopo quello che era successo? Che mi piacesse o no, Nicholas è anche suo
figlio e aveva il diritto di conoscere i suoi nonni paterni. O, per
meglio
dire, sua nonna.
Nick
non aveva mai voluto dirmi cosa fosse successo a suo padre. Era sempre
stato un
argomento scottante e Nick aveva sempre cambiato discorso. D’altro
canto, sua
madre è la volpe più dolce che io abbia mai conosciuto. Nonostante i
suoi…
problemi di comportamento… Nicholas aveva avuto modo di conoscerla bene
negli
ultimi anni.
Da
quando aveva appreso delle condizioni di Viola, Nicholas era diventato
più cupo.
Questo perché lei non riusciva più a ricordare chi fosse. Eppure lui
continua a
fare visita a casa sua, nella vana speranza che la sua presenza potesse
in
qualche modo allontanare il male che la stava consumando.
Si
fida di lui perché si comporta come Nick quando aveva la sua età. Tale
padre,
tale figlio. È un ricordo doloroso.
Mi
manca?
Sì,
mi manca da morire.
Ma
sono anche arrabbiata per il modo in cui mi ha lasciata.
I
cinici all’esterno potrebbero domandarsi se tutto ciò che mi importava
fosse
far estorcere denaro a Nick per il mantenimento di Nicholas.
Francamente, non
mi è mai interessato. Non ho mai preteso un solo centesimo da Nick. Ma
mi
sarebbe piaciuto fargli sapere chi fosse suo figlio. Con l’influenza di
una
figura paterna, Nicholas sarebbe cresciuto in maniera molto diversa. In
fondo,
Nick sapeva bene come comportarsi di fronte alle avversità della vita.
Avrebbe
potuto aiutare Nicholas a superare i momenti difficili che stava
passando.
Nick
non è qui per aiutarci, in ogni modo. Avrei dovuto confrontarmi con
lui, invece
di agire alle sue spalle come ho fatto. Dopo tutto quello che avevamo
passato,
è come se fossi tornata al giorno in cui ci eravamo conosciuti.
Non
dimenticherò mai il dolore che ho visto nei suoi occhi. Neppure il
sangue che
colava dalla sua bocca nel punto in cui l’avevo colpito.
Non
ho mai avuto modo di scusarmi per quello che gli avevo fatto. Non mi
sarei mai
permessa di fare una cosa del genere, ma ero spaventata e quando siamo
in preda
al panico, tutti noi facciamo delle cose che non ci sogneremmo mai di
fare.
Eppure
non avrebbe mai dovuto dirmi le cose che mi ha detto. E non se ne
sarebbe mai
dovuto andare.
Sono
successe un sacco di cose che non sarebbero mai dovute succedere.
Eppure, è
così che sono andate le cose. Perciò, eccomi qui, a capo del Distretto
Uno dopo
che Bogo aveva accettato la promozione a commissario e con un figlio
indisciplinato che assomiglia più a suo padre di quanto vorrei.
******
“Senti…”
iniziò Judy, “lo so che è difficile.”
“No,
non lo sai.” protestò Nicholas.
“Che
cosa?”
“Non
lo sai affatto!” ripeté Nicholas alzando il tono della voce, “Tu
non
sei lo scherzo della natura che non sarebbe mai dovuto venire al mondo!”
“Non
sei uno scherzo della natura!” ribadì Judy colta alla sprovvista da
quell’ammissione.
“Oh,
davvero? Come mi definiresti, allora? Non sono una volpe e neppure un
coniglio.
Ho provato a essere entrambi. Sai come mi hanno chiamato alcuni miei
cugini
l’ultima volta che mi hai mandato a casa di nonna Bonnie e nonno Stu?
‘Mostro!
Scherzo della natura! Fenomeno da baraccone! Abominio! Non saresti mai
dovuto
nascere!’ Tu non sai come mi sono sentito perché sei troppo impegnata
nel tuo
lavoro!”
“Ci
ho provato, Nicholas! Ho provato a essere lì per te!”
“Il
tuo lavoro non te lo ha permesso.”
“No,
sei stato tu!” protestò Judy puntando un dito contro suo
figlio, “Come
avrei potuto essere lì per te quando tu stesso non me lo hai permesso?!”
Nicholas
aprì la bocca per ribattere, ma preferì lasciar perdere. Judy gli si
avvicinò e
appoggiò le mani sulle sue spalle.
“Io
sono tua madre.” disse, “Tu vieni prima di tutto e
tutti, non
importa quello che faccio qui dentro. Ho provato a essere lì.
Ma tu sei chiuso
in te stesso proprio come lo era tuo padre.”
Nicholas
sbuffò contrariato.
“E
quando avrò modo di sapere qualcosa di più su di lui? Mi hai
detto che
se n’è andato prima che io nascessi, ma ho anche saputo che voi due
avete avuto
un litigio. Ho sentito queste voci l’ultima volta che sono stato a
Bunnyburrow.”
“È…
è complicato. Un giorno ti dirò ogni cosa, ma ora sei troppo…”
“Troppo
giovane e troppo litigioso.” concluse Nicholas con parole che aveva già
sentito.
“Mi
dispiace, figliolo.” esclamò Judy, “Credimi. Lo so che è per te è
ancora più
difficile da quando hai capito che nonna Viola sta…”
Nicholas
preferì distogliere lo sguardo.
******
Ho
fatto del mio meglio. Non è facile essere una madre single, alle prese
con un
figlio indisciplinato e con i doveri che ho in qualità di capitano del
Corpo di
Polizia di Zootropolis. Sono sola fin dal giorno in cui Nick se n’è
andato.
Eppure, ho provato a uscire con altri mammiferi. Nicholas aveva bisogno
di una
figura paterna nella sua vita e, per quanto mi sia guardata attorno,
non sono
riuscita a trovare nessuno in grado di ricoprire quel ruolo. Alla fine,
ho
fatto l’unica cosa che avevo giurato di non fare mai più dopo la
partenza di
Nick.
Mi
sono arresa.
Perciò,
eccomi qua. Sono la poliziotta più anziana del Distretto a parte il
commissario
Bogo, sono una madre e, se non fosse per mio figlio, sarei
terribilmente sola.
È così. In momenti come questo, mi sento più sola che mai. Riesco solo
a
immaginare come Nicholas debba sentirsi in questi momenti.
A
volte la solitudine mi fa provare una grande rabbia dentro. Sono
arrabbiata con
Nick per avermi lasciata. Sono arrabbiata con me stessa per averglielo
permesso. Sono arrabbiata per non averci provato abbastanza. Sono
arrabbiata
per aver fatto precipitare le cose in questo modo. Eppure, è così che è
andata.
Non
appena Nicholas ha lasciato l’ufficio, torno alla mia scrivania, apro
uno dei
cassetti e tiro fuori una bottiglia di whisky. Non sono abituata a bere
e non è
neppure una cosa che faccio spesso, ma quando capisco che le cose
stanno per
diventare troppo complicate per me, non riesco a trovare un’alternativa
migliore.
Non
questa volta, però. Ripongo la bottiglia nel cassetto, lo chiudo a
chiave, mi
alzo dalla sedia e vado a guardarmi nello specchio a parete che ho in
ufficio.
Ho
quarantadue anni, ma a volte sembra che ne dimostri almeno dieci di
più. Di
certo mi sento
così.
******
Il
cellulare di Judy vibrò. Fece ritorno alla scrivania e lo afferrò. Era
un
messaggio da parte di Nicholas:
Note
dell’autore:
Rieccomi a voi con il secondo capitolo!
Se
siete arrivati fin qui, avete capito che la Judy Hopps di questa storia
è una
coniglia di quarantadue anni che è riuscita a salire di grado fino a
sostituire
Bogo in qualità di capitano del Corpo di Polizia di Zootropolis;
tuttavia, si è
ritrovata con una vita sentimentale pressocché inesistente e ha dovuto
crescere
da sola un figlio che, senza la guida di una figura paterna, è venuto
su indisciplinato
e pieno di dubbi sulla sua identità. Inoltre, nella linea temporale di
questa
fanfiction gli eventi di Born To Be Alive non si sono mai
verificati,
per cui Judy non ha potuto procedere con l’aborto e non ha mai
conosciuto Shay.
Spero di essere stato chiaro!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
II di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-2-Chief-Concern-682547666
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!