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Autore: MayVind    18/09/2019    4 recensioni
Crowley si sveglia in piena notte, consapevole che c'è qualcosa che non va. Raggiunge di corsa la libreria di Aziraphale e trova il negozio completamente vuoto. Aziraphale se n'era andato.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Dio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due giorni dopo l’Apocalisse-che-non-fu
 
Crowley si svegliò di soprassalto, come se fosse stato destato da un brutto sogno. C’era qualcosa che non andava. Se lo sentiva dentro, percettibile e chiaro come il sole. Si scrollò le coperte di dosso e si affrettò a uscire dal suo appartamento. Fu solo in ascensore che si rese conto di essere uscito con indosso il pigiama, ma gli bastò uno schiocco delle dita per rimpiazzarlo con degli abiti adeguati. Quella sensazione fastidiosa non accennava a scomparire. Era come una dolorosa morsa sul cuore, qualcosa che non poteva combattere. Aveva già percepito sensazioni simili in passato, ma mai così forti. E troppo spesso erano state causate da Aziraphale, che molto probabilmente in quel momento doveva trovarsi in guai seri.
Si ritrovò sulla strada buia, illuminata dalla luce elettrica dei lampioni. Un barlume chiaro si stava distendendo nel cielo plumbeo, segno che il sole era prossimo a sorgere. Crowley non aveva idea di che ore fossero, ma non gliene importò. Raggiunse di corsa la sua Bentley e non appena fu dentro l’abitacolo il motore si accese da solo con un rombo. Il demone partì a tavoletta, provocando un rumore assordante in tutta la via. La radio, come suo solito, si accese autonomamente e dalle casse fuoriuscì la voce inconfondibile di Freddie Mercury.
 
In my defence what is there to say
We destroy the love - it's our way
We never listen enough never face the truth
Then like a passing song
Love is here and then it's gone
 
«Per favore, non adesso» ringhiò Crowley alla Bentley e chiuse la radio con un gesto brusco. Grazie alla sua guida spericolata giunse dinanzi alla libreria in poco tempo. Parcheggiò la macchina in mezzo alla strada e aprì la portiera. Al di fuori del negozio pareva tutto troppo tranquillo. Il viale era deserto, non v’era anima viva a quell’ora e le finestre dei palazzi circostanti erano immerse nell’oscurità, così come la libreria di Aziraphale. Crowley avanzò di qualche passo, arrivando fino ad una delle finestre. Sbirciò all’interno, ma non vide assolutamente niente. Neanche un lume acceso, il che lo fece già insospettire. Solitamente Aziraphale stava sveglio tutto la notte a leggere e al buio di certo non poteva farlo. A Crowley bastò un gesto della mano per far scattare la serratura dell’ingresso principale. La porta cigolò e si aprì lentamente.
            «Angelo?» chiamò, a voce bassa. «Ci sei?»
            Non ricevette risposta. Non appena i suoi occhi incominciarono ad abituarsi all’oscurità, Crowley si impietrì. Se ne restò immobile in mezzo alla stanza, con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. Non poteva essere. I libri. Dov’erano i libri? Gli scaffali erano completamente vuoti. Sentì le palpitazioni del suo cuore accelerare e fece qualche passo avanti, guardandosi intorno.
            «Aziraphale! Aziraphale!» urlò, con la voce rotta dalla disperazione. «Dove sei?»
            Tutta quella scena gli era stranamente familiare. Certo, non c’erano le fiamme, eppure era così dannatamente simile. Aziraphale era sparito, e assieme a tutti i suoi libri.
 

***

Tre mesi dopo

Aziraphale si trovava in Italia. Più precisamente a Siracusa, una città più piccola e con meno abitanti rispetto a Londra. L’angelo aveva fatto un po’ di difficoltà ad ambientarsi nelle prime settimane, anche perché in fondo aveva vissuto in Inghilterra per secoli. Cambiare da un giorno all’altro non era così semplice come aveva pensato. Ma tuttavia le cose si erano risolte per il meglio. Aveva trovato un appartamento adeguato e aveva sistemato tutti i suoi libri all’interno. Aveva passato un giorno o due a catalogarli e a posizionarli in modo cronologico, il che non lo aveva disturbato affatto. Aveva cercato continuamente di tenersi occupato in quei mesi, convinto che in questo modo avrebbe smesso di pensare a Londra, alla sua libreria, al piccolo Adam, a Newt e Anathema –che lo avevano invitato a prendere un tè da loro, ma che, ahimè, aveva dovuto rifiutare- e, be’, a… a Crowley. Aziraphale scosse la testa, come se fosse infastidito da una mosca. Ma in realtà a dargli fastidio erano i suoi stessi pensieri. Si era ripromesso più volte di non dover pensare a lui. Non doveva. Mai più.
Era una sera di fine agosto. La brezza del mare rinfrescava le vie torride della città, sprigionando un buonissimo profumo di salsedine. Aziraphale stava facendo la sua abituale passeggiata notturna. Gli piaceva la città di notte. Vi era una calma incredibile. Pareva quasi pazzesco che soltanto tra poche ore il centro si sarebbe riempito di passanti, macchine, autobus e scooter, trasformando quel luogo in qualcosa di completamente differente. Lasciò correre lo sguardo sul mare, sulle stelle brillanti e su quella luna sottilissima che pareva quasi una spaccatura nel cielo. Vi era un faro acceso in lontananza. La sua luce colpiva la città, illuminandola per neanche mezzo secondo. Si accomodò su una panchina, restando fermo a fissare le onde del mare che si infrangevano sulla banchina di cemento. Scorgeva bellezza in quel posto. La bellezza del mare incontrava quella dello stile mediterraneo dei palazzi, facendo sì che la natura si combinasse con le costruzioni umane. Un piccione si approcciò ad Aziraphale. Beccava a terra frenetico, alla disperata ricerca di cibo. Aziraphale fece magicamente riempire la sua mano di briciole di pane e lanciò una ogni tanto all’animale. Quando il piccione si fu rimpinzato, volò via e Aziraphale si sentì improvvisamente solo. Si alzò, deciso di tornare nel suo appartamento, ma qualcosa gli fece sollevare i peli delle braccia. Si guardò intorno, circospetto, ma non trovò nessuno. Continuò la sua passeggiata, rassicurato. Decise di allungare il suo tragitto di ritorno e si avviò su un molo per osservare meglio il mare e l’orizzonte notturno. Il primo pezzo era illuminato dai lampioni, nel fondo invece il molo era immerso nel buio. Fu proprio lì che notò un’ombra muoversi, fulminea.
«C’è qualcuno? Ehilà?» chiese, nervoso. Probabilmente era solo la sua immaginazione. Ad ogni modo si girò e si sbrigò a tornare indietro, verso la riva. Allungò il passo per fare più in fretta. Infine però un sibilo lo fece arrestare. Era proprio dietro di lui.
«Azzzzziraphale»
«Crowley!»
Era Crowley, ma nella sua forma di serpente. Strisciava svelto sul pavimento di pietra, proprio sotto i suoi piedi. Aziraphale cercò di allontanarsi, di fuggire magari, ma dentro di sé sapeva di non avere più scampo. Crowley lo aveva trovato.
Sentì il serpente posarsi sulle sue scarpe, risalire lungo le sue gambe, su, sempre più su, avvolgendosi attorno al suo corpo e stringendolo in una morsa ferrea. Quando la testa del serpente fu alla stessa altezza del viso di Aziraphale, Crowley lo guardò dritto negli occhi, cercando il suo sguardo. Aziraphale tuttavia voltò la testa dall’altra parte, incapace di guardarlo.
«Cosa ci fai qui, Crowley?»
«Cosa ci fai tu qui, Aziraphale? Ti ho cercato ovunque, avresti potuto anche lasciarmi un biglietto, o ancora meglio… salutare. Che sta succedendo?»
«Niente»
Il serpente sibilò, aggressivo. «Niente?» fece Crowley. «No, angelo, sono venuto fino a qui per ricevere delle risposte e non me ne andrò fino a che noi due non avremmo parlato. Dobbiamo chiarire questa faccenda, assolutamente»
«Non c’è niente da dire, Crowley»
«Oh, io penso che ci sia molto da dire, invece»
Aziraphale fremette, incapace di trattenere un gemito. Crowley, udendolo chiaramente, allentò un po’ la presa su di lui. «Tu hai paura» disse, a tono basso. C’era qualcosa che non andava nella sua voce. Era incredulità? Disperazione? Senso di colpa? «Hai paura di me. Riesco a percepirlo»
«Io…» piagnucolò Aziraphale, senza riuscire a continuare.
E fu allora che Crowley assunse il suo aspetto umano. Si trasformò e Aziraphale si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal suo. Indietreggiò così bruscamente che quasi perse l’equilibrio. Crowley gli venne in aiuto, lo afferrò per un braccio e lo sollevò.
«Non toccarmi!»
L’urlo di Aziraphale fu impetuoso. Crowley staccò immediatamente le mani da lui e fece qualche passo indietro, guardandolo di sottecchi. «Aziraphale, non ho idea di che cosa stia succedendo, ma sappi che non ho alcuna intenzione di farti del male. Mai»
Mortificato, Aziraphale si guardò le mani. «Lo so, lo so, ma io…»
«Angelo, guardami»
E Aziraphale lo fece. Gli venne così dannatamente spontaneo obbedirgli. I suoi occhi incontrarono quelli serpenteschi di Crowley e i due si scambiarono una lunga occhiata. Ad Aziraphale pareva quasi come se Crowley volesse scrutargli dentro, nella profondità più remota della sua anima.
«Non stai bene» osservò il demone. «Per niente. Che cosa ti è successo? Per favore, parlami»
«Non… posso»
«Certo che puoi, angelo. Sono io. Io. Il Crowley di sempre. Hai sempre parlato con me. Che cosa è cambiato?»
«Sono successe delle cose e io ho capito che…»
«Che?»
«Che non possiamo più essere amici»
Crowley lo fissò, esterrefatto e con il cuore spezzato. L’aria che li divideva era così densa di tensione che la si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
«D’accordo» parlò Crowley dopo un periodo infinitamente lungo. «Ora mi dici tutto. Non tralasciare neanche un minimo dettaglio, angelo, o lo noterò. E non osare mentirmi. Lo sai che sei pessimo con le bugie. Inizia pure. Dall’inizio»
Aziraphale, profondamente devastato, non riuscì a proferire neanche una parola. Sentiva gli occhi bruciare. Gli veniva da piangere.
«Ebbene?» insisté Crowley. «Parla!»
«Addio, Crowley»
Aziraphale girò i tacchi e riprese la sua strada verso l’appartamento. Non voleva affrontare quella situazione, né ora né mai. Non in quello stato emotivo.
«”Addio, Crowley”!?» sentì il demone urlare, a squarciagola. «”Addio, Crowley”!? Ah, Aziraphale, è così che si fa? Dopo seimila anni di noi tu mi pianti con un “addio, Crowley”!? Mi ritieni così ripugnante da non meritare nemmeno una spiegazione? È così!? È così!? AZIRAPHALE, FERMATI! Dove diavolo stai andando!? Parlami! PARLAMI! TI PREGO!»
 

***

Erano passate due settimane da quando lui e Crowley avevano discusso. Il demone da allora non aveva fatto altro che seguirlo, ovunque andasse. Aziraphale non lo scorgeva mai, eppure percepiva la sua presenza, le sue iridi di serpente posate su di lui. Non lo voleva lasciare in pace, ma l’angelo di certo non lo biasimava. Erano tutti e due in attesa. Aziraphale si stava prendendo del tempo per riuscire a mettere la testa a posto e decidersi finalmente di parlare apertamente con Crowley. E Crowley aspettava, a debita distanza, senza importunarlo, senza farsi neanche vedere. Non gli importava quanto tempo sarebbe trascorso. Lui sarebbe rimasto in attesa, lì, nell’ombra.
            Inaspettatamente persino per Aziraphale, egli si ritrovò pronto ad affrontare Crowley un pomeriggio come gli altri. Stava rientrando dentro la palazzina in cui abitava e, sentendo la presenza del demone dietro di sé, si arrestò. Fissò la porta, con le chiavi in mano e l’espressione di chi stava facendo una pazzia. Sospirò, due volte, e dopodiché si girò.
            «Crowley, entra»
            La strada era deserta, non c’era nessuno. Aziraphale attese il demone che comparisse e infatti lo fece. Sbucò da dietro l’angolo di un condominio, con le mani in tasca nei suoi pantaloni stretti e gli occhiali da sole ben piantati sul viso. Si approcciò all’angelo, lo guardò per un istante e dopodiché entrò nell’atrio.
            «Terzo piano» gli suggerì Aziraphale.
            Salirono le scale in silenzio. In effetti non incominciarono a parlare nemmeno sul pianerottolo e neppure quando entrarono nell’appartamento di Aziraphale. Questo era stranamente simile alla libreria di Soho: immerso nei libri, con qualche poltrona vintage qua e là e dei tappeti persiani distesi sul pavimento. L’angelo fece un gesto al demone, facendogli segno di accomodarsi sul divano. Crowley obbedì all’istante e vide Aziraphale accomodarsi sulla poltrona di fronte a lui, fin troppo distante.
            «Del caffè?» parlò l’angelo, interrompendo finalmente la quiete.
            Quella domanda fece irritare tantissimo Crowley. «Metti da parte le tue buone maniere per una volta e incomincia a parlare»
            «Sì, certo, certo. Perdonami» Fu allora che l’angelo si rese conto che non aveva respirato per tutto quel tempo. Prese una bella boccata d’aria e si preparò a dire il discorso che aveva preparato.
            «Quando Warlock aveva da poco compiuto quattro anni, il Paradiso mi ha chiamato per un semplice controllo. Alcune volte lo facevano. Mi interrogavano sul mio operato e cercavano di capire se andava tutto bene. Erano molto contenti di sapere che Warlock aveva un’influenza positiva da parte mia e che non perdevo di vista l’Anticristo. Fu Michele a interrogarmi, direttamente nel suo ufficio. Stava andando tutto bene, finché Uriel non irruppe nella stanza per chiamarla. Era successo qualcosa. Un’altra strage di persone morte, un genocidio. Dei bombardamenti. Non lo so, erano tutti agitati. Rimasi solo per un bel periodo di tempo in quell’ufficio, in attesa che Michele tornasse per concludere il nostro incontro e salutarla. Non passò molto tempo prima che notassi un fascicolo sulla sua scrivania. I fogli all’interno sporgevano un po’, giusto quel po’ da permettermi di leggere una sola parola. “Crowley”. Normalmente non l’avrei aperto. Se ci fosse stato scritto qualsiasi altro nome non avrei nemmeno pensato di sbirciare. Ma si trattava di te. E avevo paura. Pensai che magari gli angeli stessero complottando qualcosa contro di te, Crowley, e io non potevo permetterlo. Perciò aprii il fascicolo e scoprii qualcosa che mi sconvolse completamente»
            Calò nuovamente il silenzio. Crowley, paralizzato sul divano, si schiarì la gola con un colpo di tosse. «Cosa?»
            «Ho scoperto chi eri. Prima della Caduta»
            Crowley non fiatò. Si tolse sorprendentemente gli occhiali e li posò sul tavolino dinanzi a lui, come se volesse denudarsi di fronte ad Aziraphale, come se volesse dimostrare tutta la sua vulnerabilità. Dopodiché chiuse gli occhi per qualche minuto, senza parlare, senza aspettarsi che Aziraphale continuasse. Elaborò quell’informazione e non appena riuscì nell’intento aprì le palpebre e scrutò a fondo l’angelo.
            «Non avrei mai voluto che lo scoprissi» disse, calmo.
            «Perché?»
            «Perché andava bene così. Sono solo Crowley, ora. Un semplice demone dell’inferno»
            «Non mentirmi» lo rimproverò l’angelo. «Avrei dovuto accorgermene prima»
            «Di cosa?»
            «Delle due abilità. Buon Dio, sei capace di fermare il tempo, Crowley! Nessun demone lo può fare e neppure gli angeli! Nemmeno l’Arcangelo Gabriele!»
            Crowley sospirò, esausto, e si portò una mano sulla fronte, massaggiandosela. «Perché sei fuggito? Dimmelo, per favore»
            «Il mio nome»
            «Ah, quello»
            «Oh, dunque lo sapevi pure tu! Sapevi tutto! Da sempre! E me lo hai nascosto!»
            «Aziraphale, mi dispiace»
            «Come hai osato? Come hai osato non dirmi niente? Pensavo che la nostra relazione si basasse sulla reciproca fiducia, ma invece adesso scopro che per te non è mai stato così! Mi hai tradito, Crowley!»
            «Ho sempre saputo che ti saresti sentito inferiore a me se avessi saputo la verità!» urlò il demone. «E io non volevo questo. Io non mi sento superiore a te né tu dovresti sentirti inferiore a me. Mai. Siamo eguali, lo siamo sempre stati»
            «Non secondo Dio, non secondo il Paradiso e l’Inferno»
            «Perché? La loro opinione conta qualcosa?»
            «Tu sei Raphael, l’Arcangelo che ha creato l’universo al fianco di Dio e Lucifero, uno dei più splendenti angeli mai creati da Lei stessa. L’Arcangelo che è ha desiderato la conoscenza e che è caduto per questo. Il Paradiso ha sempre saputo chi eri, ma a me non è mai stato detto niente, anche se ho vissuto con te seimila anni su questo pianeta. Probabilmente pure gli Arcangeli Gabriele e Michele pensavano che non dipendesse da loro. Ineffabile, giusto? A incominciare dal mio nome»
            «Non dirlo. A me non importa e non dovrebbe importare neppure a te. Non importa, Aziraphale»
            «Certo che importa! Il nome che porto mi ha tormentato per tutta la mia esistenza! Aziraphale. Di-Raphael! Ho sempre creduto che fosse una coincidenza, che mi chiamassi così perché potessi rammentare al Paradiso ciò che un tempo è stato Raphael, l’Arcangelo più maestoso di tutti. Un ricordo da portare. E invece non è stato mai così. Quel “di” davanti al mio nome ha sempre significato qualcosa in più. Un piano ineffabile che dovevo ancora scoprire. E alla fine l’ho capito. Raphael sei tu e noi due siamo sempre stati destinati a stare insieme. Fin dall’inizio dei tempi»
            «E pensi che sia qualcosa di sbagliato?»
            «Io… io pensavo una volta tanto che… ti avessi scelto. Scegliere. Una parola davvero interessante. Qualcosa che dipende soltanto da te. C’è libertà in questa parola. E io credevo che il mio amore per te fosse libero. Che non fosse condizionato da nessuno. Ma non è così, vero? Siamo destinati ad amarci e ci ameremo per sempre. È nel nostro sistema di costruzione, per così dire»
            «E con ciò?»
            «E con ciò… il nostro amore non è vero. Non è reale. Per tutto questo tempo ho creduto che noi angeli avessimo il libero arbitrio. Ma noi non abbiamo mai fatto nulla per contrariare Dio, no? I demoni si sono ribellati, gli umani hanno mangiato il frutto proibito e noi? Noi continuiamo ad essere dei burattini. Se sono stato destinato ad amarti, non voglio più farlo. Non continuerò questo farsa ridicola»
            «E pensi di avere scelta? Pensi di riuscire a non amarmi più? Dopotutto, come hai detto tu, è nel tuo sistema di costruzione»
            «Forse. Ed era quello che stavo cercando di fare. Dirti addio e cercare di dimenticarti è probabilmente una soluzione. Sicuramente non ti avrei dimenticato tanto presto. Sarebbero trascorsi millenni, ma prima o poi… prima o poi mi sarei dimenticato del suono della tua voce, dei tuoi occhi dorati e di quei capelli rosso scarlatto»
            «Ti stai ribellando contro Dio stessa, dunque? Vuoi modificare il piano che ha avuto per te?»
            «Voglio essere libero di sceglierti e voglio che tutto quello che c’è tra noi sia reale»
            «Ma è reale! Lo capisci? È reale, Aziraphale, fin dal principio!»
            «No se è predestinato»
            «E sei così idiota da pensare che non lo sia tutto? Gli umani sono degli illusi, i demoni sono degli illusi! Dio ha sempre avuto il controllo. Sempre! È onnisciente, no? Ha sempre saputo cosa sarebbe accaduto: la Ribellione in cielo, la tentazione di Eva! È il suo piano!»
            «Comunque sia io non voglio essere di qualcuno. Neppure se si tratta di te, Raphael»
            «Io però non sono più Raphael»
            «Lo sarai sempre, nel profondo. Sarai sempre lui»
            «No, mi rifiuto»
            «Ti rifiuti?»
            «Mi rifiuto di avere qualcuno che mi appartiene. Lo rinnego»
            «Eppure è così, non puoi farci niente»
            «Aziraphale, davvero, ti capisco. Capisco che può sembrarti molto spaventosa tutta questa storia. Desidererei che il tuo nome non avesse quel “di” davanti o anche che non citasse Ra… il mio precedente nome. Ma devi capire che a me non importa. È il tuo nome. Sei tu. Io non voglio appartenere al tuo essere, a te. Voglio che tu ti senta libero, lo sai. E se anche fosse uno brutto scherzo da parte di Dio cosa importa? Ti prometto, angelo, ti prometto… che avrai il tuo libro arbitrio da parte mia, così come lo hai sempre avuto. Ti ho mai costretto a fare qualcosa contro la tua volontà?»
            «…no»
            «Se anche fossi davvero mio io non oserei mai ritenerti tale. Lo capisci? E se dopo questa discussione vorrai ancora…» Si interruppe, con il cuore in gola. «Lasciarmi… Io non ti fermerò. Non ti cercherò più. Però… Giurami soltanto che mi saluterai prima di andare, ti prego. Ti prego, almeno un addio come si deve…»
            «D’accordo»
            «Spiegami ancora una cosa, però. Perché adesso? Perché sei fuggito adesso e non quando hai scoperto chi ero realmente? Perché hai continuato a fingere di non saperne nulla?» chiese Crowley.
            «Be’, il nostro piano di impedire l’Apocalisse sarebbe potuto andare storto in tanti, troppi modi. Di solito sono piuttosto ottimista, ma allora fui costretto ad affrontare la realtà. C’era il 70% di probabilità che il nostro piano non funzionasse e che l’Apocalisse sarebbe scoppiata comunque»
            «Io avrei detto 96%»
            Aziraphale abbozzò un sorriso. «Vedo che hai molta fiducia in noi»
            «Dipende dalle situazioni, angelo. E quella era decisamente poco promettente»
            «Comunque… ci erano rimasti solo pochi anni prima della guerra e quando ho scoperto che sei Raphael ho deciso di… infischiarmene per il momento»
            «Infischiartene?»
            «Sì. Volevo trascorrere con te tutto il tempo che ancora avevamo. Ho messo da parte quella consapevolezza di chi fossi veramente e ho continuato come se nulla fosse. Però quel giorno mi sono promesso una cosa»       
            «Che cosa?»
            «Che se l’Apocalisse non sarebbe avvenuta ti avrei finalmente lasciato. Voglio essere libero di amare chi voglio io. Mi sento intrappolato, lo capisci? Mi sento schiavo dei miei stessi sentimenti»
            «Quindi la tua intenzione è dirmi addio per sempre? Non vivrò senza di te, lo sai? Che senso ha avuto impedire l’Apocalisse se saremmo morti comunque?»
            «Vivrai, Crowley. Te la sai cavare piuttosto egregiamente anche senza di me»
            «No, ti sbagli. Sai cosa provo quando non sto con te? Apatia. La più disperata e intensa apatia. Non sento niente, angelo. Il mondo non è interessante senza di te»
            «Crowley, io non posso…»
            «Perché no? Perché ribellarsi? Non puoi farci niente, abbandonati a tutto questo e amami, angelo!»
            «No»
            «Per favore. Non voglio che tu te ne vada. Sono terrorizzato, Aziraphale. Non ho mai vissuto senza di te. Non andartene, non proprio adesso. Siamo liberi dalle regole del cielo e dell’inferno! Possiamo amarci come desideriamo! Possiamo amarci come fanno gli amici, se vuoi, possiamo amarci come fanno gli amanti o possiamo essere tutto ciò che vogliamo, ma ti scongiuro, non abbandonarmi»
            «Mi dispiace, ho già deciso tempo fa»
Fu in quel momento che qualcuno spalancò la porta d’ingresso. I due uomini sobbalzarono dallo spavento, increduli di vedere comparire una donna sull’uscio. Aveva la pelle scura, gli occhi color nocciola e i capelli ricci raccolti in un chignon piuttosto alto. Indossava abiti molto colorati e sebbene non combaciassero per niente tra di loro sembravano comunque sensati.
            «Buon pomeriggio» disse, con un sorriso gentile.
            «Ehm… Penso che lei abbia sbagliato appartamento, cara?» iniziò Aziraphale, confuso.
            «Oh, non credo» rispose lei guardandolo dolcemente. «Sono venuta per parlare»
            «Siamo nel bel mezzo di una discussione. Potrebbe passare più tardi?» sbraitò Crowley. Aveva le lacrime agli occhi.
            «Se sta cercando un libro in particolare può contattarmi a questo numero» annunciò Aziraphale, tirando fuori un cartellino dalle tasche. Glielo porse e la donna lo afferrò con un’eleganza che non aveva eguali. Lesse il numero e poi sorrise gentilmente. «Grazie, ma non sono qui per i libri. Sono qui per voi»
            «Ci conosciamo?» chiese l’angelo, aggrottando le sopracciglia.
            «Sono Dio»
            Qualcosa cambiò in quella stanza. Quando Aziraphale e Crowley scoprirono la verità, il tempo si fermò e tutto si fece più lento. Crowley si ritrasse, come scottato. Si tenne a debita distanza da Lei, abbassò lo sguardo verso terra e non lo rialzò più.
            «Non temere, Crowley, non sono qui per farti del male. Non sono qui per fare del male a nessuno di voi due. Parleremo solamente»
            Aziraphale ebbe una brutta sensazione. C’era solo un motivo per il quale Dio si fosse presentata dinanzi a loro. Ella sapeva ogni cosa e pertanto conosceva l’intenzione di Aziraphale di ribellarsi a Lei, di dire addio a Crowley…
            «No, Aziraphale, non sono qui neanche per quella ragione. Non ti farò Cadere per questo. Dovreste tranquillizzarvi, miei cari. Che ne direste di sederci tutti quanti, mmh? Su, coraggio. Crowley»
            Crowley era ancora dall’altra parte della stanza, immobile. Pareva come se desiderasse che il pavimento lo inghiottisse. Di sicuro trovarsi con Dio in una stanza era l’ultima cosa che in quel momento desiderava.
            «No» rispose, fermo. Non voleva avvicinarsi.
            «Va bene»
            Aziraphale d’altro canto aveva obbedito. Si era riseduto sulla sua poltrona e aveva osservato Dio mentre faceva altrettanto. D’un tratto nelle mani di Dio comparve una tazza fumante di tè e se la portò alle labbra con delicatezza. Aziraphale si sentiva così a disagio che non riusciva a stare fermo. Continuava ad agitarsi, senza sosta, e posava di tanto intanto gli occhi su Crowley dietro di lui. Era preoccupato per lui, perché pareva del tutto sconvolto.
            «Hai esagerato un po’ con le supposizioni, Aziraphale» incominciò Dio. «Raphael è stato uno dei primi angeli che ho creato e gli ho concesso molti più poteri di quanti ne avrei dato successivamente agli altri angeli. Temevo che potesse usarli contro gli altri, che potesse manipolarli in qualche modo, perciò l’ho messo alla prova. Ho creato te, Aziraphale. Ho detto a Raphael che eri di sua proprietà, che poteva avere il pieno controllo su di te. Poteva fare di te qualsiasi cosa: un servo, un soldato, un aiutante. Tutto ciò che desiderava»
            Aziraphale non trovò risposta. Si sentì deluso, tradito persino da Dio Stessa. Era veramente uno schiavo, allora? Una marionetta? Non soltanto di Dio, ma anche di Crowley? La persona che amava di più in questo mondo?
            Dio allungò le labbra, delle fossette si crearono sulle sue guance. Era un sorriso quasi malinconico. «Non saltare alle conclusioni sbagliate, adesso. Lascia che continui con il mio racconto, ti va? Quando ho proposto tutto ciò a Raphael avevo creduto che in qualche modo ti avrebbe approfittato della situazione, che ti avrebbe usato. Ma non è andata così, affatto. Sai che cosa è comparso sul suo volto quando ha sentito le mie parole? Disgusto. Il più completo e totale disgusto. Non era in grado nemmeno di accettarlo»
            «Oh…»
            «È stato in quel momento che le cose sono cambiate. Non appena ti ha rinnegato tu sei diventato un angelo come gli altri. Libero da qualsiasi altra influenza, libero dal controllo di Raphael. Probabilmente sei stato di sua completa proprietà per solo qualche ora dopo la tua nascita»
            Crowley alzò lo sguardo su di lei, meravigliato. «Non me lo hai mai detto!»
            «Ha importanza? In tutta la tua esistenza non hai mai cercato di controllarlo, sebbene pensavi di avere ancora questo potere. Non ti importava. Sei stato fedele alla tua promessa e a te stesso. Se anche lo avessi saputo le cose non sarebbero state differenti. Non sarebbe cambiato niente»   
            «Mi sarei sentito un po’ meno in colpa di averlo vicino!»
            «Non ti sei mai sentito in colpa, Crowley. Hai sempre saputo che gli concedevi tutta la libertà possibile»
«Almeno non avrei vissuto seimila anni con questo peso nel petto!» urlò, ma subito dopo la sua espressione mutò radicalmente. Ci fu un barlume di consapevolezza nel suo sguardo. «Oh, ma era un’altra prova, giusto? Volevi vedere se come demone avrei ceduto alla tentazione di… dominarlo»
«Mi conosci bene, a quanto vedo»
            «Beh, dopo tutto questo tempo passato sulla Terra ho capito come giochi le tue carte! Sei davvero terribile. Giochi con noi come fossimo un mero passatempo. Devi ammettere che non è facile amarti e che dunque non dovresti punire coloro che non lo fanno»
            Dio non rispose, sorrise soltanto. Passò quasi un minuto prima che ricominciasse a parlare di nuovo. «Hai insistito molto pure allora, all’inizio dei Tempi. Insistevi di conoscere il mio Piano, di capire perché fossi così spietata con la mia stessa Creazione»
            «Non capisco perché deve essere un segreto!»
            Dio sorrise, divertita. «Mi dispiace, Crowley, puoi insistere quanto vuoi, ma lo sai che non otterrai risposta. Lo sai. Ad ogni modo non sono qui per parlare del mio Piano. Sono qui per dirvi che siete liberi di amarvi. Lo siete sempre stati»
            «Non vogliamo la tua benedizione. Non ci è mai interessata, a dire il vero» tuonò il demone, con rabbia.
            «Mmh, hai perfettamente ragione» Dio non pareva per niente infuriata, tutt’altro, se ne stava tranquilla a sorseggiare il suo tè, come se stesse facendo una rilassante chiacchierata in un bar. «Ad ogni modo mi sento in dovere di ringraziarvi per ciò che avete fatto. Avete cercato in tutti i modi di impedire l’Apocalisse, unendo le vostre forze. Ammirevole, davvero»
            «Come se non fosse già tutto predestinato» disse ancora Crowley.
            «Avete più libero arbitrio di quanto immaginiate»
            «Sì, come no»
            «Hai così tanto rancore dentro, Crowley. Capisco il perché. Vorrei che ti avvicinassi a Me. Che ne dici?»
            «Non lo farò. Non ho nessuna intenzione di esplodere o di diventare gelatina»
            Aziraphale lo scrutò con orrore. Poi posò lo sguardo su Dio, terrorizzato all’idea di veder morire Crowley. Si sarebbe ribellato contro di Lei, non avrebbe esitato nemmeno per un istante. Era pronto ad alzarsi, a impedirle di toccarlo, di costringerlo ad approcciarsi a Lei. Dio si alzò e lo stesso fece Aziraphale, di scatto, alzandosi così bruscamente dalla poltrona che quasi si rovesciò all’indietro.
            «No» parlò, con tono fermo, deciso. Impassibile.
            «Aziraphale, te lo prometto, non gli farò del male» rispose Dio, incominciando ad avanzare verso il demone, con passo deciso.
            L’angelo in risposta spiegò le ali, grandi e intimorenti, posizionandosi dinanzi a Crowley e bloccando Dio, che dovette arrestarsi per non finirgli addosso.
            «NO» tuonò Aziraphale.
            «Non hai fiducia in Me?»
            «Crowley è un demone, rinnegato dal tuo stesso Amore. Non puoi toccarlo, so che gli farà male» rispose Aziraphale.
            «Angelo… Per favore, non fare niente di sconsiderato» gli sussurrò Crowley dietro di lui. «Mi hai sentito? Non…»
            Ma Aziraphale si stava già rivelando nella sua vera forma, sfidando Dio in persona. Un bagliore si sprigionò nella stanza e Crowley fissò l’angelo, allo stesso tempo affascinato e preoccupato. Stava commettendo una pazzia. Non poteva… minacciare Dio. La vera forma di Aziraphale era cosparsa di mille occhi su tutto il suo essere. Alcuni erano poggiati su Crowley, dietro di lui, e lo guardavano con una dolcezza così intensa da fargli quasi collassare il cuore. Gli altri però erano puntati su Dio, e non erano esattamente amichevoli.
            «Aziraphale, smettila. Basta. Non farlo» gli ordinò Crowley. «Mi vuoi dare ascolto, una volta tanto? Cerca di ragionare! Stai andando contro Dio!»
            NON POSSO PERMETTERLE DI PROVOCARTI SOFFERENZA.
            NON LO MERITI, MAI, NEANCHE SE LO PENSI.
            Dio in tutta risposta si rivelò pure lei. E fu decisamente un gesto improvviso. La sua luce era accecante, così intensa e invadente da colpire qualsiasi cosa ci fosse nella stanza, persino Crowley. Quest’ultimo urlò, si scaraventò a terra, cercando una via di fuga, che però non trovò. Aziraphale invece rimase completamente incantato. Era una sensazione straordinariamente bella, capace di acquietare qualsiasi pensiero, qualsiasi emozione che in quel momento tormentava l’angelo. Fissò a bocca aperta quel bagliore così intenso, capace persino di entrargli dentro, in profondità, scavando in lui tutto ciò che c’era, l’essenza del suo essere. La forma di Dio era attraente, in pochi avevano avuto la fortuna di essere inondati da una cosa simile. Per Aziraphale infatti era la prima volta e ne rimase del tutto affascinato. Era armonia pura, era bellezza, era amore, era tristezza, era dolore, ogni cosa. Era il Tutto. Osservò la luce, provando per la prima volta ciò che si intendeva per pace. Dimenticò chi era, la sua identità, il suo operato sulla Terra, dimenticò Crowley, le sue memorie, le sue esperienze, l’amore che provava per la Terra. Si immedesimò in quella luce, divenne quella luce.
            Poi udì un urlo. Un altro. E un altro ancora.
            Crowley.
            Ritornò in sé, ritrovò il suo corpo, la sua mente. Fu uno sforzo davvero incredibile. Mai aveva faticato tanto in tutta la sua esistenza. La sua anima urlava, gli diceva di continuare a guardare la luce, di non ribellarsi ad essa, di trovare quella pace tanto bramata. Ma… Crowley. Le sue urla erano agonizzanti. Sbatté le palpebre, cercò di staccarsi con tutta la sua volontà da Dio. Doveva girarsi. Doveva proteggere Crowley. Doveva aiutarlo. E così fece. Distolse lo sguardo da Dio e si voltò. Il demone era a terra, in una posizione fetale e si copriva il viso con le braccia, gridando come non mai.
            «Crowley…» mormorò l’angelo, chinandosi su di lui, coprendolo con le ali, sperando di fargli ombra. Ma quella luce era ovunque, non si poteva allontanarla. «Crowley» lo chiamò ancora, ma lui non pareva accorgersi della sua presenza. Continuava ad urlare dal dolore.
            Gli occhi di Aziraphale si riempirono di lacrime nel vederlo così sofferente. «Basta… Basta! Vattene via! VATTENE! VATTENE!» urlò, furioso.
            Aziraphale toccò il viso di Crowley, esasperato. Non sapeva che cosa fare per alleviare il suo dolore. Lo accarezzò, lo cullò, gli passò le dita fra i capelli. E pianse. La presenza di Dio si avvicinò ancor di più a loro, a Crowley. Aziraphale cercò di sottrarlo da Lei, ma non ci riuscì. La mano di Dio si posò sulla guancia sinistra di Crowley, il quale spalancò gli occhi e smise improvvisamente di urlare. Le sue pupille si dilatarono, le sue iridi di serpente si accesero in uno sfolgorio dorato. Non parve più dolorante, anzi, sembrava come se stesse vedendo l’intero universo dentro di sé.
            Lasciami fare, Aziraphale. Va tutto bene.
            Quando Crowley si riprese, sbatté le palpebre per un paio di volte, andando subito a posare l’attenzione sull’angelo che lo teneva stretto al suo petto. Era ancora ricoperto di lacrime.
            Una mano di Crowley si alzò da terra e raggiunse il mento di Aziraphale. Gli asciugò una lacrima con il pollice e dopodiché gli abbozzò un sorriso rassicurante. «Sto bene, angelo»
            «Prima non stavi bene, prima eri…»
            «Mi ha liberato»
            «Liberato? Da cosa?»
            «Dai miei sensi di colpa, dalla mia incapacità di accettare me stesso, dal fatto che pensassi di non meritarti. Mi ha liberato da tutto il male che mi sono inflitto in tutti questi secoli»
            «Oh…»
            «Non ho mai visto nulla di simile» li interruppe Dio, a qualche metro da loro. Era ritornata nella forma umana. «Non pensavo che l’avrei mai visto, a dire il vero»
            Crowley la guardò, confuso. «Cosa?»
            «Il vostro legame… è più profondo di quanto avessi immaginato. Aziraphale, tu… tu hai…» Per la prima volta Dio si ritrovò senza parole.
            Crowley guardò l’angelo, cercando di capire, cercando di scorgere in lui qualcosa di mostruoso. Che cosa aveva fatto ammutolire Dio in quel modo? Eppure dinanzi a lui vedeva solo il suo angelo.
            «Il tuo amore per Crowley supera l’amore che provi per Me» continuò Dio, sospirando.
            «Cosa?» fece di nuovo il demone, incredulo.
            «Oh, Crowley, tu sei tanto amato. Nessuno è mai stato amato con così tanto ardore. E anche tu Aziraphale. Tu sei tutto per quel demone. Mi avete dimostrato la vera essenza dell’amore, quest’oggi, qualcosa di estremamente raro. Perciò voglio farvi una promessa: non vi separerò mai, né in vita né nella morte»
            Detto ciò Dio scomparve. Il tempo ritornò a scorrere e l’angelo e il demone ricaddero nuovamente nella realtà quotidiana. Cercarono lo sguardo l’uno dell’altro, incapaci di accettare ciò che era appena successo. Poco dopo Aziraphale aiutò Crowley a rialzarsi, allungandogli una mano.
            «Ti senti bene?» gli chiese, e Crowley annuì, un po’ nervoso.
            «Mi dispiace di averti fatto piangere in quel modo» disse il demone. «Ma… Non riuscivo a trattenermi»
            «Ero preoccupato, non sapevo che cosa ti stesse facendo»
            «Lo so, ma mi dispiace comunque. È stato… intenso, non ti pare?»
            «Ehm, direi proprio di sì»
            «Ho bisogno di un whisky»
            «Sì, anche io»
            «Prima di incominciare ad ubriacarci vorrei soltanto dirti quanto…» osò dire Crowley, ma venne immediatamente interrotto.
            «Quanto mi ami?»
            «Sì»
            «Penso di saperlo e penso che vale lo stesso anche per te» rispose con un sorriso Aziraphale.
            «Sai, non abbiamo mai parlato del… contatto fisico, ma in questo momento ho una gran voglia di… Be’, ecco, di stringerti e…bè»
            «Baciarmi?» L’angelo finì la frase per lui.
            «Solo se ti va. Solo se sei d’accordo e se pensi che possa piacerti»
            Aziraphale ridacchiò, divertito. «Sei sempre così premuroso e attento, mio caro»
            «Allora, che ne dici?»
            «Dico che va bene»
            «Non lo fai solo per compiacermi, spero?»
            «Mio carissimo ragazzo, smettila di angustiarti tanto. Baciami e basta»

   
 
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